capitolo 31- Chloe
Chloe
La porticina del mini ascensore del mio piccolo palazzo si apre ed io resto incollata dove sono, non ho neanche il coraggio di uscire da qui dentro, figuriamoci affrontare questa serata.
Dirigo i miei passi verso il portone di vetro davanti a me e aldilà di questo già posso vedere l'auto verde di Mark, la cosa mi manda ancor più in ansia.
È una cattiva idea... tutto, questa serata, io e lui.
Afferro la grande maniglia color oro e la spingo, l'aria frizzante della sera mi investe, cerco di inspirare profondamente ma non serve per scacciare questo nodo in gola che sembra soffocarmi.
Mi dirigo verso l'auto nonostante la vocina nella mia testa continui a urlare di tornarmene a casa, infilare la mia tutona enorme dei Minion e buttarmi sul letto, accendere Netflix e diventare strabica con una di quelle soap turche mentre cerco di leggere i sottotitoli.
«Ciao Chloe, stai molto bene con questo vestito.»
Lo ringrazio sedendomi al posto accanto a lui, inizia a squadrare con i suoi occhi scuri il mio corpo e questo, come al solito, mi mette un po' a disagio, nonostante non sia insistente.
La verità è che qui il problema non è lui, ma io, il mio cuore, questi sciocchi pensieri che prendono sempre un'unica direzione, i ricordi di pochi istanti che tormentano continuamente la mia testa, la fantasia che è indomabile e mi pugnala con pensieri inutili che fanno male.
Male come la serata disastrosa a cui sto andando incontro.
Mark guida tranquillo fra le strade della città dirigendosi al ristorante dove ci attendono Andrea e Caroline, cerca di intavolare una conversazione su quanto secondo lui quei due siano una bella coppia, e le mie mani, d'istinto, stringono la borsetta rossa portafortuna.
Di fortuna questa sera ne avrò davvero bisogno.
Purtroppo il tragitto è breve, oppure sembra a me perché non sono pronta a vedere Andrea fare gli occhi dolci ad un'altra, corteggiarla di fronte a me sfoggiando le sue mosse da playboy e soprattutto, capire quanto lei conti per lui.
Avanti, posso almeno ammetterlo mentre parlo con la mia coscienza, mi tormenta, che io le dia ragione o meno, quindi, tanto vale cedere le armi almeno con lei.
Entriamo in questo ristorante fin troppo lussuoso, addirittura c'è un tizio che ci apre la porta, cioè, il suo lavoro è solo quello, non posso crederci, voglio essere pagata anche io solo per aprire una porta.
Ma questo significa che il mio portafogli, che già di suo piange, sarà in piena crisi isterica al momento del conto, povera me.
La cameriera, nella sua divisa perfetta, con tanto di cravatta abbinata alla gonna, forse un tantino aderente, ci accompagna al nostro tavolo, per questa sera si dedicherà a noi, sorride e va via, mentre noi ci sediamo in attesa dei nostri amici.
Il mio stato d'animo peggiora di minuto in minuto, la speranza che non si presentino è vivida, lo testimonia il fatto che io non stia spiaccicando una parola e non è da me, ma svanisce nel momento in cui mi volto per caso verso l'ingresso e noto una figura di spalle che conosco.
Vorrei solo fuggire, magari c'è un ingresso posteriore, magari potrei inventare un'emergenza a casa, Sofy che ha una botta di colite e sta male, potrebbe funzionare, ma i suoi occhi che incontrano i miei mi inchiodano dove sono.
Mark si alza ed io lo imito, Caroline ci sorride avanzando, mentre Andrea non distoglie il suo sguardo da me, ed io, inizio a non respirare.
Eppure dovrei esserne capace, lo ero fino ad un istante fa, dovrebbe essere un istinto naturale fin dalla nascita, ma le vie respiratorie non funzionano, devo preoccuparmi? Fare cenno di chiamare un'ambulanza? Capire se c'è un medico qui?
Forse l'unica cosa che dovrei realmente capire è perché quegli occhi mi tormentano così?
Distolgo lo sguardo, non so come io ci riesca, ma avevo bisogno di farlo, in realtà, avrei proprio bisogno di allontanarmi da lui, perché questo suo comportamento è incomprensibile.
Guardo la donna al suo fianco, come sempre è bellissima nel suo abito bianco corto e aderente, per non parlare dei tacchi vertiginosi e la solita coda di cavallo che mette in mostra il suo bel viso, curata ma mai troppo vistosa.
Attira l'attenzione di diversi uomini presenti in sala, li capisco, ed è ovvio che Andrea abbia un debole per lei, non potrei mai competere, noto anche come Mark la squadri da capo a piedi e si precipiti a salutarla stringendola forse un po' troppo, ma stranamente non mi provoca gelosia.
Forse perché la mia attenzione è catturata ancora dal ragazzo che ora è vicino a me, talmente vicino da dover inclinare verso l'alto la testa per continuare a guardare i suoi occhi che sembrano essere persi nei miei.
Oppure sono io persa in lui.
«Sei davvero molto bella questa sera.»
Il suo è quasi un sussurro, ma basta per far correre il mio stupido cuore, e so che non dovrei credergli, non dovrei illudermi, ma il sorriso che nasce spontaneo sulle mie labbra, e che sono lo specchio delle sue, mi fa capire che sono un disastro.
Caroline ci interrompe richiamando la nostra attenzione, lui, visibilmente in imbarazzo, si gratta la nuca e saluta Mark con un cenno del capo per poi sedersi.
Credo che, se ci fosse stato un briciolo di magia fra noi, sia appena svanita.
Purtroppo, o per fortuna, sono seduta proprio di fronte a lui e per quanto vorrei non guardarlo mi è impossibile, ma ogni volta trovo i suoi occhi già fissi nella mia direzione, come se stesse studiando ogni mio movimento.
Sembra una serata organizzata per Caroline e Mark, in perfetta sintonia chiacchierano e ridono, io e Andrea, per lo più, sembriamo spettatori.
Cerco di partecipare alla conversazione per quanto posso, ma non è semplice fingere quando il cuore sale in gola e lo stomaco si contorce, ne sa qualcosa il povero grissino che continuo a sbriciolare.
Decido di averne abbastanza e con la scusa di fare una telefonata mi allontano, praticamente corro fuori dal ristorante, l'aria della sera mi investe e mi maledico per non aver portato con me niente da casa per coprirmi.
Le temperature delle serate di New York tendono ad essere anomale ultimamente, ci manca solo una catastrofe naturale.
E proprio mentre penso alle catastrofi, eccolo apparire, sarà un caso?
Non credo proprio.
Andrea arriva ciondolando, si avvicina sempre di più e posa una mano sulla mia guancia incastrando i nostri occhi.
« Stai bene?»
Io vorrei essere lontana anni luce da qui, da lui, perché non so gestire tutto questo se continua a guardarmi, se continua ad avere questi comportamenti ambigui.
Nasce una rabbia che mi porta a staccarmi in malo modo da quel contatto di cui in realtà avevo bisogno, lo so, sono debole, e non ne vado fiera, ma i fatti sono proprio questi.
«Smettila di seguirmi, smettila di guardarmi.»
Faccio pochi passi indietro e metto distanza fra i nostri corpi.
« Perché ti comporti così quando sei stato tu a dirmi di starti lontano e dimenticare quel bacio?»
Non vorrei fargli capire che ho passato ore, giorni, a pensare a quella sera, al suo tirarsi indietro il giorno dopo, vorrei essere forte e mostrare sufficienza, ma l'orgoglio per una volta non riesce a vincere, proprio ora che avrebbe dovuto.
«Sei stato tu a scegliere Caroline, tu a spingermi fra le braccia di un'altro, volutamente.»
Gli faccio notare, e di certo non mi sfugge la sua mascella tesa.
Allora decido di porgli una domanda a bruciapelo, forse giocando sporco, non lo so, e di certo non me ne frega, ma qui bisogna mettere le carte in tavola una volta per tutte perché mi sto stancando di giocare al gatto col topo.
« Cosa c'è Andrea, ti sei per caso reso conto di aver sbagliato? Perché non mi sembra che di me non ti importi nulla come ti ostini a ribadire ogni volta che puoi.»
Lo fisso determinata in attesa della verità.
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