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17. The Day After

Sono tra le braccia di Alex, sdraiata sul suo letto.

Ho gli occhi gonfi dal pianto, non riesco quasi a stare sulle mie gambe.

Una tristezza infinita mi ha sovrastata.

Ho l'immagine di Genn in piedi, davanti a me, a noi, con gli occhi spenti e il corpo immobile.

Ho provato a corrergli dietro, l'ho chiamato, gli ho chiesto scusa, ma l'unica risposta è stata un da te non me lo sarei mai aspettato.

E poi se n'è andato.

Ho chiamato Alex disperatamente, insistentemente finché non mi ha risposto.

Ho avvertito i miei e ho detto loro che avrei dormito da lui. Non si sono lamentati molto, fortunatamente.

"Vuoi qualcosa, Grace?"- chiede Alex di tutto punto.

"Voglio che tu dorma, se hai sonno. È l'una, so che non hai voglia di starmi a sentire."- rispondo sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.

"Per te starei sveglio tutta la vita."

E non rispondo.

Mi limito a sorridere leggermente e a stringermi di più a lui.

"Dio, Alex. Che cogliona sono. In tutto questo tempo ho pensato solo a me, senza preoccuparmi neanche di chiederti perché tua madre fosse all'ospedale."

"Niente di che, semplici controlli. Non si sente molto bene ultimamente."

"Ma tutto bene?"

"Sì, sì. Tutto bene, per il momento."

"Per il momento?"

"Sì. Non ti preoccupare, è tutto okay."

Annuisco e chiudo gli occhi, poggiando la testa sul suo petto.

Sento il suo cuore battere.

Adoro trascorrere il mio tempo così con Alex, anche se la mia situazione attuale fa schifo.

"Sai qual è la cura ad ogni male e ad ogni insonnia?"- dice rompendo il silenzio.

"Forse."- dico mostrandogli l'avambraccio.

I grattini.

Sì, i grattini di Alex sono insuperabili.

Dieci minuti e mi addormento.

Uno spiraglio di luce fastidioso proveniente dalla finestra socchiusa mi sveglia completamente.

Mi stropiccio gli occhi, cercando di mettere a fuoco il luogo in cui mi trovo, facendo mente locale e cercando di capire come fossi finita qui.

Le immagini della sera precedente mi attraversano la mente, provocandomi una strana sensazione nello stomaco.

Mi tiro giù dal letto, utilizzando quelle poche forze che mi erano rimaste.

Scendo le scale, sentendomi uno zombie fin troppo stanco anche per cercare cervelli da mangiare.

"Buongiorno!"- dice Alex allegro, intento a bruciare dei pancakes.

Non dico niente.

Mi limito ad andare lì ad abbracciarlo.

Forte.

Mi sta sopportando come nessuno farebbe mai, sta facendo il possibile per vedermi sorridere.

"Siediti dai, che ti porto la colazione."

"Ma io non voglio i pancakes affumicati."- dico sbuffando.

"Zitta e mangia."- risponde facendomi il verso.

"Non fare come le nonne pallose."- dico, con un po' di amarezza.

Mi guardo il bracciale d'oro bianco con gli smeraldi che porto al braccio da quando mia nonna se n'è andata, sorridendo.

Alex se ne accorge e mi rivolge uno sguardo quasi di compassione.

"Voglio la Nutellaaaaaa!"- dico con voce da bambina.

"Adesso te la portooooo!"- risponde lui, dalla dispensa.

Facciamo colazione cercando di non pensare a quello che è successo.

Ed io lì, con il mio migliore amico, l'unica persona che adesso voglio accanto.

Il cellulare squilla: è mia madre.

"Mamma?... Sì, da Alex... Per pranzo torno, certo... Sì, ho dormito qua... Va bene... In centro... Okay, va bene... Ci sentiamo dopo... Anche io, ciao mamma."- e metto giù.

"Che voleva?"

"Che devo tornare a pranzo a casa e che oggi andiamo a fare un giro per comprare gli ultimi regali."- dico con nonchalance, picchiettando la forchetta contro il piatto.

"A proposito di regali..."- dice Alex, precipitandosi sotto l'albero di Natale.

"Tieni."- continua porgendomi un pacchetto.

"Ma io non ce l'ho adesso il tuo regalo..."

"Non preoccuparti, puoi anche non farmi niente."- risponde alzando le spalle.

Apro e vedo che è un album di foto.

Sulla copertina c'è scritto Pieces Of Life.

Apro e vedo la prima foto che ci fecero.

7 gennaio, il giorno dopo la mia nascita.

Alex aveva quattro anni.

Il pollice rivolto verso l'alto, un sorriso a trentadue denti.

Accanto c'è una scritta: 16 years ago has started the truest friendship ever.

"Nonono, non ci pensare neanche!"- dice Alex chiudendo l'album- "non adesso. Vai a vestirti."

"Ma io vol..."

"Non obiettare e vai."

Incrocio le braccia e sbuffo.

Poi me ne vado fingendo di essere arrabbiata.

Lo sento ridere.

Vado in camera sua e apro il suo armadio.

C'è una scatola in cui ci sono tre paio di jeans e tre felpe. Roba mia, giusto per non rimanere senza vestiti in momenti come questi.

Mi preparo in fretta.

Vado in bagno, mi lavo i denti, mi sciacquo la faccia e mi aggiusto i capelli.

Riordino la camera a quel disgraziato.

Poi scendo.

"Alex?"

Non c'è.

Cerco un suo biglietto, un post-it, qualcosa che mi faccia sapere dov'è finito.

Vado nel soggiorno e anziché trovare il mio migliore amico, vedo Genn seduto sul divano.

-SPAZIO AUTRICE-

Ehiehi!

Buonzalve a tutti miei cari lettori.

Scusate lo schifo di capitolo. So che è noioso, ma vi giuro che non avevo idee e questo è tutto ciò che sono riuscita a tirare fuori.

#60 in fanfiction.

11.3k.

1k voti.

Solo grazie.

Grazie davvero, ve lo dico con il cuore in mano.

Mi state facendo davvero felice.

Mi fa piacere leggere i vostri commenti, siete troppo aw❤️

Spero che commentiate e lasciate una stellina anche qua, nonostante l'orrendo capitolo.

Un bacio.

Love always,

Rouseyourmind.

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