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Capitolo 6 - orecchie da dumbo

"17 ottobre 1988
Caro diario,
Dopo una settimana e più che non mi facevo sentire, finalmente posso tornare a scriverti per raccontarti l'ultima.

Sono stata assente questi giorni anche perché non mi è successo niente di particolare se non le solite cose che ormai non sono novità.

Oggi la mia classe aveva in programma di andare al circo del paese, uno di quelli che viaggia nei paesini sperduti per racimolare qualche soldo, di quelli squallidi con odori nauseabondi e quelle luci che altro non fanno se non fastidio agli occhi.
Comunque, come al solito, mi siedo affianco alle mie compagne di classe e dietro di noi, una scalinata più su, c'era seduto un nostro compagno, Thomas. Stavamo chiacchierando tranquillamente dato che lo "spettacolo" non era ancora iniziato, quando ad un tratto sento qualcuno avvicinarsi, mi volto e indovina un po'? Si, vedo proprio la sagoma di Mirco venire verso la nostra direzione. Con il suo passo felpato, le gambe slanciate e magre coperte da un paio di jeans neri abbinati alla sua giacca di pelle nera e quei capelli che risplendevano pure dentro a un luogo viscido come quello.

Non oso immaginare la mia faccia mentre lo guardavo incantata come una stupida.

Quando mi sono resa conto che sembravo una bimba che aveva appena visto il suo giocattolo nuovo, mi risveglio e volto subito la faccia verso il palco, ma le mie orecchie si allungano come quelle di dumbo, cercando in ogni modo di ascoltare la conversazione senza senso che stanno avendo quei due. Purtroppo però sono riuscita solo a sentire il classico «ehi ciao che fai stasera?» con annessa risposta.

Cerco in tutti i modi di avvicinarmi a loro per sentire meglio, mi sporgo leggermente con il corpo e il viso per vedere meglio; i miei occhi stanno vagando senza meta quando alla fine non riesco ad appoggiare il mio sguardo su di lui, e ovviamente facendomi beccare come un pesce lesso. Vedo che si gira verso di noi e con fare disinteressato, dopo aver finito di parlare con Thommy, ci liquida con un «ciao bimbe» prima di dileguarsi e prendere posto dove sono i suoi compagni.

Sento le mie guance iniziare a prende fuoco, gli occhi uscirmi dalle orbite e, come se non bastasse, muovo la bocca come un ebete presa dall'imbarazzo più totale, e mentre lui è ormai già fuori che si fuma una sigaretta, io non riesco ancora a credere che un Dio greco come quello ha appena salutato me e quelle rimbecillite delle mie compagne che sono nel mio stesso stato.

Mi viene da ridere se penso mia mamma in quelle condizioni davanti al ragazzino che le piace, ma di cui sa di non avere alcuna speranza. Eppure, se ha conservato il diario, vuol dire che qualcosa dietro c'è stato.

Sono così curiosa di leggere ancora queste pagine, per sapere se riusciranno a parlarsi... però devo cercare di non divorarmelo, di godermi ogni singola pagina per volta.

Mi alzo dal letto ed esco in cucina, dove trovo proprio mia mamma intenta a guardarsi la tv, mentre sgranocchia una barretta di cioccolato.

Mi scruta con gli occhi, guarda il mio sorriso pieno di domande e capisco che ha già inteso tutto.

«Sputa il rospo»

Appoggia la carta del cioccolato nel tavolo mentre tutta la sua attenzione ora è rivolta verso me.

«Chi era Mirco?»

Lei sorride, ma non un sorriso felice, uno di quei sorrisi nostalgici, di quelli che nascondono qualche lacrima.

«L'hai letto, no? Era un mio compagno di scuola»

«Si ma nel tuo diario non fai altro che parlare di lui»

Mi guarda storto «a dove sei arrivata?»

«Alla volta in cui con la classe siete andati al circo»

Ride «beh sei solo all'inizio, anzi nemmeno»

Non so se parlare con lei mi delucida oppure mi mette ancora più confusione di quella che già ho.

«Mi hai detto di farti le domande che volevo quando non capivo qualcosa»

«Si, Irene, ma non ha senso dirti tutto io, allora tanto vale che ti riprendo il diario. Se te l'ho dato c'è un motivo»

Tutti questi misteri, ma per cosa?

«Ma allora perché me lo hai dato? Io non ti capisco»

«Non mi capisci perché sei ancora all'inizio, quando inizierai a capire allora ne riparliamo. Se hai domande da farmi, fammele, ma su quello che hai letto»

«La tua acidità non è cambiata per niente però»

Fa un sorrisetto mettendosi con le braccia incrociate «non so se sono migliorata nel tempo o peggiorata»

La guardo storta «guarda che non è un complimento»

«Impara ad esserlo anche tu. Sei troppo buona ma tanto prima o poi ti sveglierai»

Alzo gli occhi al cielo «ancora con questa storia?»

«Sai benissimo come la penso. Ti devi svegliare, quello che hai passato il periodo delle medie non ti è bastato?»

Ecco, il tasto dolente che non doveva schiacciare «mamma insomma, non c'entra nulla quello» mi alzo dalla sedia, sapendo benissimo che stava rinascendo l'ennesima litigata tra me e lei «quel tasto non si tocca e tu continui imperterrita. Dici che io mi devo svegliare, ma tu vieni a fare la ramanzina a me?»

Lei mi guarda sempre con la sua aria tranquilla, quel tono così pacato e sottile mi da sui nervi in queste situazioni «se parlo così è perché forse ci sono già passata non credi? Pure io sono stata ingenua, e se ti dico queste cose è perché mi fa male vedere mia figlia in certi stati»

Decido di bere un sorso d'acqua e di calmarmi. Faccio un sospiro e mi risiedo «non dirmelo più»

Lei ha capito che sto cercando di calmare le acque, così cambia argomento e ci tranquillizziamo entrambe.

Sa benissimo che quel breve tratto della mia vita non si tocca.

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