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I posti nell'autobus li hanno sempre scelto i professori, questa è una di quelle cosa che detesto.
Visto che eravamo in un numero di persone dispari, sono finita con lo stare da sola.
La mia solita fortuna.
Mi stavo già deprimendo, la mia ultima gita passata in solitudine, dico ultima perché il prossimo anno dovrò trasferirmi in Nevada.
Però, poco prima di partire arrivò un ragazzo di bell'aspetto ma che non avevo mai visto.
Ammetto che ero sorpresa.
Si avvicinò al sedile vicino alla finestra e si sedette lì.
Socievole.
-Hey.
Dissi rompendo il silenzio.
-Mikey, tu sei?
Diretto e deciso.
Suppongo sia il suo nome.
-Charlotte, del secondo anno.
Sorrisi.
Ha i capelli di colore nero corvino, un po spettinati, penso fosse per il ritardo che non gli aveva lasciato tempo di prepararsi, o forse era il suo stile.
La parte di lui che più mi attirava, erano i suoi occhi: azzurro chiaro con sfumature di grigio e verde.
-secondo te quanto ci mettiamo ad arrivare? Chiese.
Presi un leggero colpo, ero rimasta imbambolata a fissarlo.
-non chiederlo a me. Cosa ti va di fare nel mentre?
Chiesi speranzosa in una risposta positiva.
-dormire, ho sonno.
Rispose schietto.
L'ipotesi del ritardo potevo convalidarla dalle occhiaie, sicuramente collegate al fatto di non aver dormito.
-capisco.
Presi le cuffie e accesi un po di musica.
La musica è la cura per ogni situazione noiosa.
Senza rendermene conto mi addormentai.
Il mio sonno fu tranquillo e vuoto.
Dopo un tempo imprecisato mi risvegliai e mi voltai verso il finestrino, lui stava ancora dormendo.
Si era addormentato con la testa poggiata sulla mia spalla.
I suoi capelli mi solleticavano la guancia, ma...
-non è una sensazione sgradevole.
lasciai sfuggire.
Sarà stato per la situazione o per la notte insonne, riuscì ad riaddormentai.
Tempo dopo, non so quanto di preciso, mi svegliai. Il sonno mi aveva ridato le forze di cui necessitavo e quel ragazzo che da poco conoscevo, aveva già invaso i miei spazi.
Mikey dormiva, ancora.
Assomigliava ad un tenero bambino.
I capelli avevano un buon odore e sembravano persino morbidi, mi veniva voglia di arrufarli, ma esitai.
Senza preavviso aprì gli occhi facendomi sobbalzare, si rialzò e con voce roca post sonno disse:
-perché mi fissavi?
Che domanda incoerente, ovvio che ti fisso, stai semi sdraiato su di me.
-hai invaso i miei spazi.
Ribattei acida.
-ti davo fastidio?
Mi guardò fisso nei occhi.
Quello sguardo dava sensazione di soggezione e timore.
Ma tenni testa alta e risposi.
-ovvio che si.
-rimettiti come prima, stavo comodo.
Osò dire sbadigliando rumorosamente.
-lo sai vero che la spalla è mia e io decido cosa farne?
Mi stavo alterando.
-scusami, ma, ora è mia.
Finché è attaccata al mio corpo è di mia proprietà.
-è una sfida per caso?
-fai la brava e obbedisci.
-ma che è? Mica sono il tuo cane.
lo guardai male. Molto male.
-Scommettiamo che ora ti zittisci?
Avevo sensazioni miste tra la perplessità, curiosità e paura. Tutte cose negative ovviamente.
Si avvicinò.
Iniziai ad innervosimi, la mia intenzione era quello di fermarlo, ma il mio corpo non ubbediva e rimaneva immobile. Momento sbagliato.
Mi guardava fisso nei occhi, sembrava avesse brutte intenzioni.
Si avvicinò sempre di più e...
mi soffio sul volto.
Facendomi prendere uno dei tanti spaventi.
E aveva avuto ragione, mi ero zittita.
Nel fare quel gesto, posò una mano sulla guancia e si allontanò dicendo:
-se mi dai fastidio, giuro che ti punisco.
Concluse la frase con un occhiolino.
Ci risiamo, di nuovo a dirmi ordini.
Che poi, come si permette? Chi pensa di essere, non è mica qualcuno di importante.
Fatto sta che ero incazzata.
-ma sei scemo? Soffiati il cazzo, oh aspetta... non c'è l'hai.
Dissi urlando, letteralmente.
Mezza classe si zittí turbata da ciò che era successo, qualcuno cominciò a borbottare, mentre altri, saggiamente urlarono:
-WOOOOOOHHH!
La prof era mezza morta (vecchia) e non mi sentì.
Educatamente chiesi scusa e mi risedetti.
-stare zitta, no? Ora ti dovrei punire, giusto? Dopotutto, io mantengo le promesse.
Sorrise maliziosamente.
Notai che si stava avvicinando, come aveva fatto in precedenza, ma in quel preciso istante la professoressa ci intimò a scendere per fare una sosta all'auto grill.
Uscì di corsa e raggiunsi le mie compagne alle quali raccontai (quasi) tutto.
Il tempo passava lentamente.
Faceva caldo, era estate inoltrata dopotutto.
Cominciai a sudare decisi quindi di andare in bagno a rinfrescarmi.
All'entrata del gabinetto era presente una sola porta, dopo averla oltrepassata si entrava in un'unica stanza divisa a sua volta in altre due; il bagno delle femmine e il bagno dei maschi.
Mi lavai la faccia e andai al gabinetto.
Fatto ciò che dovevo fare, uscii da quel etamaio che non si poteva definire" bagno".
Riaprendo la porta ritrovai Mikey apoggiato sullo stipite di essa.
Il cuore iniziò a battermi violentemente e l'ansia salì.
Cominciò ad avvicinarsi, il rumore dei suoi passi rimbombava per tutta la stanza facendomi accapponare la pelle e indietreggiare, finì per sbattere contro il muro,
Mikey con il piede chiuse la porta.
Non avevo via di fuga.
-non penserai mica di sfuggirmi?
-ehi calmo.
blaterai in preda al panico.
Si avvicinò velocemente a passo felino e posò le sue labbra sulle mie.
Per pochi secondi si fermò, poggiò la sua fronte sulla mia e a bassa voce disse:
-ora mi diverto.
Provai a scansarlo,con tutte le mie forze, ma i miei tentativi finirono vani. Era molto più forte di me.
Si riavvicinó e continuò quel gesto non casto e disgustoso.
Ero schiacciata contro il muro con lui che mi stringeva a sé.
-Mikey, lasciami andare... mugolai.
Dopo vari tentativi ed energia sprecata, riuscì a liberarmi dalla sua stretta.
Appena esso fu distante gli urlai contro.
-SEI STUPIDO!? CRETINO CHE FAI?
All'improvviso la porta si aprì ed io rimasi immobile...
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