What he deserve
"Papà, mi accompagneresti al
teatro?"
Russia guardò il padre, chino sulla scrivania, mentre reggeva in mano la sacca.
Quel giorno ci sarebbe stato uno spettacolo nel grande teatro di Mosca, dove si sarebbe tenuto la rappresentazione basata sulla rivoluzione nel 1922.
Si basava su un bambino che aspettava il padre che tornava dalla guerra, invano, ma che continuerà a vivere e a mantenere il suo ricordo vivo, proteggendo il suo paese e raccontando agli altri il suo contributo per aver fatto nascere l'Unione Sovietica
Russia era particolarmente eccitato, anche perché aveva un ruolo importante in quella manifestazione, e desiderava che suo padre venisse a vederlo.
Ma alla sua esista ricevette un:
"Non puoi andarci da solo?"
Il ragazzino lo guardò, sconcertato.
"È...è perché fa freddo...ed è buio fuori adesso...ed andare da qui al teatro è davvero tanta strada-"
Ussr si girò, lanciando al figlio uno sguardo gelido.
"Ti pare che mi possa importare qualcosa?"
Russia rimase zitto, a guardarlo, prima di prendere giacca e cappello, sbattendo la porta di ingresso.
.
.
.
"Russia, sei pronto?"
Il ragazzino si guardò allo specchio, sospirando, mentre annuiva verso la maestra.
"Si, sono pronto..."
Disse mentre dava un occhiata al pubblico da dietro la tenda.
Nessuna traccia di lui.
Il ragazzino sospirò, un attimo prima che il sipario si divise.
La recita stava andando a gonfie vele, ma Russia sentiva che mancava ancora qualcosa per rendere tutto perfetto.
Ad un certo punto la musica di sottofondo sparì. Era il suo momento.
Una musichetta si levò per il teatro, mentre lui si girava verso il pubblico.
"Here in the garden...
Let's play a game...
I'll show how it's done...
Here in garden...
Stand very still...
This will be so much fun.
And then he smile...
That's what I'm after...
The smile in his eyes, the sound of his laughter...
Happy to listen...
Happy to stay...
Happily watching him drift...away..."
Russia mentre cantava, sentiva le sue emozioni come esplodere dentro di lui, come una bomba ad orologeria.
Aveva tenure nascosto quel dolore per troppo tempo.
"Happily waiting...
All on my own,
Under the endless sky...
Counting the seconds...
Standing alone...
A thousand of years go by...
Happily wondering,
Night after night...
Is...is this how it works...?
A-am...I doing it...right?
Happily to listen...
H-happy...to stay...
Happily watching him drift...away"
La voce tremolò in po'.
Si riconosceva nel bambino...
Si chiedeva se con suo padre si stava comportando bene...
Si stava chiedendo così tanto cose...
Mi vuoi davvero bene?
"They keep on, turning pages,
But people who dont care, people who dont care, about YOU.
And still it takes you ages...to se that no one is there...see that...no one's there...see that non one's there...
Every one is going on...without you..."
La sala continuava a rimanere in silenzio, mentre vedeva quel ragazzino, al centro del palco, continuare a cantare con il cuore in gola.
"Finally somenthing...
Finally news.
About how the story ends..."
Un ragazzino gli porse una lettera, luella che secondo lo spettacolo era la lettera del padre, che incoraggiava il figlio a continuare a vivere, a servire il paese e prendersi cura della madre.
"He doesn't exist now...
Survived by his son...
And all of his brand new friends..."
Russia sentì le lacrime rigargli il viso, mentre sollevava lo sguardo vereo il pubblico, continuando a sorridere.
"Isn't that lovely?!
I- isn't that cool?!
And isn't t-that cruel?!
And aren't I a fool...to have...
Happily listened...
Happy to stay...
Happy watched...he drift...away..."
Il pubblico si alzò in piedi, battendo le mani, soddisfatto.
Russia intanto si asciugò le lacrime, ringraziando tutti con un sorrise tirato.
Dopo il concerto, Russia si allontanò dal palazzo, in silenzio.
La neve era ormai alta, abbastanza da arrivargli quasi a metà polpaccio.
"Io...io continuo a sperare che venga...che stupido che sono..."
Pensò mentre si metteva sotto una tettoia.
"Quanto vorrei fargli rimpiangere ogni giorno quello che mi fa provare...quel bastardo..."
In quel momento, una macchina uscì improvvisamente dalla carreggiata, finendo contro un negozio di alimentari.
Russia tentò di schivarla, ma invano.
L'unica cosa che vide fu i fari del veicolo, poi il buio.
Ussr arrivò di fretta sul luogo dell'incidente, con il fiatone.
Ucraina e Bielorussia erano dietro di lui, protetti da Kazakistan.
Ussr guardò la scena, con disgusto e paura.
Il corpo del figlio che giaceva accanto ai resti del veicolo, intorno le sirene e le fiamme davano un tocco più drammatico alla scena.
Ussr si mise sulle ginocchia, accanto al corpo esanime di Russia.
Mentre accarezzava il cadavere del suo primogenito, incrociò lo sguardo con una figura completamente nera, che teneva uno spiritello per la mano, identico a Russia.
Ussr allungò la mano verso di lui, con le lacrime agli occhi, come per pregarla, pregare quella cosa di riportare indietro da lui.
La figura fece un sorriso apatico, scuotendo la testa, mentre si girava, ridendo in maniera agghiacciante, portandosi lo spirito con lui.
Ussr cominciò a piangere sul corpicino di Russia, mentre il sangue gli sporcava le mani e il giaccone.
Sapeva che non lo avrebbe mai più rivisto.
Sapeva che tutto questo era colpa sua.
Sapeva che questo era quello che si meritava.
Angolo autrice.
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