8 - semplicemente Hermione
Hogwarts
Biblioteca
23 ottobre 1996, ore 6,15 P.M.
Il libro che mi ha dato è difficile.
Difficilissimo.
Non ci capisco quasi nulla.
Molte cose mi sembrano chiare per quasi tutta una frase, per poi cadere miseramente nell'incertezza sulle ultime tre parole.
Ho visto un barlume di soddisfazione sul suo volto, l'altra sera, quando me lo ha dato.
E non voglio deluderlo.
Non cercherò altrove le cose che non mi sono chiare.
Non sbircerò in altri libri.
Perché gliel'ho promesso.
E per quanto possa sembrare stupido, tengo ferocemente a quella promessa.
Tengo a lui.
E voglio essere all'altezza.
Perché mi ha offerto una possibilità che nessun altro mi avrebbe dato.
Perché si è fidato del mio desiderio di sapere.
Perché ha guardato nei miei occhi e vi ha trovato una necessità che mi ero sempre costretta a nascondere.
Ma la verità è che con lui mi sento libera.
Terrorizzata, ma libera.
Non devo indossare la maschera.
Non devo costringermi ad essere la ragazzina ammaliata dall'idea di una gita ad Hogsmeade.
Non devo fingermi interessata ad una stupida partita di Quidditch.
E non devo vergognarmi della mia bramosia di sapere.
La verità era che con lui sto bene.
E posso essere me stessa.
Sono passati sette giorni dal nostro incontro nel suo laboratorio umido.
Una settimana esatta.
E questa sera scenderò nuovamente nei sotterranei.
Non l'ho più visto.
Se non qualche volta di sfuggita in sala grande, e a lezione, quando mi ha dato appuntamento per questa sera, alle nove in punto.
Ho preso un quaderno nuovo.
Quello con la copertina nera e rigida che mi piace tanto, e che mi ripromettevo di tenere per qualcosa di importante.
L'ho cercato subito dopo il nostro primo appuntamento serale, non appena sono rientrata dai sotterranei.
L'ho aperto e ci ho scritto sopra il mio nome.
Solo il mio nome.
Non tutta la tiritera, comprensiva di cognome, di materia e di anno scolastico, come faccio sempre.
Perché questo quaderno è diverso.
Io stessa sono diversa quando scrivo sulle sue pagine.
Sono solo Hermione.
Semplicemente me stessa.
Dedita a fare qualcosa che mi rappresenta veramente.
E adesso, con un briciolo di sgomento, lo vedo collezionare righe e righe della mia grafia.
Tutte le cose che non ho capito.
Tutte quelle che, anche solo minimante, non mi sono chiare.
Perché voglio che lui mi spieghi tutto.
Voglio perdermi nella sua voce dagli accenti profondi e sentire le storie di quel mondo celato agli sguardi degli uomini di cui conosco l'esistenza.
Quel mondo che bramo di poter conoscere.
Tra poco lo rivedrò.
Gli presenterò i miei dubbi.
E un pizzico di eccitazione mi stringe lo stomaco.
Mancano solo due pagine alla fine del libro, e non mi sono assolutamente stupita di constatare quanto impegno sia stato necessario per leggerlo tutto in una settimana.
L'ex professore di pozioni non si smentisce mai.
Valanghe di compiti, pressoché impossibili, da portare a termine nei tempi richiesti.
Per tutti.
Ma non per me.
Perché io sono diversa.
Lo sono sempre stata.
E, finalmente, qualcuno sembra essersene accorto.
La sera è arrivata in fretta.
Tra le risate con Harry e Ginny in sala grande e la divertente goffaggine di Ron.
No, non sono più parte del loro mondo, lo sento lontano.
Ma i miei amici non smettono di regalarmi quel briciolo di agognata spensieratezza.
Perché in fondo resto sempre una ragazza di nemmeno diciotto anni.
E dovrei imparare a essere meno pesante.
Finisco la mia cena in fretta, seduta accanto a Ron che sembra avere come unica missione quella di ingurgitare le provviste necessarie per il letargo di un orso bruno.
E io non ho fame.
Come sempre.
- "Questa sera ci faresti un ripasso di pozioni in sala comune, Herm?
Lumacorno è una palla colossale ma almeno quest'anno rischio di avere la sufficienza in pozioni"
Eccoci qui!
L'enciclopedia vivente deve andare incontro alla loro spensierata ignoranza, ancora una volta.
- "Pozioni quest'anno non mi preoccupa affatto!"
Harry sogghigna divertito.
E io alzo gli occhi al cielo.
Provo a inculcargli in quella testa spettinata un minimo di buon senso.
- "Te l'ho detto Harry, non mi piace che tu continui a leggere quel maledetto libro.
Non sai chi abbia scritto quegli appunti.
E le cose che non si conoscono possono essere molto pericolose..."
Lo dico, e mi viene da ridere, sentendomi un novello Severus Piton, pronto a dispensare consigli sulla magia sconosciuta, mentre osservo gli occhi di Harry guardarmi con la sua solita strafottenza Grifondoro, irriverente e beffarda.
- "Sarà Hermione... nel frattempo mi godo le prime O in pozioni della mia carriera. Poi se ci sarà da preoccuparsi, mi preoccuperò!"
Me lo dice quasi canticchiando, assestando una gomitata nelle costole a Ron, che continua a contemplarlo con un misto di invidia e ammirazione.
Sono diversi da me.
Dannatamente diversi.
Solo Severus sembra capirmi.
Già, Severus.
Severus un cazzo!
Cretina.
Il professor Piton.
Ma che diavolo mi sta succedendo?
Mi porto una mano alla bocca per nascondere a me stessa una libertà che non avrei dovuto concedermi.
Sento le guance incandescenti e gli occhi liquidi.
- "Allora Herm? Alle 9 in sala comune per il ripassone?"
Fortunatamente Ron mi trascina a forza fuori dall'imbarazzo.
Mi guarda speranzoso.
- "Mi spiace Ronald, ma questa sera non posso.
A quell'ora ho un recupero con Piton nei sotterranei.
Gli ho dato il tormento e alla fine ha acconsentito a darmi qualche lezione privata su un argomento che non riesco a studiare da sola."
Tutti ammutoliscono di colpo.
Come era prevedibile.
Sguardi sconcertati corrono da un viso ad un altro nel tentativo di metabolizzare le mie parole, fino a concludersi con un'unanime espressione schifata che sta facendo capolino dai loro occhi.
- "Hai chiesto delle lezioni private a Piton?!"
Ron scandisce le lettere di un nome che continua a infondergli un sorrido timore.
Forse nel tentativo di farmi comprendere meglio in che cavolo di situazione mi sono andata a cacciare.
- "No, Hermione. Tu non sei normale!
Ma io dico, non ti bastano le materie che già dobbiamo studiare? Vai ancora a cercarti qualcosa da fare per lavorare un po' di più... e lo chiedi a Piton? Il pipistrello nero dei sotterranei?"
La voce di Harry sembra quasi schifata.
Contraffatta dall'incredulità.
E io mi sento avvampare.
E non so perché.
Forse non sopporto più questa superficialità delirante.
Questo menefreghismo stupido e dannoso.
- "Si, Harry! Mi faccio dare lezioni da lui! Perché è colto, preparato e intelligente. Oltre ad essere l'unico che sembra aver voglia di spiegarmi quello che non so!
Non tutti anelano a galleggiare nell'ignoranza come piace fare a voi... sicuramente non piace a me!"
Mi alzo dal tavolo.
Sono infastidita.
Nervosa e suscettibile.
Mi dirigo a passo spedito verso l'enorme portone della sala grande, lo supero.
Mi avvio verso il dormitorio.
Faccio una doccia di fretta, lasciando che l'acqua calda lavi via il fastidio.
Per l'imbecillità, per il pressappochismo.
O semplicemente per la mia nuova incapacità di mantenere un atteggiamento neutrale.
Per far fatica a tenere sul viso la maschera.
No, Severus non è un uomo facile.
Sempre con quella sua espressione schifata.
Sempre pronto a gelare chiunque con un solo sguardo.
Sempre incline ad un sarcasmo pungente.
Ad una cattiveria non troppo velata.
Ma è un uomo che ha tanto da poter trasmettere.
Una conoscenza quasi sconfinata, prima di tutto.
Un'esperienza devastante.
E forse anche qualcosa di più.
Un uomo così colto, così intelligente, non può essere davvero tanto disgustoso.
Bisogna solo avere la forza di sostenere il suo carattere detestabile.
La sua voce glaciale.
E i suoi occhi di fuoco nero.
Bisogna solo avere la pazienza per scavare un po' sotto alla superficie.
Ne sono sicura.
Esco dalla doccia con la pelle arrossata dal calore dell'acqua.
Mi strofino velocemente in un asciugamano ruvido.
Così, come piace fare a me.
Lascio che il freddo dei dormitori sostituisca il tepore convogliante del vapore.
Lego i capelli frettolosamente.
Mi infilo il mio paio di jeans fortunati, una vecchia maglia un po' sformata, di un giallo senape che ha visto tempi migliori e un paio di scarpe da ginnastica.
Esco di fretta, attraverso la sala comune.
Corro verso il laboratorio.
In anticipo.
Come sempre.
Inforco le scale di pietra umida dei sotterranei alle nove meno un quarto.
E, come al solito, mi ritrovo davanti alla sua porta troppo presto.
Mi appoggio con la schiena alla parete gelata.
E attendo.
Una nuova conoscenza.
Un nuovo brivido.
Un nuovo sguardo velato di ammirazione.
Che so nascosto lì, al di là di questa vecchia anta di legno che custodisce un sapere anelato da quasi tutta una vita.
Che custodisce tutti i suoi segreti sepolti.
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