34- Storia di una trappola (p.4)
«Wei qianbei!» gridò SiZhui, orripilato, vedendo Wei Wuxian avanzare inesorabilmente verso le bestia che ancora smaniava per la sua carne.
Si divincolò con più forza, ma il cultore lo strinse ancora di più:«Sta' fermo, ragazzo, una volta che sarà morto finirà tutto.»
Però SiZhui non riusciva a pensare alla morte di Wei Wuxian.
Il Patriarca di Yiling cominciò a fischiare, un lugubre suono che dilagava per tutto il campo e si innalzava solitario e tremolante tra i guaiti e il silenzio.
Era uno spettacolo che straziava il cuore, vedere quell'uomo vestito di nero incamminarsi verso la sua oscura fine senza un minimo di esitazione, le mani dietro la schiena, le tempie imperlate di sudore.
Sembrava così solo.
Al suo richiamo accorsero alcuni spiriti, che si agitarono confusi attorno a lui, attirando l'attenzione della belva e finendo presto distrutti dalle sue fauci.
Wei Wuxian continuò la sua operazione, finché non si trovò ad un passo dalla belva immobilizzata, chissà ancora per quanto.
La melodia cambiò, e il fischio si fece più disteso e rilassato: sembrava aver intenzione di fare tranquillizzare la bestia, che effettivamente dopo un po' smise di guaire e cominciò invece a ringhiare sommessamente.
«Wei Wuxian!» esclamò scioccato Jin Ling quando lo vide arrampicarsi sulla schiena della chimera.
Era la cosa più folle che gli avesse visto fare, e ne aveva fatte di pazzie.
Persino i cultori rimasero sconvolti da quel folle coraggio: loro si erano limitati a liberare una bestia feroce e poi a rifugiarsi lontano da lei, mentre quell'uomo addirittura sembrava aver intenzione di cavalcarla.
Se Lan Zhan mi vedesse adesso, gli prenderebbe un infarto.
Pensò Wei Wuxian, smettendo di fischiare e liberando la belva dallo stato di torpore.
Questa, sentendo una presenza non identificata sopra di sé, cominciò a dimenarsi, furiosa, impennandosi e ricominciando a guaire, costringendo il suo cavaliere ad aggrapparsi con maggiore forza per non perdere l'equilibrio e cadere.
In ogni caso, quel suo folle piano aveva avuto successo: sulla schiena della belva riuscì facilmente a raggiungere un ramo e ci salì sopra, dolorante - la ferita gli dava delle fitte per nulla piacevoli.
«Tu, dammi il mio dizi.» ordinò al cultore sopra di lui, che teneva ancora il suo flauto.
Questi lo guardò ad occhi spalancati, leggermente tremante, aggrappato al tronco dell'albero come se ne valesse della sua vita - cosa che in effetti era.
«No!» si oppose qualcuno, suscitando lo sdegno di Wei Wuxian.
«Sono giunto fino a qua cavalcando una fottuta bestia primitiva, senza nient'altro che il mio corpo. Cosa vi fa pensare che privarmi del dizi mi metta in difficoltà? Nulla può ostacolarmi, né prima, né ora. Quindi, se non volete restare su questi rami fino alla fine delle vostre insulse e aride vite - dato che non riuscirete né a sconfiggere la bestia né a sconfiggere me -, vi consiglio di restituirmi ciò che è mio e porre fine i vostri assurdi, meschini e inutili tentativi di uccidermi, cosicché possiamo tutti andarcene da qui. Ho un matrimonio a cui pensare!» sbottò infine, tendendo la mano verso il suo dizi con un'espressione determinata.
Alle sue parole scese il silenzio: c'era così tanta arroganza eppure così tanta verità in quel discorso, che nessuno sapeva come ribattere.
«Ridategli quel maledetto flauto!» urlò anche Jin Ling, pestando il piede della persona che lo stava trattenendo, per la frustrazione.
Sottomesso dallo sguardo fiero di Wei Wuxian, e dalla situazione senza uscita in cui si erano infilati, infine, il cultore gli restituì il dizi, e lui esultò tra sé, sorridendo quando lo strinse tra le dita.
Si portò il flauto alle labbra, e finalmente cominciò a suonare.
L'intensità era così diversa rispetto a quella che aveva avuto quando aveva fischiettato.
Era un suono travolgente che sembrava scuotere perfino le viscere: i flebili spiriti che avevano risposto al primo richiamo furono presto raggiunti da altri, più cupi e violenti, che si accalcarono sulla belva pronti a distruggerla.
La figura di Wei Wuxian era poetica e terrificante proprio come veniva raccontata, la sua aura oscura permeava l'aria e nessuno osava nemmeno respirare.
Nel giro di pochi minuti, la questione fu risolta, e i cultori si affrettarono a scendere dagli alberi, guardando da sotto Wei Wuxian, che invece si sedette sul suo ramo.
Li stava guardando da sotto le ciglia, lo sguardo pericoloso, una gamba a penzoloni mentre l'altra tirata su, sopra il ginocchio aveva abbandonato il braccio che reggeva il dizi.
Era stranamente sensuale.
«Wei qianbei, state bene?» chiese SiZhui, ormai libero dalla presa del cultore.
Wei Wuxian non rispose, ma si limitò a fargli un occhiolino per tranquillizzarlo.
«NON POSSO DAVVERO CREDERE CHE ABBIATE FATTO UNA COSA DEL GENERE. METTERE IN PERICOLO I VOSTRI CLAN PER DEGLI STUPIDI IDEALI BIGOTTI E RETROGRADI...— Jin Ling stava strepitando, il viso rosso dalla rabbia.
«Gran Maestro Jin, non fatevi accecare dall'affetto: quell'uomo è comunque la persona che ha ucciso i vostri genitori!» replicò uno.
«LO SO! LO SO BENISSIMO, DANNAZIONE, MA È ANCHE VERO CHE MI HA SALVATO PIÙ VOLTE DI QUANTO AVESSE MAI POTUTO FARE QUALCUN ALTRO, E HA GIÀ PAGATO PER LE SUE COLPE! COME AVETE POTUTO ARCHITETTARE UNA TALE TRAPPOLA METTENDO TUTTI IN PERICOLO?! NON AVETE UN MINIMO DI SENNO!»
Distante da tutti, JingYi, intanto, fece partire un segnale per raggiungere coloro che erano all'esterno, mentre lanciava occhiate circospette a Wei Wuxian, che non sembrava voler scendere dall'albero.
«Siete troppo giovane per capire! Quello è il Patriarca di Yiling, e merita di morire!»
Poco dopo il segnale, HanGuang-Jun li raggiunse.
Aveva le sopracciglia aggrottate e un'espressione preoccupatissima, la mano serrata attorno a bichen.
Non appena lo vide, Wei Wuxian scese immediatamente dal ramo, correndogli incontro e gettandogli le braccia al collo.
«Stai bene?» gli sussurrò Lan WangJi all'orecchio.
«Certo che sì, Lan Zhan. C'è mancato poco, ma niente può fermare il terribile Patriarca di Yiling, no?» rispose l'altro.
In risposta, HanGuang-Jun lo strinse ancora più forte, chiudendo gli occhi e beandosi della sensazione del corpo dell'altro contro il suo, scacciando le ansie e le preoccupazioni che lo avevano attanagliato fino ad allora.
«Che cosa è successo?» gli chiese poi, senza lasciarlo andare.
«Solo quello che avevamo previsto: una bella trappola infiocchettata. Ma sono riuscito a cavarmela. E tra l'altro, ci sta pensando Jin Ling a vendicarmi.» rispose Wei Wuxian, separandosi dal compagno e lanciando un'occhiata al nipote, che stava ancora sbraitando contro i Gran Maestri.
Lan WangJi si sentì tirare lievemente per la manica, e abbassò lo sguardo per incrociare gli occhi preoccupati di SiZhui.
Inarcò le sopracciglia, allontanandosi di poco da Wei Ying, che intanto aveva deciso di raggiungere Jin Ling.
«Come sono andate davvero le cose?» chiese al ragazzo, che lanciò un'occhiata all'uomo in nero per poi spostare lo sguardo su HanGuang-Jun.
«É stato folle. Hanno scaricato una chimera nello spiazzo, mettendo in pericolo tutti i presenti, e quando Wei qianbei è accorso gli hanno rubato il flauto.» Lan WangJi si irrigidì, alzando lo sguardo per guardare il compagno, che ascoltava con interesse la conversazione tra Jin Ling e gli altri, apparentemente rilassato.
Sapeva che senza il dizi Wei Wuxian non poteva riuscire facilmente a controllare gli spiriti, e il suo nucleo non aveva abbastanza forza per combattere contro una bestia di quel tipo.
Lo avevano buttato come un osso in mezzo ai cani affamati, e avevano aspettato che lo divorassero.
«Ci hanno immobilizzati e lo hanno lasciato lì. Ho temuto davvero che stavolta non avesse vie di scampo, ma ha tirato fuori un talismano e ha placato la belva, e poi...» SiZhui esitò.
«Poi cosa?» pressò Lan WangJi.
«...poi ci è salito sopra. Davvero, HanGuang-Jun, è salito sopra la chimera e l'ha cavalcata come fosse un semplice mulo! Grazie a ciò si è ripreso il flauto, ma è stato terrificante.» concluse il giovane, ancora con i residui della paura negli occhi.
Lan WangJi sospirò, stringendo la presa attorno a bichen e maledicendo mille volte le follie del compagno, mentre tentava di tenere a bada la rabbia nei confronti dei Gran Maestri che lo avevano attaccato.
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