Finalmente a casa
San Felice Circeo, 27 febbraio 1944
Il treno che Iris aveva preso ad Anzio quel mattino l'avrebbe portata fino alla stazione di Terracina: lì l'avrebbe aspettata sua madre, a cui aveva telefonato due giorni prima, per avvertirla che sarebbe tornata a casa.
Aveva sentito bene il tono insicuro con cui Irene le aveva parlato; la giovane Cataldo sapeva di metterla in una posizione ancora più scomoda di quanto non fosse già: il suo ritorno non sarebbe stato particolarmente, a San Felice Circeo; le avrebbero dato della svergognata, della puttana, oltre che della figlia di nessuno come l'avevano sempre definita.
La sua fuga con Gianfranco Menotti, sebbene non fosse stata dettata dall'amore, aveva impresso sulla sua reputazione un marchio a fuoco che nemmeno con un miracolo sarebbe andato via; ma Tiberio l'avrebbe raggiunta, Tiberio che era l'unico uomo a tenere veramente a lei e che l'avrebbe aiutata a mettersi in contatto con Rebecca Tagliacozzo, la moglie di Gianfranco, la madre dei suoi figli.
Una donna nascosta, di cui nessuno sapeva l'esistenza in paese all'infuori del gerarca stesso: o almeno, la sua esistenza non veniva dichiarata esplicitamente, perché una moglie ebrea e segreta residente a Londra, sicuramente avrebbe fatto a pezzi la carriera del gerarca ancora prima che si consolidasse davvero; ma anche, nel contempo, l'unica donna che avesse mai realmente amato.
Il cartello con su scritto "Terracina" destò Iris dai suoi pensieri; il treno si fermò, e dal finestrino la ragazza vide la figura di sua madre: aveva l'aspetto stanco a causa della guerra e della fatica, ma era ancora una bellissima donna, incredibilmente somigliante a lei; non avevano molti anni di differenza, l'aveva avuta praticamente da ragazzina.
La Cataldo prese la valigia e scese, camminando in direzione della madre, che le corse incontro e l'abbracciò; Iris rispose all'abbraccio, un po' stupita da tutto quel calore: qualsiasi altra le avrebbe tirato uno schiaffo per il disonore che le aveva gettato addosso, ma Irene ci era abituata alle malelingue, il tempo l'aveva resa impermeabile.
<< Come sei bella! >> esclamò, staccandosi e prendendola per una mano.
<< Mi prendi in giro. Sono l'ombra di me stessa! >> rise mestamente Iris.
<< È una stanchezza positiva, ad Anzio ti sei occupata degli altri. Hai fatto una nobile azione, ad unirti alle crocerossine della contessa Orsini! >> si complimentò la madre, mentre le prendeva la valigia.
Si diressero sulla piazza antistante la stazione, per rimediare un passaggio fino a San Felice Circeo.
<< Mamma, ti vedo in salute nonostante tutto. Come ti sostenti? Hai ancora i soldi che ti mandava Gianfranco? >> constatò la giovane.
<< Quando sono finiti ho scritto ad Elsa Filomusi, lei mi ha assunto all'osteria. Le mie colleghe sono brave persone, le conosco e non mi giudicano. Sono contenta che tu e quella ragazza siate amiche, è molto generosa >> spiegò la prima, mentre rimediavano un passaggio dal proprietario di un erbivendolo.
<< Già, lo è molto >> ammise la seconda.
Se l'era presa così tanto con Elsa, per aver confessato a Giada di lei e Rinaldo, mentre la giovane crocerossina aveva sempre fatto il suo bene e quello di sua madre, anche lontana da San Felice Circeo.
Quando si sarebbero rincontrate l'avrebbe ringraziata.
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