TEN
A passo lento, Jeff scese le scale con le mani infilate nelle tasche dei jeans. Teneva lo sguardo fisso ai suoi piedi del tutto incurante dell'ambiente attorno a lui; i suoi capelli corvini, lunghi e lisci per loro natura, pensavano disordinati sulle sue spalle magre e muscolose.
Quando il giovane mise piede in cucina, tutti raggelarono. Non disse una parola, non scambiò uno sguardo con nessuno, ma si mise a sedere a quello che era sempre stato il suo posto e poggiò i gomiti sul tavolo apparecchiato.
Mamma sfilò la teglia dal forno con le mani che tremavano, tanto che se non l'avesse prontamente aiutata Liu sarebbe finito per cadere tutto quanto a terra. Mentre papà, con la fronte aggrottata e lo sguardo rattristato, cercava di scorgere il volto del figlio minore sotto a quei capelli che vi pendevano davanti.
-Okay, è tutto pronto- balbettò la madre, poggiando al centro del tavolo il vassoio - Prendi... Tutto quello che ti va, Jeff- aggiunse, con un filo di voce.
Ma il moro non mosse un solo muscolo, fino a che tutti quanti non si fossero misi a sedere a tavola. Era un'abitudine che mamma aveva insegnato a lui ed al fratello maggiore quando erano piccoli: nessuno tocca cibo finché non siamo tutti a sedere. Liu osservò quella scena con stupore, non credeva che ricordasse quella regola.
Calò un silenzio pesante, mentre il castano allungava le braccia per riempirsi il piatto. Si muoveva in modo molto maldestro, a causa della tensione derivata dallo sguardo fisso di Jeff, che attendeva il suo turno. Il fratello maggiore, tuttavia, afferrò il suo piatto e lo riempì con una porzione generosa, per poi tornare a riporlo davanti a lui.
Fu una piacevolissima e inaspettata sorpresa sentire il moro, anche se quasi sottovoce, dire: - Grazie-.
Afferrò la forchetta in modo sbadato e cominciò a mangiare voracemente; pareva che non avesse tenuto una posata in mano per molto tempo, dal modo impacciato un cui la usava.
Aveva fame, molta fame; divorò letteralmente tutto ciò che aveva nel piatto, e quando Liu tornò a riempirlo con un'altra porzione divorò anche questa.
-Siamo... Felici che tu sia qui - disse papà, intrecciando le dita e rivolgendo il suo sguardo al figlio più piccolo. Ma lui, senza rispondere, si alzò in piedi, si voltò di schiena e se ne tornò nella sua stanza.
Liu lo guardò andar via, e quando sentì il cigolio della porta si rivolse ai suoi genitori. - Avete sentito, prima? - domandò - Mi ha ringraziato per avergli riempito il piatto. Ha detto "grazie" -.
La madre annuì con entusiasmo, quasi le veniva da piangere. - Sì, ho sentito- disse - Visto come aveva fame? Sono... Sono così felice-.
Liu annuì con un cenno del capo, ed allargò un caldo sorriso. - Ve lo avevo detto, lui è qui perché ha bisogno del nostro affetto... Anche se non è bravo a chiederlo-.
Anche papà questa volta fece un sorriso, trovandosi finalmente coinvolto in un argomento. - Sembra che le cose stiano pian piano migliorando--commentò.
Al termine della cena, Liu si alzò per aiutare la madre a lavare i piatti, ma la donna lo scacciò via con un gesto della mano. - Va in camera con lui- disse - Vedi se riesci a parlarci un pò-.
Il ragazzo annuì, e fece come lei aveva suggerito. Salì le scale e si fermò davanti alla porta della loro stanza, prendendo un respiro profondo prima di entrare. Jeff era seduto sul suo letto, con le gambe incrociate e quel maledetto lungo coltello da cucina stretto nella mano destra. Ci stava giocando, lo girava tra le mani e lo osservava come se fosse qualcosa di curioso.
Alla vista di quella scena il ragazzo non poté che intimidirsi, ma volle comunque fare un tentativo. Si mise a sua volta seduto sul suo letto e volse lo sguardo al fratello minore.
-Ti ricordi... Quando andavamo a giocare al fiume, da bambini? - chiese, timidamente. - Mi toccava sempre assicurarmi che non ti facessi male, eri davvero una piccola peste-.
Jeff, tuttavia, restò in silenzio e non sollevò lo sguardo dal suo coltello.
-Ne abbiamo combinate un sacco insieme- insistette ancora l'altro - Due fratelli inseparabili-.
Questa volta, tuttavia, il moro sollevò di colpo lo sguardo. - Chi ti ha chiesto di fare questo teatrino? La mamma? -. La sua voce era fredda, distaccata, accusatoria.
Liu, trovandosi spiazzato di fronte a quella risposta, cominciò a balbettare. - Io stavo solo... Cercando di fare... Conversazione- disse.
Il moro scoppiò in una breve risata, e passò una mano trai suoi capelli neri. - Senti, evita di tentare qualsiasi approccio, chiaro? Il vostro Jeffrey è morto il giorno dell'incidente, io non sono lui-.
-Ma... - farfugliò Liu - Questo non è vero e tu lo sai... È solo che ti serve del tempo-.
-Non dirmi cosa mi serve- esclamò Jeff alzando il tono della sua voce, adesso divenuta cupa ed aggressiva - Chiaro?! -.
-O..Ok- rispose l'altro, intimidito, sollevando le mani in segno di resa. - Va bene, come vuoi tu-.
Senza aggiungere altro, Liu si sistemò disteso sul letto e recuperò il cellulare dalla scrivania, nel tentativo di evadere da quella situazione fin troppo spinosa. Finse di guardare qualche notizia, ma nello schermo dello smartphone appariva solo la schermata home.
Jeff spense la luce premendo il bottone con violenza, ed affondò la testa nel cuscino. Emise un rumoroso sospiro, come se stesse scaricando dello stress, poi si sistemò in una posizione più comoda facendo frusciare le lenzuola.
La stanza fu a quel punto avvolta dal silenzio e dal buio, disturbato solo dal fascio di luce giallastra proveniente dai lampioni sulla strada, che filtrava dal vetro della finestra.
Trascorsero interminabili minuti nei quali Liu si trovò immerso nei più tristi dei suoi pensieri e nei più nostalgici ricordi, fino a quando all'improvviso un timido rumore ruppe quel silenzio.
Il rumore di un flebile pianto.
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