White King
Erano le dodici e venti quando alcuni membri della squadra di football, riunitisi a scuola nonostante fosse sabato per gli allenamenti, trovarono, proprio al centro del campo, il corpo privo di vita di Abigail Mitchell.
La causa della morte venne imputata alla profonda pugnalata che le era stata assestata sul petto, esattamente all'altezza del cuore. L'arma del delitto era un paio di forbici, trovate infilate nel petto della ragazza fino all'impugnatura.
Il primo pensiero che corse nelle menti dei poliziotti, una volta trovatisi sulla scena del crimine, ovviamente fu che si fosse trattato di un omicidio. Tuttavia le numerose ferite che vennero trovate in seguito all'autopsia su tutto il corpo della ragazza, dagli innumerevoli tagli su polsi e cosce al petto tutto scorticato, lasciarono sorgere l'ipotesi del suicidio.
Ipotesi che venne poi sostenuta dal fatto che, al momento del ritrovamento del cadavere, non dovevano essere passati che cinque minuti dal momento della morte di Abigail e in quel lasso di tempo nessuno si era recato nel campo da football, circondato da una recinzione che, al momento dell'arrivo della squadra, era chiusa a chiave.
La ragazza doveva aver scavalcato la rete per entrare, scegliendo per qualche motivo quel luogo come scenario del suo suicidio. Non c'era modo che qualcuno ce l'avesse condotta con la forza, per ucciderla lì.
Soprattutto perchè sarebbe stato assolutamente privo di senso che un assassino decidesse di compiere il proprio omicidio in un luogo così in vista, per poi sparire nel nulla, lasciando lì perfino l'arma del delitto.
Già, doveva essersi trattato, senza alcuna ombra di dubbio, di un...
- Un omicidio. -
Sentenziò Zoey quel lunedì, proprio mentre io, durante un momento morto nel corso del mio turno pomeridiano al negozio, ero al cellulare per informarmi sui risultati dell'autopsia che erano stati divulgati sul giornale di quella mattina.
- Ma hai letto le ultime notizie? - Replicai, rivolgendo verso lo schermo verso di lei. - Tagli multipli sui polsi, sulle cosce e sul petto, il cancello del campo era chiuso a chiave e l'arma era lì sulla scena del crimine. Si è trattato chiaramente di un suicidio. -
- Questo è ciò che vogliono farci credere. -
Ribattè lei, scuotendo la sua corta chioma rossiccia con fare quasi sconsolato, come se fosse dispiaciuta della mia ottusità.
Ci mancava poco che si mettesse ad analizzare una foto scattata dall'alto del campo da football al momento dell'omicidio, trovando chissà come, nel modo in cui Abigail era posizionata al momento del suo ritrovamento, il chiaro riferimento ad un triangolo.
- Allora sentiamo, cosa te lo fa pensare? -
Chiesi con un sospiro.
- Aspettavo che me lo chiedessi. - Replicò lei, sorridendo con orgoglio mentre si frugava nella tasca dei pantaloni. - Guarda un po' cos'hanno trovato durante l'autopsia. -
E così dicendo tirò fuori una piccola busta di plastica trasparente, contenente un pezzo degli scacchi completamente rosso. Un re.
Guardandolo più da vicino, realizzai che non fosse rosso semplicemente perché era stato fatto per essere di quel colore. Era interamente sporco di sangue.
- Perchè hai una cosa del genere? -
Chiesi, balzando all'indietro per la sorpresa.
- In caso te lo fossi dimenticato, io sono una spia. - Mi rispose Zoey, alzando gli occhi al cielo con uno sbuffo. - Ho assistito all'autopsia di ieri. Quando hanno trovato questo re, conficcato nel petto di Abigail e tenuto fermo lì grazie alla forbice, dopo averlo analizzato, lo hanno consegnato a me. Ovviamente negli articoli che stai leggendo tu non viene neanche accennato questo particolare, dato che, almeno finchè non avremmo trovato il colpevole, questo caso deve rimanere assolutamente top secret. -
Iniziò a girarmi la testa.
Era assurdo.
I due pezzi degli scacchi mancanti erano proprio i due re.
Quindi Abigail era stata davvero uccisa dall'assassino che stavamo cercando?
E questo significava che si trattava davvero di uno studente di quella scuola? Di uno degli altri nove sospettati?
Anche se ero venuto a patti con quella faccenda già da diverso tempo, il ritrovarmi di fronte al fatto compiuto rese improvvisamente ogni cosa così... Così reale.
Al punto da non poterci quasi credere.
- Pare che si tratti del re bianco. - Continuò Zoey mostrandomi la base del pezzo degli scacchi, dove il sangue era stato scrostato, mettendo così in mostra il suo vero colore. - Questo significa che manca una sola vittima alla fine di questa catena di omicidi. Abbiamo solo un'ultima possibilità per trovare l'assassino. Perchè una volta compiuto l'ultimo omicidio, è altamente probabile che scompaia dalla scena e a quel punto sarà ancora più difficile trovarlo. -
- E quindi cosa dovremmo fare? -
- Innanzitutto, perché non andare dalle uniche due persone in possesso della chiave di quel campo? Ovviamente mi riferisco ai due capitani della squadra di football, Simon Campbell e Austin Richmond. Così metteremo anche fine alle investigazioni sui singoli sospettati.-
Ora iniziai seriamente a sentirmi male. Maledizione, ma perché doveva trattarsi proprio di loro due?
Beh, almeno in tutto ciò c'era qualcosa di positivo...
- Significa che potremmo iniziare solo dopodomani, giusto? - Le chiesi, mentre il terribile peso che avevo sul petto si faceva un tantino più leggero. - Dato che la scuola rimarrà chiusa ancora per oggi e domani. -
- Sbagliato! - Esclamò Zoey, innalzando l'indice al cielo come se stesse cercando di catturare l'attenzione di un insegnante. - Dimentichi forse che abbiamo già molteplici mezzi per avvicinarci a loro? -
- Ad esempio? -
- Ad esempio il fatto che la tua quasi-amica è la quasi-fidanzata della migliore amica di Austin. E lui a sua volta ovviamente è in buoni rapporti con Simon. Vedi? Praticamente avevamo la strada spianata fin dal principio. -
Mi sorpresi di quanti "come non detto" mi ritrovassi a pensare quando parlavo con Zoey. Era qualcosa di assurdo. Tutte le volte che davo qualcosa per scontato, lei arrivava e con una semplice frase sconvolgeva tutto. Il più delle volte, in peggio.
- Non credi che prima sia meglio concentrarci su Abigail? Insomma, non sappiamo nulla di lei. Magari se prima investigassimo sulla sua famiglia, sui suoi amici e in generale sulle persone che avevano abitualmente a che fare con lei, potrebbe esserci subito chiaro chi è l'assassino. -
La rossa sfoggiò nuovamente quel sorrisino sghembo e, senza dire nulla, si tolse lo zainetto dalle spalle e iniziò a frugarci dentro.
Brutto segno.
- Ci ho già pensato io. - Annunciò, porgendomi un piccolo plico di fogli. - In quelle pagine sono contenuti vita, morte e miracoli di Abigail Mitchell. Anche se non ci eravamo ancora avvicinati personalmente a lei, non avrai mica creduto che per tutto questo tempo io non avessi neanche provato a fare un po' di ricerche sul suo conto, vero? -
Trattenendomi dal risponderle affermativamente, presi il malloppo e iniziai a sfogliarlo, gettando rapide occhiate sulle varie informazioni, alla ricerca di qualcosa di davvero rilevante.
Non che il nome del suo pesciolino rosso di quando aveva otto anni non lo fosse, sia chiaro (comunque si chiamava "Golden", così banale da non essere neanche divertente).
Comunque, sfogliando quelle pagine appresi alcune informazioni generali sulla vita di Abigail. Viveva con il padre e non c'era alcuna informazione riguardo la madre.
Non aveva fratelli, nè sorelle o altri parenti stretti.
Tuttavia aveva un bel circolo di amici. Non particolarmente nutrito, ma a quanto pareva piuttosto fedele.
In quell'elenco di nomi trovai sette dei peggiori attaccabrighe della scuola. Abigail era una sorta di leader per loro.
Non facevano granchè, giusto qualche occasionale scorribanda nelle scuole vicine e la perenne occupazione di un magazzino abbandonato situato in periferia.
Comunque, da quello che potevo leggere, sembravano essere i classici tipi da "tutto fumo e niente arrosto".
Si impegnavano per avere un aspetto e un atteggiamento che incutesse timore, ma di fatto non facevano praticamente nulla.
O meglio, questo valeva per tutti tranne che per Abigail. Immagino che effettivamente la si potesse definire una vera "badgirl", come l'aveva chiamata Zoey un paio di volte prima che avvenisse il suo omicidio.
Era scappata di casa innumerevoli volte, era una fumatrice incallita e anche una cliente assidua di alcune delle peggiori bettole della zona. Andava a scuola un giorno su tre, ma i professori quando possibile si astenevano dal darle punizioni o sospensioni, dati i suoi precedenti, che avevano portato alle medie alla casa della sua prof di inglese, completamente incartata di carta igienica, mentre al liceo al ricovero in ospedale del professore di storia, durato quasi un mese e causato da una terribile caduta per le scale (tuttavia l'assenza di vere prove a suo carico, l'aveva salvata).
Inoltre sembrava che fosse il tormento delle matricole, magari non al livello di una vera bulla, ma comunque abbastanza perchè tutti i primini si rivolgessero a lei come "Mitchell-sama" (l'anno prima aveva iniziato a chiamarla in questo modo un gruppetto di ragazzi otaku e alla fine la voce si era sparsa al punto che ormai tutti la chiamavano in quel modo).
- Effettivamente, qui non c'è nulla che potrebbe far pensare che lei stesse pianificando un suicidio. - Commentai quando ebbi finito, riconsegnando il plico a Zoey. - Nessun precedente di autolesionismo o altri tentativi suicidi. Inoltre di recente non le accaduto di nulla di particolarmente grave. Sembra essere proprio l'ultima persona da cui ci si potrebbe aspettare un gesto del genere. -
- Esatto. È proprio quello che avevo pensato anch'io. - Annuì la rossa. - Inoltre, hai letto la parte riguardo Simon? -
Aggrottai la fronte.
- Campbell, dici? -
- Esatto. - Annuì lei, sfogliando rapidamente le pagine fino ad arrivare a quella giusta, che poi mi mise davanti. - Ultimamente è stata vista spesso insieme a lui, ma non in atteggiamenti esattamente amichevoli. Credo che lui potrebbe sapere qualcosa. -
- Ottimo. Allora andiamo direttamente da lui, no? -
- Sbaglio o improvvisamente ti sei fatto molto più collaborativo? -
- Sarà. Ma rimane il fatto che ora non posso muovermi da qui. Ripassa tra due ore. -
- Certo, lo so. Comunque pensi di riuscire ad arrangiare all'ultimo momento una cena da Gwendolyn? -
- Per oggi stesso, dici? La vedo dura... Inoltre ci saranno anche i suoi genitori in giro, non è proprio l'ideale. -
- Allora puoi chiederle di aiutarci ad imbucarci in casa di Katherine? -
- Come mai? -
- Oh, insomma! Ma mi ascolti o no quando parlo? - Sbuffò lei indispettita. - Il piano è questo: grazie a Gwendolyn ci avviciniamo a Katherine, grazie a Katherine ci avviciniamo ad Austin e grazie ad Austin ci avviciniamo a Simon. È chiaro adesso? -
- Oh... In effetti prima credo di essermi perso un passaggio o due... - O meglio, diciamo che quando l'argomento era caduto su Simon, mi ero dimenticato di tutto il giro che avremmo dovuto fare prima di ricevere udienza da lui. In particolare per quanto riguardava gli ultimi due passaggi. Questo cambiava le cose. - E se ci pensassimo domani? O magari dopodomani? Anzi, sai che ti dico? L'ideale credo che sarebbe rimandare tutto a questo sabato, così... -
- Adesso sì che ti riconosco. - Sospirò Zoey interrompendomi, pur sorridendo divertita. E continuando a sorridere, aggiunse: - Ora però, prima che usi questa bella lampada in stile Luigi XV per compiere un omicidio, chiama Gwen e dille di autoinvitarsi a un'uscita tra Katherine e i suoi amici, alla quale ovviamente noi due ci imbucheremo. Qualcosa da obbiettare? -
- Quella è una lampada Luigi XVI. -
- Vogliamo provare a vedere se fa male lo stesso? -
Tirai fuori il cellulare.
Non che avessi paura di venire ucciso da quello scricciolo, ma se l'avesse rotta sul serio, dubito che l'avrebbe ripagata.
Gwendolyn rispose al terzo squillo.
Per ottenere il suo consenso e impedirle di farmi troppe domande, le dovetti giurare che, di lì fino al diploma, non l'avrei mai più chiamata Tsundolyn o Yanderlyn. Fu doloroso promettere una cosa del genere, ma almeno così riuscii ad ottenere la sua collaborazione.
Ottimo. Avevo dovuto rinunciare a uno dei più grandi piaceri della mia miserabile vita e in cambio cos'avevo ottenuto? Una meravigliosa uscita in compagnia di entrambe le persone con le quali non avrei voluto più avere a che fare per il resto della mia vita.
Ma chi me lo faceva fare?
Ah, giusto: quella sottospecie di folletta fuori di testa che in quel momento mi stava minacciando con una lampada di antiquariato.
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