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Unexpected

Il tintinnio di un campanello mi fece sollevare il capo dal libro che tenevo sulle gambe.

- Buongiorno! -

Esclamai, riponendo subito il libro di scienze in un cassetto del bancone e alzandomi in piedi.

- Buongiorno, Nicholas. Mattiniero come al solito, eh? - Mi rispose il sessantenne, richiudendo con attenzione la porta a vetri. - Vedo che siete tornati in attività. Stavo iniziando a temere per il peggio, sai? Con quel cartello che stava lì fuori sulla porta da una settimana... Com'è che diceva? Ah, sì: "chiusi a tempo indeterminato", vero? -

- Sì. Vede, il fatto è che la signora Perez ha dovuto chiudere per prendersi cura dei nipoti. Si sono raffreddati entrambi lo stesso giorno e sa quant'è indaffarato suo figlio, per non parlare poi della moglie. Per fortuna sembra che adesso si sentano meglio. Ma ad ogni modo, le serve qualcosa? -

- Oh, sì. - Rispose l'uomo annuendo ripetutamente con il capo, per poi voltarsi alla sua destra, verso la finestra che si affacciava sulla strada. - Proprio l'altro giorno, passando qui con mia moglie, abbiamo adocchiato in vetrina un bel mobiletto di legno. Dammi solo un momento per trovarlo... Ecco, è quello lì nell'angolo! -

Esclamò, puntando l'indice contro una piccola cassettiera in legno di castagno.

Non ci vollero che cinque minuti per pagare e impacchettare il mobile, l'uomo aveva appena lasciato il negozio e io mi stavo per risiedere dietro il bancone, quando...

- Certo che qua dentro è proprio un mortorio. -

Sussultai all'udire quella voce e per poco non mi sbilanciai sullo sgabello al punto da cadere all'indietro.
Mi salvai aggrappandomi appena in tempo al bordo dell'ampia scrivania, quindi mi voltai lentamente alle mie spalle.

In ginocchio davanti ad una cassa contenente libri antichi dalle pagine ingiallite, Zoey stava facendo scorrere lo sguardo sulle copertine, tutte mangiucchiate da topi e tarli del legno.

- Da quanto tempo sei lì? -

Le chiesi, facendo del mio meglio per controllarmi e non alzare troppo la voce, dato che la signora Perez, per quanto sessantottenne, ci sentiva ancora discretamente bene e al momento si trovava proprio nella stanza accanto, in un piccolo stanzino sul retro.

- Solo da un paio di minuti. Ma quando sono entrata tu eri troppo occupato a impacchettare quel mobiletto osceno per fare caso a me. -

- Ehi! - Replicai indispettito. Per quanto anche io avessi la stessa opinione per quanto riguardava un buon settantacinque per cento degli articoli presenti in negozio, il fatto che io lavorassi lì mi fece sentire come preso in causa. - Smettila di frugare in giro, quella è roba delicata! E ora dimmi cosa ci fai qui. -

- Ti sei dimenticato che abbiamo delle indagini da portare avanti? - Mi rispose lei rialzandosi in piedi e sfregandosi le mani sui pantaloni per pulirle dalla polvere. - Non avrai mica creduto che ti avrei lasciato in pace solo perchè è sabato, vero? -

- Se non l'hai notato, adesso sono occupato. Devo lavorare. -

Lei si guardò intorno, aggrottando la fronte perplessa nel vedere il negozio di antiquariato completamente deserto.

- Vedo. -

Commentò seccamente.
Quindi mi diede cinque secondi contati di tregua, per poi ripartire alla carica, chiedendomi per quanto tempo avrei avuto da fare lì dentro.

- Fino a mezzogiorno e mezzo. - Risposi, non riuscendo a fare a meno di sospirare dal sollievo nel momento in cui, guardando l'orologio a pendolo appeso sulla parete opposta, realizzai che mancassero ancora cinque ore a quel momento. - E poi devo tornare la sera, dalle sei fino alle nove. -

- Ma proprio qui dentro ti dovevi andare a cacciare? - Sbuffò la rossa, guardandosi intorno con sguardo critico. - Questa signora Perez non è tua parente, no? Lavori qui come part timer per guadagnare, mica per farle un favore. Se ti facessi assumere come cameriere in qualche locale o come cassiere in un supermercato o semplicemente in un negozio un po' più frequentato, scommetto che lavoreresti di meno e ti pagherebbero di più. -

- Qui mi trovo bene. - Ribattei, infastidito da tutto quel suo ficcanasare. Che il bisogno di farsi costantemente gli affari altrui fosse una sorta di effetto collaterale del suo lavoro? - Anche se i miei turni durano diverse ore, non c'è mai molto da fare, così posso usare i tempi morti per studiare. Non è stancante, la paga pur non essendo eccellente è comunque buona e, soprattutto, mi permette di avere a che fare con il minor numero possibile di persone. Lavorando in uno di quei locali o negozietti frequentati di cui parli tu, hai idea di quante persone incontrerei nell'arco di una sola giornata? -

- Ehm... Non saprei. Forse... -

- Ti rispondo io: troppe. -

Lei ruotò gli occhi all'udire la mia risposta. Quindi si andò a sedere su una delle sedie in vendita.
Nel notare la mia occhiataccia, si trattenne dal buttarcisi sopra e si sedette con tutta la dovuta lentezza e attenzione. Solo pochi istanti dopo, però, iniziò a sentire prurito e il dover stare perfettamente immobile per non rovinare nulla iniziò ad esserle così scomodo che alla fine rinunciò, sedendosi a terra a gambe incrociate.

- Ora che hai un momento libero, parliamo di vero lavoro. - Sentenziò, ignorando la mia ennesima occhiataccia mentre si appoggiava con la schiena contro una vecchia libreria tutta impolverata. - Ci mancano solo tre persone, poi avremmo stabilito un contatto con tutti e dieci i sospettati. Le persone che ci mancano sono Simon Campbell, il quarterback della squadra di football della scuola, Abigail Mitchell, la tipa ribelle un po' litigiosa di cui ti parlavo l'altra volta, e Austin Richmo... -

- Abigail. - Dissi, senza neanche darle il tempo di finire. - Pensiamo prima a lei. -

- E che badgirl sia. -

Acconsentì Zoey, sorridendo leggermente di fronte a tutta la foga con cui avevo pronunciato quel nome, solo per evitare gli altri due.
A quel punto si rimise in piedi, dirigendosi verso l'uscita come se nulla fosse.

- Ehi, dove vai? -

Le chiesi.

- A fare un giro e raccogliere un po' di informazioni su di lei. Torno a mezzogiorno e mezzo, quando finisci il turno. -

Fu di parola. Allo scoccare delle dodici in punto, sentii il campanello della porta trillare e la testa di Zoey fece nuovamente capolino nel negozio.
Nel corso di tutta la mattinata, avevo avevo avuto solo cinque clienti, dei quali solo due avevano acquistato qualcosa. In compenso, avevo finito di studiare scienze.

- Dove stiamo andando? -

Chiesi alla rossa strada facendo, notando quanto il suo passo fosse spedito.

- A pranzo. -

Rispose subito lei.

- Sul serio? -

Non riuscivo a crederci. E io che, prima del suo arrivo, mi ero fatto un panino, pensando che se lei fosse davvero passata a prendermi per metterci a investigare, molto probabilmente quel giorno non avrei pranzato.

- Esatto. - Rispose lei sorridendo raggiante. - Lo sapevi che la famiglia Mitchell gestisce una tavola calda nel quartiere vicino da generazioni? Ora sono i genitori di Abigail ad occuparsene. -

E ti pareva.

- Quindi immagino che non stiamo davvero andando lì per mangiare. -

- Vedremo. -

Sospirai. Tutta la gioia provata fino a pochi istanti prima, mi aveva abbandonato in una volta sola.

E come se non fosse abbastanza, quando cinque minuti dopo arrivammo davanti al ristorante...

- È chiuso. -

Commentai seccamente.

- Ma... Non può essere. - Replicò Zoey, aggrottando la fronte perplessa. - Lì dice chiaramente che apre tutti i giorni a mezzogiorno in punto! -

- Magari si sono presi dei giorni di ferie. -

- Potrebbe essere, ma è comunque molto strano. In casi del genere, non bisognerebbe mettere un cartello in cui si indica fino a che giorno rimarrà chiuso? O anche semplicemente che per un certo periodo non si rispetteranno gli orari regolari o una cosa del genere? -

Alzai le spalle, non sapevo proprio che dire. Tuttavia, dentro di me non potei fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. In quel momento mettermi a investigare con lei era proprio l'ultimo dei miei desideri. Era da quel lunedì che non facevo altro che pensare a chi potesse essere dei dieci sospettati. Solo da lunedì. Era quasi impossibile riuscire a credere che tutta quella storia fosse iniziata solo cinque giorni prima, erano successe tante di quelle cose che avrebbe potuto essere anche un mese.
E invece non era passata neanche una settimana.

- Allora cosa facciamo? Ognuno per la sua strada e se ne riparla lunedì a scuola? -

Zoey assottigliò lo sguardo, persa nei suoi pensieri. Forse si stava chiedendo quante fossero le possibilità che, andando a bussare direttamente alla porta di Abigail, lei ci facesse entrare senza fare storie, piuttosto che cacciarci fuori a calci nel sedere.

Ma non ebbe modo di elaborare alcun piano, che sentimmo il suono di una sirena. O meglio, due sirene. Presto ci sfrecciò davanti un'ambulanza, subito seguita da un'auto della polizia. Entrambe le vetture erano dirette nella stessa direzione.

Zoey balzò sull'attenti, tenendo lo sguardo fisso nella direzione in cui si stavano dirigendo. Quasi riuscivo a sentire il rumore delle rotelline che nella sua testa si erano appena messe a girare.

- Andiamo. -

Annunciò subito dopo, iniziando a correre e trascinandomi con lei, ignorando ogni mia protesta.

Mi chiesi perché diamine lo stesse facendo. Solo perchè non potevamo investigare su Abigail, aveva pensato di intromettersi in qualche altro caso?
Mano a mano che ci avvicinavamo, però, usando il suono delle sirene e le indicazioni dei passanti per non perdere le tracce dei due veicoli, divenne sempre più chiaro dove ci stavamo dirigendo.

Quasi mi presi un colpo nel momento in cui mi ritrovai davanti all'ingresso della mia scuola.

Ambulanza e auto della polizia erano parcheggiate lì fuori.
Subito Zoey entrò e io la seguii dopo giusto un attimo di tentennamento.

Nonostante di sabato non ci fossero lezioni, la scuola non era deserta, dato che alcuni ragazzi si riunivano lì anche nei giorni liberi, per allenarsi nelle attività dei loro club o studiare in biblioteca.

Per i corridoi incrociai Gwendolyn.
Fui sorpreso di vederla lì, dato che non frequentava nessun club ed era solita passare i giorni liberi in casa, ma al momento non ci pensai più di tanto e al contrario corsi subito da lei, sollevato di vedere un volto conosciuto.

- Gwen! - Esclamai, raggiungendola. - Cos'è successo? -

La corvina si voltò verso di me, guardandomi sorpresa. Allo stesso modo in cui io avevo deciso di non farmi domande sulla sua presenza lì, però, alla fine anche lei scosse il capo, forse decidendo di rimandare la questione ad un altro momento.

- È morta una persona. Una studentessa. - Mi disse, senza giri di parole. - Credo si tratti di Mitchell. -

Sbarrai gli occhi dallo sconcerto.
Fu così che la lista dei sospettati si ridusse a nove.

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