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Phoenix

- Hester Hester Hester. -

Zoey si appoggiò contro il lavandino e mi rivolse un'occhiata in tralice, inarcando un sopracciglio.

- Che c'è? - Ribattei, osservandola attraverso il riflesso sullo specchio, che stavo usando per assicurarmi che nessuno spettro stesse uscendo fuori da uno dei gabinetti alle mie spalle. - Non si sa mai. - Provai a giustificarmi alzando le spalle.

Lei fece come per dire qualcosa, poi però parve ripensarci e chiuse le labbra.
Saggia decisione.

- Qui non c'è niente. -

Sentii dire dalla seconda cabina.

Come un riflesso involontario, mi irrigidii all'udire quella voce e mi ritrovai ad artigliare il bordo del lavandino fino a farmi diventare le nocche bianche, ma subito mi costrinsi ad allentare la stretta e darmi una calmata.

C'eravamo solo noi tre lì nel bagno maschile del secondo piano.
Io, Zoey e Austin.
Britney e Katherine durante il tragitto si trovavano in fondo alla fila e così, quando stavano per salire le scale, erano state beccate dalla loro allenatrice e spedite subito in aula (per fortuna poi che si trattava di lei e non di un altro professore o sarebbero finite dritte dalla preside).
Noi tre in quel momento avevamo già salito la prima rampa, così eravamo riusciti a passare inosservati e proseguire per il secondo piano.

Ora che ci trovavamo lì da una decina di minuti, però, una domanda importante aveva iniziato ad aleggiare nell'aria, senza che nessuno di noi si decidesse a darle voce...

- Ma che cavolo stiamo facendo? -

Come non detto. Grazie, Zoey.

- Ah, boh. -

Rispose Austin, alzando le spalle con uno sbuffo.

Chissà cosa si aspettava di trovare lì Britney. Insomma, anche se Hester e Axel si incontravano sempre in quel bagno, non era mica detto che ci avremmo trovato qualche tipo di indizio.

- È inutile. - Sospirò Austin, uscendo dalla cabina. - Io vado a cercare Axel. -

Ma proprio in quel momento, mentre lui aveva iniziato a percorrere i pochi metri che lo separavano dall'uscita dei bagni, udimmo uno strano ronzio.
O meglio, più che un ronzio si trattava di un bisbiglio. Un mormorio basso e continuo, del quale non riuscivamo a individuare la provenienza.

Mi venne la pelle d'oca.
Se ci fossimo trovati in un horror, quello sarebbe stato il momento in cui le luci si sarebbero spente di colpo, quindi si sarebbe udita una risata raccapricciante e, al riaccendersi delle luci ad intermittenza, i due sopravvissuti avrebbero trovato una scritta inquietante fatta sullo specchio del lavandino usando il sangue del povero malcapitato, il quale invece sarebbe stato riverso a terra in una pozza di sangue. Di solito il primo a venire ucciso non è lo sfigato sarcastico, occhialuto e sovrappeso?
Ah, no, giusto, che sbadato, in realtà è sempre la biondina sciocca o la coppietta sdolcinata di turno.
Dannazione, ma perché Hope doveva andare via proprio ora che c'era bisogno di lei?

- L'avete sentito anche voi? -

Chiese Austin, guardandosi intorno con gli occhi assottigliati.

Tutte e cinque le cabine avevano la porta aperta, quindi non c'era nessuno lì oltre a noi.
Eppure c'era davvero qualcuno che stava bisbigliando.

Lasciandomi guidare dal suono, mi avvicinai al terzo gabinetto.
Il suono era un po' più forte, ma non proveniva da lì, così uscii ed entrai nella seconda cabina.
Ma proprio in quel momento la voce si interruppe.

Qualche istante di silenzio e poi...

- Ma questa... È musica? -

Chiese Zoey, aggrottando la fronte perplessa mentre si avvicinava a me.

- Magari c'è una classe dall'altra parte della parete. -

Ipotizzai, dato che il bagno femminile invece si trovava dalla parte opposta.

- No, lì c'è solo il muro. Nessuna stanza. -

Replicò la rossa e io stavo per replicare chiedendole ironicamente se per caso avesse studiato nel dettaglio tutta la planimetria dell'edificio, quando realizzai che molto probabilmente era proprio così.

- Che ci sia un nascondiglio segreto? -

Propose Austin, con un tono di voce un po' scettico, ma, arrivati a questo punto, neanche più di tanto.

Studiai la stretta sezione di parete piastrellata, coperta di scritte e incisioni. La maggior parte erano parolacce, con tanto di qualche "se leggi questo, sei gay" (un classico) e anche un paio di frasi motivazionali (con allegato qualche disegnino di fiumi che scorrono giù per i monti e cascate, o almeno credo che lo fossero, ma erano fatte così male che in effetti sarebbero anche potute essere dei caschi di banane).

Ad ogni modo, senza contare le scritte, non c'era nulla su quella parete che attirasse l'attenzione. C'era lo scarico in alto e la tazza in basso. Anche volendo, come avrebbero fatto a metterci un passaggio segreto?

Detto fatto, Zoey si infilò nello stretto spazio tra la tazza e la parete, tirò via il cestino della spazzatura che stava nell'angolo e tirò un calcio alla piastrella più bassa.
Anzichè cacciare un urlo e iniziare a saltellare in giro tenendosi il piede tra le mani, la piastrella al suo tocco si ritrasse, venendo assorbita dalla parete e portandosi con sè le piastrelle circostanti.

Fu così che ci ritrovammo davanti al passaggio segreto. Un'apertura alta poco meno di mezzo metro e larga ancora di meno.
Grazie ancora, Zoey.
Non vedevo l'ora di mettermi a strisciare in stile commando sul pavimento del bagno della scuola.

- Allora? -

Fece la rossa, rivolgendoci uno sguardo vittorioso e facendo un piccolo cenno con il capo in direzione dell'apertura.

- Prima le signore. -

Replicai, osservando scettico quel passaggio segreto.
La musica si era interrotta di colpo da quando Zoey l'aveva aperto e ora mi sentivo come se fossi finito dentro un RPG Horror. Per quanto durante la partita la musica potesse essere inquietante e inopportuna, quando si fermava era decisamente peggio. Significava che era in arrivo qualcosa. Solitamente qualcosa di brutto e spaventoso, possibilmente un mostro, uno spettro o una bambola assassina.

- Ma come lo sapevi? -

Chiese invece Austin, guardando incredulo prima Zoey e poi l'apertura sulla parete.

- Non lo sapevo. Ho tirato a indovinare. -

Rispose semplicemente la quindicenne, scrollando le spalle come per minimizzare il suo assurdo colpo di fortuna.

Quindi, senza alcuna esitazione, si mise a terra a quattro zampe e gattonò attraverso il passaggio segreto.

Subito io e Austin ci avvicinammo.

- Ehi! - Chiamai, affacciandomi. - Sei viva? -

Silenzio.

- Se la sarà mangiata una pantegana? -

Ipotizzò Austin, affacciandosi a sua volta. C'era troppo buio, però, per vederci qualcosa.

- Che si fa? -

Chiese dopo due interminabili istanti di silenzio.

- Io vado. -

Mi decisi, chiedendomi nel mentre cosa diamine avrei raccontato quella sera a mia madre, quando mi avrebbe chiesto perchè quel giorno avessi marinato la scuola (ogni ritardo o assenza infatti veniva automaticamente comunicata ai genitori al momento dell'appello. Se aveva controllato il cellulare, sicuramente ormai già lo sapeva).
Mi avrebbe creduto se le avessi detto che ero impegnato a fare una caccia al fantasma nei bagni della scuola?

Preso com'ero da questi pensieri, non ebbi neanche modo di preoccuparmi circa le dimensioni ridotte di quel passaggio e quelle un tantino meno ridotte della mia persona.
Fortunatamente, ci passai senza troppa fatica.

Proprio allo sbocco di quel piccolo tunnel, incontrai con il capo una specie di tendina. Il motivo per cui, affacciandoci non eravamo riusciti a vedere nulla.
Dopo un attimo di esitazione, la scostai ed entrai.

Poco dopo sentii Austin alle mie spalle chiedere se io e Zoey stessimo bene.
Ma ero troppo sorpreso da ciò che avevo davanti per aprire bocca.

Altro che nascondiglio segreto, quello era uno studio di registrazione!

Sembrava di essere finiti dentro una stazione radio.
Esattamente al centro c'era un lungo tavolo ingombro di computer e strane apparecchiature, in pratica una miriade scatole di metallo piene di levette, manopole e lucine colorate, oltre poi a due microfoni, un contenitore pieno di cuffie di ogni tipo e due sedie girevoli nere dall'aria incredibilmente confortevole, entrambe sistemate dal alto opposto del tavolo.
Poi, dando un'occhiata in giro, notai che in un angolo era stato ammucchiato un groviglio di coperte e plaid, mentre il pavimento era cosparso di buste, bottiglie e scatolette vuote.

Mi rialzai in piedi e scoprii che le gambe mi tremavano leggermente.
Dov'eravamo finiti?

Sentii una mano posarsi per un istante sulla mia spalla e sobbalzai.
Era Zoey e stava tenendo lo sguardo fisso su una delle due sedie, quella girata in modo tale da rivolgere lo schienale verso di noi.

- Ma cos'è questo posto!? -

Esclamò alle mie spalle la voce sbigottita di Austin.

Per alcuni istanti nessuno disse più una parola e io, nel vedere lo schienale di quella sedia che ogni tanto tremava leggermente, tradendo la presenza di qualcuno, stavo iniziando ad agitarmi, quando...

- Hester Foster. - Chiamò Zoey, facendo un passo avanti. - So che sei tu. -

La sedia cigolò mentre veniva ruotata verso di noi e io, pronto a ritrovarmi davanti quel volto timido e spaurito, incorniciato da una cascata di capelli bianchi, non potei che sussultare nel momento in cui la vidi.
In un primo momento, a dirla tutta, rimasi così sorpreso che quasi mi chiesi se fosse davvero Hester.

- Ebbene sì, sono proprio io. - Annunciò il nostro fantasma, saltando giù dalla sedia e rivolgendoci due pollici in su. - Congratulazioni, ora siete dei veri ghostbusters! -

Peccato solo che quello che avevamo davanti non fosse affatto un fantasma.
O almeno, non più.
Dei suoi lunghi e lisci capelli bianchi, non restava più nulla, intanto perchè ora erano così corti da essere solo poco di più di un taglio militare, abbastanza lunghi da passarci le dita in mezzo, ma non da legarli o metterci qualche fermaglio, e poi perchè non erano più bianchi.

- Che c'è? - Chiese, nel notare i nostri sguardi interdetti. - Mi stanno così male? -

La cosa strana era che no, non le stavano affatto male. Quel rosso fuoco risaltava in modo quasi violento in contrasto con la sua pelle diafana, eppure in qualche modo le donava, forse perchè era dello stesso colore dei suoi occhi.

- Perchè sei qui? -

Chiese Zoey, ignorando la domanda della maggiore.

- Avevo bisogno di passare un po' di tempo in pace, tra me e me. -

Rispose Hester con un'alzata di spalle.

- In un nascondiglio segreto sul retro dei gabinetti della scuola? -

Replicò Austin, con il tono di voce di uno che stava semplicemente assecondando il corso degli eventi, perché se si fosse messo a riflettere seriamente su ciò che gli stava accadendo intorno, ne sarebbe uscito pazzo. O perlomeno con un bel mal di testa.

- In un nascondiglio segreto sul retro dei gabinetti della scuola. -

Ripetè Hester, annuendo lentamente con il capo e lasciandosi sfuggire una breve risata nel vedere i nostri sguardi sconvolti.

Solo in quel momento realizzai cosa in Hester fosse davvero cambiato.
A una prima impressione, ad eccezione dei capelli, tutto in lei era rimasto invariato, eppure quando l'avevo vista era stato un altro il motivo per cui per poco non l'avevo riconosciuta.
Si trattava del suo volto.
Non aveva più quell'espressione timorosa e impaurita, gli angoli delle sue labbra non erano più rivolti verso il basso e i suoi occhi non evitavano più quelli del suo interlocutore.

Ora ci guardava dritti negli occhi quando parlava e vi era qualcosa di davvero liberatorio nel modo in cui rideva o sorrideva divertita, in modo quasi euforico.
Era come se per tutto quel tempo fosse stata imbavagliata e legata come un salame da capo a piedi, mentre ora finalmente fosse riuscita a liberarsi.
Certo, per quanto potesse essere libera una persona in fuga che si nasconde in uno stanzino segreto dietro i bagni della sua scuola.

- Ma ora che ci penso... - Riprese Hester, aggrottando le sottili sopracciglia, tinte anch'esse di rosso. - Voi come sapevate di questo posto? E, soprattutto, chi cavolo siete? Cioè, conosco te. Più o meno. - Disse, indicando me. - Ma voi due... -

Austin sembrava essere appena stato schiaffeggiato. La guardava come se si aspettasse che lei scoppiasse a ridere da un momento all'altro. Cosa che ovviamente non accadde.
E nel notare la sua espressione incredula, non riuscii a fare a meno di sentire una sorta di immotivato, ma indubbiamente gratificante, senso di fierezza.

Voltandomi verso Zoey, notai che anche lei era rimasta leggermente sorpresa. Effettivamente in quanto a notorietà si trovava quasi sullo stesso piano del qui presente quasi-capitano della squadra di football.
Benchè fossero conosciuti per motivi opposti.

- Io sono Zoey Graves. - Disse, dopo essersi ripresa dal leggero sbigottimento iniziale. - Lui invece è Austin Richmond. -

Aggiunse, dato che lui sembrava non essere ancora tornato in possesso delle sue corde vocali.

- Oh, adesso sì che mi ricordo di te! -

Esclamò Hester, dopo aver sentito il nome del biondo.

Lo sguardo di Austin si illuminò all'udire quelle parole, quando...

- Tu sei uno degli amici di Axel, vero? -

Ora sapevo che suono avrebbe fatto il sole quando, tra chissà quanti miliardi di anni, si fosse spento.

Un misto tra la pernacchia di un palloncino che si sgonfia e il lamento di una gallina a cui viene tirato il collo.

- Sì. È lui. -

Rispose la rossa, parlando nuovamente al posto suo.

- Quindi è stato lui a dirvi che mi trovavo qui? -

Ci chiese Hester, mentre il suo sguardo si incupiva leggermente.

- No. Axel non ha detto una parola. - Le assicurò Zoey. - Ci siamo arrivati in un altro modo. -

Non so dire se, a quella scoperta, Hester si fosse sentita rincuorata o ulteriormente afflitta. Fatto sta che a quel punto si rimise seduta con un sospiro sulla sua sedia girevole, accavallando le gambe e guardandoci con lo stesso sguardo che un importante produttore discografico avrebbe potuto rivolgere ad una scadente band nascente che stava per liquidare.

- Quindi... - Ci disse Hester, squadrandoci con i suoi occhi rosso fuoco. - Cosa volete adesso che mi avete trovato? -

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