Missing
Quando il mattino seguente arrivai a scuola, notai un certo fermento per i corridoi.
Ovunque mi girassi, c'era gente riunita in piccoli gruppetti che confabulava.
Certo, a prima vista poteva sembrare che non ci fosse nulla di strano in questo, se solo non fosse stato per il fatto che, in qualche modo, sentivo che stessero parlando tutti dello stesso argomento.
Passando loro accanto, sentii solo poche parole sconnesse, tra le quali riconobbi "fantasma", "scomparsa" e "manifesto".
Britney doveva aver parlato.
Questo almeno è ciò che pensai in un primo momento.
Poi però, passando di fianco a una di quelle bacheche sulle quali vengono appesi gli annunci scolastici o i volantini dei corsi pomeridiani, lo sguardo mi cadde sul manifesto che era stato attaccato esattamente al centro della superficie.
Sotto la scritta "MISSING", svettava la foto di una sedicenne albina, dal volto cinereo e i lunghi capelli bianchi tutti in disordine.
Mentre ci passavo accanto, sentii gli occhi rossi di Hester seguirmi per tutto il corridoio.
A quanto pareva, si era mossa prima la polizia.
Non potei fare a meno di chiedermi se la mia intuizione della sera prima fosse stata corretta.
Ma se Hester era ancora viva e in quel biglietto parlava semplicemente della morte della "vecchia sè stessa", allora perché quel manifesto? Era scappata di casa?
Scuotendo leggermente il capo, mi imposi di smetterla di pensarci. Non erano affari che mi riguardavano.
Da quando Zoey mi aveva coinvolto in quella faccenda delle indagini, stavo iniziando a farmi prendere un po' troppo dagli affari degli altri.
Anche se Hester era nella lista dei sospettati, di certo la sua fuga non aveva nulla a che vedere quegli assassinii.
E poi, se anche avessi voluto fare qualcosa per lei, non avrei proprio saputo da dove iniziare le ricerche.
No, era decisamente meglio fare finta di nulla e lasciare tutto nelle mani della polizia.
Questo stavo pensando, quando all'improvviso qualcuno urtò contro la mia spalla.
Sorpreso sollevai lo sguardo, per intimargli di fare più attenzione, ma le parole mi morirono in gola sul nascere non appena incrociai gli occhi scuri di Axel.
Ero già pronto a sentire una delle sue solite sfuriate (chiedendomi se fosse o meno il caso di darmela a gambe levate prima ancora che lui iniziasse), quando il suo sguardo mi sorpassò, come se non mi avesse neanche notato, e lui proseguì per la sua strada senza dire nulla.
Mi voltai, guardandolo sorpreso mentre, un passo dopo l'altro, procedeva lentamente per il corridoio, sparendo pian piano in mezzo alla folla.
Adesso sembrava lui il fantasma. O meglio, forse gli si addiceva di più il ruolo di spirito errante.
- È dall'altro ieri che è in queste condizioni. -
Sospirò qualcuno al mio fianco.
Io mi irrigidii.
Con tutta la confusione che c'era per il corridoio, non mi ero accorto del suo arrivo.
- Pensa che ieri si è lasciato sfuggire come se nulla fosse un'occasione perfetta per tormentare Casey. Non era mai successo prima. - Continuò in tono quasi malinconico, per poi fermarsi di colpo e commentare con uno schiocco di lingua: - Sai, dopotutto forse non è poi così male questo cambiamento. Tu che ne pensi? -
Non riuscendo a credere alle mie stesse orecchie, mi voltai per essere sicuro di non essermi sbagliato. E avevo anche dischiuso le labbra per rispondergli, quando...
- Secondo me ha qualcosa a che fare con il fantasma. -
Rispose la voce pimpante di Hope.
- Tu dici? -
- Boh. - Sospirò lei con un'alzata di spalle. - Ma Betty dice che ultimamente la tormentava di continuo. Forse adesso si sente responsabile della sua scomparsa, chissà? -
- Beh, non ci resta che andarglielo a chiedere, non credi? -
Detto ciò, Katherine e Austin mi sfilarono davanti, affrettandosi per raggiungere l'amico.
Poco prima di scomparire in mezzo al resto degli studenti, lui si voltò brevemente verso di me, per poi, mentre tornava a rivolgersi dalla parte opposta per seguire l'amica, sollevare leggermente un angolo delle labbra in un sorrisino divertito, dandomi così la conferma che in realtà poco prima, nonostante avesse fatto finta di nulla, si fosse accorto perfettamente della mia presenza e della gaffe che stavo per fare.
- Che figura di merda. -
- Puoi dirlo forte. - Dissi asciutto.
- Beh, almeno ti sei fermato in tempo. -
Io annuii, concordando con lei.
A quel punto però realizzai cosa stesse accadendo e con un lieve sussulto mi voltai alla mia sinistra, incontrando un paio d'occhi dalle iridi castane e la sclera arrossata.
Chissà quanto tempo passava sui social... Sicuramente molto di più di quanto si dovrebbe fare per mantenere intatta la propria salute mentale.
- Ho qualcosa nell'occhio? -
Mi chiese Britney, notando la mia attenzione rivolta in quel punto, per poi mettersi a passarci sopra le dita alla ricerca di ciglia cadute.
- Che? No, niente, lascia stare. Mi stavo solo chiedendo quante ore passi attaccata allo schermo per avere occhi del genere. -
Le dissi, chinando poi lo sguardo sul suo braccio destro. Aveva un laccetto arancione intorno al polso e, anche se il cordoncino che vi era legato era nascosto nella manica del suo giubbotto, si poteva facilmente intuire cosa vi fosse agganciato.
Lei ebbe un lieve sussulto a quelle parole e, prima che io avessi avuto il tempo di battere le ciglia, aveva già tirato fuori da chissà dove uno specchietto.
- Dannazione... - Mormorò, rimirandosi nel piccolo pezzo di vetro con un certo disappunto. - Ma perchè il corpo deve fare così? Non bastano le occhiaie? A quelle si può rimediare facilmente, ma a questo... - E qui lasciò andare un sospiro sconsolato. - Dovrebbero inventare un correttore per la sclera. -
- O magari potresti semplicemente limitare il tuo uso del cellulare. -
Lei mi guardò come se le avessi appena proposto di salire sul tetto della scuola e buttarsi di sotto, dopo essersi spogliata, cosparsa di colla e rotolata in un pollaio.
- Come non detto. - Rettificai, alzando i palmi delle mani in segno di resa. - Chiedo venia. -
Lei rimase a rifletterci per alcuni istanti, quindi, con una scrollata di spalle, annuì leggermente, concedendomi il suo perdono.
- Comunque... - Dissi io, abbassando il tono di voce e riuscendo, con quella semplice azione, ad ottenere la sua completa attenzione. - Per caso ne sai qualcosa? -
- Di cosa? -
Replicò Britney.
Inizialmente pensai che mi stesse prendendo in giro, a scuola non si parlava d'altro al momento!, poi però realizzai che probabilmente lei, informata nel dettaglio su qualcosa come mille adolescenti, in quel momento doveva avere per la testa talmente tanti gossip, che la sparizione di Hester non era che uno scoop tra tanti.
- Parlo del fantasma. -
- Oh, certo! -
Esclamò lei dopo un attimo di silenzio, come se nella sua mente una piccola Britney avesse appena trovato, in mezzo a un database di circa mille o duemila fascicoli, quello riguardante Hester Foster.
- E... Quindi? - La incalzai. - Sai qualcosa o no? E niente baratti stavolta, lo hai detto anche tu che non ho più nulla da offrirti. Se proprio non puoi farne a meno, allora mettimi questa informazione sul conto. -
- Purtroppo non ne so nulla. - Ribattè lei, scuotendo mestamente il capo. Forse non tanto perchè dispiaciuta di non potermi aiutare, quanto perchè irritata con sè stessa di non essere abbastanza informata sull'argomento. - L'unica cosa certa è che quella che ti ho mostrato non era davvero una lettera del suicidio, ormai è chiaro. Ma più di questo non so. Proprio adesso, però, stavo andando a stuzzicare un po' Axel, per vedere se riesco a scucirgli qualcosa. Sono certa che lui sia l'unico ad avere qualche idea di che fine abbia fatto Hester. -
- In effetti se si è presentato al parco, come lei gli aveva scritto su quel biglietto... -
- No, non l'ha fatto. -
Mi interruppe la mora, prima che io potessi finire.
- E come fai ad esserne così sicura? -
Replicai sbigottito.
- Intanto perchè ha buttato il foglio nel cassonetto subito dopo essere uscito da scuola. - Rispose Britney. - E poi perchè quella sera era a casa di Austin, insieme a me, Kelly e Simon Carter. -
Le due cheerleader più importanti, i due capitani della squadra di football e il bullo.
Ecco il gruppo delle star della scuola al completo.
- E allora perché dovrebbe saperne qualcosa? -
Lei liquidò la faccenda con un'alzata di spalle, come se avesse appena pensato che le sarebbe costato troppo tempo e fatica spiegarmi ogni cosa e che quindi non lo avrebbe fatto e basta.
- Comunque... - Riprese la mora. - Io adesso vado. Tu vieni? -
In un primo momento fui tentato di accettare, poi però ricordai chi ci fosse in quel momento insieme ad Axel...
- Meglio di no. Ora vado in classe, prima che suoni. -
Le risposi, per poi voltarmi dalla parte opposta, pronto come non mai a correre in aula.
Non feci in tempo a muovere un solo passo, però, che andai a sbattere contro qualcosa. O meglio, qualcuno.
Sorpreso chinai lo sguardo, ritrovandomi così davanti una Zoey Graves dallo sguardo assottigliato e le braccia incrociate al petto.
- Dove credi di andare? -
Mi disse inarcando un sopracciglio rossiccio.
- In classe. -
Le risposi semplicemente, provando ad aggirarla.
Inutile dire che non ci riuscii.
- Ti ricordo che stiamo parlando di Hester Foster. - Mi fece notare la rossa, spalancando le braccia per impedirmi il passaggio. - Se ci facciamo sfuggire questa occasione, non riusciremo più a... Ehm... Cosa significa quello sguardo? -
Io alzai gli occhi al cielo con un sospiro sconsolato.
Lo sguardo a cui lei si stava riferendo era quello che poco prima io stavo rivolgendo allusivamente alla mia destra, in direzione di Britney.
La mora infatti era ancora lì accanto a noi e ci guardava con la voracia di un nerd intento a guardare il nuovo film della sua saga preferita.
Zoey però non parve cogliere il messaggio.
Ancora una volta mi chiesi come diamine avesse fatto ad ottenere il suo lavoro di spia.
Ma ad ogni modo...
- Non vengo comunque. -
Dissi, in un tono che non ammetteva repliche.
O almeno, così sarebbe dovuto essere, dato che lo scricciolo lì presente non ci pensò certo due volte prima di replicare.
- Senti. - Proruppe, puntando l'indice contro il mio petto. - Tu hai promesso di aiutarmi e io non ti permetterò di tirarti indietro. I drammi della tua telenovela non intralcieranno le indagini del mio giallo! -
Ok. Adesso avevo imparato cosa significava davvero usare un tono di voce che non ammetteva repliche.
- Bene. - Annuì Zoey, interpretando il mio silenzio come un "certo, capo". - Adesso andiamo. -
E detto ciò mi afferrò per il polso, trascinandomi per il corridoio dalla parte opposta rispetto a dove sarei dovuto andare.
Sentii il trillo della campanella alle mie spalle proprio nel momento in cui mettevamo piede nel cortile della scuola.
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