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Lie Detector

Hester Foster era uno dei più grandi misteri del nostro liceo.

Frequentava il terzo anno, aveva voti nella media, non frequentava alcun corso pomeridiano e nel corso di tutta la sua vita scolastica non aveva mai fatto nulla degno di nota.
Eppure tutti sapevano chi fosse.
Tutti la conoscevano, ma nessuno le si avvicinava.
Era come se fosse invisibile.
Un fantasma, appunto.

Hester non era sicuramente una persona che passava inosservata. Essendo albina, poteva vantare di lunghi capelli bianchi, occhi rossi e un volto cadaverico, da vampiro.
Eppure in qualche modo, un po' per la sua costituzione minuta e un po' per il suo perenne mutismo, riusciva sempre a non dare troppo nell'occhio.

Mi aveva sorpreso che Zoey avesse incluso anche lei nella lista dei sospetti.
Insomma, l'unica persona che quella ragazza sarebbe stata in grado di ferire era sè stessa (infatti diverse persone affermavano di averla vista, anche più di una volta, mentre, durante la pausa pranzo, entrava in bagno con un paio di forbici in mano o che le spuntavano dalla tasca dei jeans).

Trovavo alquanto improbabile che potesse essere lei l'assassina che stavamo cercando.
Tuttavia, se c'era anche solo una piccola possibilità che le cose fossero così, era un bene che Zoey si fosse rivolta a Britney. Così avremmo concluso più rapidamente quella parte delle indagini e, magari, saremmo perfino riusciti a raccogliere tutte le informazioni necessarie senza entrare in diretto contatto con lei.

Sì, lo so, forse starete pensando che io sia un'insensibile a parlare in questo modo di una povera ragazza emarginata e probabilmente anche autolesionista, ma, apparte che lo sono davvero, vi sfido a passare anche solo una mezz'ora in sua compagnia.
Voi due da soli.
A me era capitato.
L'anno prima in inverno, a causa di una bufera di neve, la scuola aveva chiuso già dopo la seconda lezione, così da dare modo a tutti di tornare a casa prima che il tempo peggiorasse, impedendo ogni spostamento.
Ebbene, quel giorno mia madre era incredibilmente indaffarata a causa del lavoro e così ci aveva messo diverso tempo per arrivare a scuola.
Anche i genitori di Hester dovevano aver avuto problemi simili, perché lei rimase ad aspettare il loro arrivo davanti all'ingresso insieme a me per una buona mezz'ora.
C'eravamo solo noi. Gli ultimi due ragazzi rimasti in tutta la scuola.

Sono stati i trentadue minuti più lunghi di tutta la mia vita (sì, li ho contati).
Ad un certo punto, quasi stavo per chiederle di passarmi le sue forbici.

Lei aveva tenuto il capo chino quasi tutto il tempo, ma di tanto in tanto aveva lasciato andare dei sospiri, o sollevato per pochi istanti i suoi occhi rossi nella mia direzione.
All'inizio avevo provato ad intavolare una conversazione con lei (pensavo che tra disagiati sociali ci si intendesse), ma i miei tentativi erano andati tutti a vuoto, rendendo al contrario l'atmosfera ancora più pesante e piena di disagio di quanto già non fosse.

Decisamente, avrei di gran lunga preferito passare tutto il pomeriggio a sentire i pettegolezzi di Britney, piuttosto che ritrovarmi di nuovo quegli occhi rossi puntato contro.

- Perchè ti interessa? -

Chiese la pettegola, osservando Zoey con stupore.
Già stava aggiornando il suo database di informazioni che la riguardavano.

- Nessun motivo in particolare. - Rispose la rossa con un'alzata di spalle. - Semplicemente la trovo una persona interessante e già da un po' di tempo pensavo di provare a conoscerla, ma non so proprio come approcciarla. -

La mora arricciò le labbra, prendendosi il mento tra le mani con fare pensieroso.

- Beh, se tutto ciò che vuoi sono consigli su come diventarle amica non so quanto potrei esserti utile. - Ammise con un sospiro. Poi però, come se si fosse improvvisamente ricordata qualcosa di importante, si voltò di scatto verso la minore. - No, un momento, un modo ci sarebbe! -

La rossa scattò sull'attenti, invitandola con lo sguardo a continuare.

- Beh... Non so te, ma se io fossi al posto di Hester, credo che prenderei immediatamente in simpatia una persona che mi aiuta a liberarmi di quelli che mi danno fastidio. -

- Io pensavo che la ignorassero tutti. -

Commentai, sinceramente stupito da quella scoperta. Non credevo che venisse anche bullizzata, ero convinto che tutti le stessero alla larga.

- È quello che pensavo anche io. - Mi rispose Britney. Negli occhi il luccichio di chi sta per rivelare un pettegolezzo di quelli seri. - Ma da circa una settimana, ho notato che all'ora di pranzo, quando lei si va a chiudere nei bagni del secondo piano, spesso e volentieri Axel le va dietro. -

Sbarrai gli occhi dallo stupore.

- Axel Clark, dici? -

- E chi altri, sennò? -

Replicò lei ruotando gli occhi.

Axel Clark era uno dei ragazzi più temuti della scuola. Incarnava alla perfezione il classico stereotipo di bullo: un energumeno alto, grosso e senza cervello, ripetente di un anno o due e che si divertiva a fare il gradasso dando costantemente il tormento a qualche primino o allo sfigato di turno.
Come facevo a saperlo?
Facile: perchè per buona parte del mio secondo anno, ero stato io lo sfigato di turno.
In pratica era colpa sua se ero conosciuto in tutta la scuola come "Shittylas" ("El Perdedor" era colpa di un suo amico,"Barfy", invece, me l'ero aggiudicato completamente da solo. Ogni tanto mi chiedo quanto tempo ci sia voluto a ripulire completamente quella piscina e se qualcuno abbia ancora il coraggio di farci il bagno).

Bisogna dire che i suoi atti di bullismo nei miei confronti erano stati sempre e solo verbali, mai fisici. Forse perchè già allora ero troppo grande per essere infilato in un armadietto o forse perchè, quell'unica volta in cui mi aveva fatto un agguato in bagno, era stata la sua di testa a finire nel cesso (ancora oggi mi viene da sorridere quando ripenso a quel giorno. Forse ho esagerato a tirare perfino lo sciacquone, ma se avessi la possibilità di tornare indietro a quel momento, di sicuro lo rifarei e, dato che quella volta me ne sono scordato, filmerei la scena, così da riguardarla quando sono giù di morale).

Ad ogni modo, anche se personalmente lo ritenevo più un seccatore che un tormentatore (diciamo che era più quel tipo di persona che, vedendo in fondo al corridoio, mi spinge a fare dietrofront, piuttosto che a correre da qualche parte a nascondermi), forse per Hester non era lo stesso.

- Sì, non è una cattiva idea. -

Stava dicendo intanto Zoey, riflettendo sull'idea di Britney.

Lo sguardo della mora si illuminò. Già si vedeva la scena davanti: la pazzoide e il perdente che sfidano il bullo per difendere il fantasma. Quello sì che era un pettegolezzo come si deve.

- Io conosco il luogo esatto in cui Hester è solita andare durante la pausa pranzo. Voi sapete che va in bagno, ma non sapete in quale dei tanti e neanche in quale cabina. -

Ci informò Britney, ma quando Zoey si voltò verso di lei, chiaramente con l'intenzione di invitarla a condividere con noi anche queste informazioni, la mora sollevò un angolo delle labbra in un sorriso che non mi convinse affatto.

- Ogni informazione ha un prezzo. - Ci comunicò. - La prima, quella riguardo Axel, era un regalo di benvenuto. Ma ora... -

La rossa alzò lo sguardo al cielo, ma non sembrava particolarmente sorpresa.
Io al contrario in quel momento la stavo guardando allibito.
Davvero voleva farsi pagare? Ma piuttosto ci saremo girati tutti i bagni di tutti i piani! O meglio, Zoey lo avrebbe fatto, mentre io la aspettavo in corridoio.

- Hope! - Chiamai, guardandomi intorno alla ricerca della cheerleader. - Un aiutino? -

Ma della Barbie non c'era più traccia.
Guardando una seconda volta, mi resi conto che anche una seconda persona mancava all'appello...

Dannazione, ma non potevano aspettare un altro po' per andarsi a infrattare da qualche parte?

- Quanto vuoi? -

Stava chiedendo intanto la rossa.

Io quasi mi presi un colpo quando realizzai cos'avesse appena detto.
Aveva seriamente intenzione di pagarla?!
Stavo per comunicarle che io non avevo alcuna intenzione di partecipare a quella compravendita di informazioni, qualunque fosse stato il prezzo, quando...

- Un'informazione. -

- Come? -

Replicai, certo di aver sentito male.

- Un'informazione per un'altra. Non mi pare che esista uno scambio più equo. -

Rispose la mora, annuendo con decisione.

D'accordo, ad un baratto ci potevo anche stare.

- Che genere d'informazione? -

Chiese Zoey, assottigliando lo sguardo.

- Possibilmente una riservata. - Rispose Britney. - Potete decidere voi, a meno che non mi venga in mente qualcosa. Ne va bene anche una che non riguarda direttamente voi due, ma deve essere attendibile al cento per cento. -

- E tu come faresti ad essere sicura che sia davvero attendibile? -

Le chiesi, beccandomi così una gomitata da parte di Zoey.

- Ehi! -

Esclamai, portando una mano sulla parte lesa.

Britney però non sembrava sorpresa dalla mia domanda e, allargando ulteriormente il suo sorriso, disse:

- Non vedevo l'ora che me lo chiedeste. -

~

Come mi ritrovai seduto al centro di una stanza dalle pareti completamente tappezzate di fogli, con una lampada puntata in faccia e un bulldog francese bianco e nero in braccio?

Non ne avevo la più pallida idea.

Un momento prima ero a casa di Katherine, intento a negoziare informazioni con Zoey, ma poi, ecco che Britney era uscita di corsa, trascinandoci con sè fino alla casa accanto. La sua.

Mi guardai intorno spaesato.
Cos'erano tutti quei fogli appesi?
Non c'erano immagini, ma solo scritte. Erano pagine di taccuini e quaderni, tutte incollate alla parete tramite pezzi di scotch o puntine. La scrittura era fitta, ma la calligrafia era sempre la stessa.
Non fosse stato per l'assenza di foto e articoli di giornale, quella sarebbe potuto apparire come la classica stanza di un investigatore sull'orlo di una crisi di nervi, che non ha la più pallida idea di cosa stia facendo, ma prova ad illudersi di averla mettendosi ad appendere in giro tutti gli indizi raccolti fino a quel momento.

Ma tornando al bulldog che mi stava pisciando sulla gamba...

- Ehi, il tuo assistente mi ha scambiato per un idrante! -

Esclamai, scuotendo le gambe per farlo scendere a terra prima che combinasse guai seri.

- Di solito non lo fa. Mi sa che non gli piaci. -

Replicò Britney, seduta di fronte a me su una comoda sedia girevole e indaffarata a sistemare la lampada, in modo che mi puntasse la luce dritta in faccia.

Un po' più su, che ancora non mi stava accecando... Perfetto.

E io che pensavo ce la saremmo sbrigata nel giro di cinque minuti.

- Ehi, perchè hai messo solo me sotto torchio? -

Chiesi, guardando contrariato Zoey, seduta alle spalle della mora sul materasso di quest'ultima.
Per una volta se ne stava tranquilla, senza frugare negli armadi della gente.

- Poi sarà anche il suo turno. -

Replicò Britney con un'alzata di spalle.

- Un momento! - Protestai. - L'accordo non era: un'informazione per un'informazione? -

- Infatti è così. - Confermò lei, per poi darsi un paio di colpetti sulle cosce, così che il cane le saltasse su. - Le informazioni sono due. -

- Ehm... Dove Hester passa la pausa pranzo e...? -

- La seconda è una sorpresa. -

- Ma non è giusto! Potrebbe essere una stupidaggine! -

- Ma ormai volete sapere di cosa si tratta. -

Replicò subito lei, sorridendo candidamente.

Mi costava ammetterlo, ma ci sapeva fare con le trattative.

- E va bene. - Sbuffai. - Cosa vuoi sapere? -

- Lasci fare a me la domanda? -

Ribattè lei, osservandomi meravigliata.

- Come ti pare. Basta che facciamo in fretta. -

Non l'avessi mai detto.

Non appena ebbi pronunciato quelle parole, Britney diede un leggero colpetto sulla schiena del suo bulldog e quello puntò su di me i suoi occhioni scuri.
Non avevo idea di cosa c'entrasse esattamente quel cane con tutta questa faccenda. Sapevo solo che, quando Britney aveva annunciato di avere a casa una macchina della verità (ovvero ciò che le avrebbe garantito la veridicità delle nostre parole), poi una volta arrivati non aveva fatto altro che andare ad affacciarsi alla cuccia del suo cane, Iggy, e portarselo dietro in camera.
E la cosa mi aveva leggermente deluso.

Cosa si aspettava che facesse?
Che, come uno di quei cani antidroga, si mettesse ad abbaiare come un ossesso non appena io avessi detto una bugia?

Ad ogni modo, non pensavo che sarebbe stato necessario mentire.
Insomma, non avevo nulla da nascondere e poi la mia reputazione a scuola era già fin troppo pessima per essere peggiorata ulteriormente.
Avevo già raggiunto il fondo, quindi qualunque cosa lei mi avesse chiesto, ero certo che non avrebbe potuto in alcun modo peggiorare la situazio...

- Cos'è successo esattamente a quella festa? -

- Io non vado alle feste. -

Risposi semplicemente, chiedendomi a cosa stesse mirando.

Iggy però a quel punto drizzò le due grandi orecchie a punta ed emise un basso ringhio, che mi fece sussultare.

- Lo sai a cosa mi riferisco. - Disse la mora, assottigliando lo sguardo e accarezzando il cane sul dorso per farlo calmare. - Parlo della festa di tre anni fa, quella a casa di Grace Allen. -

- Oh. Quella festa, dici? -

Lei annuì lentamente con il capo.

Iggy si tranquillizzò.
Ok, quel cane adesso iniziava a inquietarmi.

- La tua è una domanda troppo generica. - Replicai. - Cosa posso dire? Tutti sanno già ogni cosa di quello che è successo a quella festa: era presente un quarto della scuola! -

- Un settimo. -

Mi corresse lei.

- Quello che è. - Sbuffai. - Comunque già lo sai cos'è successo: intorno a mezzanotte qualcuno ha deciso di fare quello stupido gioco della bottiglia, io mi sono ubriacato e poi ho rigettato tutto nella piscina di Grace. Fine. Addio Nicholas e benvenuto Barfy. -

Quella volta il bulldog non ebbe alcuna reazione.

- E tu... Sei proprio sicuro di non aver vomitato da nessun'altra parte? -

Ma che domanda era?

- Direi di sì. -

Risposi con un'alzata di spalle.

Lei assottigliò lo sguardo e io non seppi più doveva guardare, tra il suo sguardo inquisitore e quello del suo segugio.

Alla fine la mora sospirò e alzò le spalle, come a dire "vabbè, che vuoi farci, Iggy?".

- Immagino che sia proprio vero che quel giorno eri ubriaco fradicio. -

Ok. Fermi tutti. Qualcosa nel suo tono di voce mi disse che quella frase avrebbe rappresentato un importante punto di svolta per me.

- Cosa intendi? -

- Vedi, anche io c'ero quella sera, ma, al contrario di tutti gli altri presenti, non ho toccato un solo goccio d'alcol. Ero lì solo ed esclusivamente per vedere cosa avrebbero combinato gli altri. Sai, non c'è miglior luogo dove raccogliere pettegolezzi di un festino tra adolescenti. -

Aggrottai la fronte, chiedendomi dove volesse andare a parare.

- E con ciò? -

- Beh, se tu avessi seguito il mio esempio quel tanto che bastava a non farti un totale lavaggio della memoria, ora sapresti di non aver affatto rigettato nella piscina di Grace, quella è stata colpa di qualche altro primino debole di stomaco. Il tuo di vomito è finito tutto su i pantaloni di Austin Richmond, subito dopo che l'hai baciato. Immagino che baciare un ubriaco da ubriachi non debba essere una bella esperienza. Ad ogni modo, è per questo che poi vi hanno portato nella camera degli ospiti per farvi cambiare. Ma da quel momento in poi ho perso le vostre tracce. Ah, però la mattina dopo c'ero quando Axel e Simon ti hanno fatto uscire dalla porta sul retro a calci nel sedere. È stata la scena migliore di tutta la festa, con quei due ancora mezzi sbronzi che sembravano non aver metabolizzato per bene cosa fosse davvero successo e tu che li assecondavi facendoti condurre verso l'uscita con in faccia l'espressione di uno che ci stava capendo ancora di meno. -

Io la guardavo come se avessi davanti un qualche tipo di apparizione divina.
O uno di quegli strani murales che si trovano in giro e di cui nessuno riesce a capire il senso.
Non avevo la più pallida idea di cosa stesse dicendo, ma non riuscii a trattenere una risatina amara quando alla fine Britney, dopo avermi sconvolto la vita, aggiunse:

- Ah, ovviamente anche tutte queste informazioni avranno un prezzo. Ma dato che al momento non hai nulla da offrirmi, aspetterò un momento migliore per venire a riscuotere. -

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