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Bookworm

- Ricapitolando. -

Sentenziò Zoey, tirando fuori la lista dalla tasca dei pantaloni e ponendola sul tavolo con fare solenne.

Ci trovavamo nella biblioteca della scuola. Solitamente era abbastanza affollafa, dato che molti ci venivano per studiare, ma a quell'ora è praticamente deserta, c'eravamo solo noi due, la bibliotecaria e Casey, il quale al momento però era nascosto da qualche parte tra le numerose librerie, alla ricerca di un cantuccio in cui rifugiarsi fino al termine della sua, probabilmente breve, vita.

- Hester Foster. - Annunciò la rossa, facendo un piccolo segnetto di fianco al nome in questione, neanche stesse spuntando la lista della spesa. - Qualche impressione? -

- Eh? -

Replicai, preso alla sprovvista.

Lei mi osservò in attesa, rigirandosi la penna tra le dita.
Cosa significava?
Che dovevo dirle se aveva l'aria di un serial killer?
Maddai!
Ormai stavo iniziando a chiedermi se queste sue fantomatiche tracce non l'avessero condotta nel luogo sbagliato. Magari la scuola giusta era quella di un'altra quartiere o la persona in questione non era affatto una di quelle dieci.
Per quale motivo ne era così sicura?

- Nessuna. - Risposi scuotendo seccamente il capo. - A proposito, posso sapere per qualche motivo l'hai inserito tra i sospettati? -

- Poi Katherine Adams... -

Continuò lei, facendo un nuovo segnetto sul foglio.

La guardai allibito.

- Mi stai ignorando? -

- Abigail Mitchell. - Proseguì imperterrita. E qui si fermò, picchiettandosi il mento con il tappo della penna. - Dovremmo iniziare ad avvicinarci anche a lei. Ancora non abbiamo raccolto nessuna informazione. Ho sentito che è famosa per essere una ragazza molto violenta e trasgressiva. Credo che con lei potremmo scoprire qualcosa di interessante. -

- Senti, ma ha davvero senso quello che stiamo facendo? -

- Gwendolyn Hall. - Continuò però la rossa, come se ormai neanche mi sentisse più. - Lei credo che dovremmo tenerla d'occhio. -

- Ma sei seria!? -

Insomma, capisco che Gwen avesse ammesso di aver provato ad uccidere Austin, ma era anche vero che alla fine non era successo nulla e poi lo aveva attaccato solo perchè lo credeva un po' troppo vicino a Katherine. Non significava mica che lei fosse una potenziale serial killer!
O almeno, di certo non quella che stavamo cercando noi.
Così com'era impossibile che lo fosse Britney, Axel, Katherine, Hester o...

- Casey Lee. - Lesse la minore, indecisa tra lo spuntare anche quel nome o meno. - Credo che dovremmo approfondire un po' su di lui, ancora non sappiamo granchè. -

Basta. A quel punto decisi di rinunciarci con lei.
Ormai stavo per alzarmi e andare via quando, proprio nel momento in cui Zoey aveva appena detto "Samantha Castillo", sentii una mano artigliare lo schienale della mia sedia e una voce gelida alle mie spalle disse:

- Mi avete chiamato? -

Prendete due fondi di bottiglia, incollateci in fondo due occhi di ghiaccio, costruiteci intorno una faccia perennemente deturpata dall'acne e sormontata da una cascata di lisci capelli color mogano.
Poi aggiungeteci una confezione extra large di sotuttoiotaggine e una vagonata di introversione.
Lasciate il tutto a congelare per un paio di secoli nelle gelide lande desolate della "lingua di ghiaccio Troll" (una zona situata nella Terra della Regina Maud, nell'antartico) e poi usate un phon per togliere il preparato dall'ibernazione.
Quella era Samantha Castillo.
Conosciuta in tutta la scuola per essere il peggior topo di biblioteca mai esistito nella storia dell'istituto.
Una secchiona di prima categoria, di quelle che aprono la bocca solo ed esclusivamente quando vengono interpellate dal professore per rispondere a qualche domanda.
O quando sentono pronunciare il loro nome...

- Non parlavo di te. - Rispose Zoey, mettendo su una delle sue migliori facce da poker. - Ho detto Sammy Carter. - 

Non sapevo se esistesse davvero uno studente con quel nome, ma Samantha, anche se con un certo scetticismo, sembrò crederci.

A quel punto si voltò e proseguì a passi secchi e rapidi verso uno degli scaffali, probabilmente alla ricerca del libro per il quale si era recata lì in biblioteca.

Io mi voltai lentamente verso Zoey, quasi con il fiatone.
C'era mancato poco che ci scoprisse.

Lei però non sembrava particolarmente sconvolta da quanto appena successo, non aveva neanche nascosto la lista.
Continuava a guardare in direzione di Samantha, come se stesse analizzando la situazione.

- Andiamo. -

Sentenziò alla fine, alzandosi in piedi di scatto e facendo produrre uno spiacevole stridio alla sedia.

- Ma si insospettirà ancora di più se le andiamo a parlare adesso, dopo quello che è appena successo. -

Replicai, parlando in un bisbiglio.

Tanto per cambiare, Zoey non mi diede retta.

Sentii il ticchettio dei suoi passetti rapidi farsi sempre più distante, ma io non alzai il culo di lì.
Mi avrebbero dovuto prendere con una gru per riuscire a smuovermi.
Alla fine però, neanche Zoey riuscì a raggiungere Samantha.
Qualcuno infatti la batté sul tempo.

- Samantha! -

Esclamò in tono a dir poco estatico una voce allegra e trillante.
Beh, sicuramente molto più allegra rispetto a poco prima, quando stava ragionando su quanto anni di isolamento gli sarebbero occorsi perchè il ricordo della sua esistenza si rimuovesse completamente dalla mente di un certo bullo.

- Oh... Ancora tu. -

Questa reazione, che definire apatica già sarebbe un complimento, a mio avviso fu la perfetta spiegazione di cosa significasse l'espressione "essere presi a pesci in faccia".
O almeno, questo a mio parere.
Infatti Casey la interpretò in tutt'altro modo.

- Già! Dev'essere il destino che ci fa incontrare così spesso! -

- O magari semplicemente il fatto che io vengo spesso in biblioteca a prendere dei libri e tu la usi spesso per nasconderti dai bulli. -

Senza farsi scoraggiare, Casey le andò più vicino, proponendosi per aiutarla a cercare il libro che le serviva.

Bisognava ammettere che quando non aveva davanti un energumeno alto un metro e una montagna, diventava parecchio sicuro di sè.
(Anche se sinceramente io provavo molta più soggezione davanti a Samantha piuttosto che Axel).

Piano piano Zoey tornò al nostro tavolo, studiando la situazione come se stesse giocando ad un rebus e ora fosse alla ricerca di quel collegamento che le avrebbe permesso di trovare la soluzione.

-  Che c'è? -

Le chiesi, aggrottando la fronte.

- Non pensavo che da queste parti esistesse ancora gente etero. -

Rispose lei prendendosi il mento e assottigliando lo sguardo, in tono fin troppo serio per una cretinata del genere.

- Che scema... -

Sospirai, alzando lo sguardo al cielo.

Anche se bisognava ammettere che quel pensiero fosse davvero divertente.
Cinque anni passati a sentirsi dire dire "frocio" e "checca" da Axel (e questi sono gli appellativi più gentili) e alla fine chi era tra i due quello che si è ritrovato ad avere dubbi sul proprio orientamento sessuale?
Non c'è che dire, i bulli sono proprio uno spasso.

- Andiamo. -

Annunciò Zoey di punto in bianco.

- Non voglio andare da Samantha dopo quello che... -

- No, non da lei. - Replicò la rossa. - Stiamo andando alla stazione. -

- E per cosa di grazia? -

- Per prendere dei biglietti, no? -

~

Erano le sei e mezza di sera.
Il sole stava tramontando, lasciando dietro di sè un cielo sereno e giusto lievemente annuvolato.
Proprio una bella serata.
Ideale da passare chiusi in casa a giocare con la PlayStation.
E allora cosa ci facevo su quel treno?

- Sei proprio sicura che proprio oggi Samantha prenderà proprio questo treno? -

- Credo proprio di sì. -

Rispose Zoey, facendo dondolare allegramente le gambe sotto il sedile.

A quanto pareva, esattamente tre giorni a settimana e sempre alle sei e mezza, Samantha prendeva il treno.
Per recarsi dove?
È esattamente questo che dovevamo scoprire.

- Sappi che se alla fine dovessimo scoprire che va semplicemente dalla nonna in ospedale, in una libreria particolarmente fornita o dal suo fidanzato o fidanzata o quello che le pare a lei, non te la perdonerò mai. Dovrai convivere per tutta la vita con il pensiero di avermi privato per un nonnulla di una piacevole serata che avrei potuto passare a casa. -

- Me ne farò una ragione. - Replicò lei con un'alzata di spalle, per poi voltarsi alla sua sinistra. - Tu invece che ne pensi? -

- Ovunque si debba recare Samantha, sarà di sicuro un posto bellissimo. -

Fu la risposta decisa di Casey, il quale dopo aver pronunciato queste parole annuì gravemente con il capo.

Ancora non riuscivo a capire cosa ci vedesse esattamente in lei, ma ritenni più opportuno tenermi per me questi pensieri.

- Ecco. Perchè non hai anche tu lo stesso entusiasmo? -

Disse Zoey, tornando a rivolgersi verso di me.

- Perchè a quanto pare non ho ancora appreso a dovere l'arte delle uscite serali, nè quella dell'entusiasmo, nè che senso abbiano da unite. Non appena avrò tempo, chiederò a Casey di insegnarmelo. -

- Sei ironico? -

- Secondo te? -

Lei rimase a rifletterci per alcuni istanti, quindi, giunta all'ovvia conclusione, tornò a guardarmi, in attesa di una risposta più soddisfacente.

- Magari perché il mio grande amore non è quella so-tutto-io, ma la mia PS4. E ogni istante che passiamo su questo treno, sono chissà quanti metri in più che mi separano da lei. -

- Sei ancora ironico? -

- Purtroppo no. -

A quel punto mi voltai verso il finestrino. Il paesaggio che scorreva dietro di esso si faceva sempre più indistinto mano a mano che si faceva buio. Mi chiesi perché diamine mia madre non avesse opposto la minima resistenza quando le avevo annunciato le mie intenzioni per quella sera. Uscire la sera è un chiaro invito rivolto a tutti i malintenzionati. È come scriversi in fronte con un evidenziatore fosforescente "aggreditemi".
E il fatto che fossimo in gruppo non mi era molto di conforto, considerando che questo gruppo comprendeva una nana, un fuscelletto e un obeso.

- Ma almeno siete sicuri che Samantha si trovi proprio su questo treno? -

- ...Sì. -

- Hai esitato. -

- ...No. -

Alzai lo sguardo al cielo. Non era possibile avere a che fare con soggetti del genere. Ma non esisteva un portello di ascolto riservato a coloro che avevano lamentele da fare su un servizio di spionaggio? Del tipo "scusate, la mia spia è difettosa, mi ignora, insospettisce i sospettati e non ha idea di ciò che sta facendo, me la potete cambiare con uno 007?".
No, eh?

- Io sento il suo odore. -

Mi voltai lentamente verso Casey, sperando che il cerume presente nelle mie orecchie mi avesse giocato un brutto tiro.

- Come, scusa? -

- Questa fragranza dolce e muschiata all'aloe e fiori d'arancio deve essere di sicuro il suo Deo Ipnosi. -

- Conosci il nome del profumo che usa? -

- È un deodorante. Comunque sì. -

Lentamente tornai a voltarmi verso il finestrino.
La tentazione di sbatterci la testa contro era allettante, ma un pensiero mi era di conforto: probabilmente non avremmo scoperto nulla.
Ero sicuro al duecento per cento che Samantha o non si trovasse neanche su quel treno o avesse in programma di andare in qualche posto noiosissimo e assolutamente prevedibile. Una libreria o una biblioteca particolarmente fornita? La casa di un amico, un parente o un fidanzato? Un qualche tipo di negozio raro, ma comunque nella norma?
Perfetto. Non appena l'avessimo vista metterci piede, avremmo fatto dietro front.
Era solo questione di un'altra ora al massimo e mi sarei ritrovato di nuovo in un treno, ma diretto verso casa.

O almeno questo era quello che pensavo prima di vedermi passare davanti una Samantha che di Samantha aveva ben poco.
Questo era quello che pensavo prima di iniziare un pedinamento assurdo per i vicoli più compromettenti della città.
Questo era quello che pensavo prima di ritrovarmi spiaccicata in faccia l'insegna fucsia al neon di un night club.

Ma procediamo con ordine.
Iniziò tutto quando Casey si alzò di scatto dal sedile, indicando una persona in mezzo alla folla di passeggeri che stavano uscendo dal treno e identificandola come Samantha Castillo.
Eppure a me quella persona sembrava tanto Asuna di Sword Art Online.

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