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Dall'altra parte del telefono c'era un gran baccano. La musica era forte come se l'altoparlante fosse vicino a me, e io riuscivo a malapena a distinguere le parole.
"Nadia? Mi senti?"
Allontanai il telefono dall'orecchio, riuscendo comunque ad ascoltare la versione remixata di Lady Gaga come se avessi acceso Spotify. Mi spostai vicino alle macchine parcheggiate, e risposi:
"Sì, mamma, ti sento! Ma dove diavolo sei?" Intanto, diedi un piccolo morso al panino ancora caldo.
"Abbiamo portato i ragazzi a ballare, infatti tra poco chiudo; le femmine sono tremende, stanno cercando di limonare con degli sconosciuti, le devo tenere d'occhio! Volevo dirti che devi andare a casa mia, per vedere se piove dal soffitto. La signora di sopra mi ha appena avvisato di avere avuto una perdita in cucina."
"Che palle!" Urlai, ma era bello sapere che non sarei stata rimprovata per avere insultato Dario. "Va bene! E cosa devo fare se piove?"
La musica cambiò, ora c'era Waka Waka e tutti urlarono.
"Stasera non puoi fare niente, ma domani devi chiamare il muratore! Ti mando il numero in chat. Jessica, dove stai andando con quello? Torna subito qui, o chiamo tua madre!"
La telefonata si interruppe. Jessica era nei guai, ma lo ero anche io. Osservai Stefano che infilava in tasca la busta coi "condimenti" e non sapevo come dirgli che dovevamo andarcene. Anche Tony doveva venire con noi, dato che gli avevamo dato il passaggio.
"Che problema c'è? Finisco il panino e andiamo." Disse lui, scrollando le spalle. Per fortuna era un tipo accollativo.
Lessi però la delusione negli occhi di Asia, che aveva sperato di riavvicinarsi a Tony con la scusa di fargli gli auguri di compleanno a mezzanotte, e così invitai anche lei. Ma a quel punto Ciccio si sentì messo da parte, e supplicò Stefano di potersi unire.
Poco dopo, tutti e cinque stavamo sfrecciando tra le strade vuote in direzione Borgo-Sanzio. Stefano era alla guida, ed era l'unico tra noi ad essere veramente scazzato.
"Ma quindi Erica ci sta provando?" Domandò Ciccio a Tony, quando ci fermammo al semaforo.
Mi voltai per ascoltare la risposta, e intercettai lo sguardo teso di Asia. I ragazzi l'avevano lasciata sedere nel posto centrale e ora ognuna delle sue lunghe gambe stava toccando le loro.
"Boh, che ne so." Commentò Tony, con modi sbrigativi, e tornò a guardare fuori dal finestrino.
Sul volto di Asia si formò un piccolo sorriso, e nello stesso momento Stefano imprecò contro la macchina davanti a noi, rea di avere perso ben due secondi prima di partire a razzo allo scattare del verde.
"Ti vuoi calmare?" Gli dissi. "Guarda che puoi fumare anche lì."
"Come no!" Ironizzò lui, nervosamente. "Quasimodo è un segugio, sentirebbe l'odore del fumo anche dopo una settimana! Lo direbbe a tua madre, e lei ci romperebbe le palle al posto suo. Lascia stare! Controlliamo quel tetto di merda e andiamocene."
"Quindi sono partiti tutti e due?" Chiese Asia. "Per quanto tempo?"
"Mia madre torna domenica sera, suo marito martedì. Credo. Non me lo ricordo, quando il gobbo me l'ha detto non stavo ascoltando." Risposi.
Ciccio ridacchiò come se avessi detto qualcosa di molto divertente, e la sua leggerezza mi rassicurò sui dubbi che ogni tanto tornavano ad assillarmi. Torno martedì, ricordavo avesse detto Dario, prima di uscire dal mio monolocale con triste dignità; io però stavo solo pensando a quanto volevo che sparisse. Dopo averlo aggredito, le mie emozioni nei suoi confronti erano diventate ingestibili, e la sua presenza era ancora più insostenibile.
Arrivati a destinazione, entrai in casa per prima, accesi tutte le luci e dissi ai miei amici di fare come se fossero a casa loro. Le stanze erano tiepide, il silenzio era scandagliato dal suono delle lancette del grosso orologio a parete, ma il soffitto era intonso. Non c'era umidità in cucina, né da nessun altra parte della casa.
"Visto?" Dissi a Stefano. "Sono bastati cinque minuti! Avviso mia madre e andiamo."
"Dobbiamo proprio?" Domandò Tony, che si era gettato sul divano blu, le gambe distese sull'isola. "Mi piace questo posto."
Ciccio si era avvicinato alla libreria; con la testa leggermente piegata, stava osservando con espressione sconvolta i titoli dei numerosi libri di fisica di Dario. Asia era andata in bagno e ne era uscita con addosso la stessa fragranza usata da mia madre.
"Adoro questo profumo di D&G! Tua madre è fantastica, ha dei gusti raffinati." Affermò, e si annusò i polsi con espressione beata.
"Qui le cose sono due. O il tuo patrigno è geniale, o è un pazzo." Esclamò Ciccio. "Ehi, c'è del Baileys in mezzo ai libri, ed è quasi finito! Si arrabbia se ce lo offri?"
E all'improvviso realizzai: Cazzo, sto per dare una festa in casa di Dario?
Non ci avevo mai pensato, e sentii il mio lato perfido godere come un matto, ora che potevo fargli altri dispetti. Rovinagli il divano, mi diceva, rompi i suoi vinili e dai la colpa ai tuoi amici, così non se la prenderà con te.
L'idea mi piaceva ogni secondo di più. Dario non mi aveva forse detto di fare come volevo, che quella era anche casa mia? Bene, io volevo dare una festa! Peggio per lui che mi aveva dato il permesso.
"Prendilo! Siamo venuti qui per il suo soffitto, ce lo deve." Risposi.
Stefano intanto era andato a sedersi vicino a Tony. Notai che aveva già cambiato idea sul fatto di fumare in casa, e persino su quello di restare; infatti non c'era più il rischio di prendere in mano un mocio. Gli diede una gomitata fraterna, tirò fuori il sacchetto del paninaro e glielo mostrò. Tony acconsentì, gli occhi che brillavano.
"E questa cos'è?" Esclamò ancora Ciccio. Quando aveva preso la bottiglia, una fotografia era scivolata via.
La raccolsi da terra e la guardai: era una foto di Dario, in cui non doveva avere più di vent'anni. Indossava una giacca di jeans molto larga e incrociava le braccia davanti all'obiettivo, mostrando uno sguardo da duro. La foto ingiallita schiariva i riflessi biondi dei suoi capelli corti; dietro di lui, si distingueva solo il cancello di un piccolo edificio con giardino.
"Accidenti, sembra un altro." Disse Asia, osservando la foto al di sopra della mia spalla; aveva letteralmente dato voce ai miei pensieri. "Era davvero carino senza gli occhiali e la schiena ingobbita. Ma dov'era?"
Scossi la testa. "Non lo so, forse è casa sua. So che da giovane non ha mai avuto soldi per andare da nessuna parte. Sua madre e il suo patrigno erano solo dei contadini." Ripensai fugacemente a quel portachiavi di Ibiza, senza dargli importanza.
Anche Ciccio disse la sua:
"Ma dai, lui è vecchio, ai suoi tempi c'era la leva obbligatoria. Probabilmente si è fatto la foto davanti alla caserma."
Pensai che avesse un senso, prendere quella fotografia dall'album solo per mostrarla a mia madre e vantarsi di essere stato quasi... bello. Un brivido mi attraversò la schiena quando ci pensai, e improvvisamente mi sentii nervosa. Rimisi la fotografia in mezzo ai grandi atlanti, e cercai di dimenticare. Ma il mio sguardo ricadde sulla parete, dov'era ancora la foto del matrimonio, e mi ritrovai a passare una mano tra i capelli sciolti, tirandoli senza farmi vedere, solo per provare dolore.
"Quindi Dario non è cresciuto con suo padre biologico." Disse ancora Asia, mentre si metteva comoda anche lei sul divano.
Stefano e Tony stavano già preparando le cartine, ma Ciccio non aveva chiesto il permesso per bere direttamente dalla bottiglia. "Per una volta che non devo guidare, ne approfitto!" Aveva detto, prima di iniziare.
"No." Risposi, ma ormai ero così nervosa che stavo tremando. Feci vagare lo sguardo, sperando che nessuno lo notasse. "Lui non ha mai conosciuto suo padre. Se n'è andato dopo avere messo incinta sua madre, e lei era ancora giovane, aveva diciassette anni."
"Povero!" Ribatté Asia, sinceramente dispiaciuta. "Ecco perché si sente in diritto di farti la paternale."
"Abbiamo due storie completamente diverse!" Ribattei, e mi resi conto di avere alzato la voce solo quando Stefano e Tony smisero di leccare la cartina per guardarmi.
Asia mi fissò con curiosità, ma non disse nulla. Poco dopo, mentre Ciccio ci intratteneva coi suoi discorsi da brillo, Stefano ci passò il fumo e noi tirammo una volta a testa. Mi ero già distrutta abbastanza con quella roba e non avevo voglia di rifarlo, ma in quel momento avevo anche bisogno di fermare i pensieri.
Il senso di calma apparente non tardò ad arrivare. Solo pochi tiri, ed eravamo già tutti tranquilli. Tony aveva trovato il coraggio di dire a Asia che la trovava sexy, Asia aveva trovato il coraggio di invitarlo a casa sua l'indomani, e lui aveva accettato. Non era più necessario fingere che l'obiettivo dell'invito non fosse scopare. Lo sapevano entrambi, e notai da come si guardavano - dalle estremità opposte del divano - che se fosse dipeso da loro si sarebbero saltati addosso anche adesso.
Ciccio decise giudiziosamente di non mischiare l'alcol col fumo e continuò a deliziarci con le sue imitazioni di Erica che fa la smorfiosa con Tony.
Io mi ero seduta accanto a Stefano e, mentre ridevamo, iniziai a sentirmi strana. Volevo fare sesso anche io, e subito. Mi accorsi che laggiù in basso stavo friggendo più di una cotoletta. Guardai il mio ragazzo che continuava a fumare, con gli occhi lucidi, e sapevo di volerlo come non lo avevo mai voluto. Mi avvicinai al suo orecchio e bisbigliai una frase.
"Voglio che andiamo in camera e mi fotti."
Lui soffocò la risata in gola. Mi guardò sconvolto, come se non mi riconoscesse più. I suoi neuroni intorpiditi comunicarono tra loro molto lentamente.
"Okay." Mormorò infine.
*
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