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55 🍋

Quando arrivammo in villetta, Asia era ancora da sola. Venne ad aprire il portoncino in costume da bagno, i capelli legati dietro la nuca. Il sole alto e caldo illuminava la sua pelle abbronzata: si era appena tirata fuori dalla piscina.

"Entrate, entrate!" Esclamò con entusiasmo. "Gae arriva più tardi con le pizze."

"Noi abbiamo portato da bere." Giamma indicò il mio zaino con un cenno del capo. "Ce l'ha lei."

"Già, e pesa dieci chili." Mi lamentai, aggiustandomi le bretelle sulle spalle.

Asia rise. "Vieni, mettiamoli di là."

Attraversando la villetta, mi tornavano in mente le immagini dell'ultima volta che ero stata lì. Io che arrivavo a fine serata insieme a Stefano, il gruppo di Erica raccolto in un angolo, Ciccio e quel ragazzo sconosciuto, vestito di pelle, che parlavano vicino alla piscina. Poi lo sgambetto, il tuffo improvviso... il raffreddore. E tutto quello che ne era conseguito.

Quasi in risposta ai miei ricordi, Giamma si tuffò in piscina. Si era spogliato in fretta ed era volato in acqua con un agile doppio salto. Il suono mi riportò al presente.

Seguii Asia in cucina, dove finalmente mi liberai dello zaino, poggiandolo sul tavolo per aprirlo. Le passai due bottiglie di spumante e una confezione di birre, che lei sistemò in frigo.

Lo zaino si afflosciò, ora talmente leggero da sembrare vuoto; dentro era rimasto soltanto il mio asciugamano.

"Oggi ti ho vista baciare Giamma." Disse Asia all'improvviso, richiudendo il frigo. "Vi abbiamo visti tutti. Sta succedendo qualcosa?"

Sobbalzai appena, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi curiosi, anche se in fondo mi ero aspettata quella domanda. "Ah... sì..." Farfugliai, incerta su come continuare. "Niente di davvero... intimo, ma, ecco... c'eravamo quasi. Sei arrabbiata?"

Asia fece spallucce, allungando le labbra in un sorriso rassegnato. "Per niente. In realtà, me l'aspettavo. Lui è ossessionato da te da quando lo conosco."

"Però ti piaceva."

"A me piacciono tutti quelli che mi danno attenzioni." Abbassò lo sguardo e tamburellò le dita sulla superfice liscia del tavolo. "Mi scoccia solo di non essere mai stata la prima scelta di nessuno."

"Non è che io e lui siamo chissà cosa." Puntualizzai, cercando di sminuirne l'importanza, perché mi dispiaceva per lei. "Non lo so neanche io cosa stiamo facendo."

Asia incrociò le braccia e mi scrutò: "Io però non ti ci vedo proprio con Quasimodo. La cosa più bella di quello lì sono i soldi. Per il resto, è troppo grande, troppo serio... Meglio Giamma."

Non volevo sentir parlare male di lui. Asia però aveva la sua parte di ragione. "Dario è speciale." Le dissi, e nella mia mente apparvero le immagini e i motivi per cui lo fosse. "Ma mi ha fatto sentire sbagliata. A Giamma invece basto così come sono."

"Lo so." Mormorò lei; sentii il bisogno improvviso di farla stare meglio.

"Tu sei la prima scelta di Tony, lo sai, vero? È solo troppo idiota per accettare che è pazzo per te."

"Tony è un caso disperato." Sospirò, abbassando lo sguardo. "Pazienza, ora c'è Gae. Lo so che è un altro tentativo di riempire questo... vuoto." Si portò una mano al petto, gli occhi umidi. "Ma vediamo come va. Magari è il mio turno di trovare l'amore."

"Spero davvero che lo sia. Te lo meriti."

"Grazie." Ricambiò il sorriso, ma i suoi occhi restavano malinconici. "Allora, che intenzioni avete tu e Giamma?"

Scrollai le spalle. "Non ne ho idea."

"Ma tu lo vuoi?"

Controllai in corridoio e abbassai la voce. "Forse."

"Allora andrà avanti."

"Non lo so." Respirai a fondo, giocherellando con la zip dello zaino. "Sto cercando di dimenticare qualcuno che mi ha fatto a pezzi, e non credo che stare con Giamma mi aiuterà, anche se..." Mi fermai, incerta se continuare.

"Anche se cosa?"

"Anche se con lui mi sento meno sola." Confessai, in un sussurro.

Lei scosse la testa, ridendo. "Ti ho contagiata. Siamo uguali, ormai. Solo che tu sei più brava di me a far finta che non t'importi."

"Credi che io non stia male?" Chiesi, fissandola. "A volte penso che potrei innamorarmi di Giamma. Altre volte... non riesco nemmeno a immaginarlo e mi sento una stronza. Anche lui meriterebbe di stare con qualcuno che lo ami davvero."

"Forse a lui non importa. Magari gli sta bene così. Sai com'è: Giamma non appartiene a nessuno."

"Forse perché sa che nessuna di noi è davvero lì per lui."

Restammo un attimo in silenzio. Poi Asia, con la sua solita insistenza, aggiunse: "Dagli una possibilità. Almeno lui vuole esserci. Il tuo patrigno, invece, dov'è?"

*

Aspettammo l'arrivo di Gae chiacchierando e scherzando in piscina. Tra Asia e Giamma non c'era traccia di imbarazzo: conversavano con disinvoltura, come vecchi amici. A guardarli, nessuno avrebbe detto che solo l'altro ieri fossero stati amanti.

Eppure, il cattivo umore di Giamma era evidente, almeno per me. Da giorni aleggiava su di lui, una presenza costante che a tratti emergeva con prepotenza quando si distraeva e smetteva di nasconderlo. Era proprio in quei momenti che mi cercava, quando la sua mente era in fuga da qualcosa.

Lo percepivo ogni volta che i nostri sguardi s'incrociavano con quelle occhiate intense che mi facevano sentire vulnerabile. Ogni gesto, la disinvoltura con cui metteva in mostra i pettorali e i bicipiti, il modo in cui sembrava divorarmi con gli occhi, era calibrato per attirare la mia attenzione. Dovetti nascondere il petto sott'acqua in più occasioni, per evitare quegli sguardi che volevano attraversare il tessuto del costume.

Al tramonto, ci sembrò di sentire una macchina fermarsi e parcheggiare davanti alla villetta. Asia uscì di corsa dall'acqua per guardare meglio dalla siepe. "È lui!" Esclamò, visibilmente felice.

Corse al portone per aprirgli. Io e Giamma eravamo ancora in acqua. Mi ero avvicinata al bordo per uscire, ma lui nuotò verso di me e si appoggiò con un braccio, mettendo in evidenza i suoi muscoli, le spalle larghe e bagnate.

"Dammi un bacio." Sussurrò.

Il cuore batteva forte. Il primo istinto era quello di allontanarlo, ma mi trovai così spiazzata, incastrata tra la piscina e il suo corpo, che mi parve di non avere altra scelta che baciarlo. Socchiusi gli occhi. Lui colmò le distanze per primo, io afferrai il suo labbro inferiore e lo morsi. Lui gemette piano.

"Piccola stronza."

Divenne più dominante, avvicinandosi con forza, come a farmi capire che non potevo sfuggirgli. Toccai il suo petto per allontanarlo. Era solo bello al tatto, per il resto non servì a nulla: continuavamo a baciarci; la foga che metteva nell'infilarmi la lingua in bocca mi impediva persino di morderlo.

Di colpo avevo caldo e sentivo che lui era inevitabilmente duro. Di nuovo, mi si accesero in testa delle strane fantasie; aprii le gambe, gli permisi di incastrarsi. Che sarebbe successo se l'avessimo fatto lì in piscina?

Ma a pochi passi da noi, l'ospite di Asia era appena arrivato. Li sentivo parlare di pizze e altri convenevoli, un suono opaco e distante che si perdeva tra i miei sensi.

A me interessava notare il modo in cui l'acqua attutiva l'impatto del suo organo contro il mio. Lui che si dondolava piano, per stuzzicarmi, creando in acqua delle piccole onde che mi solleticavano il petto.

"È ancora calda..." Diceva la voce maschile.

"Ottimo, ho una fame!" Rispose la voce femminile. "Ti aiuto, mettiamola qua. Ora dobbiamo solo aspettare che quei due tornino sul pianeta Terra."

"Staccati, Giamma." Lo spinsi per le spalle, smettendo di baciarlo; avevo elaborato a fatica le parole di Asia.

A malincuore, si calmò anche lui. Guardò dietro di me, era nervoso. "Già lo odio, questo qua."

Mi voltai. Gae ci stava salutando con la manina, ridendo di scherno come a darci il buongiorno, la camicia sbottonata a mostrare i peli radi, il petto decorato da una collana d'oro e dal tatuaggio di un giaguaro stilizzato sul cuore. Mi sembrò un vero cafone. Asia, invece, apriva felice il cartone della teglia di pizza sul tavolo di plastica. Era ora di cena.

Gae non fece nulla per nascondere il suo interesse per lei. Sorrideva tutto il tempo, ma lo faceva in modo nervoso; i suoi occhi languidi e i movimenti lenti, studiati, tradivano le sue intenzioni. Non mi piaceva per niente. Era un viscido venuto a ottenere una cosa sola.

Stavamo mangiando seduti sulle sdraio, vicino al tavolo di plastica e alla pizza, illuminati dal bagliore bianco delle luci da giardino. Il viscidone era così vicino alla sdraio di Asia che poteva sfiorare per sbaglio le sue cosce nude un po' troppo spesso.

"Tu sembri un uomo di altri tempi, in confronto a questo qui." Bisbigliai a Giamma, mentre quei due erano distratti.

Ma lui, affamato, non aveva sentito, troppo occupato a prendere un'altra fetta di pizza. "Cosa?" Provò a dirmi, mentre dava un morso. Lo lasciai perdere.

A un certo punto, dopo averci parlato del suo lavoro, Gae si rivolse a me e Giamma in tono curioso: "E voi che fate nella vita?"

Ci guardammo, imbarazzati. "Per ora niente." Rispose lui, con disinvoltura, dopo avere buttato giù un boccone. "Ci stiamo godendo l'estate, poi si vedrà."

Io annuii con un sorriso tirato. Gae non colse i nostri segnali di disagio e, seduto sul bordo della sdraio con le gambe spalancate, esclamò, sorpreso:

"Proprio niente? Neanche un sogno nel cassetto?"

Giamma aveva preso da terra la sua bottiglia di birra e la stava stringendo con troppa forza. "Ma i cazzi tuoi?" Mascherò subito il commento con un sorriso e portò la bottiglia alle labbra, come a voler minimizzare.

Gae sgranò gli occhi con cui sembrava giudicarci. "No, è solo che... boh, io non ce la farei. Se non lavorassi mi sentirei inutile."

"Ah, ora capisco." Ribatté Giamma. Aveva rimesso la birra a terra e schiaffeggiò con forza la mano sul ginocchio. "È il classico problema di quando non te la danno da parecchio. Infatti si nota."

Stavolta, Gae rimase spiazzato. Il silenzio divenne pesante, e io mi trattenevo a stento dal ridere. Asia fu la prima a ridere forzatamente per spezzare la tensione, e io la seguii.

Ma anche più tardi, la domanda di quell'idiota continuò a ronzarmi in testa. Proprio niente? Neanche un sogno del cassetto? Il sogno di Giamma era già andato in fumo. Ma il mio dov'era? Ne avevo mai avuto uno?

Dopo cena, ci tuffammo di nuovo in piscina. L'acqua era tiepida e scura, un riflesso del cielo notturno. Ci spingevamo, ridevamo e spruzzavamo acqua come bambini. Per Gae divenne ancora più facile trovare l'occasione di toccare Asia. A lei sembrava piacere, ma a me dava ai nervi.

Dopo un po', lui stesso approfittò di un momento di calma, quando eravamo ormai stanchi e brilli, per proporre ad Asia di mostrargli la casa. Il suo tono era tranquillo, quasi innocente, ma il significato era fin troppo chiaro. Lei mi lanciò uno sguardo complice, accompagnato da un sorriso malizioso, e non esitò a guidarlo fino in camera.

Rimasi sola con Giamma. La piscina si fece silenziosa, l'atmosfera cambiò. Lui si avvicinò a me con un paio di lente bracciate. L'acqua intorno sembrava ferma. Con la stessa disinvoltura che aveva mostrato tutto il giorno, mi guardò, ma stavolta c'era qualcosa di diverso nei suoi occhi. Ero immobile, in ansia, consapevole che il nostro momento fosse arrivato.

Non riuscivo a staccare lo sguardo da lui; anche Giamma stava per fare la sua mossa, ma senza fretta o insistenza. Solo una presenza magnetica, di cui sembrava pienamente consapevole.

"Ci hai pensato anche tu, vero?" Sussurrò. "È qui che ci siamo conosciuti."

"Impossibile dimenticare. Sei stato odioso e mi hai pure buttato in piscina."

Lui spalancò un sorriso arrogante. "Attenta con le accuse, non ci sono prove! E comunque, sei sopravvissuta."

"Questo lo dici tu. Io mi sento un rottame."

"Allora siamo due rottami."

Sfiorai le sue braccia per istinto, accarezzandole, come per tirarlo su di morale. Presi coraggio con un respiro profondo.

"Con Dario non sarebbe mai iniziata, se quella sera non fossi caduta in piscina."

Gli raccontai brevemente i fatti di quella notte. Ne rimase sorpreso, ma poi mi mostrò il suo solito ghigno.

"Beh, non cambia nulla. Ti ho fatto un favore. Con lui è finita male - proprio come avevo previsto - ma grazie a me ti sei tolta uno sfizio."

La sua sfacciataggine mi lasciava senza parole. "Che idiota."

"Lo sono, lo ammetto." Ne era afflitto. "Senza quella notte, saresti mia già da un pezzo."

"Certo, sarei stata il tuo sfizio. Perché per te gira tutto sempre e solo intorno al sesso."

"Forse sì." Disse lui, avvicinandosi ancora. "Ma io so anche come farti stare bene. So che ora hai bisogno di qualcuno che ti faccia sentire importante, desiderata... viva."

Chiusi gli occhi, cercando di resistere a quelle parole incantatrici. Ma la verità era che qualcosa si stava sciogliendo in me, una resistenza che era sempre stata più fragile di quanto volessi ammettere.

"Non giocare con me, Giamma." Sussurrai, la voce incrinata.

Lui allungò una mano, sfiorandomi la guancia con delicatezza. "Non sto giocando." Fece una pausa, lasciando che il peso delle sue parole si insinuasse. "So che non sono il tuo grande amore. Ma posso essere quello che ti fa dimenticare tutto. Che non ti fa sentire più sola."

In quell'istante, tutto era troppo: la luce tremolante in giardino, il profumo leggero del cloro, i suoi occhi che sembravano più scuri di quanto ricordassi. "Non so cosa fare." Gli dissi.

Giamma inclinò la testa di lato, come a volermi leggere dentro. "È ancora per lui?"

"In parte." La mia voce era appena un sussurro. "È solo che con te mi sento... esposta."

Lui fece un altro movimento in avanti, ora così vicino che anche l'acqua sembrò scaldarsi. "Forse perché non mi nascondo. Mai. Quello che provo, lo dico. Quello che voglio, lo prendo. E in questo momento... voglio te."

Le sue parole mi colpirono come una fiamma improvvisa. "E poi che succederà?"

Sollevò una mano, sfiorandomi il polso che si aggrappava al bordo della piscina. "Lo rifaremo di nuovo. Ancora, e ancora, finché ne avremo voglia. Senza impegno. Solo perché ci va." Le sue dita strinsero la mia mano, e un brivido mi attraversò. "Lasciati andare... Lo so che lo vuoi. Usami come hai fatto ieri sera. Ti darò qualcosa di bello da ricordare. E con cui dimenticare."

Ormai non avevo più difese, e lo sapevo. Le sue labbra sfiorarono le mie, un contatto leggero, ma abbastanza intenso da farmi perdere ogni equilibrio, a spezzare il contatto con la realtà.

Era come in discoteca: quel bacio delicato aveva già offuscato tutto il resto. Un calore forte mi avvolgeva, bruciando in mezzo alle gambe, e tutto ciò che volevo fare era lasciare che quell'incendio divampasse, annullando ogni ragione. Volevo che facesse male, un dolore capace di sovrastarne un altro, più profondo. Giamma era il mio male necessario.

Senza pensarci, avvolsi le gambe attorno ai suoi fianchi, come avevo fatto a mare. Ma lì, in piscina, era meglio, perché la parete mi sosteneva. Il suo costume scivolò di lato, lasciando metà del suo sesso premere contro la mia coscia.

Il bacio divenne intenso e brutale. Lo stringevo forte, baciandolo, mentre lui slacciava con facilità la parte superiore del mio costume. In un attimo di lucidità mi domandai cosa stessi facendo, ma il bisogno di continuare era più forte di qualsiasi esitazione.

Quando Giamma mi sfilò anche la parte inferiore, chiusi gli occhi e trattenni il fiato.

"Guardami."

Non ci riuscivo. Sentivo il suo sguardo bruciarmi addosso, ma lui si fermò, in attesa. Così, facendo uno sforzo, riaprii gli occhi, proprio mentre la sua mano scivolava tra le mie gambe. Mi attraversò un brivido quando mi penetrò col suo dito, arrivando fino in fondo, facendomi contorcere; ma lo tolse subito. Eravamo pronti entrambi; allora qualcosa di più grande cercò di entrare nel mio stretto canale.

Mi morsi il labbro dall'ansia. Lui mi baciò, dolce e vorace al tempo stesso. Sentii una spinta lenta, profonda. Solo la punta, all'inizio. Poi, con un movimento deciso, fu tutto dentro.

Aprii gli occhi per lo stupore e lo trovai lì, i suoi socchiusi, colmi di beatitudine. "Sei perfetta... così perfetta..." Mormorava, perso in quel momento.

Mi sentivo piena, sopraffatta, e non mi piaceva. Ovunque con Dario fosse stato intenso, con Giamma era arido. Poi però iniziò a muoversi, le dita aggrappate con forza al mio sedere, e tutto cambiò. Le sue spinte decise, l'inclinazione perfetta e quei lunghi gemiti contro il mio orecchio, mi dimostravano che era vero: con lui potevo vedere le stelle anche ad occhi chiusi.

"Sì... è perfetto... proprio dove tutto è iniziato..." Mi disse ancora, baciandomi con una passione sfrenata. Erano baci piccoli, ma le nostre labbra non si staccavano mai davvero e le nostre lingue si cercavano continuamente.

Era tutto così... crudo, primordiale. Ogni nervo del mio corpo impazziva sotto le sue spinte, ormai così violente da avere scatenato uno tsunami in piscina. Sentivo qualcosa crescere in me, un'onda che spingeva per esplodere... portai la testa all'indietro e, presa da un istinto feroce, gli tirai i capelli.

"Giamma..." Sussurrai con un filo di voce.

Lui si fermò un istante, un sorriso che sembrava un avvertimento. "Ssh... abbiamo appena iniziato."

Poi, all'improvviso, si tirò indietro. Le sue mani sicure mi afferrarono per i fianchi, sollevandomi fuori dall'acqua con facilità. L'aria fresca della notte mi accarezzò la pelle nuda, fui scossa da un brivido, ma non pensai a chi potesse vedermi. Mi distesi sull'asciugamano, lo guardai, e con un gesto silenzioso, quasi disperato, lo pregai con le braccia di tornare da me.

Giamma arrivò, mi coprì col suo corpo possente e mi baciò nello stesso momento in cui tornava a casa. Ora lo sentivo di più. Lui riprese a spingere, forte, aggressivo, tanto da fare male. La sua era la rabbia di chi voleva dimostrare qualcosa; di essere bravo, di meritare quel privilegio.

Arrivai con un urlo soffocato, inarcando la schiena, travolta da un misto di rabbia e possessività. Era stato un orgasmo violento, che mi ero presa come se fosse un mio diritto.

"Cazzo, il preservativo!" Giamma si era tirato indietro di scatto; era durissimo, sofferente, e si guardava attorno come se per magia potesse trovarne uno per terra.

"Non fa niente, non ci serve." Lo rassicurai, ancora tremante, scossa da quell'incredibile scarica elettrica. "Prendo la pillola."

Lui rimase a bocca aperta per la fortuna inattesa, poi tornò tra le mie gambe e mi penetrò di colpo, deciso, senza esitazioni. Mi fissava con uno sguardo pieno di sfida, gli occhi accesi di piacere.

"Allora posso... Lo volevo così tanto." Mormorò.

Poco dopo esplose in me, violento come era partito, continuando a muoversi piano mentre stringeva i pugni e chiudeva gli occhi, preda del troppo piacere, riempendomi col suo seme.

Alla fine, annaspando, si sistemò lo slip e si inginocchiò davanti a me, osservando in penombra il suo seme scivolare via dal mio corpo. Si chinò per lasciarmi un bacio stanco appena sotto l'ombelico.

"Com'è stato?"

Mi tirai su, coprendo il seno con un gesto istintivo e chiudendo le gambe, mentre cercavo con lo sguardo i pezzi del mio costume sparsi attorno alla piscina.

"È stato... bello." Ero frastornata, e malgrado ciò non potevo mentire. "Avevi ragione, sai? Il sesso senza amore esiste."

La sua espressione cambiò. Qualcosa lo aveva turbato. Si sedette a terra, respirando affannosamente, e pescò per me il reggiseno, per metà immerso in piscina.

"L'ho sempre detto. L'amore è sopravvalutato."

Restammo lì, entrambi giù di morale, esausti. In silenzio, ciascuno perso nei propri pensieri. Io, accovacciata su me stessa, iniziai a sentire il peso di quell'errore. Giamma evitava il mio sguardo, ma stavolta non lo consolai. Dovevo già consolare me stessa.

E così, è successo. La prima volta con Giamma è stata una bomba di sensualità e nient'altro... Com'era prevedibile.

Quello che hanno lui e Nadia è un po' triste, ma d'altra parte sono due animi spezzati che a modo loro si aiutano a vicenda. È tutto molto Autodistruttivo. E infatti chi mi segue su IG avrà forse notato che ho usato questa canzone molto spesso, nei post su Stepfather.

Prima o poi vi metterò qui anche una playlist delle canzoni che mi hanno ispirato durante la scrittura.

A presto, e grazie sempre per essere qui ❤️

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