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La difficoltà dei capitoli in arrivo è che, per come ho impostato la storia, non c'è modo di evitare che siano praticamente tutti spicy. Lo so che a voi piace leggerli, ma scriverli è tutta un'altra cosa. Non voglio nemmeno che diventi troppo volgare, serve una via di mezzo... Giamma infatti è più carnale di Dario, e bisogna pur mostrarlo, in qualche modo. Almeno per oggi ce l'abbiamo fatta :)
POV NADIA
Faceva caldo. La musica di quella popolare discoteca all'aperto era un assordante e ipnotico vortice di inconscienza collettiva che mi travolgeva con un'onda. Sentivo i bassi risuonare all'interno della mia cassa toracica, sincronizzarsi ai battiti del mio cuore e invogliarmi a lasciarmi andare.
L'umidità notturna si mischiava all'odore dei corpi sudati in movimento e al profumo dolciastro dei cocktail che scivolavano tra la folla. Ero al centro della pista, e ballavo, perdendomi nella musica e dimenticando ogni cosa. Mi offriva una via di fuga: ogni nota sembrava afferrarmi, strattonarmi, portarmi via.
Mandai giù un sorso del mio drink, sentendo subito il calore dell'alcol mescolarsi all'effetto della musica. Lì, sotto le luci intermittenti, desiderai che quella notte durasse per sempre e che tutto il resto sparisse, dissolvendosi come le ombre al mattino.
Poco più in là, vidi Giamma appoggiato al bancone; stava ordinando da bere ancora una volta. Si girò appena verso di me. Voleva stordirsi anche lui, lo sapevo; voleva seppellire i suoi fallimenti nell'alcol.
Le cose erano uno schifo anche a casa, con Anna che si ostinava a ritenermi responsabile del fallimento di Giamma e mio padre che non riusciva a perdonarla, motivo per cui erano giorni che dormiva sul divano.
"Non avrei mai pensato che a ventidue anni avrei rivissuto la mia vita da capo." Mi aveva detto Giamma una sera, dopo essersi ubriacato durante una discussione su di loro.
"Anche i tuoi litigavano così?" Gli avevo domandato. Ero curiosa, perché io non avevo mai vissuto con entrambi i genitori, non abbastanza a lungo da vederli litigare in questo modo.
"Peggio." Ma non aveva più voluto parlarne.
La parte peggiore del fatto che mio padre dormisse sul divano, dove poteva controllarci meglio, riguardava per me la regola che ci aveva imposto la sera stessa in cui io e Giamma eravamo tornati a casa dalla nostra vacanza.
"Da oggi in poi si dorme con la porta aperta. Se scopro che l'avete chiusa, ve la smonto. Se non vi sta bene, chiamate l'Onu." Non l'avevo mai visto così arrabbiato con Giamma. "Non voglio pagare l'affitto, le bollette e il cibo solo per permettere a te di fare i tuoi porci comodi con mia figlia."
"Quindi fuori da qui posso farle quello che mi pare. Ricevuto." Aveva detto Giamma, ma non c'era nulla di serio nelle sue parole. Giocava a sfidare mio padre, perché anche lui stava esagerando.
Davide passò infatti il resto del tempo a borbottare nervoso contro madre e figlio, ma senza prenderlo sul serio. Si fidava di me. Forse immaginava che se davvero mi fosse piaciuto Giamma glielo avrei detto; non ci sarebbe stato motivo di tenerlo nascosto. Ma intanto non disdegnava di controllarci.
Vidi Nancy affiancare Giamma proprio quando il barman gli consegnava il cocktail, prenderlo al posto suo e bere il primo lungo sorso. Lui si lamentò. Lei lo rimproverò. Lo stava facendo per il suo bene.
Dall'altra parte della pista, Ciccio e Roberta ballavano allegramente insieme. Non erano dei ballerini provetti, ma erano carini da guardare. Si divertivano in modo genuino. Tutto l'opposto di me e Asia, che eravamo in cerca della stessa estasi, attorniate da ragazzi che non conoscevamo, interessati soprattutto a lei, che col suo collarino nero, il vestitino dorato e i tacchi alti si faceva notare per essere una stangona originale e attraente.
Uno di loro le chiese di ballare. Lei esitò, ma dal modo in cui si mordeva il labbro capii che voleva farlo; stava amando quelle attenzioni. Quando il ragazzo le chiese se fosse single, Asia gettò uno sguardo furtivo verso Giamma, prima di rispondere con un sorriso: "Sì."
La incoraggiai a ballare col tipo. Ero felice per lei, ma triste per me, perché i ragazzi mi stavano evitando come la peste. Avrei voluto che qualcuno ci provasse anche con me, giusto per avere un diversivo e fargliela pagare a Dario. E invece avevo solo Giamma.
Due braccia mi strinsero da dietro. Mi girai di scatto, e mi ritrovai faccia a faccia con lui, che mi sorrideva malizioso, il fiato che sapeva di alcol.
"Ti ricordi questa canzone?"
"No..." Mi tirai indietro, confusa. Si avvicinò come per baciarmi, e a quel punto ricordai anch'io: era lo stesso pezzo della sera in cui mi aveva baciata la prima volta.
Lui capì che avevo capito, e sorrise lascivo: "Te la faccio ricordare meglio."
Scese su di me, il mio fiato si spezzò. Volevo baciarlo da giorni, ma non mi ero mai decisa a prendere l'iniziativa. Sembrava così scontato, così banale, che io finissi con lui, forse solo per ripicca o perché non avevo nessun altro... eppure lo volevo lo stesso.
Ogni notte che passavo con la porta aperta, lontano dal corpo confortevole di Giamma, priva anche solo di dormirgli accanto, non facevo che pensare a lui e a quanto lo volessi dentro. Il dolore tra le gambe vuote mi teneva sveglia tutta la notte.
Sentii il cuore battermi più forte e attesi il suo bacio avidamente, sentendo il mio corpo accendersi. Ma non arrivò. Aprii gli occhi dopo alcuni secondi, guardandolo tirarsi indietro e scoppiare a ridere.
"Ti piacerebbe, eh?" Mi prese in giro e si allontanò col suo bicchiere, lasciandomi lì con un misto di imbarazzo e irritazione. Lo vidi sparire tra la folla, e allora mi spostai verso il bar. Ora ero io ad avere bisogno di un altro drink.
Mi spostai in una zona tranquilla, distante dalla calca che affollava la pista. Si stava meglio, lontano dal calore e dal sudore dei corpi che ballavano; l'aria fresca mi dava sollievo. Cercai Giamma con lo sguardo e alla fine lo trovai: ballava da solo, muovendosi come un forsennato. Stava cercando di scacciare via tutto, di stordirsi a ritmo di musica. C'era una rabbia sotto quei movimenti, una disperazione che capivo.
Un ragazzo mi passò accanto di corsa e, senza motivo, mi diede qualcosa in mano. L'acchiappai al volo. Era quadrata, lucida: la confezione di un preservativo al lampone. Lo guardai perplessa e lo buttai a terra.
"Perché l'hai fatto? Ci poteva servire più tardi." Giamma era appena tornato. Stava scherzando, ma io provai di nuovo quella fitta in mezzo alle gambe.
"Sei uno stupido."
Lui rise. Mi rubò il cocktail ancora a metà e lo bevve in un solo sorso. Lo abbandonò per terra e mi prese per mano, trascinandomi di nuovo al centro della pista.
Stavamo ballando insieme. La musica era assordante, le luci accecanti, e mi ritrovai vicinissima a lui. I nostri corpi si sfioravano. Il modo scatenato in cui ballava, sicuro e senza freni, mi eccitava oltre ogni misura, ero attratta da lui. Lo volevo davvero.
Non riuscii più a resistere: lo baciai. Il suo bacio mi travolse, profondo e affamato, mentre le sue mani scendevano lungo il mio corpo, sfiorandomi dappertutto. Mi stringeva con forza, come se volesse rivendicarmi, e io mi sentivo catturata, completamente presa da quel bacio intenso, violento, possessivo. La musica, la gente attorno, tutto sembrava svanito.
Mi sembrava di impazzire. Provavo per lui un desiderio nero. Volevo solo che mi scopasse forte, tenendomi stretta, facendomi male. Volevo che lo facesse anche lì, in pubblico, per umiliarmi. Volevo mandare all'aria tutto, creare scandalo. Tanto l'avevo già fatto, una volta - era stato quello il mio vero esame.
Chissà cosa faceva Dario, quel sabato sera, mentre io limonavo il ragazzo a cui lui stesso mi aveva scaricata. Aveva già un'altra donna o era con i suoi amici? Mi pensava? Si sarebbe ricordato di me? Più ci pensavo, più le emozioni mi facevano a pezzi. Tra la musica, l'alcol e la lussuria, persi il controllo e feci scivolare una mano al centro dei jeans di Giamma, sperando che tra le ombre e la confusione nessuno se ne sarebbe accorto. Lo toccai. Era duro.
"Andiamo al tavolo?" Sussurrai al suo orecchio. Lui annuì con decisione e mi fece strada.
Avevamo un posto nel privet, in un angolo appartato. Ancora baciandoci, ci sedemmo a cavalcioni sulla panca, usando la mia borsa e quella delle ragazze come uno scudo sul tavolo. Le mie gambe nude finirono attorno ai suoi fianchi. Il mio vestito era sollevato. Mi sentivo vulnerabile, ma non potevo fare a meno di aggrovigliarmi a lui, che intanto aveva spostato la bretella del mio vestito per afferrare uno dei seni, palparlo e giocarci.
Lo allontanai un po'. "Non è che stiamo correndo troppo?" Chiesi, guardando per istinto attorno a noi, assicurandomi che fossimo al buio.
"Correndo il cazzo, sono quattro mesi che ti inseguo." Ricominciò a baciarmi, mi afferrò per i fianchi e mi portò su di lui, mettendomi in una posizione più precisa, dalla quale potevo sentire tutto attraverso i jeans.
Un brivido mi scosse. Avevo già vissuto quella scena con Dario. Provai disagio, prima di ricordarmi che mi aveva lasciata senza scrupoli. Ora non mi restava che andare avanti senza di lui. Era quello che voleva, no? E Giamma aveva fatto tanto per me... Soprattutto, aveva perso tanto.
Continuai a baciarlo, toccando il suo petto forte sopra la maglietta, le sue braccia sode come il marmo. La lussuria mi stava divorando. Quando sentii la sua mano scivolare verso il basso, aprii per istinto le gambe così da invogliarlo a toccarmi. Sapevo di essere fradicia. Bastò che mi sfiorasse attraverso gli slip per farmi girare la testa.
Mi guardò un momento, ma avevo la mente annebbiata e solo aspettai che spostasse il sottile strato di stoffa e mi toccasse là dove la tensione era al limite. Tremai quando le fece; continuai a baciarlo, mi spostai e accolsi una delle sue dita che scivolava dentro di me.
Presi fiato. Lui iniziò a muoversi veloce, ben sapendo cosa fare, e io già sentivo il mio mondo esplodere. Non avevo più il controllo, solo mi tenevo forte alla sua spalla, la guancia poggiata alla sua, e cercavo l'apice, che era già vicino. Lui mise un altro dito, si agitò un po' e lo raggiunsi. Il mio urlo si confuse con la musica.
Ora potevo sentire di nuovo i rumori circostanti, ma ad occhi chiusi, facendo i conti con l'orgasmo. Lui si tirò via. Andava meglio. Mi ero calmata. Riaprii gli occhi, e lo trovai a guardarmi in modo strano, diffidente.
Lo baciai con dolcezza. Rispose al bacio con la stessa calma. "Tutto okay?" Mi domandò.
Annuii, piano, guardando in pista. La gente continuava a scatenarsi, anche se non riuscivo a distinguere nessuno tra tutte quelle ombre. Noi eravamo ancora aggrovigliati. Poggiai la testa alla sua spalla. Il suo profumo quella sera mi parve delizioso. "Sì. Tu?"
"Uguale." Mi abbracciò. "Anche se ho ancora voglia di te."
Com'è insistente, pensai. Stavo bene con lui, ma ora che la lussuria era passata non avevo tanta fretta di riprovarci. Sentivo però di doverlo accontentare.
"Vuoi che ti tocchi?"
Lui strabuzzò gli occhi, l'idea gli piaceva. Ma poi si guardò intorno e disse: "Grazie per l'offerta, ma ne ho abbastanza di figure di merda."
"E allora cosa faccio?"
Ci pensò un po' su. "Preparati."
Tornammo a casa alle quattro e mezza di mattina, stanchi e sudati. La compagnia ci aveva distratti, e soprattutto aveva distratto Giamma dai suoi bollori incompiuti. A un certo punto, aveva persino iniziato a discutere con Asia sul fatto che in sua assenza avesse limonato in pista con diversi ragazzi sconosciuti. Pensai che fosse geloso, poi mi accorsi che la sua era solo invidia.
"Sei femmina e quindi se vuoi un rimpiazzo lo trovi sempre." Le aveva detto in macchina, lamentandosi in modo goffo, durante il ritorno a casa. "Noi maschi il più delle volte dobbiamo supplicarvi anche solo per toccare un gomito."
"Ma che c'entra?" Avevo risposto per lei. "Il punto non è questo; è che Asia dovrebbe stare attenta. Passare da un ragazzo all'altro non è una bella cosa!"
"Sei seria?" Fece lui, sarcastico. Mi stava prendendo in giro, e non mi piacque affatto.
La mia amica, che sedeva tra di noi, sbuffò sonoramente. "Che palle! Ti prego, Nadia, dagliela, così la smette di rompere. Non lo sopporto più! Fortuna che tra te e Quasimodo è finita."
Asia aveva parlato troppo, e lo capì. Ci guardammo in faccia, immobili come animali abbagliati dai fari. Ciccio e Roberta, davanti a noi, si girarono nello stesso momento.
"Quasimodo?" Domandò Ciccio, gli occhi stretti nell'atto di ricordare qualcosa.
"Salvatore Quasimodo, no?" Risposi, senza neanche sapere quel che dicevo. "Sta parlando di letteratura. È perché ho lasciato l'università."
Non aveva alcun senso. Ma per fortuna erano entrambi troppo stanchi per rendersene conto.
Entrati nel palazzo di casa, Giamma cercò di baciarmi, ma io lo rifiutai per dispetto. Almeno imparava a fare lo spiritoso. Mi tolsi i tacchi prima di salire le scale. I miei poveri piedi gonfi e dolenti mi ringraziarono quando entrarono in contatto con la superficie fredda del marmo.
"Lo vedi come sei? Mi fai incazzare da morire." Sussurrò lui in un lamento, seguendomi su per le scale. "Ogni volta che credo di averti in pugno, tu ti allontani!"
"Sbattitelo in faccia, quel pugno. Cosa volevi insinuare, poco fa? Che sono una troia pure io?"
"E chi sarebbe l'altra troia? Asia? Bell'amica che sei." Giamma abbozzò un sorriso. "Volevo dire che, come al solito, fai la moralista senza potertelo permettere. Te la tiri troppo, rompi le palle, è chiaro?"
Eravamo arrivati davanti alla porta di casa. Sentivo il vicino della porta accanto che si preparava a portare fuori il cane. Presi le chiavi e decisi di tagliare corto.
"Quello non era moralismo. Ma tu pensa quello che vuoi, tanto sei il solito coglione ubriaco. Ora sta zitto e fammi luce col cellulare."
Aperta la porta, guardai subito verso il divano, aspettando di vedere mio padre giocare col cellulare in attesa del nostro ritorno. Era davvero convinto che io e Giamma non saremmo finiti insieme se ci avesse controllati durante la notte. Ma quella volta non vidi la luce dello smartphone. Il suo cellulare era a terra, e lui russava sonoramente dandoci la schiena, cullato dal fresco e dal ronzio dell'aria condizionata.
Io e Giamma scambiammo uno sguardo d'intesa. Muovendomi in punta di piedi, entrai nella mia stanza per posare le scarpe, e lui mi seguì. Mi spinse contro il muro, tenendomi stretta, respirandomi vicino. Ero di nuovo eccitata, ancora di più sapendo che l'avremmo passata liscia.
"Ci siamo. Dopo tanta attesa..." Sussurrò, eccitato e soddisfatto. "Andiamo da me, lì non ci vede."
Anche se non potevamo chiudere la porta, confidai nel buio e in silenzio, senza esitare, iniziai a spogliarlo. Lui si sfilò la maglietta, io sbottonai i suoi jeans corti, sapendo di doverlo prendere in mano. La consapevolezza che mio padre sarebbe stato a pochi passi da noi quando lo avrei fatto venire, mi riempiva di eccitazione e orrore. Ma Giamma, ormai mezzo nudo, mi fermò.
"Sdraiati a letto." Sussurrò, intensamente. Lo fissai un attimo, sorpresa, sentendo il cuore battere forte, ma lo assecondai e mi lasciai cadere a letto. "Dobbiamo fare piano ed essere veloci."
Mi spogliai anch'io, restando nuda sul suo copriletto. Si sdraiò su di me, le molle scricchiolarono un po'. Si mosse pianissimo, preparandosi a penetrarmi. Ero in ansia, volevo essere scopata, ma al tempo stesso non mi sentivo del tutto pronta. In più, non capivo come sarebbe riuscito a fottermi su quel letto senza svegliare tutti.
Mi ammirò in penombra, giocò col mio seno e si prese del tempo a succhiarlo e tenerlo tra i denti. A un tratto, intrufolò di nuovo un dito dentro di me, lentamente, lasciandomi abituare all'intrusione. Tirai indietro la testa. Da quell'angolazione, il suo tocco era sublime.
Al primo dito ne seguì subito un altro, il mio piacere cresceva, e Giamma si ritrovò costretto a tapparmi la bocca con la mano libera per impedirmi di urlare. Io non sapevo dove mettere le mani, e allora trovai lui e lo toccai, muovendo la mano con delicatezza, su e giù. Anche Giamma faticava ora a tenere la bocca chiusa. Quando arrivai, per lui fu lo stesso. Il suo seme caldo schizzò ovunque sul mio corpo. In quei pochi secondi di stordimento, lui lo stava già spalmando come una crema sulla mia pelle, sull'addome, sul seno, intorno ai capezzoli.
"Che schifo." Mi lamentai, quando liberò la bocca dalla sua mano.
"Smorfiosa." Rispose schernendomi in un sussurro, prima di scendere a baciarmi. Mio padre continuava a russare nell'altra stanza. "Ora mi hai ovunque... o quasi."
Se siete arrivati fin qui, allora siete le persone giuste a cui proporre un sondaggio.
Team Dario o Team Giamma?
E se siete troppo timidi per rispondere, vi basterà aprire il mio commento qua accanto e mettere il cuoricino alla vostra preferenza!
A presto (spero) ❤️ E se la storia ti piace, ricordati di sostenermi ❤️
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