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POV NADIA
Riposi il telefono in borsa dopo avere chattato con Dario; in attesa del suo arrivo mi sentivo eccitata ed emozionata. Calcolavo mentalmente il tempo che avrebbe impiegato ad arrivare al luogo dell'appuntamento, e intanto pensavo a una scusa plausibile con cui poter abbandonare il gruppo senza insospettire nessuno.
Mi sarebbe dispiaciuto se la comitiva avesse capito che mi stavo annoiando in loro presenza; sarebbe stato difficile spiegarne le ragioni senza ricorrere alla verità. Non era colpa loro se volevo sempre trovarmi da un'altra parte.
Soprattutto in quel momento.
Asia e Nancy, infatti, erano impegnate a bisbigliare, e il loro discorso era caduto proprio su Giamma e le sue "prestazioni" a letto. Cercavo di non dare peso alle loro parole, ma quel tono intimo e complice, accompagnato da risolini maliziosi, mi metteva decisamente a disagio. Per evitare di ascoltare, mi avvicinai al gruppo dove Roberta stava parlando con gli altri ragazzi, e mi ritrovai faccia a faccia proprio con Giamma.
Lui continuava imperterrito nel suo gioco preferito, Ignorare Nadia - Comitiva Edition, che consisteva nel chiacchierare con tutti tranne che con me. Ogni volta che qualcuno chiedeva se eravamo ancora in lite, lui negava, anche se era evidente che lo fossimo.
Ormai mi ero abituata. Iniziavo a scordare com'era quando andavamo d'accordo. Aspettai che la conversazione si arrestasse un momento per inserirmi con un'aria vaga e un sorriso calmo e accomodante. La mano era ben salda sul telefono, come se tenere stretto quel piccolo oggetto rendesse più vero ciò che stavo per dire.
"Ragazzi, io vado. Sono proprio a pezzi, sto morendo di sonno." Affermai, con convinzione. "Domani mi aspetta una lunga giornata di studio."
Roberta, sempre premurosa, lasciò perdere la conversazione e mi guardò dispiaciuta: "No, dai, sei sicura?" Io annuii con un sorriso di circostanza, cercando di tranquillizzarla. "Come torni? Vuoi un passaggio?"
Lei e Ciccio erano venuti a prendermi all'andata, dato che Giamma e Asia erano usciti in moto insieme. Era ovvio a tutti che non fosse un caso, anche se entrambi avevamo fatto finta che lo fosse, per evitare le solite domande scomode.
"Non serve, grazie. C'è mio padre nei paraggi. Lo raggiungo adesso." Mentii con sicurezza.
Giamma mi fissò stringendo gli occhi. Non poteva essere sicuro che non avessi davvero chiamato mio padre in mio soccorso, ma ero certa che avrebbe indagato. Ultimamente, avevo raccontato a casa che uscivo con Asia, e lui sapeva bene che non era vero, dato che era lui a uscirci. Si era fatto gli affari suoi, ma il suo atteggiamento costantemente scontroso mi faceva capire che non potevo tirare troppo la corda, e che prima o poi avrei dovuto affrontarlo, prima che la situazione esplodesse.
Lasciai la piazza e mi allontanai lungo la strada. Pochi minuti dopo, quando ero ormai sola, vidi arrivare Dario. Il mio cuore accelerò; sembrava passato un secolo dall'ultima volta che l'avevo visto, invece erano soltanto poche ore. Lo osservai estasiata mentre apriva la portiera e mi invitava a salire. Anche con una semplice maglietta a maniche corte, Dario emanava un fascino irresistibile. Sistemandomi nel sedile, notai come il suo sguardo si posasse sulla mia gonna corta e sul top scollato. Un lampo di gelosia aveva attraversato i suoi occhi.
"C'era Giamma?" Mi chiese, iniziando a fare manovra per ripartire.
"Sì, come sempre. Ma non l'ho quasi notato. Asia, però, è ben consapevole della sua esistenza." Affermai, pensando con un certo fastidio alle chiacchiere su di lui, di cui però non avevo memorizzato molto.
Dario fraintese il mio tono e il suo umore si incupì: "E a te dispiace?"
"No! Ho pensato solo a te per tutto il tempo." Risposi subito, in un impeto di sincerità. "E poi, ricorda che Giamma dorme nella stanza accanto alla mia, non fa alcuna differenza se ci esco o meno. So che i tipi come lui non ti piacciono, ma in fondo è innocuo."
"Non è che non mi piacciono, è che li conosco bene." Disse con un tono serio. Avrei voluto approfondire, ma temevo di toccare qualche altra corda dolorosa del suo passato. Rimasi in silenzio mentre lui rifletteva, guidando piano. Dopo un momento di silenzio, propose con decisione: "Andiamo al mare."
"Adesso?" Esclamai, sorpresa. Era l'una di notte, e l'aria era fresca. "Ma c'è freddo, l'umidità ci farà venire la polmonite!"
Dario rise di un sarcasmo raro, un suono che mi fece battere il cuore: "Sei proprio sicura di avere vent'anni?"
"Sono una nonnina in incognito. Me li porto bene i miei novant'anni." Risposi con un sorriso ironico.
"È il primo bagno dell'estate." Continuò Dario. "E ho voglia di farlo adesso, di notte. Con te."
"E coi vestiti addosso." Precisai, incerta. Pensavo ai miei sandali preferiti e al rischio di rovinarli, ma l'idea di un bagno notturno con lui iniziava a piacermi.
Lo presentava come qualcosa di romantico, e io non potevo resistere. Mi coinvolse ancora di più quando aggiunse: "Non ci serviranno i vestiti."
Arrivammo in spiaggia, parcheggiamo in fretta e furia e poi, come due razzi, corremmo fino a riva. Dario aveva proposto una gara a chi arrivava prima. Non me lo sarei mai aspettato da lui, ma mi ero messa a correre lo stesso, ed essendo scalza - mi ero tolta le scarpe in auto - arrivai per prima. Dario rimase indietro, le scarpe affossate nella sabbia.
"Ho vinto!" Urlai felice, portando le braccia al cielo nero. La mia voce echeggiò nella spiaggia buia e deserta. "Sei proprio una lumaca! Ora devi pagare pegno, lo sai?"
Dario si gettò sulla sabbia con un sospiro di sollievo, togliendosi le scarpe di tela come se avesse appena liberato i piedi da una tortura. "Va bene, ma prima vieni qui." Disse, spalancando le braccia in un invito irresistibile.
Mi precipitai su di lui, che mi aiutò a stendermi sul suo petto, accogliendomi con un abbraccio caldo. Entrambi i nostri cuori battevano forte. Quando incontrai le sue labbra, le baciai dolcemente, piano, gustandole.
Non sapevo spiegarmelo, ma quel bacio era diverso rispetto agli altri. Era dolce e intenso, ma soprattutto vero. Non avevo mai sentito le sue labbra così vivide, né le avevo mai morse avendo una consapevolezza così profonda che fossero le sue, e che lui fosse davvero mio.
Stare insieme all'aperto per la prima volta, ridere e scherzare in armonia, aveva reso tutto ciò che avevamo più reale e tangibile. Avevo Dario. Era tutto vero, e io ero così felice che tremavo di una gioia irrefrenabile.
Mi strinse attorno alla schiena. Quasi mi dispiaceva non poter vedere il suo viso, così mi allontanai un po' dal bacio solo per poterlo toccare. Non indossava gli occhiali, li aveva lasciati in macchina; il suo volto era impastato di sabbia umida. Malgrado ciò, mi resi conto ancora una volta che era davvero lui e, per esserne certa, morsi delicatamente il suo mento, tirando un po' la pelle irsuta come una gattina dispettosa.
Avevo aperto istintivamente le gambe attorno ai suoi fianchi, le ginocchia incassate nella sabbia, ma quello che mi interessava di più era il suo viso. Lasciai una scia di baci sulla sua guancia, scendendo lentamente fino alla mascella. Lo baciai anche lì, assaporando la sua pelle sotto le mie labbra. Dario continuava ad accarezzarmi la schiena, e ogni tanto stringeva le mani sulle mie spalle, come se volesse tenermi il più vicino possibile. Gemeva piano, con un suono che sembrava più un sospiro soddisfatto, come se volesse solo godersi ogni istante di quel momento con me.
Era anche la prima volta che stavo su di lui, ed era una sensazione nuova e inaspettata. Mi piaceva, e molto. Mi morsi il labbro, combattuta tra il desiderio di continuare e la timidezza che ancora provavo. Poi, un sorriso sfuggì dalle mie labbra. "Allora," dissi, chinandomi più vicino al suo orecchio, fino a che i miei capelli gli sfiorarono il viso. "Il pegno."
Lui rise piano, una risata bassa e vibrante. "Già, il pegno." Disse. "Cosa devo fare?"
"Togliti la maglietta." Gli sussurrai, accarezzandogli la guancia con il pollice, lasciando che la mia voce si facesse più bassa e calda. "Voglio baciarti ovunque."
Sentii il suo respiro farsi più veloce, mentre il mio corpo era ancora sopra il suo, in quella posizione di comando che mi stava dando una sensazione di potere dolce e proibito. Si tolse la maglietta e la gettò via senza pensarci due volte, il tessuto leggero che si perdeva nell'oscurità intorno a noi.
Mi chinai su di lui e continuai a baciarlo sul collo, e poi giù, fino alla clavicola. Sentii il suo corpo irrigidirsi sotto di me, ogni muscolo teso e pronto a rispondere al mio tocco. Ogni bacio che gli davo sul petto, sugli addominali, era come una piccola provocazione, e il modo in cui reagiva mi fece provare un altro forte brivido di potere, di controllo. Le sue mani si mossero lungo la mia schiena, quasi tremando, come se cercasse di trattenersi dal toccarmi troppo, dal riprendersi quel controllo che gli stavo strappando.
Quando arrivai ancora più in basso, troppo vicino alla sua parte più tesa, sentii il suo corpo inarcarsi leggermente, il respiro diventare ancora più irregolare. "Nadia..." Mi chiamò, la sua voce un miscuglio di desiderio e supplica. Alzai lo sguardo su di lui, un sorriso divertito sulle labbra, godendo di ogni secondo in cui lo tenevo così sospeso. "Spogliati anche tu." Ordinò, la voce un misto di desiderio e comando.
Lo guardai un istante, poi obbedii, togliendomi la maglietta in un solo movimento fluido, lasciandola cadere a terra. Prima che potessi muovermi, Dario mi afferrò per la vita, tirandomi su di sé. Le sue mani si mossero lungo la mia schiena mentre mi avvicinava per un bacio profondo e famelico, che mi fece perdere la testa e dimenticare tutto il resto.
Si girò, e in un attimo mi ritrovai sotto di lui, avvolta dal suo corpo caldo e forte. La sabbia ruvida mi pungeva la schiena, ma quella leggera scomodità sembrava amplificare il piacere del suo tocco. Con movimenti rapidi e un po' maldestri, le sue mani, ancora intrise di sabbia, scivolarono sul mio reggiseno, slacciandolo con impazienza. Le sue dita ruvide giocarono con i miei seni, mentre le sue labbra cercavano le mie con avidità.
In un attimo, sfilò i suoi jeans e abbassò con un gesto deciso la mia gonna, lasciandoci entrambi in biancheria intima. Senza alcuna esitazione, spostò l'orlo delle mie mutandine e si spinse dentro di me, affondando con una facilità disarmante, trovandomi già bagnata di desiderio.
Un brivido caldo mi attraversò la schiena. La sensazione della sua pelle contro la mia era calda e intensa, e la sabbia ruvida sotto di me era scomoda, ma la sua presenza rendeva tutto più vivo, più reale. Ogni spinta era un assalto ai miei sensi, un misto di piacere e dolore, una combinazione di emozioni che mi travolgevano e mi facevano perdere il controllo.
Il suo corpo si muoveva sopra di me con urgenza, i suoi baci erano voraci, volendo catturare ogni istante di me. Sentivo la sabbia attaccarsi alla mia pelle, graffiarmi e infilarsi nei punti più impensabili, ma niente riusciva a distrarmi dalla sua intensità. Mi aggrappai a lui, graffiandolo con le unghie lungo la sua schiena, i nostri respiri ormai sincronizzati, mischiati in un unico ritmo frenetico.
Le onde si infrangevano poco lontano, e il suono del mare si fondeva con i nostri gemiti soffocati. Ogni movimento di Dario sembrava portarmi più vicino a un punto di rottura, a una scarica di piacere che non avrei potuto contenere ancora a lungo. Sapevo che non era solo il sesso, era la libertà, il rischio, la voglia di essere noi stessi, senza filtri.
La paura di essere scoperti aumentava l'eccitazione, rendendo ogni tocco più intenso, ogni movimento più urgente. Non avevo mai fatto sesso all'aperto prima d'ora. Potevo aprire gli occhi e vedere il cielo sopra di noi, scorgere le stelle più luminose, Dario ancora dentro di me, muovendosi con un'urgenza che sembrava divorarlo. Forzava una mia gamba a restare aperta, cercando di avere una presa più salda su di me, e io riuscivo a malapena a pensare; il mio corpo era in fiamme, e lui era lì per spegnerle con ogni spinta.
Poi, nel mezzo di quella frenesia, mi venne in mente una cosa, un pensiero che stonava con l'intensità del momento, ma che sentivo il bisogno di esprimere.
"Pensi ancora che non ci sia ordine e perfezione nella tua vita?" Domandai, il respiro corto tra i nostri corpi uniti. Lui rallentò, come se stesse riflettendo sulla mia domanda, i suoi movimenti ancora profondi ma più lenti. "È qui che ti ho dato la conchiglia." Continuai. "Ce l'hai ancora?"
"La conservo gelosamente." Rispose in un sussurro. Mi accarezzò i capelli, la sabbia sul suo palmo creava una sensazione grezza. "Quando ti ho detto quella frase, non sapevo ancora che avrei avuto te."
Mi sentii subito meglio e lui riprese a muoversi, spingendo con una nuova intensità; quelle parole avevano sciolto qualcosa anche in lui. Esplose in me poco dopo, in un momento in cui mi sentivo già sazia di lui, il mio corpo ancora tremante per l'orgasmo appena raggiunto. Rimanemmo così, stretti l'uno all'altra, finché non ci separò un respiro profondo.
Ci sedemmo sulla sabbia fresca, io mi coprii il seno con le braccia, ancora assorbita dal ricordo del piacere, senza la forza né l'urgenza di recuperare i vestiti sparsi. Eravamo soli sulla spiaggia, ma da lontano si vedevano le luci lontane di alcune barche a largo, intente a pescare. In quel silenzio, osservando le luci che ondeggiavano sull'acqua, provai un'improvvisa tenerezza per quella normalità così semplice e perfetta. Mi sentii rilassata, appagata, come se tutto fosse finalmente al suo posto.
"Mi sa che abbiamo proprio bisogno di fare un bagno." Commentò Dario, la voce calma, mentre infilava una mano tra i miei capelli, scuotendoli leggermente per liberarmi dalla sabbia. Sentii i granelli scivolarmi lungo la schiena, pizzicando la pelle.
"Credo di sì." Risposi, pensierosa.
Dario si alzò e mi porse la mano. La presi, lasciandomi aiutare a rimettermi in piedi, e insieme ci avvicinammo all'acqua, mano nella mano. Il primo contatto con il mare suscitò un brivido gelido lungo i piedi, e mi ritrassi istintivamente, giocando con la risacca.
"Non è possibile che tu viva letteralmente sul mare e abbia paura del freddo." Mi prese in giro Dario, con un tono di finta sorpresa e sfida.
"Se è per questo, vivo anche sotto un vulcano e ho paura delle ustioni. Denunciami." Ribattei, un po' seccata, perché odiavo davvero fare il bagno quando l'acqua era fredda. La sua risata mi scaldò, e mi trovai a sorridere mio malgrado.
Mi dissi che, almeno stavolta, potevo farcela; non volevo arrendermi. I piedi si stavano già abituando alla temperatura, così avanzai con lui, stringendo la sua mano. Mi stupiva sempre la blandizia del mare di notte, così diverso dal giorno: calmo, gentile, accogliente, come un vecchio amico che attendeva il mio ritorno. Qualche minuscolo pesciolino faceva salti acrobatici fuori dall'acqua, e uno di loro mi lasciò un morsetto leggero sul piede, facendomi sussultare.
Dario mi guardò divertito. "Vedi? Anche il mare vuole giocare con te."
Non amavo molto l'idea che i pesciolini potessero darmi dei morsi, ma in quel frangente mi trovai d'accordo con lui e lo trovai divertente. Rimanevo però laconica, la mente catturata da una serie di riflessioni involontarie.
"Che hai?" Mi chiese poco dopo, quando eravamo immersi in acqua quasi fino alle spalle.
Avevo ancora freddo, ma ormai mi stavo perdendo nella bellezza di quel momento, concentrata a imprimere nella memoria ogni attimo di quel primo bagno a mare con lui. Piegai la testa all'indietro e immersi i miei capelli lunghi nell'acqua, massaggiandoli come quando facevo lo shampoo, cercando di liberarmi dai granelli di sabbia.
"È solo che sembra tutto troppo bello per essere vero." Risposi, riducendo i capelli a una piccola palla e strizzandoli, incastrandoli tra di loro fino a formare una crocchia. "Ho paura di star sognando e che presto finirà tutto."
Dario si avvicinò, mi toccò una guancia e mi baciò dolcemente. "Smettila di pensare, godiamoci il momento." Mi sussurrò sulle labbra.
Ma le sue parole, invece di calmarmi, mi agitarono ancora di più. "Significa che è vero? Mi lascerai?" Chiesi, sentendo l'ansia crescere in ogni angolo del mio corpo.
"Io non voglio lasciarti, Nadia." Ribadì con forza. "Ma è vero che abbiamo una situazione complicata, e non so cosa ci riserverà il domani. Non riesco a prevederlo, e questa cosa mi uccide." La sua voce tradiva una sincerità profonda, e capivo che anche lui era tormentato da paure e dubbi che teneva per sé. "Voglio solo viverti giorno per giorno. Se dovessi pensare che ogni momento con te potrebbe essere l'ultimo, impazzirei."
Sentii il bisogno di avvicinarmi ancora di più, così cercai le sue spalle e lo abbracciai stretta. Il mio seno nudo e umido si premette contro il suo petto, facendomi sentire ancora più vicina a lui, fisicamente e emotivamente. Le nostre fronti si sfioravano mentre lui mi teneva per la vita. L'acqua ci cullava dolcemente, i pesciolini continuavano a saltare intorno a noi.
"Dovevi proprio sposare mia madre." Mormorai con una punta di frustrazione, gli occhi fissi sulla luce delle barche lontane.
"E tu perché non sei nata prima?" Ribatté, la voce intrisa della mia stessa amarezza.
Le nostre domande rimasero sospese nell'aria, fluttuando come le onde leggere del mare, dirette verso il cielo.
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