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27

La canzone che ho messo qui sopra viene dal film Ti amo in tutte le lingue del mondo. Avevo quasi rimosso sia il film che la canzone, mi sono ritornati in mente per caso, ma ai tempi della scuola li amavo tantissimo. Anche il film parla di age gap e di "stepfather" (ma che coincidenze! Mi sarò fatta influenzare in tempi non sospetti?), ma in questo caso ho immaginato che sia Giamma a dedicarla a Nadia 🥹

"Da quanto tempo vi conoscete, tu e Marco?" Mi domandò Nancy, più tardi.

Avevamo appena finito di mangiare, e la conversazione era andata bene. Le due cugine erano delle ragazze pacate e a modo, del tutto diverse dalla compagnia femminile che ero abituata a frequentare. Il fatto che Nancy sembrasse sempre un po' triste doveva dipendere dal suo sguardo particolare, o dall'acconciatura rovinata dall'umidità, che la faceva apparire in disordine.

Sospettavo ancora che tra lei e Giamma ci fosse stato (o ci fosse?) qualcosa, ma era difficile capirlo soltanto dal modo in cui si parlavano l'un l'altro. Giamma aveva un atteggiamento molto rilassato con entrambe le cugine e Nancy, con la sua flemma, avrebbe confuso persino gli psicologi altamente specializzati della CIA.

"Come?" Domandai, sbattendo le ciglia e guardandola in modo strano. "Chi è Marco?"

L'intera tavolata scoppiò a ridere. Giamma, che sedeva tra me e lei, fece facepalm scuotendo la testa. "Tua sorella." Esclamò.

"Tu non hai la faccia da Marco. Ecco perché non ci pensavo." Borbottai, e le mie guance arrossirono, pensando che la conoscenza con quelle due ragazze non stesse iniziando nel migliore dei modi. Non solo ai loro occhi ero isterica e superficiale, ma ora pure tonta. "Ci conosciamo da poco, neanche un mese. Credo sia evidente." Non dissi che, in realtà, mi sembrava di conoscerlo da sempre.

Nancy assorbì l'informazione celando un interesse più vivido di quello che volesse dimostrare.

"E voi, invece?" Le domandai, cercando la conferma ai miei sospetti.

Lei mostrò i primi segnali di disagio, e anche Giamma divenne un po' nervoso. Roberta rispose prontamente al posto loro:

"Noi lo conosciamo da quando ancora si faceva chiamare Marco."

"Giamma era il nomignolo che usava mia madre quando ero piccolo." Spiegò, a me e a Ciccio, dondolandosi sulla sedia di plastica. "Ai tempi delle medie mi rifiutavo di usarlo, picchiavo tutti quelli che lo facevano; ha iniziato a piacermi durante il liceo, mi faceva sentire unico, anche i professori mi chiamavano così." Si rivolse a me, guardandomi dritto in faccia, in tono polemico: "E il vero nome di Nancy è Annunziata. Te lo dico per risparmiarti un'altra figura di merda, in futuro."

"Grazie, Marco, per averlo detto a tutti." Si lamentò scherzosamente Nancy, dandogli un colpetto sul braccio.

Gli lanciai un'occhiataccia anch'io; non solo stava continuando a farmi sembrare una stupida davanti alle sue amiche, ma aveva pure ragione: conoscendomi, sarei stata capace di ridere in faccia persino al carabiniere del posto di blocco, se avesse pronunciato quel nome assurdo senza prima specificare che non fosse uno scherzo.

"Anche a calcio sei stato sempre Giamma per tutti." Commentò Ciccio, che era sempre felice di parlare con lui del passato, sorvolando sul vero nome di Nancy.

"A proposito di calcio, come ti senti? Sei nervoso per il mese prossimo?" Gli domandò la ragazza riccia, con i soliti occhi tristi e benevoli.

Sentii il sangue andarmi al cervello, scoprendo che anche lei era a conoscenza del suo segreto. Io ero davvero l'unica persona a cui Giamma non aveva voluto raccontare nulla sul fatto che nelle ultime settimane si stava letteralmente giocando la sua carriera nel calcio. Malgrado ciò, capivo che il suo lato scaramantico era contrariato, e che avrebbe preferito cadere dalla sedia che rispondere.

"Non lo so... Mi sa che non me ne frega niente. Io ho sempre giocato; a Palermo lavoravo con mio padre durante il giorno, e la sera andavo a calcetto. L'impegno e la fatica non mi sono nuovi. Se non va, farò qualcos'altro." Farfugliò, nervoso.

Bugiardo, pensai, te la stai facendo sotto dalla paura.

"Ciò che conta è che ti stai impegnando." Lo rassicurò Roberta. "Hai pure un amico come Ciccio che ti sta accanto, che ti aiuta senza chiedere nulla in cambio. Con uno come lui, puoi andare ovunque vuoi."

Ciccio si rallegrò per essere stato nominato e apprezzato. Il suo stupore mi fece sentire in difetto per non essermi complimentata con lui per prima.

"Sì, è vero, Ciccio, sei un grande." Gli dissi, cercando di salvarmi in extremis.

"Oh, ma non è niente." Esclamò lui, toccandosi il petto solido con sincera modestia. "Lo faccio volentieri. Io non voglio più diventare un calciatore professionista, sono iscritto a Ingegneria Informatica, prevedo di guadagnare bene dopo la laurea. Mi basta sentirmi utile, vivere l'atmosfera del campo, giocare con Giamma, come ai vecchi tempi."

Decidemmo di andare da un'altra parte. Giamma ci disse di andare avanti e di non preoccuparci, che doveva solo scambiare due parole con Peppe. Io seguii Ciccio davanti alla macchina, ma voltandomi lo vidi dare qualcosa al paninaro in cambio di un sacchetto. Ci raggiunse poco dopo, con aria soddisfatta.

La macchina di Roberta era proprio davanti a quella di Ciccio. Giamma ci propose di andare a metterci in un certo spiazzo, di fronte alla campagna, dove nessuno ci avrebbe disturbati, e tutti furono d'accordo.

Cercai di prendere posto nel sedile posteriore dell'auto di Ciccio, ma dovetti farmi spazio tra due borsoni da palestra enormi. Individuai quello di Giamma e, dopo averlo spostato verso la parte centrale del sedile, lo usai per dispetto come un bracciolo.

"Che te ne pare?" Domandò Giamma a Ciccio, che accendeva il motore.

"È simpatica, sa conversare." Rispose lui. "È anche intelligente, ha detto che studia Scienze Politiche. Soffre di tiroide, vero?"

"Credo di sì."

"Non fa niente; anche le donne della mia famiglia sono robuste." Concluse Ciccio, serenamente, come se questo risolvesse la questione.

"E che mi dici di Nancy? Scommetto che è una tua ex." Dissi a Giamma, in tono saccente, perché sapevo già la risposta. "E scommetto anche che vi siete lasciati male."

"Ma che ne sai?" Ribatté Giamma. Potevo guardarlo bene in faccia, ed era seccato. "Siamo stati assieme un secolo fa, non frega più niente a nessuno."

Avevo ragione, ma ora mi domandavo se non fosse stata la sua prima vera ex, quella della prima volta. Non potevo chiederlo, ma non riuscivo neanche a spiegarmi perché questa eventualità del tutto innocua mi rendesse tanto triste. Nella mia testa, l'immagine di Nancy si mischiava a quella della misteriosa ex di Dario, facendomi impazzire.

Arrivati allo spiazzo, parcheggiammo proprio dove finiva l'asfalto e cominciavano gli arbusti. Giamma maneggiava gli effetti personali di Ciccio come se gli appartenessero, e lui lasciò che collegasse lo stereo al cellulare per far partire la più becera musica da discoteca che potesse trovare. Alzò il volume e abbassò i finestrini. Era impossibile restare in macchina e, una volta scesi, sembrava di stare a ballare.

Nancy e Roberta si unirono a noi e circondarono Giamma, che intanto aveva tirato fuori dalla tasca una busta che ben conoscevo. Ciccio prese le cartine dallo sportello. Usando il tettuccio della sua auto come tavolo, iniziarono a preparare gli spinelli, la musica a tutto volume che scandiva il ritmo dei loro gesti.

"Non è il fumo che tiri di solito, questa è erba. Usala per rilassarti." Mi disse Giamma, offrendomene uno appena fatto. "Se non funziona, l'idea del preservativo è ancora valida."

"Non la smetti mai di provarci?" Gli dissi, accettando lo spinello, senza ringraziare. Non mi pareva il caso di essere troppo gentile con lui.

"È perché so che farebbe più bene a te che a me." Ribatté.

Mi ricordai delle parole di mio padre: "Tu e la tua autostima esorbitante siete insopportabili. Chi ti credi di essere? Sessoman, il supereroe delle giovani in astinenza? Ma fai il serio, passami l'accendino."

Giamma si allontanò a preparare altre cartine. Un quarto d'ora dopo, tra la musica e l'erba, eravamo tutti euforici. Mi ritrovai a ballare in modo sfrenato con Nancy, sentendo Giamma ridere e Ciccio cantare a squarciagola con un inglese tutto suo.

Inciampai sui miei stessi piedi, caddi in avanti. Giamma mi afferrò al volo, ridevamo entrambi. Mi sentivo abbastanza leggera da ammettere che stare con lui mi faceva stare bene.

"Sai perché non voglio dartela?" Gli chiesi, mentre ero ancora tra le sue braccia. "Perché ho paura che mi piaccia troppo."

I suoi occhi annebbiati si fecero per un secondo più seri.

"E sai perché io ci provo sempre? Perché so che mi piacerà troppo."

La cosa giusta da fare era baciarlo. Sentivo i commenti degli altri: "Ora si baciano!", ma proprio per questo mi tirai indietro. Non volevo essere ovvia. Nancy allora mi prese per mano e mi coinvolse in un altro ballo scatenato, che durò per quasi tutto il resto della sera.

Quando era quasi mezzanotte, e l'effetto della cannabis stava svanendo, Ciccio si fece saggio e abbassò il volume della musica. La serata era volta al termine.

"Dobbiamo rifarlo." Esclamò, rivolto al gruppo, improvvisamente avvolti dai soli rumori della città notturna.

"Certo, dobbiamo ancora presentarvi agli altri. Organizzeremo altre serate." Disse Giamma.

Le due cugine erano d'accordo. Nancy, che mi aveva costretta a ballare per un'ora, non mi rivolgeva più la parola. Non ce l'aveva con me, semplicemente non ero più di suo interesse. Pensava a salutare Giamma, a ringraziarlo per avere comprato l'erba e a dirgli che si era divertita. Prima di andare, portò una mano al suo collo e gli sussurrò qualcosa all'orecchio.

"Nancy è un po' gelosa di te, o sbaglio?" Chiese Ciccio, quando eravamo già in marcia verso casa. Allora non ero pazza! Se n'era accorto anche lui!

"Nah, è solo questo." Rispose Giamma, come se non gli importasse. Anche se non potevo vederlo, sapevo che si stesse toccando l'uccello.

"Te la sei fatta?"

"Anche dal naso, dalle orecchie."

Ciccio ridacchiò. Dato che ero ancora presa dallo sballo, non riuscivo ad afferrare bene il senso dei loro discorsi, che tra l'altro erano volutamente sussurrati perché io sentissi il meno possibile. Ma la nebbia si schiarì poco dopo, quando Ciccio ci lasciò davanti casa. Io e Giamma scendemmo, lui afferrò il suo borsone e insieme salutammo il nostro amico. Invece di salire in casa, mi portò al molo. Poggiò il borsone sul muretto e confessò:

"Sono stato con Nancy un paio di volte, da quando sono qui."

Lo sapevo!

"E me lo dici adesso?" Con un saltello mi portai seduta sul muretto. Le mie gambe a penzoloni oscillavano, nervose.

Giamma era di fronte a me, la sua tuta grigio chiaro era quasi tutto ciò che vedevo di lui, oltre ai deboli riflessi della luna in cima ai suoi capelli.

"Ha importanza?" Scrollò le spalle con indifferenza. "Non vuol dire niente. Lei lo sa che è solo questo, le sta bene così."

Stentavo a crederlo possibile. Anche se non amavo Giamma, mi ero affezionata abbastanza da riuscire a immaginare che il sesso con lui mi avrebbe rapita con ogni parte del mio essere. Com'era possibile altrimenti? Il sesso senza amore sembrava qualcosa di terribilmente arido.

"Io non riuscirei ad andare a letto con qualcuno che non amo." Gli rivelai. "Forse lo dico perché ho avuto un solo ragazzo, a parte... Ma sento che non fa per me. Se lo facessi, dopo ci starei male."

Era strano portare Dario, col pensiero, all'interno della mia vita reale. Lui sembrava sempre distante; anche quando gli stavo vicino, era come se si trovasse su di un altro pianeta. A volte mi sembrava di aver soltanto sognato quella notte.

"Non dev'esserci per forza amore. Basta che ci sia fiducia." Disse Giamma. E la convinzione nella sua voce mi indusse a chiedermi quante altre volte avesse ragionato così di fronte a una ragazza che gli piaceva.

"E se poi io mi innamoro, e lui no?" Domandai.

"Difficile che tu abbia di questi problemi, con un novantenne." Scoppiai a ridere, ma lui tornò serio. "È difficile che tu ce li abbia in generale. Sei troppo bella e pazza per non fare perdere la testa a qualcuno."

"E tu hai mai perso la testa per una ragazza?" Sorridevo di imbarazzo, anche se lui non poteva vederlo.

"Non lo so." Rispose, fintamente meditabondo. "È una sensazione nuova."

Il cuore iniziò a battermi forte. "Giamma, io ti piaccio?" Gli chiesi ancora.

"Hai anche bisogno di chiedermelo?" Alzò la voce. "Non lo so neanche io come riesco a non infilarmi tra le tue gambe ogni mattina."

Si avvicinò a me, poggiando una mano al muretto e l'altra sulle mie ginocchia, tra le quali cercava di farsi strada. Io ansimavo, confusa, ma continuai a tenere le gambe chiuse. Toccai le sue braccia scoperte. La sua pelle era fresca, ma resa ruvida dall'emozione e dalla pelle d'oca. Provavo qualcosa per lui, lo volevo con me, ma non nel modo in cui voleva lui.

"Non mi sento pronta." Gli dissi soltanto, in un sospiro. Non sapevo nemmeno di cosa parlassi. Se soltanto del sesso, o di andare interamente avanti e aprire il mio cuore a un altro. Per quanto ci pensassi, sembravano due scelte egualmente sbagliate.

"Ehi, posso aspettare. Ho già Nancy, no?" Scherzò Giamma. "Devo ammettere che mi piace litigare con te quasi quanto mi piacerebbe piegarti qua sopra e scoparti in pubblico. È quasi più bello così, darti la caccia e aspettare che tu cada nella mia rete. E poi, non ricordo di avere mai dialogato così tanto con una ragazza."

"Neanche io ho mai avuto delle vere conversazioni con Stefano." Ammisi, sforzandomi di non ragionare su quello che mi aveva appena detto. "Con te ho quasi paura che tutto questo finisca. Se entri in quella squadra..."

Non continuai la frase. Chissà perché mi tornava in mente mio padre. Continuavo a immaginare Giamma come una meteora che presto sarebbe scomparsa, portando con sé i miei segreti, gettandoli via, dimenticandomi.

Come se mi avesse letto nel pensiero, lui prese tra le mani il mio viso e appoggiò la fronte alla mia. La sua presa era stretta, calda e intensa.

"Non succederà." Sussurrò con voce profonda. "Tu non mi perderai mai."

Tutto dentro di me si sciolse. Le tensioni appassirono, l'emotività riemerse. Era già vicino alle mie labbra, e io semplicemente le sfiorai.

"Ti devo un bacio." Gli dissi, piano. Ma Giamma non mi diede modo di fare il primo passo, che mi stava già baciando.

Mi toglieva il fiato. Si sistemò tra le mie ginocchia, ormai deboli, una mano ancora poggiata alla superficie del muretto, l'altra sulla mia schiena. Mi tirò più vicina a sé, fino al limite; continuando a baciarmi, lentamente, assaporando ogni istante, mi sconvolse quando lasciò aderire la sua durezza tra le mie gambe.

Ci separavano soltanto i miei slip, a malapena nascosti dall'orlo del vestito, e il sottile strato di stoffa della sua tuta. Sentivo tutto di lui, che mi stimolava nei punti giusti, facendomi gemere nella sua bocca e, proprio per questo, spaventandomi; i suoi fianchi erano così robusti, e sodi, che mi ci sarei aggrappata volentieri; ma sarebbe stato ancora del sesso senza amore. Solo una passione alla quale non riuscivo ad abbandonarmi.

Quando interruppi il bacio, rimase tra noi solo un certo imbarazzo, che cercammo di estinguere ritornando silenziosamente verso casa. Proprio davanti al portone, però, Giamma mi disse di reggere il suo borsone. Pesava meno di quanto pensassi.

"Io non torno, prendo la moto e vado." Disse, cercando di mascherare il suo turbamento. "Mi sa che ho voglia di rivedere Nancy."

Bastava questo perché io capissi. Distolsi lo sguardo da lui, guardando la chiave che tenevo in mano, senza vederla. Ero oppressa da una strana sensazione. Sapere che Giamma avrebbe fatto sesso con un'altra pensando a me, era anche peggio che passare la notte con lui.

"Capisco." Gli dissi. Forse sperava che gli dicessi di restare; mi stava dando l'ultima occasione per farmi cambiare idea, ma invano. "Stai attento. Al tuo ritorno non mi troverai sveglia; da oggi imparerò a dormire da sola, sarà meglio per tutti."

Avevo messo un piede nel pianerottolo, quando Giamma domandò, sussurrando:

"Perché pensi che farò la fine di tuo padre?"

La strada era deserta, soltanto alcune macchine disturbavano, correndo, la nostra imbarazzante conversazione post-bacio.

"Perché ti comporti come lui." Gli spiegai. "Non sei mai davvero presente. Un giorno potresti fare le valigie e andare a vivere in Alaska, e io non ne sarei sorpresa."

"C'è troppo freddo in Alaska. Preferisco Formentera." Commentò sarcastico, ma senza un briciolo di voglia di ridere. Non ne avevo neanche io, e infatti ribadii:

"Fa lo stesso. Tu sembri uno che fugge dalle responsabilità."

"Lui invece ti fa sentire al sicuro, vero?" Domandò Giamma, rabbuiandosi. La voce, seppur ridotta a un bisbiglio, suonava rabbiosa. "E allora perché hai bisogno di me?"

Gli offrii la mia risposta più sincera. "Perché ci sei adesso."

Se ne andò. Quei sentimenti intensi che avevo provato per lui quella sera li portai con me anche a letto, il mio, cercando una ragione dietro a quelle emozioni che stavano spaccando il mio cuore in due. Giamma mi sosteneva, a modo suo, si comportava da amico, anche se sperava di diventare qualcosa di più; e io mi stavo affezionando a lui sinceramente.

Il mio cellulare vibrò. È lui, pensai, emozionata, mi sta cercando. Forse aveva cambiato idea su Nancy, e ora stava tornando a casa, da me. Erano le due di notte. E il mittente del messaggio era Dario.

"Ora posso parlare. Sei sveglia?"

Ammetto che all'inizio avevo fantasticato su un finale un tantino diverso per Giamma e Nadia... capitemi! Però non c'è stato nulla da fare, oggi volevano essere più """romantici""" che altro 🙃

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