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24

Oggi vi offro un capitolo piuttosto romantico (uso il "piuttosto" perché non sono poi così romantica e non so mai se sto facendo giusto oppure no), però non preoccupatevi: questo è solo l'effetto che fa Dario, ma c'è anche una parte con Giamma. E con lui, qui e in futuro, ci sarà ancora del trash, tanto trash.

Che caldo tremendo, pensai, poco prima di aprire gli occhi ancora addormentati sul nero profondo della notte. Giamma dormiva su di me, la sua pelle sempre calda mi scottava come un fuoco acceso sulla schiena. Il suo viso era vicino ai miei capelli, il suo braccio mi bloccava in quella posizione a pancia in giù. Non potevo muovermi senza rischiare di svegliarlo, e tutto ciò che potevo fare era sentire il suo respiro caldo e regolare sulla nuca.

"Non ce la faccio più..." Brontolai, guardando la finestra chiusa, desiderando di poter prendere una boccata d'aria e sapendo di non poterlo fare. "Giamma, togliti... sei pesante... sei caldo..."

Mi lamentavo, ma lui non poteva sentirmi. Perché continuo a dormire con lui?, mi domandai. Iniziavo ad averne abbastanza. Più la nostra confidenza cresceva, più mi sentivo a disagio sapendo che mi avrebbe toccata, che avrei sentito la sua pelle contro la mia, soprattutto al mattino, quando era già sveglio ma fingeva di dormire solo per avere il suo pacco contro il mio sedere. Era disgustoso, presto l'avrei fatta finita; e quella era forse l'occasione giusta per cominciare.

Lo spinsi via e mi liberai di lui, che ricadde sul letto morbido senza di me, non me ne andai subito. Seduta sul bordo del letto, mi liberai anche della parte superiore del pigiama. Era il mio preferito, un cotone molto caldo colorato con varie gradazioni di viola, ma non era più la stagione adatta per indossarlo; i miei vestiti leggeri, però, erano tutti a casa di mia madre.

Appallottolai la maglietta sulle ginocchia, ero in reggiseno e mi sentivo già meglio. Quando però le mani bollenti di Giamma si posarono sui miei fianchi, l'incubo caldo ricominciò.

"Lasciami stare." Gli dissi, mormorando. "Sono tutta sudata per colpa tua. Non posso aprire la finestra perché ti danno fastidio le voci, non posso spogliarmi perché sennò ti fai strane idee... Io me ne ritorno in camera mia."

"No, stai qui con me." Rispose lui, che era ancora mezzo addormentato. "Mi piace avere una ragazza nuda nel letto."

Mi tirò su di lui, stringendomi, come se lui fosse un bambino e io il suo orsacchiotto. Non potevo negare che mi piacesse quando mi coccolava e tutto era tranquillo, ma quella volta non ce la facevo davvero. Mi divincolai ancora. Mi alzai dal letto e uscii dalla sua stanza.

Le lenzuola, in camera mia, erano fresche e profumavano di pulito. Avevo spalancato la finestra e stavo sopportando di buon grado gli schiamazzi di alcuni ragazzi di passaggio, tutto, pur di stare al fresco. Ora che mi ero coricata in reggiseno e mutandine, sembrava che tutto dovesse andar bene.

Invece no.

Non ero lì neanche da dieci minuti, che l'ansia piombò su di me togliendomi il respiro. Mi sentivo vuota, sola, impaurita, come se stessi navigando in mare aperto e non avessi nessuno a cui chiedere aiuto. Era una sensazione strana, che mi allarmava, perché sapevo che mi avrebbe costretto a dormire con Giamma anche se non ne avevo voglia. Ma cosa l'aveva scatenata? Come potevo uscirne?

Cercai di resistere, provai a distrarmi ripetendo a mente ciò che ricordavo della vita di Petrarca, ma l'ansia rimaneva, e addirittura peggiorava. Non ebbi altra scelta che tornare da Giamma, e dovetti farlo così com'ero, cioè mezza nuda.

Sul momento, sembrò che lui non l'avesse davvero capito; se ne accorse all'alba, quando la mia sveglia squillò alle sei per ricordarmi di tornare a letto prima che mio padre mi vedesse uscire dalla sua stanza.

La finestra dava a est, per cui eravamo già immersi nella luce del giorno e scaldati dal primo tepore del sole. Ero pronta a scommettere che, quando Dante visitava i Dannati, sottoterra, la temperatura percepita era più bassa.

Spensi velocemente la sveglia e stavolta corsi ad aprire il nostro unico sbocco d'aria. Giamma si stava stropicciando gli occhi, uno dei quali era ancora circondato da un vistoso ematoma viola. Si forzò ad aprirli, anche se la luce lo infastidiva, e sollevò il busto per guardarmi meglio.

Non ero poi così sexy. La mia biancheria intima era tutta di cotone nero, e la notte al posto di un vero reggiseno ero solita indossare un top morbido. Ma non ero neanche così ingenua da non sapere che il mio corpo magro per costituzione, con le curve giuste nei punti giusti, fosse attraente.

"Che bona. Mi prenderebbero per scemo se dicessi a qualcuno che sto dormendo da settimane con una ragazza del genere senza farci proprio niente." Disse a bassavoce, in tono rauco.

"Ecco, bravo, non lo raccontare." Tornai da lui, ma gli feci segno di spostarsi. "Tu sei una stufa sempre accesa, te ne rendi conto? Mi sa che stanotte non torno, non ti sopporto più."

Volevo fare la dura, ma non avevo scordato il senso di ansia che mi aveva invalidato solo poche ore prima. Forse però col tempo sarebbe andato via, se solo mi fossi abituata a dormire da sola.

Appoggiai la testa al cuscino, pronta a prendermi quel solito quarto d'ora di riposo prima di andarmene e iniziare la giornata. Giamma mise la testa davanti alla mia, tanto che non lo vedevo bene e lo sentivo solo respirare su di me.

"Sicura che non vuoi che ti faccio niente? Avrei qualche idea che ti rilasserebbe." Mi disse, languido.

Le sue parole fecero effetto e sentii uno strano formicolio interno. Non facevo sesso da quasi un mese, da quella volta con Dario... Iniziavo a pensare di averne bisogno. Certo, volevo farlo con lui, ma potevo rinunciare per sempre al contatto fisico per amore di un uomo irraggiungibile che neanche mi voleva? E poi di Giamma potevo fidarmi. Forse.

"Taci. Me ne sto andando." Risposi, secca e, facendomi forza, mi alzai davvero, prima di cadere vittima di strane idee.

Osservai il mio riflesso sullo specchio a parete di Giamma. Ero spettinata in modo ridicolo, avevo qualche puntura di zanzara sulla pancia e sulle braccia, ma su tutti i rossori spiccava il succhiotto che decorava la mia spalla. Era proprio difficile guardarlo e non pensare alla notte in cui me lo aveva lasciato. Avevo sentito qualcosa per lui, una voglia che il mio corpo bramava, ma la mia mente no. Per fortuna non eravamo andati avanti, anche se Giamma sperava proprio che quel segno, inseguendomi giorno e notte, alla fine mi portasse da lui.

Giamma comparve dietro di me mentre mi pettinavo. Sogghignò, mi toccò la spalla e mi lasciò un bacio proprio lì, come a voler coccolare la sua creatura.

"Ciao, splendore." Disse, malizioso, e io non capii a quale delle due si riferisse.

Mi rifugiai nella mia stanza, dopo aver controllato che mio padre non si fosse già alzato. Il sole illuminava anche le mie pareti, e la sua luce mi incoraggiò a prendere una decisione. Avevo bisogno del pigiama e dei vestiti estivi, tanto per cominciare. Ma soprattutto non dovevo più dormire con Giamma, o presto avrei fatto qualcosa con lui di cui mi sarei pentita.

*

Erano le dieci e mezza spaccate quando suonai al citofono. Nessuno rispose. Guardai la strada, mio padre se n'era già andato. Mi aveva fatto il favore di accompagnarmi da mia madre, ma non aveva neanche spento il motore mentre prendevo la valigia dal sedile posteriore. Frettoloso, era praticamente scappato non appena avevo raggiunto il portone. Questo era il terrore che suscitava in lui l'ipotesi di incontrare mia madre anche solo per un istante.

Sbuffai, chiedendomi perché lei mi avesse dato quell'orario se non era neanche sicura di tornare a casa da scuola in tempo. Suonai una seconda volta, magari il citofono era difettoso. Niente da fare. La chiamai al cellulare, ma anche lì, nessuna risposta. Un momento dopo, mi mandò un audio:

"Nadia, scusa, ma mi hanno chiesto di restare a scuola per fare un'ora di supplenza. Fatti aprire da Dario, oggi era a casa."

Era a casa, questa era proprio la parola giusta. Suonai una terza volta. Ancora niente. Se non fosse stato per un condomino che mi conosceva e che mi lasciò entrare, sarei forse rimasta su quel marciapiede fino a mezzogiorno.

Mi tremavano le mani guardando le scale e la porta di compensato aperta sul cortile. Le immagini di quella notte tumultuosa mi tormentavano ancora, erano come un film che non potevo smettere di guardare, e persino di sentire dentro la mia carne. Quanta paura, quanta confusione mentre scappavo da lui. E ora, senza volerlo, ci stavo ritornando. Tutto perché avevo chiesto a mia madre di essere presente mentre facevo il cambio stagione, e lei aveva pensato bene di non avvisarmi del ritardo.

Raggiunsi la porta di casa e la guardai un momento. Rivedevo ancora le stesse scene, ripensavo a quel letto, a Dario che dormiva sdraiato, alle sue mani che mi toccavano... Io che raccoglievo precipitosamente le mie cose, che cadevo a terra perché a causa dell'emozione non ero più in grado di reggermi in piedi. E non era tutto. A questo si mischiava una vergogna recente, quella del rifiuto. Come potevo rivedere Dario, da sola, dopo avergli quasi confessato che mi piaceva? Potevo solo farmi forza e continuare a camminare a testa alta.

Lui probabilmente era uscito, magari non sarebbe rientrato prima di mia madre, ma suonai alla porta lo stesso. Stavo già guardando il cellulare, cercando il suo numero per decidere se avvisarlo o meno, quando sentii uno scatto e la porta si aprì. Lui era là dietro, e dalla sua espressione capii che non era un buon momento.

"Ah, sei qui. Stavo per chiamarti." Dissi, stupita, e misi da parte l'imbarazzo.

"Che succede?" Mi domandò, andando dritto al punto, gettando un occhio alla mia valigia.

"Vedo che la mamma non ha avvisato neanche te. Le ho detto che dovevo fare il cambio stagione. Doveva esserci lei, invece mi ha appena detto che è rimasta a scuola."

Dario mi lasciò entrare. Avanzai, cercando di calmare il respiro, e non mi accorsi che stava muovendo la porta con la mano sinistra, un gesto insolito, dato che l'impugnatura era a destra. Era anche vestito in modo più informale del solito, una tuta e una semplice maglietta a maniche corte, macchiata di alcune piccole gocce rosse.

Sbirciando il salotto, che si apriva direttamente sull'ingresso, notai che fosse molto disordinato, tra libri e agende aperte sulla scrivania, ma anche un rotolo di scottex e uno sgrassatore. Poi guardai a terra. C'era qualcosa di chiaro e luminoso vicino al divano, e anche sotto la finestra: erano dei numerosi frammenti di vetro.

Guardai meglio anche lui, e mi accorsi che aveva coperto maldestramente la mano destra con una garza che si era già sporcata di sangue. Scoprii che le chiazze sulla maglietta non erano infatti delle decorazioni casuali.

"Ma tu ti sei fatto male!" Esclamai. Dario cercò di nascondere la mano dietro la schiena, ma mi avvicinai per toccarla lo stesso. "Hai messo il disinfettante?"

"Certo che l'ho messo. Non è niente." Mi rispose, in modo scontroso. "Vai a svuotare la valigia, qui ci penso io."

"Ma potrebbero esserci dei pezzi di vetro." Tolsi la garza ed esposi la ferita. La sua mano aveva un grosso taglio al centro, accompagnato da altri più piccoli. Era disgustoso, quasi quanto la ferita di Tony, e quella non l'avevo neanche vista così da vicino, però sembrava pulita. "Almeno cambiamo la garza. Dov'è il rotolo?"

"Di là." Dario indicò il divano, dove c'era infatti sia la garza che una forbice. Ci spostammo in salotto, lo feci sedere e presi il disinfettante dalla scrivania. Non mosse un muscolo mentre il prodotto faceva il suo effetto, creando bollicine lungo la ferita. Lo asciugai con del cotone e lo avvolsi con la garza. "Grazie." Mi disse infine, leggermente a disagio.

"Non c'è bisogno di ringraziarmi. Meno male che sono arrivata proprio ora." Gli dissi, sedendomi al suo fianco. Avevo osservato di nuovo il disordine, e avevo avuto una strana sensazione. "Cos'è successo?"

"Niente." Disse soltanto, ma dal suo sguardo mi sembrava che soffrisse. Ero sempre più convinta che avesse litigato con mia madre e che, qualunque cosa fosse successa - forse aveva spaccato una bottiglia per rabbia -, ne era stata la diretta conseguenza.

"Andiamo di là, ti preparo qualcosa. Vuoi un caffè?"

Qualcosa in lui si rilassò. Si girò dalla mia parte, il braccio disteso sullo schienale, i suoi occhi azzurri di nuovo puntati nei miei color nocciola. Si fece più vicino, il suo braccio lambì le mie spalle. Il suo fiato sapeva di alcol.

"Che cosa è successo, Nadia?" Mormorò. Il suo naso era a un palmo dal mio, ma la sua postura era solida, decisa, come a dimostrare che non avesse alcuna intenzione di andare oltre. Aveva solo bisogno di conforto. "Perché improvvisamente sei gentile con me? E perché Eliana non lo è più?"

"Non parlo con lei da un pezzo, ormai, non so cosa dirti." Risposi, incerta. "Che genere di problemi avete?"

"È così distante." Spiegò, le sopracciglia strette per la rabbia. "La scuola è diventata il suo unico interesse, quando parla di me con gli altri sembra che non le importi... Le ho chiesto se ha un altro, e non mi parla da allora. Non so cosa pensare. Eliana era molto importante, per me, Nadia. Forse mi sta tradendo, forse si sta solo allontanando, ma è come se fosse la stessa cosa."

Si tolse gli occhiali per passare una mano sugli occhi umidi. Mi sentivo male anch'io, percepivo il suo dolore come se fosse il mio. L'idea che mia madre lo tradisse mi sembrava assurda, ma in fondo, non potevo esserne sicura.

"Lei non ha un amante, non scherziamo! Non lo farebbe mai!" Provai a tranquillizzarlo, anche se avevo qualche dubbio. "È una donna lunatica, lo sai, però ti ha sempre amato."

"Ma non come io amo lei." Ribadì, inforcando di nuovo gli occhiali. "Un tempo non avevo niente, non avevo speranze, non avevo un futuro. L'unica donna che ho amato prima di lei mi ha lasciato perché mi credeva un perdente. Solo con Eliana mi sono sentito un uomo migliore."

Una piccola fitta al petto mi aveva destabilizzato quando Dario aveva nominato la sua ex. Mi ricordai che non sapevo nulla della sua vita e che non gli avevo mai permesso di parlarmene, ma mi sentii ancora più triste sapendo che neanche io lo avevo mai apprezzato. Solo mia madre lo aveva trattato bene, almeno fino a quel momento.

"Tu vai bene così come sei!" Esclamai, sentendomi colpevole e dispiaciuta per lui. "Non hai nulla che non va. Sei l'uomo più paziente, saggio e affettuoso che abbia mai incontrato; tu conosci cose che la maggior parte di noi non comprende nemmeno. Sei troppo speciale per lasciarti affossare così. Chiunque ti abbia dato del perdente è soltanto un imbecille che non sa quel che dice, e lo sai che sto parlando anche di me." Feci una pausa. Mi ero agitata così tanto che gli avevo conficcato la unghie sulla maglietta, stringendola, come per costringerlo a credere alle mie parole, che erano la pura verità. "Mi dispiace così tanto, Dario. Avrei voluto capirlo prima, avrei voluto parlare con te di tante cose. Avrei voluto essere più grande, conoscerti prima di mia madre."

La gelosia aveva preso il sopravvento. Era stato più forte di me, Dario doveva sapere che io, in un altro universo, l'avrei amato più di quanto non aveva fatto, e non stava facendo, mia madre. Lui non era un problema, non meritava di soffrire.

"Davvero non sai quel che dici." Rispose Dario, scuotendo la testa. Si rialzò dal divano, guardandomi dall'alto in basso. "Non devi idealizzarmi, io non sono la persona che credi, non sono speciale. Forse Eliana lo ha capito, e si è accorta di non avere più bisogno di me."

Il suo volto si incupì ancora una volta davanti alla sua paura più grande. Io non capivo. Come poteva un uomo intelligente come lui vivere di così tanti complessi?

"Perché pensi questo? Cos'hai fatto di tanto brutto nella tua vita, Dario? Chi eri, prima di venire qui?" Gli domandai, alzandomi a mia volta.

Mi stavo infervorando, perché sapevo che se la stava prendendo con se stesso ingiustamente. Lui, però, che fino a quel momento aveva manifestato il suo bisogno di sfogarsi, divenne più schivo.

"Nessuno." Ribatté, guardando altrove.

"E allora perché ti odi così tanto?" Esclamai, quasi urlando. "Se solo potessi entrare nei miei occhi e vedere ciò che vedo, sapresti quanto ti stai sbagliando. So che hai vissuto dei brutti momenti, so che non posso neppure immaginare quanto hai sofferto, ma so anche che l'uomo che sei diventato batte di gran lunga qualunque cosa tu sia stato in passato. Se non credi di essere speciale per nessuno, ricorda che lo sei per me."

Il suo petto si mosse più velocemente, i suoi battiti accelerarono. Mi guardava così intensamente che mi persi nel suo sguardo. Non mi ero mai sentita così emotivamente vicina a qualcuno, forse perché le persone che amavo erano poche, e nessuna di queste mi faceva battere il cuore.

Dario prese le sue mani nelle mie, sentivo la garza che graffiava delicatamente il mio palmo e un brivido mi attraversò la schiena. Condividevamo la stessa delicata emozione, ma scorgevo in lui la meraviglia e ancora l'impressione di non meritarlo.

"Ho ancora la tua conchiglia. La metto in borsa e la porto anche a lavoro. La trovo di buon auguro, un bel simbolo della nostra amicizia." Mi disse, in un sussurro. "Perché tra noi non potrà esserci niente più di un'amicizia, capisci? Se anche dovessi divorziare da Eliana, tu saresti sempre la sua bambina. Non potrei portarti via da lei, non sarebbe giusto."

"Ma io amo te. Perché dovrei accontentarmi di un altro?" Lo avevo detto con le lacrime agli occhi, le mie mani umide ancora intrecciate alle sue. Lui sciolse la nostra stretta e portò una mano alla mia spalla. Avevo la pelle d'oca, ma lui scostò l'orlo della maglietta solo per mettere in luce quel dannato succhiotto, ancora colorato di un rosso acceso.

"Non lo hai già fatto?" Mi domandò.

"No!" Mi affrettai a spiegare, e lo coprii. "Quello che ho con Giamma è... complicato. Non posso avere te, e così è successo che... Ma è stato solo questo. Lui è un ragazzino, tu sei un uomo, soltanto tu mi fai sentire al sicuro. Anche adesso. So che non mi faresti del male, so che non ti approfitteresti di me solo perché in questo momento siamo vulnerabili entrambi. E se anche lo facessi, a me non dispiacerebbe."

Dario fece un passo indietro, il respiro sempre più fuori controllo. "Non puoi dirmi queste cose, non puoi farlo e sperare che non succeda niente."

"Allora lascia che succeda."

Mi avvicinai fino a toccargli il viso. Le sue guance erano ruvide per via della barba molto corta, i suoi occhi mi fissavano incerti. Volevo baciarlo, ma aspettai. Farlo adesso significava cambiare per sempre le carte in tavola. Significava che entrambi avremmo tradito la fiducia di mia madre e che, una volta scoperti, mai più l'avremmo ricomposta. Era una decisione troppo importante perché io potessi prenderla per lui. Nell'attesa che facesse la sua scelta ansimavo, le labbra schiuse, pregustando i suoi baci, desiderando che mi portasse a letto, sentendo il mio corpo già pronto ad accoglierlo, disperato. Dario però afferrò le mie mani e le allontanò dal suo viso. La tensione tra noi si spense.

"Hai ancora una valigia da svuotare." Mi disse, in un sussurro.

"Sì. È meglio che vada. Mio padre sarà qui alle dodici." Annuii, mentre digerivo la delusione e tornavo coi piedi per terra ad abbracciare la rassegnazione.

Non me l'ero presa, sentivo che in fondo era giusto così. Lui, come sempre, aveva preso la decisione migliore per tutti. Era solo che, per un lungo momento, ci avevo davvero creduto.

Mentre Dario tornava a pulire il salotto, io spingevo la valigia nella stanza che avrebbe dovuto essere la mia camera, ma che da anni era diventata lo sgabuzzino dove mia madre riponeva la roba vecchia. C'era anche un grande armadio ad angolo, metà pieno dei suoi vestiti e metà dei miei.

Quando completai il cambio di stagione, mettendo via i vestiti invernali puliti e tirando fuori quelli estivi, decisi di fare una pausa e cercare Dario. Mio padre sarebbe venuto a prendermi in dieci minuti, e io volevo parlare ancora un po' con lui prima di andare, giusto per assicurarmi che non fosse cambiato nulla. Lo trovai seduto in cucina, davanti a un caffè. Mi dava le spalle ed era così perso nei suoi pensieri da non accorgersi che mi ero avvicinata.

Spinta da un'idea improvvisa mi spostai in salotto, senza far rumore, e mi avvicinai alla libreria. La stanza era stata ripulita e messa in ordine, e ora nel ripiano degli alcolici c'era qualche bottiglia in meno. Una volta, proprio lì in mezzo, io e i miei amici avevamo trovato una sua fotografia da ragazzo. Chissà se c'era ancora?

Cercando, la trovai nascosta dietro al gin. Perché la metteva sempre lì? La presi e la guardai, emozionata come se avessi tra le mani un oggetto davvero prezioso, invece di un'immagine sbiadita e sciupata. Il cuore mi batteva forte mentre osservavo il viso severo che Dario aveva avuto nei suoi vent'anni. Volevo immergermi nell'immagine, conoscerlo meglio, chiedergli dove fosse e cosa avesse vissuto. Invece la nascosi sotto la maglietta e, scivolando fino in cameretta, la riposi al sicuro in valigia.

Tornando in cucina, mi sedetti accanto a lui, che sembrava stare meglio. Aveva già sciacquato il viso e il caffè lo aveva rinvigorito.

"Stai meglio?" Gli domandai, prendendo nella mia la sua mano sana. "Sei ancora preoccupato per mia madre?"

"Sono più preoccupato per te." Ammise, gli occhi puntati sulla tazzina ormai vuota. "Mi sento responsabile per tutto quanto. Sarebbe stato meglio se non mi avessi mai incontrato, o se mi fossi comportato diversamente con te, non lo so. So soltanto che questa situazione è sbagliata."

Abbassai lo sguardo. Continuavo a chiedermi se e quando avrei dovuto raccontargli la verità su quella sera. Volevo tanto farlo, speravo che ricordasse quanto eravamo stati bene insieme, ma sapevo di dover aspettare il momento giusto.

"Hai ragione, è tutto sbagliato, ma non è colpa tua. Tu, semplicemente, esisti." Gli dissi con un sorriso timido. "Mi piace tutto di te. Ricordo ancora il giorno in cui ci siamo conosciuti: il modo in cui ti ponevi, come sceglievi le parole giuste per presentarti e farti conoscere. Ho pensato che fossi perfetto per me. Ho sempre voluto accanto un uomo come te: gentile, attento, premuroso, pieno di infinita pazienza. Ma non ti volevo come padre, non ne avevo bisogno; ti volevo come uomo, tutto per me. Ti ho odiato perché non potevi essere mio, perché non potevo neanche ammettere di amarti senza stare male. Solo ora che sono lontana da voi riesco a parlarne. Prima era tutto un inferno dentro la mia testa, un inferno che dovevo far scontare anche a te."

Dario strinse la mia mano, visibilmente commosso. Non mi aspettavo niente in cambio dalla mia confessione, volevo solo parlargli apertamente, una volta per tutte. Forse un giorno, non subito, avrebbe usato le mie parole per fare una scelta importante, e questo era ciò che contava di più.

"Comunque vadano le cose, ci sarà sempre un posto speciale nel mio cuore per te." Mi rivelò, e con le sue parole mi tolse il fiato.

"E tu sarai nel mio."

Mi avvicinai a lui, proprio come quella volta in macchina, ma stavolta gli lasciai un rapido bacio sulle labbra. Non gli avevo nemmeno dato il tempo di accorgersene. Era un bacio innocente, come quello di una figlia al padre, ma pieno di amore. Non mi sorpresi di trovare le sue labbra morbide, proprio come le ricordavo.

"Non lo dirò a Eliana, non preoccuparti." Mi rassicurò, sebbene lui stesso fosse ancora chiaramente turbato. "Ma dovrai tacere anche tu. Anzi, sarebbe meglio che non ne parlassimo affatto. Tu mi sconvolgi. Da quando sei cambiata, parlare con te mi fa dimenticare chi sono."

Era emozionante sentirglielo dire, ma comprendevo il suo turbamento e sapevo che dovevo rispettarlo. Dario non voleva perdere mia madre a causa mia, la considerava ancora troppo importante, per quanto ammetterlo mi facesse male.

"Non riuscirò mai a dirle che mi sono innamorata di te. Riesci a immaginarlo? Mi prenderebbe in giro prima ancora di arrabbiarsi. No, non lo farò. Volevo solo che tu sapessi di avere una scelta."

Me ne andai da quella casa con la certezza che non era ancora finita, e che forse non sarebbe mai davvero iniziata, ma che niente mi avrebbe impedito di continuare a sperare.


Mi rendo conto che con Dario le cose sembrano sempre ferme allo stesso punto, ma il fatto è che devo calibrare gli eventi, perché è ancora troppo presto per vedere loro due insieme!

Fatemi sapere cosa ne pensate 🙈

E preparatevi per le nuove avventure con Giamma XD

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