15
Mio padre si era bloccato, sconvolto, davanti alla porta. Una vena gli pulsava sul collo come in un manga giapponese. Il suo sguardo vagava tra me e Gianmarco addormentato, che a un tratto, come a voler peggiorare la situazione, si grattò distrattamente il pacco.
La sua compagna, Anna, soffocò una risata. Toccò mio padre e gli ricordò di avere ancora il cellulare in mano. Dall'altro capo del telefono, infatti, il suo interlocutore continuava a urlare con voce ovattata:
"Davide? Che cazzo stai facendo? Pronto?"
Lui portò di nuovo il cellulare all'orecchio e disse soltanto:
"Emergenza di famiglia, ti richiamo." Infilò il telefono nella tasca della tuta e aggiunse, guardandomi severo: "Allora? Che cazzo ci fai con lui? Come lo conosci?"
"Non lo conosco." Ammisi, per poi pentirmene. "È amico di un mio amico. Ieri sera ho... ho litigato con Stefano, non sapevo dove andare, mamma non c'è..." Arrossii completamente. "Mi ha detto che quella stanza era per me, ma non che era per me me... o che c'eri anche tu. Cavolo, lui lo sapeva! Ha fatto finta di non conoscermi, ma sapeva!"
"Non ci sto capendo niente!" Sbottò mio padre, grattandosi il capo rasato. "Voglio sapere perché cazzo eri qui!" E indicò il letto di Giamma.
Ero distratta, confusa e stanca. Anna se ne rese conto e intervenne:
"Basta, Davide, ne parliamo dopo. Forse la ragazza ha bisogno di fare colazione. Vieni, tesoro."
Mi guidò per pochi passi fino alla cucina. Mio padre lanciò un'ultima occhiata sprezzante su Giamma prima di richiudere la sua porta e borbottare:
"E continua a dormire! La piccola testa di cazzo..."
Di fronte a una cucina piccola, ma con ogni evidenza appena arrivata da Ikea, c'era un tavolo rettangolare bianco altrettanto nuovo. Le sedie erano di un semplice e comodo design svedese. Mi gettai su di una di loro e mi tenni la testa. Non era sicuramente uno dei miei giorni migliori.
"Ti piace lo yogurt greco?" Mi domandò Anna, aprendo il frigo. "Noi mangiamo solo quello. Ci puoi mettere i biscotti dentro."
"Lo yogurt va bene." Risposi.
Mio padre sedette di fronte a me e continuò a scrutarmi, come se la risposta ai suoi sospetti potesse trovarsi stampata sulla mia faccia. E io ne avevo fatte di cose imbarazzanti, quella sera, ma andare a letto con Giamma non era in lista. Eppure mio padre credeva di sì.
Portava i capelli rasati quasi a zero, coi quali cercava di nascondere un principio di calvizie, e aveva degli occhi castani temprati da anni di esercizio fisico. La forma del suo viso squadrato era completamente diversa dal mio, ma ci somigliavamo un po' nel naso e in alcune espressioni.
Mi era mancato. Ma per non morire di vergogna a causa dei pensieri che gli frullavano in testa, mi distrassi voltandomi verso la parete d'ingresso. Quando ero arrivata, di notte, avevo notato alcune foto di famiglia appese al muro. Ora vedevo i volti di Davide e Anna, altre con Anna e Giamma, e una con me e papà: era stata scattata al mio diciottesimo e, malgrado il trucco e il bel vestito da sera blu scuro, il mio viso era facilmente riconoscibile. Gianmarco avrebbe potuto riconoscermi anche per strada.
Anna mise sul tavolo una confezione di yogurt aperto e un cucchiaino. Poi prese una tazzina, la riempì di caffè e mi servì anche quella, calda e profumata del liquido nero.
"Grazie... Sei molto gentile." Le dissi, mentre lei si sedeva accanto a Davide.
"Figurati. Non vedevo l'ora di conoscerti. Anzi, mi dispiace che sia successo in questo modo. Tuo padre stava aspettando che fosse tutto pronto, prima di invitarti a conoscere me e la casa. Abitiamo qui da poco, e lo sai come sono i traslochi. Questo ci ha quasi sfiniti." Si mise comoda e continuò domandando: "Hai incontrato mio figlio per puro caso, ho capito bene? Non vi siete presentati? Lui sa chi sei, è strano che non te l'abbia detto."
Bingo! Proprio come pensavo.
"No, non me l'ha detto!" Risposi stizzita. La mia mascella si strinse e rinunciai al primo boccone di yogurt.
"Lo so io come ragiona tuo figlio." Disse mio padre, con fare polemico. "Gianmarco stava tastando il terreno! Non glielo avrebbe detto prima di aver capito se poteva ottenere qualcosa da lei o no!"
"Non è vero!" Ribadì Anna, molto offesa. "C'è sicuramente una spiegazione! Quando si sveglierà lo vedrai!"
Ma pensai che Giamma si sarebbe dato per morto, pur di non affrontare me e mio padre. Che forse lo aveva capito davvero, e non senza una ragione: Davide da giovane era stato come lui.
"Comunque, non è successo niente." Affermai, giocando con lo yogurt. Ero in imbarazzo, ma andava detto. "Lui mi ha portata a dormire nell'altra stanza, ma mi sentivo sola, e sono tornata a cercarlo. Abbiamo solo dormito."
Mio padre era sconvolto. Mi fissò a bocca aperta prima di alzarsi di botto, facendo strisciare la sedia.
"Non riesce a dormire e si butta nel letto del primo incontrato? Questa è pazza! Vabbè, io torno in camera a finire la telefonata, sempre che il caffè non mi vada prima di traverso."
Se ne andò, e si rintanò nella sua stanza sbattendo la porta. Continuai la colazione insieme ad Anna, con cui condivisi alcuni momenti di silenzio imbarazzante. Negli altri, mi ripeté che suo figlio era un bravo ragazzo, anche se ogni tanto faceva il ribelle, e che Davide aveva a volte delle reazioni infantili, tipo scappare da una discussione sgradevole con una persona che ama. Cercava di giustificare entrambi.
"Tuo padre non voleva che andasse così." Aggiunse. "Teneva tanto a darti le sue belle notizie a modo suo. Ha voluto che tu avessi una stanza e l'ha rifatta da cima a fondo. So che prima d'ora non ha mai avuto la possibilità di ospitarti, era sempre in giro."
"Sì infatti." Confermai, e mi resi conto per la prima volta di quanto intensamente il suo vagare mi avesse ferita.
"Beh, voleva che le cose cambiassero. Ora ce l'ha con Giamma perché crede che gli abbia rubato il suo momento."
"Lo conosci bene. " Commentai. Lasciai il cucchiaino dentro al barattolo di yogurt ormai vuoto, e domandai: "State insieme da molto?"
Anna stava per alzarsi per sparecchiare, ma alla mia domanda tornò seduta. Sembrava tenesse molto a farsi conoscere, ad essere chiara su tutto ciò che riguardava lei e mio padre.
"Sono solo un paio di mesi, ma ci conosciamo da anni. Io lavoro nella segreteria della squadra - anche Giamma giocava a calcio, sai? - Siamo sempre rimasti in contatto, e a un tratto mi ha scritto di essere cambiato, che era stufo di viaggiare e che voleva un posto in cui mettere radici. Così abbiamo preso questa casa in affitto e siamo andati a convivere."
"E lui ti piace davvero?" Domandai. "Voglio dire, non è facile stare con un ragazzo irrequieto, io lo so. All'inizio sembra divertente, ma poi ti manca un uomo che ti faccia sentire al sicuro."
Anna mi ascoltava perplessa. Doveva esserti accorta che stavo parlando di me stessa, o forse pensava che volessi farla dubitare della sua scelta. Non potevo negare di essere un po' gelosa di mio padre, ma lei mi piaceva. Era una piccola donna pacata, da cui Giamma aveva ereditato troppo poco, a parte un'evidente somiglianza fisica. Percepivo che lei e mio padre fossero una coppia ben assortita, ma l'esperienza mi diceva che presto lui l'avrebbe sfinita, così come Stefano aveva sfinito me.
"Certo che mi piace!" Esclamò Anna. "Tuo padre è un uomo affascinante. Con lui non ci si annoia mai."
Rimise in ordine la cucina e ripose le posate sporche sul lavabo. Prima di prendere la spugna, si voltò e mi chiese timidamente:
"E tu cosa ne pensi di Giamma? Si sarà comportato molto bene, se ti sei fidata di lui così tanto da seguirlo."
Mascherai il mio disappunto. Non so che idea avesse di suo figlio, ma le mie tendevano tutte al negativo. L'avevo seguito soltanto per disperazione. E avevo dormito con lui perché il ricordo delle mani di Dario su di me non smetteva di tormentarmi.
"Beh, ieri sera mi ha aiutato molto." Confessai. "Ma la sua imprevedibilità mi preoccupa... pensi che sappia mantenere un segreto?"
Gli occhi di Anna si allargarono.
"Oh, preoccupa anche me. Ma su quello puoi stare tranquilla." Mi disse, seriamente. "Ci sono certe cose di lui e dei suoi amici che non ho mai scoperto. Qualunque cosa sia, non parlerà."
Finalmente Gianmarco fece la sua apparizione; prima strofinando gli occhi, poi stiracchiandosi con le braccia in alto ed emettendo dei lunghi versi al limite dell'umano.
Era la prima volta che lo vedevo alla luce del giorno. Ancora a petto nudo, bello e sodo, si era tolto la bava dalla bocca e ora, coi capelli corti in disordine, sembrava di nuovo dannatamente figo. Non potevo fare a meno di notare che c'era qualcosa di duro in basso. Anche lui sapeva che c'era, dato che aveva cercato di coprirlo indossando i pantaloncini di una tuta comoda.
"Mi avete svegliato." Ci accusò. "Quanto cazzo urlate?"
Lo fulminai con lo sguardo, ma non feci in tempo a dire la mia, che mio padre era piombato di nuovo in cucina.
"Ah, eccoti!" Lo affrontò, minaccioso. "Che cazzo fai? Porti qui mia figlia e non le dici nemmeno che è casa mia? Non ti vergogni a fare l'infame?"
"Datti una calmata, Messi dei poveri!" Ribatté Giamma, che si era a malapena risentito. "L'avrei fatto stamattina! Se avessi voluto farmi tua figlia non te ne saresti neanche accorto, dato che sei pure un imbecille!"
Mio padre era un unico fascio di nervi, il che era folle, ma anche una vera novità. Non lo avevo mai visto così nervoso fuori dal campo da calcio, non era nel suo carattere. Era un amante del divertimento, e non teneva davvero a niente che non fossero i suoi goal. A parte forse a sua figlia, ma quello lo avevo sempre e solo sperato.
"Non usare con quei toni con me perché, quanto tengo a lei, giuro che ti stacco la testa!" Esclamò mio padre, e io continuai a non riconoscerlo, anche se le sue parole mi colpirono. Per la prima volta diceva apertamente di tenere a me. Stava cambiando sul serio?
Anna assisteva alla discussione da spettatrice. Avevo l'impressione che per quei due fosse normale confrontarsi in quel modo, come se così facendo potessero mettere ordine e riconoscere il capobranco. Anche se entrambi ci andavano giù pesante.
"Non insultare mio padre, Giamma!" Urlai, avvicinandomi a loro. "Lui ha ragione. Mi conoscevi e non me l'hai detto! Ecco come sapevi tutte quelle cose di me, l'altra sera alla festa."
"È stato divertente, okay?" Scrollò le spalle.
"Mi hai anche detto che il compagno di tua madre è un coglione!" Urlai. Anche mio padre incrociò le braccia in attesa di una spiegazione.
"Sì, ma in senso buono!" Si giustificò Gianmarco, e si stiracchiò con indifferenza ancora una volta. "Ora vado a pisciare, o ve la faccio sulle scarpe."
E passando in mezzo a noi con una spinta, pensò di avere vinto la discussione.
Eccoci! Un capitolo più breve rispetto agli altri, ma pieno di ciccia. Come avete visto, l'ho riempito di spiegazioni. A breve il seguito!
A volte mi sembra di essere troppo stanca per scrivere e che passeranno giorni prima di portare a termine un altro capitolo. Poi però questa storia mi manca e quando sono a casa corro a dedicarle del tempo. È una bella sensazione, non mi capitava da un po'! 🥲
Spero che piaccia anche a voi quanto piace a me 🥰
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