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4 : Per te fermerò il tempo:

31 Dicembre 2016

Mauro attendeva fuori dal Carpe Diem. Il freddo gli aveva intirizzito i piedi che iniziavano a dolergli. Attraverso le porte a vetri poteva intravedere Carrie e Andrea.

Le mani di Carrie volteggiavano nell'aria scomposte, mentre Andrea, braccia conserte, le reggeva la giacca in pelle. Quella scena si stava protraendo da troppo tempo. Perchè mai dovevano discutere? Poteva capire che per Andrea, che l'aveva cresciuta, Carrie fosse come una sorella, anche Mauro aveva un fratello maggiore. Non che le due cose fossero proprio paragonabili. Ma quel loro rapporto era fuori dal comune. Andava oltre la sua comprensione.

Lasciò cadere la seconda sigaretta a terra. Soffiò fuori un lungo sbuffo bianco e si decise a rientrare. Appena le doppie porte scivolarono tremolando sulle guide brinate, li interruppe: «Andiamo?»

Un imbarazzante silenzio calò tra i due. Lo sguardo di Carrie sfiorò il pavimento e risalì fino a incrociare quello dell'amico.

«Andiamo!» gli rispose decisa.

La fronte di Andrea si corrugò, la mascella divenne più evidente. In silenzio, sciolse le braccia e le passò il giubbino. Si scompigliò il ciuffo biondo e accennò un sorriso tirato. Si sporse in avanti, le pose le dita a coppa sulle spalle e le diede un bacio in fronte. Carrie si vestì e lo rassicurò: «Ci vediamo domani».
Andrea annuì. Non degnò Mauro di un solo sguardo, come se non esistesse.
Lui, in risposta, prese Carrie per mano, prima che cambiasse idea, e la condusse fuori. Raggiunsero la motocicletta nel posto designato dalla vigilanza. Saltarono in sella. Carrie si allacciò il casco e sistemò la visiera nera. Mauro sganciò il cavalletto, accese e diede gas. Il rombo del motore risuonò deciso incalzando gli acufeni, che avevano appena iniziato a dispendersi.
La folla di fan era scomparsa, diradata nelle strade. Partirono, bruciando i ricordi della serata appena trascorsa, in una nuvola grigia di smog.
Quando furono lontani da sguardi indiscreti, sentì le braccia di Carrie farsi più strette attorno al corpo e il casco pesare contro la schiena. Sorrise e serrò il manubrio.

L'aria gelida l'aveva risvegliato dal torpore dell'alcool. Era ottimista per quell'occasione. Avvertiva un calore benefico all'altezza dei fianchi, cinti dalle mani di lei, che si stava espandendo rapidamente in tutto il corpo.

Il viaggio fu breve fino all'appartamento di Milano. Salirono euforici per le scale, ignorando l'ascensore e rincorrendosi, ebbri della loro estasi. Il tempo pareva scorrere all'indietro gradino dopo gradino.

Nell'ingresso vide le iridi blu di Carrie abbracciare tutto lo spazio avidamente, come se si fosse tuffata in un mare di ricordi.

Infilò le chiavi nella toppa interna, per richiudere.

Le aveva appena girate, quando si accorse che il portachiavi che aveva tra le dita, una striscia di cuoio con le iniziali M.M. aveva attirato l'attenzione della sua compagna.

La vide irrigidirsi, increspare la fronte e stringere il labbro inferiore tra i denti.

***

Marzo 2016

Carrie aveva preceduto Mauro, nell'appartamento di Milano, su suo invito. Era arrivata dall'aeroporto di Linate per incontrarlo subito.

Il portinaio le aveva consegnato le chiavi di scorta e lei aveva varcato la soglia. Entrare lì dentro da sola, la intimoriva. Avrebbe scovato dei segreti nella vita del suo ragazzo? Si era chiesta.

Il pianoforte verticale in sala da pranzo aveva rapito la sua attenzione. Rapida, aveva abbandonato i bagagli: la doccia poteva attendere.

Sullo spartito aperto, Mauro aveva scordato la bozza di un brano.

La donna aveva lasciato scivolare in basso le palpebre e sfiorato i tasti. Prima quelli bianchi e larghi, poi quelli neri e stretti.

Produrre suoni era facile, scrivere un brano intero meno. Proprio come frequentarsi ogni tanto o coltivare una relazione.

Sorridendo, si era rialzata. L'anima volava leggera come una piuma e saliva sempre più in alto, come spinta da una brezza gioiosa, al solo pensiero di rivederlo.

Nell'attesa, aveva estratto un mini-beauty dalla valigia e si era avviata verso il bagno per sistemarsi un po'.
Passando nel corridoio aveva sbirciato la camera.
Sul bordo del letto a due piazze stava distesa una veste intima, di raso nero, che non le apparteneva.

Improvvisamente l'ossigeno era scomparso. La terra aveva vacillato sotto i suoi piedi.
Il corpo le si era intorpidito per poi tremare vistosamente.
Aveva intrapreso la strada a ritroso, ma così in fretta da inciampare nello stipite della porta.
Alterata, aveva levato il pugno chiuso sbattendolo contro la cornice di legno e zoppicato fino all'ingresso pur di recuperare il cappotto e andarsene seduta stante.
Sull'uscio però, aveva trovato Mauro.

«Che succede?»

«Fammi passare!»

Gli aveva detto respingendolo con forza dal petto.

Mauro, con la bocca spalancata e le mani sollevate in aria, si era arreso subito.

«Okay, okay, ma che c'è?»

La donna aveva sollevato il mento e sentenziato: «L'ho vista!».

«M-ma cosa?»

«Quella schifezza sul tuo letto!»

«Aspetta. Fammi capire. Sei arrabbiata per quella?»

Mauro aveva tratto un respiro profondo.
Le spalle erano ricadute morbide. Il volto si era disteso. Il tono era tornato sicuro: «Era per te. Ho chiesto ad Anna di acquistarti qualcosa di speciale. Te lo giuro!».

Aveva allungato una mano aperta. «Vieni. Ti mostro una cosa.»

Carrie imperterrita, aveva terminato di abbottonarsi il cappotto color cammello

«Carrie...», l'aveva pregata.

Occhi a terra, senza fiatare, si era girata e aveva allineato i tacchi alla porta. Mauro aveva nascosto le mani nelle tasche e imboccato il corridoio. Lei l'aveva seguito guardinga, come un gatto selvatico raccolto dalla strada.

Nel vano della camera da letto, si era bloccata. Il ragazzo ne aveva approfittato, per scivolarle alle spalle e indicare la vestaglia nera:

«Parlavi di quella? Effettivamente...io l'avrei scelta blu, come i tuoi occhi».

Alla sua esitazione, le aveva sfiorato i fianchi.
«Ho chiesto ad Anna di prepararmi casa. Volevo rientrare subito per vederti».

Dopo una pausa, la sua voce era cambiata di nuovo, non aveva più i toni dolci del mare e del sole, si era fatta carica, come le nuvole prima di un temporale. «Volevo passare più tempo con te, per... per chiederti una cosa.»

Carrie si era ripiegata nelle spalle, pronta a balzare via come una lince.

«Cerca vicino al cuscino. A sinistra.»

La ragazza aveva obbedito come un automa. Le dita erano sparite sotto il peso del guanciale e ne erano uscite trascinando un portachiavi in cuoio con le iniziali marchiate a fuoco : M.M. Mauro Massari.

La mano aveva tremato sotto il peso delle chiavi, tanto che aveva dovuto aiutarsi con l'altra per sollevarle.
Le unghie avevano inciso il palmo nello stringerle. Gli occhi brillato. Aveva sbattuto le folte ciglia brune per resistere, per vincere l'emozione che stava crescendo a dismisura in lei.

«Il portachiavi l'ho scelto io.»

Mauro era rimasto alla soglia. Improvvisamente si era fatto loquace. «Non me l'ero immaginata così, in realtà. Pensavo che saremmo andati in camera da letto più tardi...però, ormai è andata, quindi...vuoi venire a vivere con me?».

Spinto da un improvviso coraggio, l'aveva raggiunta, sfiorato la spalla con la mano e continuato il suo soliloquio.

«Vorrei tornare e trovarti qui, quando ci sei, invece di cercarti al telefono e, quando non ci sei, vorrei sentirti lo stesso intorno a me. So che siamo giovani, ma le nostre vite sono più veloci di quelle di chiunque altro ed è tutto un casino ogni giorno e poi... io non so trovare un solo motivo per non farlo».

Il calore rabbioso di poco prima aveva completamente abbandonato il corpo di Carrie. Una sequenza di brividi freddi l'aveva sostituito. Mancavano gli applausi alla fine del discorso. L'ansia l'aveva sommersa. Mauro non conosceva abbastanza di quella giovane ragazza vissuta nell'Upper West Side.

«Io avrei le chiavi con le tue iniziali?»
Aveva temporeggiato, quasi ci fosse un modo per sfuggire la questione.

«Sì, per ricordarti che questa è casa nostra e non solo tua».

Mauro aveva estratto un altro portachiavi dalla tasca, ma con le iniziali C.G.B, Carrie Gem Bibi, e glielo aveva mostrato, raggiante.

«Se accetterai, io terrò questo.»

«E..la camicia da notte?»

«Non volevo regalarti solo un portachiavi.»

Carrie aveva portato le chiavi al petto. Le aveva tenute così forte da distinguerne ogni intaglio al tatto. Si era morsa il labbro con veemenza, per convincersi che tutto fosse reale. Voleva crederci con tutta se stessa.

Mauro aveva posato la guancia alla sua schiena, e preso ad accarezzarle le spalle per poi scendere fino ai gomiti.

«Se vuoi... », aveva mormorato.

«Sì...»

Lui l'aveva invitata a girarsi. Aveva indagato con lo sguardo la sua anima.

«Sei felice?»

«Sì, sì», aveva ripetuto Carrie per convincersi: «E tu?».

«Io? Tanto!» aveva esultato Mauro, rivelando una fila di denti brillanti.

***

31 Dicembre 2016

Appena Mauro vide un'ombra scura estendersi sul volto di Carrie, tornò a rivivere il loro ultimo incontro dentro quell'appartamento.

Assurdo come quel portachiavi, che aveva scelto a simboleggiare la loro unione, rappresentasse oramai un ricordo infelice per entrambi.

***

Settembre 2016

Alla fine, di quella strana giornata e di tutte le folli corse in treno, Mauro si era gettato sul letto, arreso allo sconforto. Aveva provato a spegnersi.
Un braccio a sorreggere la nuca e l'altro disteso nello spazio di lei, quello rischiarato dalla finestra. Carrie non amava chiudere gli occhi al buio. Nella penombra, parevano vorticare tutte le immagini che si erano incise nella sua mente, nelle ultime ventiquattr'ore.

La fuga per amore era stata un fallimento. La sua donna era già di un altro. Li aveva visti. Eccome, se li aveva visti! Se fosse entrato in camerino solo qualche secondo più tardi, li avrebbe sorpresi avvinghiati in un bacio. Ne era certo. Gliela aveva letta in faccia la colpa. Chissà da quanto tempo lui era diventato solo un neo nei suoi pensieri.

A sera, si era alzato. Lo stomaco brontolava feroce. Il corpo gli ricordava l'umana condizione. Aveva barcollato fino al bagno. Si era sciacquato il volto sudato. L'immagine dagli occhi rossi cerchiati di blu, che lo specchio rifletteva, l'aveva abbattuto ancora di più. Così, era tornato in cucina per recuperare il cellulare spento.

Si era gettato, come uno straccio abbandonato, su di una sedia e aveva consultato la lista dei food a domicilio. Il buio era calato in fretta.

Illuminato solo dalla luce del display, gli era giunto all'orecchio uno scalpiccio di passi. Il rumore metallico di una chiave, che ruotava nella toppa, l'aveva aggredito.

Carrie era entrata fulminea, accompagnata da una ventata d'aria fredda fuori stagione. I tacchi dei suoi stivaletti avevano risuonato rapidi nel corridoio tra gli scatoloni ben sigillati e pronti. Era sola. La giacca di pelle chiusa fino al collo. Le pupille avevano attraversato le stanze senza accorgersi degli occhi sprezzanti di Mauro alle spalle.

Quando se ne era resa conto, si era inchiodata.

«Quando me l'avresti detto?» l'aveva interpellata duramente.

Carrie aveva rivolto lo sguardo a terra. Per un secondo una ruga le aveva increspato la fronte, ma quando l'aveva risollevato, le sfumature blu mare dei suoi occhi erano tornate le stesse di sempre, così come il rossetto carminio sulle labbra rigide.

Mauro, ricalcato nelle spalle, incapace di sopportare oltre il battere del tempo dell'orologio in cucina, si era trascinato sino alla consolle di fronte all'ingresso. Aveva allungato il braccio e aperto la mano tremante.

Carrie si era avvicinata. Il mazzo di chiavi con cui aveva aperto, era scivolato lento, tra le sue unghie in gel e la mano a coppa dell'uomo.

Carrie aveva continuato a fissarlo apatica. Mauro ammutolito, le aveva girato le spalle. Aveva sentito i suoi passi, risuonare sempre più lontani. Mentre la porta blindata ruotava sui cardini e si richiudeva, aveva lasciato cadere le chiavi nello svuota tasche.

***

31 Dicembre 2016

Nel vano dell'ingresso, l'euforia di poco prima era morta asfissiata dai ricordi, ma appena gli sguardi si ritrovarono, una tensione ribelle tornò a crescere in loro.

Mauro si avvicinò e la strinse tra il proprio corpo caldo e la porta fredda. Le mani scivolarono lungo la sua giacca, smaniose di eliminare ogni ostacolo alla sospirata intimità. Carrie se ne liberò, e quando fu a terra, l'allontanò con un piede. Mauro aprì le dita e le richiuse sulle sue spalle. Gli effluvi di quella pelle  di seta, pungenti e dolci a un tempo, ne colmarono ogni titubanza.

Posò le labbra umide sulla vellutata superficie e la succhiò, come se volesse solo per sè ogni sua goccia di vita.

Carrie trasalì e dalla bocca schiusa le sfuggì un gemito che incendiò il corpo di Mauro ed estinse la ferita ancora aperta al suo orgoglio.

Eccitato, continuò a esplorarla in un'escalation di sensazioni sempre più intense.

Strisciò su per il collo delicato e risalì fino a morderle il lobo, deliziandosi di ogni brivido generato.

La mano scivolò in basso, alla ricerca dello spacco nell'abito, per poter dare vita a quelle fantasie che l'avevano torturato poche ore prima.

Avvolse la coscia tonica con le prensili dita da pianista, stringendola fino a sentirvi pulsare il cuore. Il respiro si fece corto e affannato. Gli abiti divennero stretti e ingombranti. Lanciò a terra la propria giacca e si levò, fulmineo, la camicia dai pantaloni.

Carrie gli circondò il collo con le braccia per riportarlo a sé, ma Mauro le ignorò, se le sfilò dal corpo e lo stesso fece con il suo abito che si afflosciò sul granito del pavimento e si fermò solo per rimirarla.

La ragazza, nuda e a disagio sotto gli sfavillanti faretti dell'ingresso, cercò di coprirsi.

«No, non farlo... » le intimò trattenendola a distanza con una mano a coppa sul seno, intanto con l'altra individuava l'interruttore per abbassare le luci.

Mentre i loro occhi si adeguavano alla penombra e si riallineavano l'uno dentro l'altro, la distanza si fece impercettibile, la presa divenne una carezza. Estasiato, Mauro sussurrò: «Lasciati guardare. Sei così... così... »
La voce si ruppe. Scosse il capo e si incupì per un breve, unico attimo.

Poi, i loro respiri si sincronizzarono, i loro sorrisi ritrovarono l'armonia perduta.

Carrie gli insinuò le dita dentro la camicia. Aprì i bottoni e gli sfiorò il petto. La mano risalì fino a cingergli il capo e stringersi ai suoi ricci morbidi e scapigliati. Si inumidì le labbra, reclinò il viso e si abbandonò a lui, concupiscente.

Mauro esitò: avrebbe voluto fermare per sempre quell'istante, congelarlo in un'immagine sbiadita dal tempo, reiterarlo in un loop infinito, ma alla fine cedette al suo richiamo.

Le loro labbra si unirono, le bocche si aprirono concedendosi l'una all'altra. Mauro la sollevò sopra i propri fianchi e la strinse a sé, come se volesse possederne ogni centimetro di pelle, ogni fremito, ogni battito.

I due amanti si abbandonarono al piacere sincero della carne. Si fusero assieme, fino a confondersi con le ombre della notte e scomparire sotto una coperta di stelle.

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