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II

Aldric non attese a lungo, ma il breve tempo passato accanto a una delle colonne d'ingresso dell'Accademia fu sufficiente a farlo rendere conto dell'incarico che aveva appena accettato. Si era sempre ripetuto che, qualunque cosa Azrael gli avesse domandato, lui non avrebbe mai rifiutato, e infatti la risposta positiva non era la sua preoccupazione.

Non si era mai interessato alle terre oltre i confini sicuri al nord, mai aveva pensato di avvicinarvisi dopo l'ultima missione che aveva tentato di portare a termine a Laudiria. Non si spiegava come mai qualcuno come un professore dell'Accademia più importante di Roccaforte Sud fosse pronto ad avventurarsi all'interno di luoghi simili. Qualcuno che, secondo Aldric, non sarebbe stato in grado di combattere da solo, tantomeno a sopravvivere a Runika senza protezione.

Non aveva chiesto quale sarebbe stato il lauto compenso che era stato citato, tantomeno aveva domandato se avessero avuto bisogno di un carro o di una cavalcatura. Portò una mano davanti al volto, imbarazzato dal suo stesso comportamento.

Non doveva aver fatto una buona impressione, e forse per questo Azrael non era parso particolarmente sollevato alla sua risposta positiva.

L'Accademia Centrale dominava sul resto della città, e da lì si poteva persino intravedere il riflesso delle stelle sull'acqua rossa del Dam infetto. Aveva dimenticato della sua esistenza.

Monte Sunling e le altre numerose montagne che formavano le valli dove Aldric viveva non si affacciavano sull'interno dell'Anello, di conseguenza il pericolo di venirvi involontariamente in contatto non gli si era più posto da quando si era trasferito dalla città. Quel genere di vita non gli era mancato affatto, ma si era reso conto di una cosa, tornando in un luogo dall'aria così familiare: non si era mai davvero allontanato così tanto dalla civiltà.

Le insegne delle locande, i carri carichi di frutta, le guardie che vagavano per le strade, i panni stesi fuori dalle finestre, era tutto così normale per Aldric, tanto che ebbe la sensazione di essere tornato a casa.

Una casa alla quale non intendeva far ritorno. Una casa tanto diversa dagli altissimi edifici che si allungavano verso il cielo come scheletriche dita.

Ora che aveva avuto modo di guardarsi attorno con maggiore attenzione, aveva notato le chiazze nere che rovinavano il bianco avorio dei palazzi, segno dei secoli passati sotto le intemperie. Le strade erano strette -persino quella principale sembrava una gola fra due montagne -, serpentine, poco illuminate, e le pietre grigie erano lisciate verso il centro dal passaggio di innumerevoli calzature.

L'Accademia Centrale appariva come un titano fra i suoi cuccioli, toccava e oltrepassava il limite del cielo fino alle nuvole più alte, la sua facciata ornata di intricati disegni di antiche magie, indicibili orrori e tortuosi viaggi di anime dimenticate.

Poco prima, quando aveva varcato l'imponente ingresso dell'Accademia, si era trovato in un grande atrio dall'aria carica di odore di libri vecchi, di legno antico e di incantesimi mescolati. La luce tremolante delle candele proiettava ombre minacciose lungo le pareti costellate di tomi dal dorso in pelle incrinata e marcia, e Aldric non potè fare a meno di percepire una profonda inquietudine in quell'ambiente silenzioso.

Aveva chiesto indicazioni a una giovane ragazza che consultava i titoli sugli scaffali. E aveva presto scoperto che i corridoi deserti e le camere sbarrate dell'Accademia non avevano nulla da invidiare a quelle di un complesso labirinto, con scale intricate e quasi piegate su se stesse, ognuna delle quali pareva guidarlo verso il cuore dell'edificio, con le rare, piccole finestre sempre bloccate da inferriate dai motivi romboidali. Più saliva in alto più l'aria si faceva pesante, e, da come gliel'avevano a volte descritta, Aldric si aspettava tutt'altro: si aspettava larghi spazi aperti, popolati in ogni angolo di studiosi, in piedi a qualsiasi ora del giorno e della notte, e invece poteva quasi percepire l'odore trasudare dalle antiche pareti.

Odore di paura.

Gli ci era voluta forse quasi un'ora per trovare lo studio indicatogli, e seppure non avesse ricevuto una data, o un orario preciso per presentarsi, eppure, in qualche modo, aveva percepito di essere in ritardo.

Era atteso da quando la lettera era stata sigillata, e ciò non gli era piaciuto nemmeno un po'. Il tempo in cui gli erano affidate responsabilità era passato, e la familiare sensazione di calore alla gola lo aveva colto inaspettato, lasciando svanire quel poco di sicurezza in se stesso che in quegli anni si era guadagnato a fatica.

Aveva sempre saputo che non avrebbe potuto nascondersi dai suoi oneri, anche se lo aveva sperato con tutto sè stesso. E ora, mentre le prime luci dell'alba iniziavano a scindere il cielo in arancione e blu, Aldric chiuse gli occhi per qualche istante e inspirò a pieni polmoni, raccogliendo il coraggio di cui aveva bisogno.

Buttò fuori l'aria lentamente, riaprendo gli occhi.

Era cambiato, e questa era la prima occasione per dimostrare che meritava la seconda occasione che gli era stata concessa. Non l'avrebbe gettata all'aria per timore.

Solo quando catturò un'ombra accanto a lui con la coda dell'occhio, Aldric si rese conto della presenza di Azrael al suo fianco, intento a osservare il cavaliere con un sorriso disteso sul volto.

«Nervoso? Posso comprenderlo. Ti sarò eternamente grato per ciò che stai facendo, ti ringrazio. Ed essere spaventati non è necessariamente un male. Devi solo trovare un equilibrio fra la paura e il riuscire a controllare le emozioni che percepisci.»

Aldric annuì e strinse le labbra tanto che persero colore. Per gli altri era sempre stato così semplice cogliere i suoi stati d'animo, mentre lui, per qualche ragione, non ne era mai stato in grado.

Sua madre era sempre stata capace di notare ogni dettaglio, ogni cambiamento nello sguardo, tutte le sue espressioni; lei, ad Aldric, non era mai sembrata altro che triste in ogni momento, persino quando rideva.

I suoi amici gli rinfacciavano sempre di come fosse un libro aperto fin troppo semplice da leggere, e per lui, che aveva sempre avuto difficoltà nel nascondere i propri sentimenti, quegli amici avevano ragione. Di conseguenza si era sempre impegnato nel tenere a bada il suo comportamento, di modo che non risultasse esageratamente leggibile allo sguardo altrui, e ne era in grado se si concentrava a sufficienza.

Ma la sua concentrazione tendeva a scivolare via sia nei momenti meno opportuni, sia quando, naturalmente, si distraeva con qualcos'altro, e il muro di impassibilità crollava come mattoni crudi sotto la tempesta, e tutto l'impegno che ci metteva svaniva senza che neppure se ne accorgesse.

«Va bene così. Possiamo andare.» Aldric si mise immediatamente in cammino.

Azrael si sbrigò nell'imitare il passo del cavaliere così da poterlo affiancare, non prima di guardarlo con curiosità. Non sembrava essere loquace, così come non lo era Azrael stesso, e decise di rispettare quel reciproco patto di silenzio fino a che sarebbe stato possibile.

Dallo zaino prese una mappa tenuta con cura e la srotolò, rivelando rifiniture dorate lungo le coste dell'Anello con una toponomia calcata in una grafia svelta ma precisa. Vi era già stato tracciato un percorso in rosso che partiva dall'antica città di Fina, e terminava al centro della nazione di Runika.

Azrael intendeva raggiungere quest'ultimo luogo dalla parte opposta, sia perchè il viaggio da Academiae a lì sarebbe stato così più corto, sia perchè di passare per Laudiria e Fina non se ne sarebbe parlato. Troppo pericolose, quelle terre.

Chiunque si era spinto fra le rovine di Fina non ne era uscito indenne. Chiunque, tranne la persona che aveva tracciato quel percorso sulla mappa e che aveva scritto il diario di viaggio che la accompagnava. Questa persona si firmava come Diana, la data segnata sulle pagine del quaderno era così antica che oramai lei doveva essere morta da secoli.

Se mai ci fosse stata una piccolissima probabilità che tutto ciò che era descritto nel diario riflettesse la realtà, allora, Azrael avrebbe mantenuto le speranze in sè, e lì avrebbe trovato tutte le risposte che cercava.

Nessun'altro doveva perdere la vita, perchè i corpi che aveva dovuto esaminare erano stati fin troppi, e vedere quelle rune incise nelle carni dei suoi compagni era stata la goccia che lo aveva spinto ad agire. Non poteva farli tornare in vita.

Ma avrebbe potuto vendicarli.

Marciarono fino al tardo pomeriggio, quando i loro stomaci avevano deciso di invitarli a fermarsi alla prima locanda che avrebbero trovato lungo il cammino.

Avevano attraversato le valli delle montagne che separavano la nazione di Roccaforte Sud da quella di Kadel. Le cime dei monti più alti emergevano da un mare di nuvole bianche che in alcuni punti scendevano come cascate lungo il dorso dei bastioni rocciosi e si allungavano fino alla stradina in terra battuta che si snodava tortuosa fra le valli. Avevano camminato tutto il giorno, ma con cautela, viste le pozze di sporadico ghiaccio che si nascondeva sotto la nebbiolina che si alzava fino alle caviglie.

Aldric rizzava le orecchie a ogni suono, stridii degli uccelli, lontanissime esplosioni dalle miniere sotto le montagne, l'occasionale starnuto da parte di Azrael, il quale se ne stava avvolto in una fitta sciarpa, con le ali strette attorno alle spalle. Il cavaliere era abituato a temperature ben peggiori di quelle.

Ci pensò più di una volta.

Avrebbe potuto cedere il suo mantello ad Azrael, ma aveva paura di scoprire come avrebbe reagito lui. Forse si sarebbe arrabbiato, forse non lo avrebbe voluto, non ne aveva bisogno. Aldric scosse la testa, troppo sovrappensiero perchè si rendesse conto di averlo fatto. No, il suo compito era di portare il professore vivo fino a Runika, non era suo dovere prendersi cura di lui.

Tra l'imboccatura dell'ultima montagna e di un piccolo promontorio doveva esserci una taverna, o almeno così era stato anni prima.

Aldric abbassò di nuovo lo sguardo verso Azrael. Avrebbero camminato almeno per un'altra mezz'ora. Aldric vinse la sua battaglia interiore contro l'indecisione e si fermò, slacciando il mantello dalle spalle per avvolgerlo sopra quelle di Azrael, che strinse ancora di più le ali al gesto. Era forse un po' troppo lungo per lui, e non parve affatto sorpreso dell'offerta. Ricambiò con un sorriso al suo cavaliere. «Grazie.»

Aldric, in risposta, annuì, riprendendo il cammino con l'animo più leggero di prima, ma si bloccò subito, scorgendo a terra delle tracce rosse e nere, suole di stivali da montagna. Anche Azrael le notò nello stesso momento.

Si piegò a terra per analizzarle.

Uscivano dal sentiero, si addentravano a ritmo irregolare verso gli alberi innevati. Ne sfiorò una, e ancor prima di poterla toccare ritrasse immediatamente la mano. Si alzò, guardando a destra, poi a sinistra, e poi ancora a destra. «Ne percepisco la magia. Sono tracce fresche di incantesimo runico. Se siamo fortunati sarà ancora in vita.» iniziò a seguire le tracce mentre parlava, facendo attenzione a non passarvi sopra.

«Di cosa?» Aldric aggrottò le sopracciglia. Non era qualcosa di cui aveva mai sentito parlare, e il nome lo incuriosì non poco. Quando si parlava di rune pensava a quelle incise sulle colonne di Monte Sunling, e vi era decisamente interessato.

«Posso spiegartelo con calma più tardi.» Azrael velocizzò il passo, seguito da Aldric. «Percepirla ti da una sensazione di disorientamento, come se ti girasse la testa. Più ci si avvicina alla fonte, più forte diventa. È una sorta di repellente per le altre creature, di modo che non vi si avvicinino di propria volontà.»

«È proprio quello che stiamo facendo.» Aldric non percepiva ciò che gli aveva descritto Azrael, ma decise di fidarsi.

Si spinsero in profondità fra i fitti tronchi, con ogni passo l'aria diveniva più fredda e l'atmosfera più pesante. Il cavaliere non riusciva a scacciare via il brutto presentimento che si era annidato nella sua mente, una persistente sensazione che qualcosa di sinistro li attendeva proprio dietro uno di quegli alberi.

Le tracce li guidarono per diversi minuti all'interno di quello che era diventato un labirinto di rami ghiacciati che scintillavano sotto le ultime luci della giornata, gli unici suoni ad accompagnarli erano i loro passi e l'eco del vento che si faceva sempre più persistente. Seguirono le impronte per quelle che parvero ore, finchè finalmente Azrael si fermò di colpo, raggiunto subito da Aldric, il loro respiro in bianche nuvolette davanti alle labbra.

Lì, distesa sulla neve, immobile, stava la fonte delle macabre tracce; il corpo immobile di una mezz'elfa, priva di vesti, le sue carni adornate di insanguinate incisioni che parevano pulsare di energia magica. I battiti del cuore di Aldric si fecero più rapidi nell'avvicinarsi al corpo, i suoi occhi spalancati dall'orrore. La pelle del cadavere era bluastra, priva di quasiasi traccia di vita, e aveva gli occhi castani aperti, immobili, persi nel cielo sopra gli alberi che lo coprivano. Le rune la ricoprivano dalla testa ai piedi, imposte con violenza, incise in profondità.

Azrael si inginocchiò accanto al corpo per osservare le rune. «Posseggono un potere in grado di distruggere e di corrompere. Sono parole che non si possono tradurre nella nostra lingua, sono troppo oscure e lontane da ciò che conosciamo.»

La mente di Aldric era carica di interrogativi. In quel momento comprese la sensazione che gli aveva descritto il professore poco prima. L'aria attorno alla mezz'elfa era peculiare, percepiva come un'invisibile forza stringersi attorno al cranio, sentiva una fastidiosa pressione dietro gli occhi.

Tutto, gli alberi, il silenzio degli uccelli, lo sguardo perso del cadavere gli gridavano con forza di allontanarsi da lì. Rimase immobile, in silenzio, per permettere ad Azrael di concentrarsi sul decifrare le rune.

Il suo compagno allungò una mano verso di esse, ma una scarica di energia magica glielo impedì, facendogli tirare via di scatto il braccio. «Non avevo mai visto un corpo così fresco. Dev'essere morta da tre, quattro ore al massimo. Qualsiasi creatura le abbia fatto una cosa del genere non può che possedere un potere sacrilego.»

Aldric si avvicinò di un passo. «Chi farebbe una cosa simile? È... malato. Non ha senso.»

Azrael si alzò, nei suoi occhi un misto di determinazione e di sconforto. «Temo di non avere le risposte a quello che mi chiedi. Ma di una cosa ne sono sicuro. Questo non è che un avvertimento. Non è il primo cadavere che viene trovato in queste condizioni, e in futuro, se ho ragione, accadrà di peggio.»

Un brivido passò lungo la schiena di Aldric mentre studiava i dintorni, mentre cercava di concretizzare la gravità della situazione.

Realizzò il vero compito che aveva accettato di portare a termine, e un secondo brivido lo colse dietro il collo. Spostò lo sguardo su Azrael, che aveva preso un taccuino dallo zaino per appuntare sulle pagine bianche tutte le rune incise sul cadavere.

L'idea di essere stato manipolato senza che neppure se ne fosse reso conto lo faceva sentire profondamente a disagio. Scansò quell'idea dalla mente. Era la paura a parlare per lui, ne era certo. Prese un respiro profondo.

Azrael ripose il quaderno e la matita, poi fece cenno ad Aldric di seguirlo. «Andiamo, prima che faccia buio.»

Aldric esitò. Guardò nuovamente al corpo adagiato sulla neve rossa. Pensava che, forse, sarebbe stato il caso di seppellirla. Non la conosceva e non la avrebbe mai conosciuta per davvero, eppure, Aldric non voleva lasciarla lì.

Sentì i passi di Azrael scricchiolare sulla neve accanto a sè. Rimasero in silenzio per qualche secondo che venne spezzato dal professore. «So cosa stai pensando. Ma sai meglio di me che non possiamo rimanere qui fuori al buio, o potremmo anche finire come lei. Dispiace molto anche a me, davvero. Ma è meglio lasciarla qui. Ci penserà qualcun'altro. Andiamo.» prese il polso del cavaliere fra le mani e lo guidò via di lì, verso il sentiero.

Aldric non riuscì a staccare lo sguardo dal sangue finchè non svanì dietro gli alberi. Ripresero il cammino, accompagnati dalle ultime luci della sera. Durante l'ultima camminata verso la taverna, concentrò le sue attenzioni su Azrael.

Non sembrava particolarmente disturbato da ciò che avevano appena visto, anzi, adesso lo sguardo sul suo volto era persino più determinato di prima.

Aldric riflettè brevemente, dopodichè anche la sua postura si fece più risoluta.

Ora il loro viaggio aveva un'obbiettivo più chiaro, ora poteva leggere meglio le intenzioni di Azrael.

Lo avrebbe accompagnato ovunque lui desiderasse.

Aiuto è lunghissimo

Ci piace

Ovviamente si rilegge solo in revisione aha quindi fatemi notare gli errori thx ♡

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