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II - Closed Epigraph: (Suzuha) Epigraph at Singularity Point

SUZUHA

5 Dicembre 2010

La mia pazienza, già messa a dura prova, era ormai giunta al limite.
Stavo con le braccia incrociate e lo sguardo fisso sull'unica persona all'interno della stanza insieme a me: mio padre.
Itaru Hashida. Daru.
Il suo corpo massiccio era piegato in avanti verso lo schermo di un computer e sul suo viso era comparso un sorrisetto idiota. Visto da una certa angolazione, il suo profilo ricordava quello di una gigantesca belva pronta ad accanirsi sulla preda. Aveva passato l'intera mattina in quella posizione, dopo essersi svegliato alle undici e aver ingurgitato tre ciotole di ramen istantaneo nel giro di pochi minuti, installato davanti al computer a navigare su internet.
Stava per la maggior parte del tempo in silenzio, interrompendosi solo per sospirare e borbottare tra sé e sé.

«Aspetta, quindi Normals Must Die-P e Parthenon sono marito e moglie? Nessuno mi aveva informato!
«...Nonostante il suo nick, è un normie: ha una moglie! Non è giusto... Credevo stesse dalla parte di noi cuori solitari... Che incoerenza...
«Questo significa guerra... E' l'ora del trolling!
«...Twitter e 2channel sono già pieni di gente infuriata! Mi sono perso la parte migliore... Devo tornare indietro e guardare di nuovo la timeline...»
Dopo l'ennesimo commento ad alta voce, decisi di intervenire:

«Papà!»
Era così che lo chiamavo. Non c'era nessun motivo di riferirmi a lui in altro modo.

«Sì?»
Sospirai. Sette anni più tardi, il ragazzo davanti a me sarebbe diventato mio padre. Stentavo a crederci.
«Smetti di perdere tempo. Non fai altro che mangiare, giocare al computer e navigare su Internet...» Cercai di mantenere un'espressione seria, ma non era semplice con il suo sguardo disinteressato e odiosamente sarcastico puntato su di me. «Ti dico sempre che i noodles istantanei e le merendine ti faranno male, ma non mi ascolti mai!»
Indicai il PC ricoperto di briciole. Lo pulivo regolarmente, ma si riempiva puntualmente di carte e molliche, rendendo il mio lavoro del tutto vano. «Dovresti fare attività fisica, te l'ho ripetuto centinaia di volte...»
Mi accorsi che le mie lamentele si erano prolungate più del solito, ma sentii il dovere di continuare. «Di questo passo, in futuro...»
Lui non mi stava neanche ascoltando.
I suoi occhi erano fissi sullo schermo del computer: aveva spostato il mouse per nasconderlo alla mia vista, ma riuscivo a sentirlo ancora cliccare insistentemente.
«Ascoltami...»

Mi avvicinai di soppiatto e in un attimo lo afferrai per una spalla, bloccandolo; impugnai la lacca per capelli che tenevo nascosto dietro la schiena e la pressai contro la sua nuca. Probabilmente aveva creduto che fosse una pistola, perché alzò le mani in alto e cacciò un urlo per lo spavento.
Le minacce del genere funzionavano sempre con lui: sapeva del mio duro addestramento, delle battaglie che avevo combattuto e a cui ero sopravvissuta durante la Terza Guerra Mondiale, e che non avrei esitato a estrarre una pistola e premere il grilletto se fosse stato necessario.

«Su...Suzuha... Se non la smetti, papà si arrabbierà...»
Non riuscii a trattenere un sorrisino compiaciuto: era davvero terrorizzato.

«Sono io quella arrabbiata adesso.» precisai con il tono più autoritario di cui ero capace.

«Hai ragione...» si scusò immediatamente «Ma... Ma tu sai bene del mio lavoro segreto... Sono molto impegnato in questo momento.» Daru accennò a una risata isterica.

«Quando si tratta di un hacker del mio calibro, ci sono sempre tante proposte... Sai, non ho tempo per mangiare sano... C'è da considerare il fuso orario con i clienti d'oltreoceano... Quindi io sto sveglio tutta la notte, capisci?»
Sbuffai di fronte a tutte quelle scuse che ormai conoscevo a memoria.

«Lo dicevi anche nel futuro e la mamma si arrabbiava sempre con te.»
Lui non rispose e iniziò lentamente ad abbassare le mani. Per tutta risposta, gli strinsi più forte la spalla.
«Anche se non posso fare molto per aggiustare i tuoi orari strampalati, non lascerò che mangi tutto questo cibo spazzatura. Devi smetterla, hai capito?»

«Ma il lavoro è duro, e lo è anche la ricerca sulla macchina del tempo! Ho bisogno di rilassarmi.» La sua voce tremava leggermente.

«E' solo una scusa per battere la fiacca. Ti comporti come un moccioso viziato, papà!»
Mi era incomprensibile come fosse riuscito a sopravvivere alle guerre del futuro pur restando in quelle condizioni...
Ciononostante, la ricerca sulla macchina del tempo era di vitale importanza per il futuro e per la mia presenza in quell'epoca, quindi non potevo fermarlo. Anche dopo che Rintarō Okabe aveva smesso di frequentare il Laboratorio di Gadget Futuristici, Daru aveva continuato a lavorare.
Io non potevo aiutarlo in nessun modo, altrimenti avrei creato un paradosso temporale.
«Ricorda solo che, per creare la tua, non puoi esaminare la macchina del tempo con cui sono venuta. Devi farlo da solo.» Decisi di avvertirlo ancora una volta.

«Lo so, ma ho paura di perdere fiducia in me stesso.» Per la sorpresa all'udire le sue parole, allentai istintivamente la presa sulla sua nuca. «Sarò davvero in grado di costruirne una?»

«Certo che puoi! Ora sta' fermo...» Daru annuì e io lentamente gli staccai la lacca per capelli dal collo e la agitai davanti a me, soddisfatta.

«Cosa?! Credevo che fosse una pistola! Come puoi ingannare il tuo papà?» esclamò sbarrando gli occhi.
Sospirai e appoggiai la bomboletta sulla mensola. Rintarō Okabe l'aveva lasciata lì quando ancora bazzicava al laboratorio e non era mai tornato a prenderla.

«La prossima volta ne userò una vera.» minacciai. Lui incrociò le braccia e mi lanciò un'occhiataccia da dietro gli occhiali squadrati.

«No, ti prego.» Subito dopo assunse un'espressione maliziosa. «Sai, nei manga e nei videogiochi, è sempre carino quando una ragazza rimprovera il padre...» Gli angoli della sua bocca si curvarono in un sorrisetto perverso.
«Suzuha, potresti dire "No, papà, questo non si fa!" con una voce smielata?»
Lo fulminai con lo sguardo e lui si fece improvvisamente serio.
«Va bene, lascia stare.»

Sospirai rumorosamente e mi lasciai cadere sul divano, appoggiando la testa sul cuscino. Fissai il tetto per una manciata di secondi, poi chiusi lentamente gli occhi...
«Qualcosa non va?»
Sentii la voce di mio padre e aprii un occhio: il suo naso era a pochi centimetri di distanza dalla mia faccia.

«Niente.»

«Quando dici "niente", significa sempre "voglio solo che qualcuno mi ascolti"...» Aggrottai le sopracciglia e mi drizzai a sedere. «Avanti, dimmi tutto.»
Per una volta in vita sua, sembrava davvero serio. Questa sì che era una sorpresa.
I miei occhi si spalancarono per un attimo, poi realizzai...

«Quella battuta... Era nel gioco sul tuo computer, quello di poco fa...» Alzai gli occhi al cielo: non sarebbe cambiato mai. «La frase che sblocca la flag
Erano passati tre mesi dal mio arrivo e stavo iniziando a imparare qualcosa sulla cultura di Akihabara del 2010.
«Papà, non pensare nemmeno di intraprendere la mia route...»
Daru impallidì improvvisamente:

«Cosa?! Non lo farei mai con mia figlia!»

«Ne sei sicuro?» insinuai «Mi preoccupavi nel futuro... Anche quando sono cresciuta, hai continuato a chiedermi di fare il bagno con te...»
Mio padre assunse un'espressione di puro disgusto.

«Spaventoso...»

«Io ero nell'esercito e tu lavoravi alla macchina del tempo, quindi non ci vedevamo spesso, ma tu eri sempre appiccicoso con me e questo mi infastidiva...»
Improvvisamente mi resi conto di aver esagerato: Daru aveva distolto lo sguardo e sembrava decisamente giù di morale.
«Mi dicevi anche che...» ripresi per rimediare «Questa è la peggiore linea di universo possibile, ma la mia nascita è stata la cosa migliore che potesse capitare.»
Respirai a fondo. «Non voglio deludere il futuro te stesso, papà: devo convincere lo zio Okarin a qualunque costo.»

«Tranquilla, non mi deluderai mai.»
I nostri occhi si incontrarono e per un attimo vidi di fronte a me il padre dei miei ricordi...

«Ne sei sicuro?»

«Certo.»

«Ma lo zio non vuole ascoltarmi.»
Daru rimase in silenzio, pensieroso. «Ha deciso che non andrà indietro nel passato, non salverà Kurisu Makise e non raggiungerà lo Steins Gate.»

Steins Gate...
Era questo il nome della misteriosa linea di universo di cui mio padre mi aveva parlato nel 2036, dove la Terza Guerra Mondiale non sarebbe mai accaduta. La mia missione era di portare lì Rintarō Okabe, ma non stava andando come previsto...
Ero arrivata nel 2010 ed ero riuscita a viaggiare indietro insieme a lui fino al 28 luglio ma, dopo il primo fallimento, si era arreso.
Da quel momento avevo cercato di convincerlo a ritentare ogni volta che ci incontravamo, ma non sapevo se le mie parole avrebbero mai sortito l'effetto sperato su di lui.
«Questa linea temporale convergerà nella Terza Guerra Mondiale e molte persone moriranno. Io sono venuta fin qui per cambiare il futuro, ma forse...» abbassai la testa, sconsolata «Il destino non vuole che questo succeda.»
Avevo anche un'altra missione da portare a termine ad Akihabara, oltre a cercare di convincere Rintarō Okabe, quindi ero in giro tutto il giorno.
Iniziavo a sentirmi esausta. Durante la guerra riuscivo a mantenermi all'erta in ogni occasione e una spossatezza di quel tipo non sarebbe stata niente di serio, ma l'atmosfera tranquilla del 2010 stava facendo pesare tutta la stanchezza.

Ero così debole che mi sarei addormentata da un momento all'altro.
Sentii gli occhi sul punto di chiudersi, ma una stretta al petto mi imponeva di restare sveglia...
Poi, improvvisamente, avvertii qualcosa di freddo sulla nuca e mi risvegliai dal torpore. Con movimenti rapidissimi, afferrai il grosso braccio della figura dietro di me, lo piegai all'indietro e atterrai il nemico.
Il cuore a mille, feci per prendere la pistola che tenevo assicurata alla cintura e, con mia sorpresa, non afferrai altro che il vuoto: la mia arma non era lì.
Solo in quel momento riconobbi mio padre, schiacciato sul pavimento, che mi implorava di fermarmi, e ritornai alla realtà.

Questo non è il 2036.
Non hai bisogno di una pistola.

Due lattine di Dr. Pepper rotolarono sul tappeto: ecco cosa mi aveva avvicinato alla nuca.
«Che stai facendo, papà?!» Lo liberai immediatamente dalla presa e lo aiutai ad alzarsi.

«Ti stavo svegliando!»

«Avrei potuto ucciderti! Te l'ho detto: sono stata allenata per questo. Poteva finirti davvero male.»
Daru si massaggiò il braccio e raccolse le bottiglie di Dr. P, offrendomene una in segno di scuse.

«Comunque sia, non dovresti arrenderti così presto.»
Sollevai lo sguardo verso di lui. «Okarin è solo mezzo addormentato, proprio come te. Un po' di Dr. Pepper sulla nuca e si risveglierà.»
Non ero ancora convinta.
«Dopotutto, stiamo parlando di Okarin!»
Stava solo cercando di tirarmi su il morale, quindi decisi di annuire.

In quel momento sentii un rumore di passi stranamente familiare e qualcuno canticchiare leggermente fuori tono...
Io e mio padre ci intendemmo immediatamente con lo sguardo: sapevamo bene chi fosse.
«Nasconditi, Suzuha.»

«Okey-dokey.»
Mi mossi velocemente, forse con più rapidità di poco prima, e mi appostai dietro la tenda che separava il resto del laboratorio dalla "stanza di lavorazione". Mentre mi stavo nascondendo sotto il tavolo, sentii bussare alla porta.

«C'è nessuno?»
Riconobbi immediatamente quella voce.
Era mia madre.
A giudicare dai rumori frenetici che provenivano dall'altro lato della stanza, mio padre era entrato nel panico. Un altro ticchettio sulla porta...

«Mayuri?»

«A-Arrivo...» sentii balbettare Daru. La porta si aprì scricchiolando e io inspirai lentamente, cercando di non perdere la concentrazione al buio.
Ripensai ai tre giorni che avevo passato sul campo di battaglia senza mangiare né bere, con il solo compito di puntare un fucile contro l'obiettivo di turno... Cercai di cancellare dalla stanza ogni traccia della mia presenza che potesse tradirmi. Il mio respiro divenne leggero e regolare...

Papà, non rovinare tutto, ti prego.

«Ah, Amane. Devi incontrare Mayuri oggi?»
Daru ritornò dentro con una ragazza bionda e dagli occhi azzurri.

«Sì, dovevamo cucinare insieme...»
Riuscivo a sentire il rumore delle buste di plastica che teneva in mano.

«Mayushii non è ancora qui.»

«Forse sono in anticipo.»
Yuki Amane, la mia futura mamma... Era quasi incredibile, ma quei due nella stanza presto sarebbero diventati marito e moglie.

«Sono sicuro che arriverà tra poco.»

«Posso aspettare qui?>> La voce di Yuki era incerta.

«Certo. Dovete cucinare nel laboratorio, no?»

«Sì. Spero che farai da assaggiatore per i nostri piatti, Hashida.»
Mio padre stentò a rispondere.

«Non so se sia prudente mangiare quello che prepara Mayushii...»
Yuki ridacchiò:

«Non preoccuparti: è migliorata molto ultimamente.»
Daru era chiaramente nervoso. Per quanto ne sapevo, l'unica ragazza con cui si comportava così era proprio quella che aveva davanti. Io e Mayuri facevamo parte della famiglia ed era molto in confidenza con la sorellona Rumi - Faris -, che lavorava al maid café vicino al laboratorio, quindi era molto a suo agio tra le ragazze; però, quando Yuki era in giro, aveva un atteggiamento diverso.
Forse non avrei dovuto dirgli che un giorno l'avrebbe sposata, ma era troppo tardi per rimediare...
«Tua sorella non è qui oggi?»

«Sì, cioè... No.»
Trattenni il respiro per un attimo: non dovevo farmi scoprire per nessun motivo.

«Capisco...»
Nello stesso periodo del mio arrivo, Mayuri aveva incontrato Yuki e le visite di mia madre al laboratorio erano aumentate. Evitarla era quasi impossibile.
Daru era stato costretto a presentarmi a lei come la sorella minore con cui passava la maggior parte del tempo. Nonostante ciò, avevo deciso di limitare il più possibile i miei contatti con Yuki per evitare che scoprisse la verità.
«Che ne pensi di questo vestito? L'ho appena comprato.»
Sentii un rumore di tacchi che battevano sul pavimento: Yuki stava volteggiando al centro della stanza come se fosse a una sfilata di moda. Sembrava non avere notato la mia presenza...
Mia madre era una cosplayer e, come mi aveva detto Mayuri, adorava mettersi in mostra: le due si complimentavano sempre a vicenda per i bei costumi che indossavano.

«Sì, certo! Bellissimo.»
Mio padre era in totale imbarazzo.

«Lo pensi davvero?»

«Sicuro. È come dire "Un angelo for the win"!»

«Grazie...» rispose Yuki «Dovresti travestirti anche tu, Hashida. Ti basterà solo perdere un po' di peso e staresti bene...»
Daru ridacchiò sommessamente. «Dico sul serio.»
Lui non rispose.

Itaru Hashida e Yuki Amane...

Mentre ascoltavo la loro stramba conversazione, ripensai al giorno in cui avevo detto addio alla mia famiglia...

-Angolo dell'autrice
A differenza dell'originale, in Steins;Gate 0 siamo fin da subito a conoscenza del legame di sangue che lega Suzuha a Daru, il che rende il loro rapporto uno degli aspetti, a mio parere, più interessanti della storia.
L'evoluzione di Daru in questo midquel è veramente notevole e Suzuha, per quanto diversa dalla sua controparte "alfa", resta sempre una delle mie preferite.
Prossimo capitolo: Closed Time(Like) Curve...

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