[02]
A.
Salimmo sull'autobus e ci mettemmo sedute vicine.
"Sai, oggi se ti va possiamo uscire. Magari andiamo a fare un giro per i negozi e poi andiamo al cinema, tanto mia madre sa che starò fuori per l'intero pomeriggio. E poi con la scusa che si esce a mezzogiorno meglio, no?" Ero intenta a guardare fuori dal finestrino e la ascoltai distrattamente.
"Ehm... S-sì certo." Risposi.
"Qualcosa non va? È da quando siamo salite che non mi presti attenzione e sei assorta nei tuoi pensieri." Chiese, preoccupata. Smisi di fissare il vuoto e la guardai negli occhi.
"Non piangere, dai." Sorrise e mi asciugò una lacrima. "Forse, è meglio scendere e tornare a casa. Avvertiremo la scuola in un secondo momento."
"Non voglio che tu perda un giorno di lezione. Sto bene, davvero." Inventai una scusa al momento, nascondendomi dietro un finto sorriso.
"Non ti lascerei mai in balìa di te stessa, e lo sai. L'ultima volta che me lo hai detto, sappiamo entrambe come è andata a finire." Afferrò la mia mano, per poi scendere alla fermata successiva.
"Ora che siamo sole, posso sapere perché piangevi?" Respirai profondamente e trovai il coraggio di parlare.
"Tu lo sai il motivo, non c'è bisogno che te lo ripeta." Estrasse un fazzoletto dallo zaino e me lo porse, ringraziandola.
"Sapevo che c'era di mezzo quel pezzo di merda." Sputò amaramente.
"Insomma, continua a farlo. Cerca sempre di approfittare di me, pur sapendo che io non voglio."
"La cosa migliore è denunciarlo, Angie. Non si può sempre subire, bisogna anche reagire ad un certo punto. Hai sopportato abbastanza, e devi farlo, lo dico per il tuo bene. Io rivoglio solo la mia migliore amica." Ridacchiai e la abbracciai.
"Grazie, Meli. Sapevo di potermi confidare con te."
"Quando vuoi." Mi strinse a sé, poi sciolse l'abbraccio e proseguì. "Fame?"
"Abbastanza."
"Allora, vieni. Ti porto in una caffetteria qui vicino, fa delle ciambelle buonissime."
[...]
"Sono fermamente convinta di ciò che ti ho detto."
"Hai ragione, ma da sola non posso. Mi serve un garante, cioè un testimone, visto che sono minorenne e le pratiche vogliono che ne abbia uno entro due giorni." Morsi la mia brioche.
"Non preoccuparti di questo."
"Invece devo, chi può farlo altrimenti?"
"Mia madre." Alzò le spalle. "È maggiorenne, ed oltretutto, è una tua conoscente. Chi meglio di lei può aiutarti." Sorrise trionfante.
"Lo farebbe davvero?"
"Certo, lei ti vuole bene come se fossi una figlia." Mise lo zucchero nel caffè latte, girando poco dopo, e bevendone un sorso.
"Grazie mille, non so come sdebitarmi."
"Non devi, sai che mia madre lo farebbe volentieri. Ormai, sei diventata una di famiglia per tutti noi."
"Ti voglio bene."
"Anche io te ne voglio." Mi rivolse un occhiolino.
Lasciammo i soldi sul tavolo e, dopo esserci alzate, andammo in direzione del centro commerciale.
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