03. Bernoccolo fortunato
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Feci una fatica immane per essere trascinata fino alla macchina, e, quando finalmente mi abbandonai sul sedile del passeggero, in mezzo a un lusso sfrenato, Eun Woo tirò fuori il cellulare e si mise a fare una telefonata.
«Rocky, sono io. Puoi venire un attimo fuori, uscendo dalla porta posteriore?» parlò, rivolgendosi a un ragazzo sconosciuto.
«Okay, ti aspetto qui» disse poi, chiudendo la chiamata.
Dopo qualche minuto, vidi giungere al nostro cospetto un ombrello nero sotto il quale si trovava un ragazzo mio coetaneo, che si affacciò al finestrino che Eun Woo aveva abbassato e mi guardò con circospezione.
«E lei chi è? Compare, è per questo che sei andato via a metà esibizione?» furono le sue prime parole, che andarono dritte al punto.
«Risparmiati le domande per dopo, amico. Ora ho un problema da risolvere» lo liquidò Eun Woo, proseguendo subito dopo. «Ho bisogno che riporti a casa sua sorella, mentre io porto in ospedale lei.»
«Sua sorella? E chi sarebbe?» sollevò un sopracciglio questo Rocky, rivelando di avere una faccia alquanto espressiva.
«Si chiama Lee Ji Hae, è mia sorella gemella ed è uguale a me, tranne per i capelli biondi» spiegai io, acconsentendo implicitamente a far riportare a casa Ji Hae da un perfetto sconosciuto. Del resto, in che altro modo avrei potuto fare?
«E dove abitate?» continuò questo Rocky.
«Rocky, insomma! Fattelo dire da lei quando la troverai, che adesso noi dobbiamo andare.» parlò al mio posto Cha Eun Woo, mettendo in moto l'auto. «E mi raccomando, se sua sorella ti chiede spiegazioni, inventati anche le scuse più assurde, ma non dirle niente di niente di... tutto questo!» si raccomandò infine, prima di rialzare il finestrino e partire alla volta dell'ospedale senza neanche salutarlo.
«Tutto questo è già fottutamente assurdo!» furono le ultime parole di Rocky urlate a squarciagola che udii in lontanza. Beh, se dovevo dire la mia, non aveva tutti i torti.
Dopo aver ingranato la marcia, Eun Woo procedette subito ai primi avvertimenti.
«Allacciati la cintura e non ti addormentare durante il tragitto...» bisbigliò, lasciando mozza la frase. «... Com'è che ti chiami?» chiese poi, quando eravamo già partiti.
«Lee Ji Eun» mugolai, mentre facevo come mi aveva detto.
«Oh, beh... piacere di conoscerti, Ji Eun» mi sorrise lui, voltandosi per un attimo verso di me.
A quel punto non potei proprio trattenere il mio solito tagliente sarcasmo.
«Oh, sono sicura che esistono cose molto più piacevoli!»
«Che tipetto...» sbuffò lui, scuotendo la testa.
Passarono alcuni minuti in assoluto silenzio, quando all'improvviso il mio stomaco cominciò - ahimè - ad emettere strani suoni, campanello d'allarme che stava a significare che di lì a poco avrei dovuto rimettere.
«Yah, non mi sento molto bene...» mormorai quindi a Eun Woo, che si allarmò immediatamente.
«Ehi, ehi, ehi, non vomitare dentro a Mafalda, l'ho fatta pulire solo due giorni fa!» si raccomandò, accostando un attimo e abbassando il finestrino dalla mia parte.
«Mafalda...?» biascicai, confusa.
«Sì, la mia macchina!» spiegò lui, dando a vedere di essere un vero idiota ad aver chiamato un'automobile con un nome del genere; ma io non gli stavo già più prestando attenzione, impegnata com'ero a trattenere i conati.
«Aiuto... oddio...» dissi, e, quando la mia capacità di trattenimento se ne andò a quel paese, mi affacciai al finestrino e sboccai sul marciapiede.
A quanto pare, se non avesse più piovuto, Jeju avrebbe conservato un mio ricordino per qualche giorno.
«Santo piripillo... che schifo!» esclamò Eun Woo, voltandosi dall'altra parte per non guardare.
Quando ebbi terminato, mi porse un fazzoletto per pulirmi, mantenendo comunque la sua espressione disgustata, dopodiché riprendemmo la marcia.
Beh, non era stata di certo una delle migliori figure mai fatte in vita mia, ma neanche una delle peggiori.
Del resto, sarò anche stata in macchina con uno dei più famosi idol coreani del periodo, ma di certo non me ne poteva fregare un fico secco, indi per cui... chi sarebbe stato più spensierato di me in una situazione simile?
«Mi dispiace» decisi tuttavia di scusarmi, per avergli rovinato la serata con un simile spettacolo. In realtà non era da me chiedere scusa per cose così inutili, ma dato che faceva tutto il finto gentile per accompagnarmi in ospedale, gli dovevo pure un minimo di riconoscenza.
Dopo circa un quarto d'ora di sballottamento, in cui io continuavo a lanciare gemiti di dolore in uno stato di semi-incoscienza per colpa della mia botta - a causa della quale mi era già spuntato di sicuro un bernoccolo in fronte - Eun Woo fermò finalmente la sua auto da fighetto, parcheggiandola a lato della strada.
Significava forse che eravamo arrivati finalmente a destinazione?
«Eccoci arrivati» confermò i miei dubbi lui, per poi uscire dall'auto e venirmi ad aprire la portiera del posto del passeggero, accogliendomi nuovamente sotto il suo ombrello blu.
«Ma questo non è l'ospedale di Jeju!» ribattei io, dopo essermi guardata intorno, ancora abbastanza in me dal notare che non era presente nessuna scritta luminosa recante la parola "Ospedale" da nessuna parte.
«Ssssssh, dettagli» mi zittì lui, dopodiché chiuse l'auto, mi prese per un braccio e mi condusse all'interno di un anonimo palazzo che non mi trasmetteva proprio alcuna sicurezza.
Ma dove caspita mi stava portando?!
Stavo davvero iniziando a pensare che forse ero stata brutalmente ingannata, e che avevo fatto davvero male a fidarmi di uno sconosciuto - idol o meno che fosse - che poteva stare benissimo fingendo tutto. Del resto, se fosse stato veramente così, non ci sarebbe stato nulla di cui stupirsi.
Tuttavia, grazie al cielo, tutti i miei dubbi si dissolsero non appena Eun Woo suonò il campanello di un portone del piano terra e ci venne ad aprire un uomo sulla quarantina ben vestito, che lo salutò amichevolmente.
«Eun Woo-yah, figliolo! Come stai? Tutto a posto?» disse, abbracciandolo. Sembrava quasi che non si vedessero da una vita, come me e Moon Bin.
Quando, dopo i soliti convenevoli, si staccarono, l'uomo si accorse finalmente della mia presenza.
«Lei chi è?» chiese, indicandomi.
Semmai questo avrei dovuto domandarlo io, insomma! Era già la seconda volta che me lo sentivo dire nel giro di mezz'ora!
«Ecco, vedi, uisanim... mentre uscivo dalla porta sul retro del locale della mia esibizione, stasera, ho accidentalmente urtato questa povera donzella, causandole un bel bernoccolo in fronte» cominciò a spiegargli allora Eun Woo, rivolgendosi a lui con un appellativo di tutto rispetto, con cui si era soliti chiamare i medici.
«È il tuo medico privato?» non potei fare a meno di intromettermi a quel punto, curiosa.
«Permettimi di presentarmi, carissima: sono Lee Pil Mo, medico e amico di famiglia dei Cha dalla notte dei tempi. Ora, entrate pure in casa.» parlò l'uomo, con un'espressione abbastanza convincente in volto.
«Mh...» mormorai semplicemente io, senza dargli troppa confidenza, mentre facevamo come ci aveva detto, e, una volta entrata in casa, alternai lo sguardo tra i due individui.
Questo Lee Pil Mo conosceva veramente la famiglia di Eun Woo, pur vivendo a Jeju? Come facevo ad essere sicura che fosse davvero così?
Ero in buone mani come volevano farmi credere di essere, o era tutta una farsa?
Diciamo che io sono sempre stata una persona diffidente, e, in certe situazioni come appunto questa, il mio cervello incominciava a farsi domande su domande, andando in palla.
«Se il caro Eun Woo è stato la causa di tutto questo, sappi che il tuo sarà sicuramente un bernoccolo fortunato, ragazza» disse il medico, e non riuscii a capire se stesse scherzando o meno.
Bernoccolo fortunato, certo... come no!
A quel punto si fece avanti il diretto interessato, posandomi entrambe le mani sulle spalle.
«Ascolta, ti ho portata qui per la sicurezza di entrambi, altrimenti all'ospedale pubblico, appena qualcuno mi avesse riconosciuto, avrebbe cominciato a saltarmi addosso e a fare foto che poi sarebbero finite su tutti i social possibili e immaginabili, e, se ci fossi stata anche tu nel mezzo e ci avessero visto insieme...» mi disse, a quanto pare stra preoccupato più per gli equivoci che sarebbero potuti venirsi a creare che per la mia salute.
Vabbè, più che plausibile, visto che normalmente gli idol avevano dei comportamenti da persone false quanto le banconote facsimile del Monopoly.
E comunque, mi stava prendendo per scema o cosa? Quanto era odioso!
«Ho capito, ho capito! Non vuoi che ti vedano con me. Non dovevi mica farla così lunga. Per tua fortuna ho ancora ho dei neuroni funzionanti qui dentro!» borbottai, picchiettandomi una tempia.
«Vedo che la botta che hai ricevuto non era poi molto forte, ahahah» rise allora lui, evidentemente divertito nel prendere in giro una povera creatura ferita come me.
Certo, botta che ho ricevuto un cavolo! Semmai botta che mi ha dato lui!
«Eun Woo-yah, per favore, dai!» lo rimproverò subito il suo medico personale al posto mio. «Se ora vuoi seguirmi in studio, signorina...» disse poi, lasciando incompleta la frase, mentre si rivolgeva a me con un cenno.
«Ji Eun. Lee Ji Eun» completai io la frase per lui, il quale si stava già dirigendo in una stanza che, una volta aperta la porta, notai che aveva effettivamente tutta l'aria di essere uno studio medico privato.
«Bene, vieni pure di qua, Ji Eun, che così ti posso visitare come si deve» mi suggerì, invitandomi a stendermi sul lettino.
«Mi raccomando, uisanim, curala nel migliore dei modi, che devo sdebitarmi con lei» lo sostenne Eun Woo - comparso dal nulla sulla soglia dello studio - con il gesto del fighting.
«Ehi, tu, piuttosto, non dovevi avere un'esibizione importante stasera? Spiegami un po' tutta questa storia» lo provocò Pil Mo, mentre stava procedendo a farmi i soliti controlli.
«Sì, e di fatto mi sono esibito, ma me ne sono andato via prima» rispose Eun Woo in tutta tranquillità, facendo spallucce.
«Eh?! Come sarebbe a dire?» esclamò il medico, quasi scandalizzato, togliendomi le parole di bocca.
Cercavo di seguire il loro discorso mentre mi veniva puntata un'accecante luce in faccia che faceva avanti e indietro e che dovevo seguire con lo sguardo, per testare i miei riflessi.
«Era talmente pieno di fan urlazzanti, paparazzi e giornalisti di gossip da farmi scoppiare la testa, così, durante la pausa, sono tornato nella mia saletta privata e poi ho deciso di andarmene.» spiegò semplicemente Eun Woo.
«Tutto qui?» si stupì Pil Mo, voltandosi per un attimo verso di lui.
«Sì, come sai sono una persona easy: voglio fare una cosa? La faccio!» disse Eun Woo con leggerezza, dopodiché si avvicinò all'imponente scrivania lignea di Pil Mo su cui si trovavano medicinali, blocchi per ricette mediche e un cestino pieno caramelle per la gola, e prese una di queste ultime nemmeno chiedere il permesso.
Tsk... Persona easy?! Ma che diavolo andava dicendo? Al massimo viziata, molto viziata!
Che idol da strapazzo, veramente! Ma sarà stato quello il modo di ragionare?!
E poi ero io quella ad essere uscita di testa...
«Che ragazzaccio, avrai creato un tale scompiglio!» commentò il medico, ridacchiando.
«Pffff... anche se fosse, le mie fan mi amano sempre e comunque!» affermò Eun Woo con sicurezza, e dovetti davvero trattenermi dall'alzarmi per mollargli un ceffone.
«Ah, ovviamente non nego di essere stato aiutato dal mitico Rocky, che mi ha assicurato che mi avrebbe coperto per il resto della serata, però, ecco... se So Hyun proverà a chiederti qualcosa su di me, tu dille che non sai niente» continuò, avvicinandosi a Pil Mo e posandogli una mano sulla spalla.
Il medico annuì, continuando a visitarmi, mentre io mi stavo confondendo sempre di più.
So Hyun? E adesso chi cavolo era questa tizia?
Avevo troppe domande che mi frullavano per la testa, e non sapevo nemmeno il perché.
Cosa diamine poteva importarmi di tali futili informazioni quando l'unica cosa che doveva starmi a cuore al momento era la mia salute?
«Ji Eun cara, non è successo nulla di troppo grave, il senso di stordimento e i giramenti di testa sono dovuti alla botta che hai ricevuto, ma hai solo bisogno di tenere un po' di ghiaccio sopra il bernoccolo e passerà tutto tra un paio di giorni» mi diede il verdetto finale il dottore, facendomi sentire ben più tranquilla. «Non c'è trauma cranico e non hai nemmeno una commozione cerebrale. Tutto a posto, puoi tornare a casa e riposarti, adesso» concluse, facendomi un sorriso rassicurante e aiutandomi a rialzarmi dal lettino.
Sospirai di sollievo, ma intanto mi sopraggiunse l'ennesimo dubbio.
«Ma allora perché prima ho vomitato?»
«Forse per qualcosa che hai mangiato, o forse... perché hai incontrato un idiota» scherzò Pil Mo, con un occhiolino che fece ridacchiare me e innervosire Eun Woo, dopodiché mi andò a prendere del ghiaccio in cucina.
L'idol da strapazzo non riuscì a ribattere, poiché il suo cellulare si mise improvvisamente a squillare, guarda caso con una sua canzone come suoneria. Che egocentrico!
Se ve lo steste chiedendo... sì, Ji Hae mi aveva stressato talmente tanto che ormai - purtroppo - conoscevo le sue canzoni a menadito.
«Sì?» rispose Eunwoo, assumendo qualche secondo dopo un'espressione allarmata. «Cosa? Come? Adesso?!»
Tutto ciò mi fece venire in mente che non toccavo il mio cellulare da più di mezz'ora, dopo che ero malamente caduta. Mi tastai le tasche dei pantaloni, dove ero solita riporlo, ma, sentendo solo il vuoto, mi resi conto che non c'era.
Frugai nella mia borsa, preoccupata, tuttavia non lo trovai neanche là.
«Aish! Deve essermi caduto quando sono scivolata, e l'ho lasciato lì per terra dimenticato da tutti, in mezzo al bagnato!» piagnucolai tra me e me, mettendomi la testa fra le mani.
Il mio cellulare, il mio caro cellulare... E adesso come avrei fatto?!
«Ji Eun, dobbiamo andare, che io ho delle faccende urgenti da sbrigare» disse Eun Woo, dopo aver riattaccato, facendomi segno di seguirlo.
«Ah, per quanto riguarda la tua funesta perdita... tieni, ti regalo questo, tanto a me non serve» aggiunse lui, tirando fuori dalla tasca della giacca un cellulare nero all'ultima moda, un iPhone X, che di certo non avrei saputo come utilizzare, essendo io stata #TeamNokiaIndistruttibili praticamente da sempre.
Sollevai un sopracciglio, confusa.
«Che significa?»
«È il mio cellulare di riserva, da usare solo in caso di necessità, e... beh, ora mi pare che sia un momento più che adatto. Tienitelo pure» mi spiegò, sorridendo, mentre me lo metteva in mano.
«Questo ragazzo sa davvero come sdebitarsi» commentò Pil Mo, apparso così dal nulla con il ghiaccio per me, che mi porse nell'altra mano.
«Grazie mille, uisanim» dissi a Pil Mo, inchinandomi in segno di rispetto, per poi procedere subito ad appoggiarmi il ghiaccio in fronte.
«A me non ringraziarmi, eh!» rise quell'odioso di Eun Woo.
«Hai fatto solo il tuo dovere, quindi il tuo cellulare mi spettava di diritto» dissi, acida, e lui di tutta risposta mi sorrise di nuovo.
Aish! Come faceva a farmi tutte quelle facce sorridenti nonostante gli stessi tenendo il broncio da quando lo avevo visto?! Che nervi!
«Bene, uisanim, ora noi dobbiamo davvero andare. Grazie di tutto. Ti saluto!» parlò Eun Woo, avviandosi verso la porta, dopodiché Pil Mo ci raggiunse e ce l'aprì, facendoci uscire.
«Statemi bene, ragazzi!» ci salutò con un cenno della mano, per poi richiudere la porta.
Non appena fummo usciti e rientrati in macchina, Eun Woo mi chiese: «Adesso devo passare un attimo a casa mia, ma... prima le donne: dove vuoi che ti riporti?».
«Tu vivi qui?!» esclamai, sorpresa.
«È solo la mia villa per vacanze, ci vengo in estate per rilassarmi, o, come in questo caso, quando sono in tour a Jeju» mi spiegò, come se fosse la cosa più normale del mondo essere degli idol ricchi sfondati. «Tornando a noi, quindi?»
«Potresti riportarmi anche a casa, ma forse è meglio davanti alla discoteca di prima, dato che ho parcheggiato lì l'auto di mia nonna, e non vorrei che si insospettisse se non la vedesse in garage domani mattina» gli suggerii saggiamente io.
«Come vuoi» annuì lui, per poi risistemarsi la mascherina in volto e mettere in moto.
Sospirai, ma, per qualche strano motivo, nonostante questa disastrosa serata stesse finalmente per finire, stentavo a sentirmi completamente sollevata.
Non riuscivo a spiegarmi questa mia strana sensazione.
Era troppo per me reggere il peso di possedere un cellulare da fighetti, dato che ora ero io a sentirmi in debito con lui, o c'era sotto qualcos'altro?
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