Capitolo 30
Sento le pareti del mio cranio tremare, sgretolarsi fino alla punta dei denti. Che stridono e mordono la carne nella bocca.
Scappo, corro verso le scale per evitare che tutti mi vedano. Che vedano le lacrime, i miei occhi rossi, l'interno dell'involucro vuoto che è il mio corpo. Perché tutto l'amore sta uscendo fuori, quel liquido dolce amaro che si scioglie nella gola per poi creare un tappo. Mi manca l'aria mentre le immagini di quel disgustoso bacio si fanno sempre più grandi intorno a me. E come se lo vedessi dietro ogni quadro, in ogni altro angolo di questa maledetta casa.
«Bill!».
È la voce di Chris che mi chiama. O forse è quella di Ellie. La devastazione nella mia testa è troppo caotica per distinguerla.
Ma devo fuggire. È l'unica certezza che ho. Prima che il mondo mi crolli addosso o che la terra si sgretoli da sotto i miei piedi.
Non so nemmeno dove sto andando, che sto facendo, quando mi ritrovo all'improvviso fuori dalla casa dei Wilson. Avverto una presenza alle mie spalle e il cuore mi si ferma in gola.
La mano di Chris mi prende per la spalla e mi costringe a voltarmi.
«Non mi toccare!», urlo con tutto il fiato che ho nei polmoni.
«Bill, ascoltami!».
Non ho il coraggio di guardarlo negli occhi. Fisso fermo il terreno e mi allontano. La sua presenza ora è veleno, rende l'aria tossica. Irrespirabile.
Mi costringo a correre, ad attraversare la strada e a raggiungere il retro del quartiere, circondato da boschi e campagne.
«WILLIAM!». È ancora dietro di me. «Fermati, cazzo!».
E magicamente, quelle parole hanno il potere di bloccarmi.
Sento il suo fiatone e mi giro nella sua direzione. È piegato in due, con una mano sul cuore e l'altra sul ginocchio. Da questa posizione, intravedo la nuca, il principio dei suoi biondi capelli che ruotano in circolo in un moto perfetto.
La luce della luna ne esalta i riflessi, disegnando lamine argentee che si riverberano sul suo pallido viso. Quel viso che ho...
Che detesto.
Perché mi sono aperto a lui e mi ha tradito così.
«Ti posso spiegare... Mike ha...».
«Basta!». Stringo i pugni lungo i fianchi e saldo la presa sul terreno. «Mi fai schifo!».
«No, Bill. È stato Mike! Ha fumato e si è buttato su di me...».
Non riesco a sentire quelle parole e mi tappo le orecchie con le braccia cercando di dimenticare quello che ho visto, ma... «Va bene così! Torna dal tuo Mike e fate tutto quello che volete».
«Cosa?!». Chris cerca di avvicinarsi, ma io lo scanso e gli do le spalle.
«Va bene così! Tanto ero venuto a dirti che è finita».
«Ma sei impazzito?», sbotta lui afferrandomi le spalle e costringendomi a guardalo.
«Ho detto di non toccarmi!».
Chris spalanca gli occhi e allarga le braccia come se avessi detto un'assurdità. «Io non ti capisco proprio! Ho fatto di tutto per farti aprire con me! Sono stato calmo, paziente, assecondando tutte le tue esigenze! Ma non è mai abbastanza!».
Quelle parole mi feriscono, più di quanto avrei voluto. Lasciano solchi amari sulle mie guance, lacrime che non riesco a fermare.
«Tu non capisci!».
«Oh, certo che non capisco! Perché tu non vuoi dirmi niente!». Un lampo oscuro compare nei suoi occhi. «Oh, ma non importa. Basta che non offendiamo il povero Bill, o non lo tocchiamo o non parliamo troppo perché altrimenti si sente male...».
«Smettila!».
Cade un silenzio improvviso. Una scarica di sguardi che non riesco a sopportare. Ma lo lascio andare. Lascio andare quella forza, quell'ombra che mi porto dietro da tempo.
«Non voglio che tu faccia la fine di Josh...».
«Josh?». Lo colgo di sorpresa. «E ora chi è questo Josh?».
Ormai ho parlato, non posso tirarmi indietro. «L'unico che mi abbia mai amato».
«L'unico?!», ribatte con stizza. «Quindi come sospettavo... io per te sono il nulla!».
Non riesco a comprendere quello che mi dice. «Io non...», balbetto.
«Stai zitto!», sbotta con un gesto della mano. «E vai a farti fottere da questo Josh!».
Questa è l'ennesima goccia. L'ira esplode in ogni fibra del mio essere. Sento le mani formicolare, prudermi. E mi lancio verso di lui, sul suo petto, iniziando a picchiarlo con forza. «Sei un'idiota! Un'idiota! Non capisci un cazzo!».
Mi blocca per i polsi e mi spinge indietro. Il suo contatto è rovente e mi suscita disgusto ed eccitazione. Vorrei abbracciarlo e continuare a picchiarlo finché ne ho la forza.
Finisco contro un tronco, lui mi sovrasta, insieme alle tenebre della radura in cui ci siamo ritrovati. «Ora finiscila! Scommetto che ti ha lasciato perché sei solo un bambino! Perché non te ne ritorni da lui e mi lasci in pace?!».
«PERCHÉ È MORTO!».
La mia voce è un ruggito che mi graffia la gola. Il silenzio scende ancora e lui si allontana. Le mie braccia cadono lungo i fianchi, ma questa volta le mani sono sciolte e la schiena scivola verso il terreno. Appoggio la testa al tronco, lasciando che i singhiozzi ingoino la mia voce. «Lui è morto... per colpa mia...».
Resta immobile, in silenzio, ma i suoi occhi grigio-azzurri sono puntati fermi nei miei. Non scappano.
È così decido di dargli ciò che vuole. Rompo il silenzio. Confesso con la voce che si spezza a ogni singulto. «Ci siamo conosciuti al liceo, ci siamo innamorati, ma lui non approvava».
Non dico il suo nome, ma Chris sa a chi mi riferisco.
«Aveva iniziato a sospettare qualcosa... Mi rifiutavo di andare... a letto con lui, ero distante... con la testa da un'altra parte... E lui era sempre più arrabbiato, più violento, più ubriaco. Ma io nascondevo tutto, non facevo capire niente a Josh».
Alzo lo sguardo sperando che Chris mi dica qualcosa, ma mi lascia parlare e io proseguo come se la diga che aveva intrappolato quelle parole si fosse ormai crepata da tutte le parti. «Un giorno... lui...».
«Tuo padre?». La voce di Chris mi interrompe, roca.
Mi limito ad annuire. «Mi aveva picchiato... e Josh aveva capito tutto, non potevo nasconderlo e si era arrabbiato. Poi un giorno è venuto a casa mia». Un mesto sorriso si apre sul mio viso a quel grigio ricordo. «Voleva salvarmi! Come una principessa dalla sua torre nera, ma mio padre era lì, ubriaco».
I miei occhi si perdono nel vuoto. Le immagini prendono forma e mi ritrovo nel salotto di casa, in un pomeriggio qualunque, con la TV accesa.
«Era sul divano, con una birra in mano. Quando ha visto entrare Josh è andato su tutte le furie. Sono venuti alle mani... poi Josh è caduto a terra...». La vista mi si riempie di lacrime. «Ha iniziato a riempirgli la faccia di schiaffi. Un pugno dopo l'altro! Un pugno dopo l'altro! E infine, ha preso la bottiglia e gliel'aveva spaccata in testa. C'erano cocci di vetro ovunque... sangue... pensavo fosse morto... ma Josh si rialza... cerca nuovamente di liberarsi, ma lui lo prende per la gola e inizia a sbattergli la testa contro il pavimento mentre io restavo immobile. Terrorizzato. Josh mi fissava nella speranza che facessi qualcosa, ma non riuscivo a muovermi. E la sua testa continuava a sbattere contro il pavimento finché il cranio non...».
Alzo di poco lo sguardo per vedere se Chris è ancora qui. Vedo le sue gambe, i suoi piedi ancora fermi davanti a me. Ma non ho il coraggio di indagare oltre per cercare i suoi occhi. Mi sento colpevole, ora più che mai.
«Mi ha detto di restare muto. Di non dire niente a nessuno... Ha caricato il corpo di Josh nel furgoncino e mi ha fatto salire con lui. Siamo andati nel bosco... e lì lo abbiamo seppellito... mi aveva detto che se avessi fatto qualcosa, avrebbe ucciso anche mia madre e poi me... e poi...». La mia voce si interrompe ancora e vengo assalito da spasmi incontrollati che mi fanno quasi vomitare.
«William...», mi chiama Chris e la sua voce è più dolce, preoccupata.
Ma devo dirglielo. Deve saperlo... fino in fondo.
«Basta... va bene così».
Ma scuoto la testa volgendo lo sguardo altrove. «Non contento... mi ha preso lì...».
«Basta...».
«Mi ha abbassato i pantaloni... mi ha tappato la bocca e ha iniziato a spingermi la testa contro la terra in cui lo avevamo seppellito...».
«BASTA!».
Chris mi tappa la bocca. All'improvviso me lo ritrovo in ginocchio davanti a me, con gli occhi lucidi e un sentimento di paura nello sguardo. Almeno questo è quello che mi sembra di interpretare...
Forse ho sbagliato. Forse avrei dovuto restare in silenzio. Non andare oltre... Ma ormai ho finito le parole. E anche le lacrime.
Si allontana, ma neanche lui sembra saper cosa dire.
«Sei contento?». C'è una nota di amarezza nella mia voce e mi chiedo perché risulti così sgradevole. «Dimmi, ora che sai chi sono veramente, credi ancora che io sia innocente?».
Esita. Chiude la bocca e trattiene il respiro.
«Come pensavo...». La mia voce si rompe e le lacrime che pensavo di aver finito ritornano a sgorgare sulle mie guance come una fontana.
Mi alzo di scatto, con il cuore che fa un tuffo su se stesso, sprofondando nel vuoto che io stesso mi sono creato.
Vedo che prova ad avvicinare una mano, un misero gesto di compassione, ma non posso più sopportarlo. Non posso sopportare il suo tocco, la sua vista, il suo sguardo.
E fuggo via. Fuggo da quegli occhi che mi hanno rapito, da quelle labbra che mi hanno fatto sorridere e da quelle mani che mi hanno abbracciato.
Corro indietro, avanti, verso dove riesco ad arrivare. Giungo a una staccionata, scavalco, ritrovandomi nel cortile di una casa.
Vado oltre, furtivo, incurante del giardino che sto calpestando e mi ritrovo in mezzo alla strada.
Qui, il suono di un clacson mi mette in allerta, e il fischio assordante ha il potere di paralizzarmi.
Vedo due fari di luce accecarmi. Tremo.
L'auto si ferma in tempo, colpendomi le gambe. Il mio equilibro si spezza e mi ritrovo rovinosamente a terra, con il viso contro le feritoie del radiatore.
Sembra tutto surreale. È successo veramente a me? Non lo sto capendo. Non capisco dov'è il mio corpo, dove sono le mie gambe e dove toccano le mie mani.
Il respiro si fa pesante, frenetico, mentre le orecchie mi pulsano come la pompa di un motore. Sento un clack, uno sportello che si apre. Dei passi che strisciano contro l'asfalto e due occhi che si avvicinano.
Due occhi neri, scuri. Piccoli e minacciosi.
Un volto languido, un'espressione lasciva. Ho paura.
Non mi sono mai fidato di lui. E ora so che niente ormai potrà salvarmi dalle sue mani.
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