Capitolo 3
Ho imparato a giocare con il bambolotto, ma lo faccio di nascosto, quando mamma non c'è e io e papà siamo soli. Gli curo i vestiti, gli do da mangiare.
Ora gli spazzolo i capelli. Papà mi ha regalato una spazzola. Lo faccio piano, come lui mi ha insegnato. Lo faccio bene, mi sento concentrato, ho fatto un buon lavoro.
Sollevo il bambolotto vestito da ninja e lo faccio vedere a papà.
Lui è seduto in mutande che guarda la TV, ma non ci sono i cartoni. Sullo schermo, un uomo e una donna fanno la lotta sul letto. La donna sembra soffrire e mi cruccio. Non capisco cosa succede, ma rimango ipnotizzato dalla scena finché il bambolotto non mi cade dalle mani.
Papà se ne è accorto e spero non mi faccia del male. Ha la fronte imperlata di sudore. Mamma è al lavoro e in casa fa tanto caldo.
All'improvviso, spegne la TV e sorride. Allora mi fa segno di avvicinarmi e mi faccio strada tra i mattoncini colorati delle costruzioni. Mi prende in braccio, stringendomi tra le sue forti cosce. Il suo pelo mi graffia la pelle, ma non mi dà fastidio. I miei occhi sono persi in lui, nelle iridi azzurre, come le mie.
Papà continua a sorridermi. Mi dice che sono bravo. Ora ha preso le mie mani. Le sbatte tra di loro come un applauso, poi un bacio sulla guancia. Sento un calore alle guance, sono felice. Lui è con me e mi avvolge nel suo amore.
Mi tira per i polsi e le mie dita toccano il suo viso. Ho un po' di solletico, la barba è ruvida, ma non importa. Lui sta sorridendo e io gli tiro le guanciotte.
«Vuoi bene a papà?».
Apro gli occhi di scatto, sentendo ancora quel nodo alla gola.
Scuoto la testa, cancello i pensieri. Non voglio pensare al passato. Sono pronto.
Mia madre era così felice quando le ho detto che uscivo con dei nuovi amici... Nonna Kathy non ha fatto altro che parlare bene dei Wilson e del loro figlio, Chris. Vivono in quella grande casa vittoriana, alla fine della strada, da quando ne ha memoria. Il padre è un medico e lavora all'ospedale di Seattle, la moglie, invece, aveva fatto la bibliotecaria per molto tempo fino a quando non ha deciso di dedicarsi alla famiglia. Chris ha la mia età e, a detta di nonna Kathy, è un ragazzo d'oro. Suona la chitarra nel gruppo insieme a Ellie. Anche lei è una brava ragazza, sempre gentile e disponibile. L'unica nota di demerito era stata per i gemelli. Due pesti fin da bambini: una volta le avevano dipinto la casa con dei grossi fiori viola su tutta la facciata.
Sono contento. Ho un po' di ansia. Non ho avuto neanche il tempo di metabolizzare l'accaduto, che mi ritrovo a uscire con degli sconosciuti. È successo tutto così in fretta da non rendermene conto. Ho solo paura di diventare rosso quando incontrerò i ragazzi. Non ho fatto quella che si poteva dire... una buona impressione. A parte su Chris, visto che mi ha invitato a uscire con loro.
Sono stato il resto del pomeriggio in iperventilazione, cercando di non farlo notare a mia madre e a mia nonna. Mentre mi preparavo, le vedevo confabulare di sottecchi verso di me come due vecchie pettegole e quando provavo a chiedere cosa c'era che non andasse si limitavano a sorridermi.
So che mia madre è felice e, sinceramente, non la vedevo così da tanto, tantissimo tempo. Partire ci ha fatto bene.
Indosso dei jeans corti, una camicia, una giacchetta blu e il mio paio preferito di scarpe. Prendo il telefono in mano e controllo l'orario. Sono le 7.59 minuti. Chris sarà qui a momenti. Mi chiedo cosa gli dirò, che faccia farò, come andrà il resto della serata. Voglio sembrare il più normale possibile. Non devono capire che ho dei seri problemi con me stesso. Mi sto giocando la vita sociale, penso sarcasticamente.
Il campanello suona. Sono le otto. Sorrido.
«Puntuale», sogghigna mia madre dalla cucina.
«Te l'ho detto che era un bravo ragazzo!», annuisce mia nonna. «Su, Bill, aprigli la porta!».
Non mi faccio pregare, ma esito un momento prima di abbassare la maniglia. Tiro con forza e me lo ritrovo davanti, avvolto dalla luce soffusa della veranda. È poco più alto di me e mi guarda a bocca aperta. Non so se è per quello che indosso o forse perché ho qualcosa in faccia, ma rimango anch'io a fissarlo. Indossa anche lui una camicia azzurrina a maniche corte con un dolcevita legato sulle spalle. Si è fatto i capelli e noto un bracciale nero al polso insieme ad altre catenine e braccialetti dell'amicizia. Porta persino un anello argenteo al dito medio.
«Ciao», mi dice.
Provo a rispondergli, ma esce fuori solo un verso strano dalla mia bocca. Per fortuna nonna Kathy e mia madre arrivano in mio soccorso.
«Entra, caro!», lo invoglia mia nonna a braccia aperte. «Come stai?».
«Buonasera, signora...», risponde Chris abbracciandola.
«Ma quale signora!», brontola con le mani ai fianchi. «Ti ho detto mille volte che puoi chiamarmi Kathy».
Vedo le guance di Chris diventare rosse.
«Lei è la madre di Bill?».
Mia madre annuisce con un sorriso pieno di gioia. «Tanto piacere, Chris, io sono Martha!».
«Vuoi assaggiare i biscotti che ho fatto?», propone nonna Kathy correndo in cucina.
«No, no...», protesta il ragazzo. «Non c'è bisogno... dobbiamo andare. Faremo tardi con gli altri».
Mia nonna torna con un cestino pieno di biscotti al cioccolato. «Suvvia, solo uno».
Chris sorride divertito e accetta volentieri. Fa dei complimenti alla cuoca e poi insiste per andare.
Mia madre mi avvolge in un abbraccio e mi dà un bacio. «Stai attento», mi sussurra all'orecchio e mi lascia andare.
Chris è già fuori, sotto la veranda che mi attende con le mani nelle tasche. «Andiamo?».
Annuisco e attraversiamo il giardino, oltre il cancelletto.
La strada è illuminata da lampioni eleganti e contornata dalle macchine parcheggiate. Non c'è quasi nessuno, se non qualche ragazzino che gioca al pallone. Dalle case e dalle finestre illuminate, si sentono risate, canzoni, giornalisti alla TV. Avverto anche un odore: qualcuno sta arrostendo una bistecca.
«Va tutto bene?», mi chiede Chris osservandomi di lato. «Sei un tipo silenzioso...».
Arrossisco. Mi rendo conto di stare un po' troppo con la testa fra le nuvole. Per fortuna l'ombra nasconde il mio viso e non può vedere la mia vergogna. Non ho il coraggio di alzare lo sguardo verso di lui, perciò fisso il marciapiede davanti a me.
«Non sono...», impasticcio. «Non sono bravo a parlare».
«Non avevi molti amici da dove vieni, vero?».
Non ho voglia di rispondere a questa domanda, mi limito a scuotere la testa.
«Posso avere il tuo numero?».
Alzo la testa, lo guardo. «Il mio numero?».
«Sì, così possiamo tenerci in contatto».
«O-ok...», sospiro.
Mi sento un coglione! Perché sono così bloccato? Non ricordo di sentire una sensazione simile da anni ormai e mi sorprendo che mi stia ricapitando. Ho paura. Non voglio che finisca come l'ultima volta, eppure questo ragazzo mi sta facendo uno strano effetto. Le mie mani tremano quando gli porgo il telefono. Lui inserisce il suo numero e lo fa squillare.
«Perfetto!», esclama sorridente. «Ora sbrighiamoci o Ellie ci ucciderà! Quando ha fame diventa irascibile».
Annuisco.
Proseguiamo per la via principale di Heaven's Hill senza dire una parola. Chris sembra tranquillo e non nota il nervosismo che ho addosso. Sto tremando, anche se non per il freddo. Sono solo agitato perché voglio fare bella figura.
Raggiungiamo la piazza principale dove sta la caffetteria all'angolo in cui ci siamo incontrati. Il Merlot è poco più avanti, in una via secondaria, e scopro essere un pub frequentato da ragazzi. C'è una grande folla fuori che parla, fuma o beve, sotto le luci al neon dell'insegna.
Ellie e il suo gruppo ci aspettano all'ingresso. Come sospettava Chris, la ragazza ha un'aria seccata.
«Che cosa avete fatto?», si lamenta. «Ciao, Bill!».
«Ciao ragazzi», rispondo trovando coraggio.
«Scusaci», supplica Chris abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia. «Ma la nonna di Bill ha insistito per farmi assaggiare i suoi biscotti».
«Buoooni!», esclamano i gemelli all'unisono. «I biscotti di zia Kathy sono la fine del mondo», aggiunge Kevin. O è Jordan? Non riesco ancora a distinguerli.
Noto che non c'è l'altro loro amico, quello che non si è nemmeno presentato. Ho paura che mi sbuchi nuovamente alle spalle provando ad abbracciarmi o qualsiasi altro approccio fisico.
«Tranquillo», mi fa Ellie come se avesse intuito la domanda sul mio volto. «Non abbiamo invitato Mike. Quello è bravo solo a rompere...».
«Dai, è mio cugino!», protesta Chris.
Suo cugino... quindi hanno un legame. Me lo ritroverò spesso in giro.
«Su entriamo, ho voglia di un cheeseburger!», comanda Ellie entrando per prima.
I gemelli la seguono, ma io rimango fermo dietro la lunga fila.
«Non vieni?», mi chiede Chris girandosi con aria curiosa.
Scuoto la testa. Non posso affrontare un posto così stretto. Tutti quei corpi, quelle mani, quella braccia... il solo pensiero che possano sfiorarmi mi fa venire da vomitare.
«Bill, tutto ok?». Chris continua a fissarmi, si avvicina ma non mi tocca. Ha capito che non voglio. «Sei tipo... claustrofobico?».
«S-sì...», balbetto imbarazzato. «Scusami».
«No, ma che dici? Se vuoi aspetta qui, ti prendo un panino io. Come lo preferisci?».
«No... forse è meglio che torno a casa», mi ritrovo a dire, ma perché?
«No, aspetta!». Mi afferra il polso, come questa mattina, ma stavolta resisto all'impulso di sottrarmi.
Al contrario, mi lascio pervadere da quell'elettricità che mi sta inchiodando i piedi al suolo. Non mi ero mai sentito così prima d'ora. È qualcosa di nuovo, diverso rispetto al passato. Sto combattendo con me stesso per cercare di capire, mentre lui mi fissa con i suoi occhi, ora blu.
«Ti prego», mi sussurra. «Non te ne andare».
Rimango colpito da quelle parole, quasi fossero un pugno dritto allo stomaco. La mia mano trema sotto la sua presa e mi lascia andare.
«D'accordo, aspetto qui».
«Ok», sorride sereno. «Come lo vuoi il panino?».
Faccio spallucce. «Come vuoi tu...».
«Perfetto!», esclama con un pollice all'insù. «Aspettami qui. Il tempo che ordino e arrivo. Torno subito».
Annuisco mentre s'incammina dentro, in mezzo alla folla.
Porto il polso che mi ha stretto alla mano e sento ancora quella scossa di adrenalina in tutto il corpo. Com'è possibile che mi senta così eccitato? Ero venuto qui per dimenticare e invece il mio corpo vuole esplorare nuove emozioni.
Mi allontano di qualche passo dalla gente fuori dal pub, al sicuro dal fumo passivo delle sigarette. Prendo il mio telefono e controllo l'orario. No... non lo sto davvero guardando. Non voglio sapere il tempo che mi resta da qui alla fine della serata. Quando lui tornerà, voglio restare al suo fianco e sentire i suoi occhi su di me.
Sorrido, alzando lo sguardo verso il cielo.
Non me n'ero accorto da quando sono venuto, ma la vista è pazzesca.
Ci sono le stelle qui.
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