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Capitolo 27

25 giugno 2011

È l'odore di menta che mi risveglia, il dolce fruscio degli alberi oltre la finestra, fuori dalla coperta di braccia che mi avvolge.

Ho la testa così pesante che mi sembra di aver dormito per giorni. E forse è così.

Quello che sto vivendo è chiaramente un incubo. Né il passato né il presente mi lasceranno respirare. Adesso, è persino peggio di prima.

E poi lo sento sospirare, e per un attimo mi sembra di ritrovarmi nell'abbraccio di Josh. Questo momento è così simile a quello del mio sogno che sento un nodo alla gola, un cappio che mi trascina a terra come un cane.

«Bill?».

Sento le sue labbra sulla mia guancia, la pesantezza del suo respiro accompagnato da una voce rauca. Ma è la sua, so che è la sua.

«Chris...».

Mi volto e i suoi occhi sono aperti su di me, due lucenti pietre azzurre e grigie in cui mi vedo riflesso. Non è la prima volta che mi risveglio nella sua stanza, con quell'armadio pieno di adesivi, le tende arancioni e il lampadario a forma di aeroplano, eppure questo luogo, che è il suo rifugio, non mi è sembrato mai così bello. Mi piace stare qui, tra il calore delle sue gambe e l'intensità del suo sguardo. In questo momento, niente potrebbe allontanarci: né un soffio di vento, né un terremoto.

«Buongiorno...», mi saluta con un altro bacio sulla guancia. «Come stai?».

«Adesso, bene».

Ed è vero. Non ho pensieri, non ho bisogni. Quasi quasi, neanche ricordo il motivo per cui sono sprofondato nell'oblio.

Quasi...

«Come sono finito qui?», chiedo, cercando di rimembrare gli ultimi istanti di lucidità.

C'erano solo le dure parole di mia madre, la verità di quella disgrazia e il mio corpo che cade per terra. Ora che ci penso, sento un dolore alla testa e per istinto mi massaggio la nuca indolenzita.

«Ti fa male?», chiede Chris osservando il bernoccolo che mi è spuntato. «Mi dispiace, per quello che è successo».

«No...». Non voglio sentire queste parole, non voglio ricoprirmi di compassione. Voglio solo il suo calore, il suo abbraccio. Voglio abbassare la testa, sprofondare nel suo petto e dimenticarmi che non appartengo a questo luogo.

E Chris legge i miei pensieri, o almeno è quello che credo. Mi afferra nella sua morsa, tra le gambe e le braccia, e la punta del mio naso preme contro il suo turgido capezzolo. È così strano stare qui. Qualche giorno fa, non mi sarei lasciato nemmeno sfiorare e adesso non posso fare a meno del suo tocco. Addirittura, la sua assenza mi farebbe paura.

Cosa potrei fare adesso? Preferirei fuggire via con lui, correre mano nella mano, baciarlo dalla notte al mattino.

Fino a non sognare altro che i suoi occhi e le sue mani sulla mia pelle.

«BUONGIORNO!».

La porta della stanza si spalanca con un forte tonfo e rimbalzo oltre il bordo del letto per lo spavento. Mi tiro giù la coperta e parte delle lenzuola, mentre sento i piedi di Chris poggiare per terra.

Mi ci vuole qualche secondo per comprendere cosa è appena successo.

«MIKE!», urla Chris e il suo tono di voce è infastidito. «Che diavolo ci fai qui?».

«Uuh, vedo che sei di compagnia... Poteva dirmelo, Jocy».

Ma che diavolo sta succedendo? Combatto a braccia spiegate con le lenzuola e finalmente mi libero da quell'abbraccio soffocante. La vista si apre su Chris seduto sul bordo del letto, i piedi nudi che tremano nervosamente contro il parquet e le mani strette alle ginocchia. Il suo sguardo è fisso, serio, direi persino preoccupato sulla figura davanti a sé.

E così mi volto sul ragazzo che è appena entrato nella camera di Chris, spezzando la quiete in cui ci eravamo rifugiati. Mike ha la solita espressione di sufficienza, la posa delle braccia in segno di autocompiacimento.

Mi chiedo cosa diavolo ci faccia qui e perché sia entrato in questo modo nella camera di Chris. D'accordo, sono cugini, ma penso ci sia un limite a tutto. E se eravamo nudi in procinto di fare qualcosa?

Lo sento divampare. È dentro di me, quell'oscura presenza uniforme che fluisce nelle vene. È un grido di rabbia, un fuoco che brucia dentro e mi spinge alla pazzia. Perché quello sguardo superficiale è rivolto a me, quelle sopracciglia arcuate in segno di disappunto sono per me. È una sfida quella che leggo nel pozzo profondo dei suoi occhi neri, un odio maligno. Reciproco.

«Quindi la cosa è seria... Pensavo che i tuoi gusti fossero cambiati...», commenta con un tono sprezzante.

A quel punto, Chris si riprende dallo shock iniziale e finalmente lo vedo prendere una decisione a riguardo. Si alza, mi tende una mano e mi aiuta a liberarmi dalle coperte. «Mike... che vuoi? Non è normale piombare così nella mia stanza...».

Mike scoppia a ridere, una risata acuta, da civetta. «Ma è quasi mezzogiorno, quanto ancora avevi intenzione di dormire? E poi quante volte sono piombato a sorpresa nella tua stanza, eh? Ci siamo divertiti, no?».

Mike afferra il collo di Chris con un braccio, lo tira a sé, gettandosi sopra il letto sfatto. «Su, saluta per bene il tuo cuginetto!».

Lo riempie di baci sulla guancia, nonostante l'opposizione di Chris.

Mi sento male, mi viene da vomitare. Il pulsare alla testa è nulla in confronto. Avverto le mani che tremano, i battiti che accelerano e i miei occhi riempirsi di veleno. Se avessi potuto, lo avrei incenerito con uno sguardo. Vorrei urlare di togliere quelle manacce da Chris, di smetterla di baciarlo, ma c'è qualcosa dentro di me che mi frena. È una sensazione ambigua, lasciva, che mi disgusta. Cos'erano quelle parole? Che voleva intendere Mike?

Alla fine, Chris si allontana, cacciando via il cugino in malo modo, ma ormai mi sento di troppo.

«Devo tornare a casa», annuncio a bassa voce.

«Come?», chiede Mike. «Devi parlare più forte, Bill, altrimenti non ti sento...».

Continua ad avere quel sorriso stampato sulla faccia, uno sguardo di sfida mentre accavalla le gambe e accarezza le lenzuola del letto.

«Ho detto che devo andare», rispondo, e quasi non mi accorgo dell'acidità nella mia voce.

«Bill, tranquillo, fa solo lo stupido come sempre», mi dice Chris. «È un'idiota!», continua rivolgendosi a lui.

Mike avvicina un dito alle labbra guardando in aria come se stesse per partorire chissà quale ragionamento filosofico. «Come vuoi, Chris. Ero semplicemente venuto ad avvisarvi della cena di questa sera. Ovviamente, già che ci sei, puoi venire anche tu, Bill».

Odio il modo con cui Mike sottolinea il mio nome.

«Quale cena?», chiede Chris a braccia conserte.

Nel frattempo prendo le mie scarpe finite sotto al letto e le indosso celermente.

«Zia Jocy sta organizzando una bella festa in famiglia, più qualche amico», spiega Mike. «Ci divertiremo... io ho già invitato la band».

Chris sembra infastidito da questa notizia. Non voleva che suo cugino informasse i suoi amici, oppure non gli piace l'idea di una cena in famiglia. Per quanto mi riguarda ho tutte le intenzioni di partecipare. Fosse stata una semplice cena in famiglia mi sarei ritirato come l'ultima volta. Non sono proprio dell'umore, specialmente con mamma in prigione. Eppure, ci sarà Mike e i suoi genitori, e qualcosa mi dice che non sarà una serata tranquilla.

«D'accordo», rispondo prima che Chris possa protestare.

«Ma...».

Mike invece sembra compiaciuto. «Davvero? Ottimo! Allora a stasera... piccioncini...».

Chris rifila un'altra occhiataccia a suo cugino, mentre mi invita a uscire dalla sua camera. Scendiamo insieme le scale e percepisco rumori provenire dalla cucina. La madre di Chris è in casa e si sta dando da fare tra i fornelli. Parla con qualcuno, un'altra donna, ma non riesco a vederla.

Con il suo indice sulle mie labbra, Chris quasi mi spinge via verso la porta, e una volta fuori pericolo, tira un sospiro di sollievo.

«Scusami», mi dice. «Non vorrei che mia madre facesse qualche strana domanda».

Sinceramente, la madre di Chris è l'ultimo dei miei pensieri.

«E scusami anche prima... con Mike». Lo vedo in difficoltà, mai come prima. «A quanto pare i miei zii sono tornati per mettere in scena il loro status sociale».

«Non è un problema...», mi limito a dire.

«Allora stasera vieni davvero?».

Quella richiesta mi sorprende. Ripeto: non sono proprio dell'umore giusto, ma non permetterai mai a Mike di prendermi in giro e fare quello che vuole intorno a Chris.

«Sì, certo!», rispondo con fermezza. Devo marcare il territorio, anche se questo non l'ho detto.

«Perfetto!», esclama Chris con un sorriso.

Annuisco mentre rifletto sulla presenza di Ellie e i gemelli. Sapere che ci saranno anche loro a questa festa mi conforta. Almeno avrò qualcun altro con cui parlare.

«Allora stasera alle sette! E... Bill?».

«Sì?». Mi soffermo sulla curva delle sue labbra.

«Se ci sono problemi, chiamami! Per qualunque cosa».

Ecco, credo sia questo il motivo per cui l'ho lasciato entrare dentro di me, per cui ho abbassato la mia armatura. Ha quel bianco sorriso, quegli occhi lucenti, puri, innocenti. Non come i miei. La sua è una luce vibrante, ridente! È un'oasi che brilla nel deserto, un diamante che acceca le stelle. E il mio manto nero come la notte, che non conosceva altro che il buio, adesso, quando non sta con lui, attende solo l'inizio del giorno.

«Va bene», rispondo con un sorriso, e potrebbe andar bene così, io che lo saluto con l'immagine delle sue labbra impressa nei miei occhi.

Ma Chris mi afferra il volto tra le mani, incurante del fatto che qualcuno per strada possa notarci, e mi bacia. Accosta le sue labbra alle mie e le riaccende, come un tenero raggio di sole che invita i suoi fiori a rinascere.

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