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Capitolo 13

La mattina seguente, è il rumore della pioggia a svegliarmi. Il tempo non promette proprio bene e prevedo un lungo periodo di reclusione in casa.

Il telefono sul mio comodino vibra per un secondo. È Chris.

"Buongiono", mi scrive con l'emoticon del cuore blu.

Mi strappa un sorriso. Dopotutto, non è male come risveglio. Rispondo con un semplice "grazie, anche a te", e ritorno al tepore delle coperte.

Non voglio alzarmi, mi sento incredibilmente stanco e sento un leggero dolorino alle cosce, all'altezza dell'inguine. Forse ho messo troppa forza quando ero sulla moto con Chris...

Chris... Il suo volto è sospeso nei miei pensieri. Non so cosa mi stia facendo, ma questa notte... questa notte non ho avuto incubi. Non ci sono state mani o braccia attorno alla mia vita, né fasci di tenebre, né occhi di ghiaccio a penetrarmi l'anima fino a smettere di respirare. Questa notte, la mia testa ha avuto un attimo di pausa. C'è stato solo il silenzio.

Il silenzio è la mia benedizione.

Vorrei premere un tasto, a volte, e non sentire più nulla.

Ma non questa mattina. Questa mattina, oltre al silenzio, c'è una strana pace. Una pace distratta solo dal ticchettio della pioggia contro la finestra.

Il telefono vibra ancora e sospetto sia lui.

"Come stai? Hai dormito bene?".

"Sì, molto bene, grazie".

"Spero ti sia divertito ieri... Nonostante tutto :/".

È ancora preoccupato e mi fa sorridere: "Stai tranquillo, ho già dimenticato il tuo tentativo di omicidio lol".

"ah-ah-ah che siamo spiritosi... Questo significa che hai veramente dormito bene".

Già, e non sai quanto... credo che potrei abituarmi a questo, o forse no. Dovrei andarci con i piedi di piombo. So che adesso è diverso, ma non voglio commettere gli errori del passato.

Alla fine decido di alzarmi. Butto ai piedi le coperte e mi stiracchio un po'. Penso a cosa potrei fare per passare il tempo. Intanto una buona colazione, poi mi vestirò e...

Un nuovo messaggio da Chris: "Ho visto il meteo, pioverà fino a giovedì! Spero che per il Festival si sistemerà, altrimenti non potremmo suonare!".

"È vero, è questo giovedì".

"Tu verrai a vederci, vero?".

"Certo :)".

"Bene... sono felice! Vedrai, ti piacerà la nuova canzone...".

*

Purtroppo, il tempo non ha dato un attimo di tregua. Se possibile, è peggiorato, con forti raffiche di vento e temporali che mi hanno fatto accapponare la pelle.

Il mio passatempo preferito è stato rimanere sotto le coperte o sul divano, davanti alla mia nuova TV. Alla fine ho convinto mamma a comprarne una e mi sono fatto una scorpacciata di serie televisive mentre fungevo da cavia per gli esperimenti culinari di nonna Kathy. Sta preparando una mega torta per il Festival, pregando che la pioggia e l'umidità non rovinino tutto.

Ovviamente con quel tempaccio, per me e Chris è stato impossibile vederci. Suo padre non gli lasciava la macchina e, sinceramente, non avevo tutta questa voglia di uscire. Per non parlare del suo tempo quasi del tutto rapito dalle prove della band: si riunivano tutti i pomeriggi nel garage di Ellie, provando il nuovo pezzo.

Per quanto riguarda mamma... Lei era felice. Stranamente felice. Non l'ho vista più uscire da domenica, ma continua a pulire casa canticchiando una strana canzone. Qualche volta, la scopro a parlare al telefono con lo sceriffo, anche durante i suoi orari di lavoro. Sono brevi chiamate, a volte solo per sapere come sta, ma quasi puntuali.

Non so cosa pensare. Non vorrei ritrovarmi con un altro uomo al fianco di mia madre. Non ora, non così presto. Non conosco praticamente niente dello sceriffo e non so se fidarmi o meno.

«Speriamo che smetta di piovere, stanotte», sospira mia madre pulendo i piatti. «Altrimenti dovranno sospendere tutto».

Sono seduto al tavolo della cucina, con nonna che sbuccia delle mele da mettere sulla sua torta. Non so che dirle, quindi la lascio proseguire nel suo monologo.

«Nathan mi ha detto che non potranno nemmeno montare le decorazioni. Dice che non si vedeva questo tempo per la vigilia d'estate da parecchi anni».

«Quindi è una cosa seria?», chiedo mettendola sull'attenti.

«Ci stiamo solo conoscendo...».

Osservo l'espressione divertita di mia nonna che alza un sopracciglio, squadrandola di sottecchi. «Lo sceriffo O'Donnell è un brav'uomo».

In quel momento, penso che è stata proprio nonna Kathy a farci conoscere lo sceriffo O'Donnell e a raccomandarmi con Chris. Che avesse organizzato tutto preventivamente? Non so se essere felice o spaventato dalla cosa.

«Comunque ok, per me va bene», tranquillizzo mia madre che tira un sospiro di sollievo. «Basta che non lo porti qui», aggiungo con un po' di enfasi.

Mi sento strano a recitare la parte dell'uomo di casa, fa più ridere a me che a lei.

«Non preoccuparti, siamo usciti solo una volta!».

E detto questo, l'argomento si chiude lì.

*

La mattina seguente tutte le preghiere degli abitanti di Heaven's Hill erano state esaudite. Aveva smesso di piovere dalle cinque, con le nuvole che avevano lasciato spazio al sole più caldo della stagione dall'anno scorso, o almeno questo era quello che diceva il telegiornale locale.

Nonna Kathy è strafelice e ha tirato fuori tutti gli ingredienti della sua torta alla frutta, mettendosi subito all'opera. A quanto pare, al Festival, oltre alla gara canora, c'è quella dei dolci. La torta d'estate più fresca e fruttata della giornata avrebbe vinto l'accesso gratuito al centro benessere della città per tutto un mese.

L'obiettivo di nonna era sconfiggere la sua acerrima nemica, come lei l'aveva definita quella «stronza di Miss Parker». Le aveva rubato il titolo negli ultimi tre anni, lasciandole un magro secondo posto. Ogni stagione, la signora Parker riproponeva sempre la stessa torta con la sua ricetta segreta della crema al limone e fragole, e nonna Kathy, questa volta, era pronta con la sua contro-ricetta che avrebbe stupito tutti. E io le do ragione, come sua prima cavia, posso dire che è divina!

A ogni modo, approfitto del bel tempo per uscire fuori. Dopo giorni di letargo (in cui mi pare di essere persino ingrassato), metto le mie scarpe bianche, i pantaloncini e una camicia azzurro cenere, pronto a calpestare il mondo.

Non so perché, ma mi sento entusiasta. Le cose, per una volta nella vita, stanno andando nel verso giusto. Adesso, sembriamo una vera famiglia, con mamma e nonna vicine.

Quando mi chiudo la porta di casa alle spalle, assaporo l'odore della pioggia. È qualcosa di inebriante e terribilmente rilassante. Quel pizzicore alla punta del naso che ti fa venire i brividi lungo le braccia. Se chiudo gli occhi, posso persino percepire la goccia di rugiada, fredda, che scivola sullo stelo verde dell'erba.

Attraverso il giardino di casa, ritrovandomi su Peach Road completamente avvolta da una patina di umidità. Per fortuna, c'è il sole alle mie spalle, attraverso le fronde degli alberi di pesco, che filtra e riscalda le mie membra.

È davvero l'inizio dell'estate. Lo percepisco dai colori, forti, raggianti; dal verde acceso dei cespugli, dal prato del vicino; dal giallo tortora della casa dei Prescott o dagli infissi bianchi delle finestre dei Wilson, sulle quali si riflette un cielo azzurro come il mare.

Pare che non ci sia nessuno in casa, ma non oso avvicinarmi a quel territorio. Stamattina Chris mi ha inviato un messaggio felice, dicendomi di correre da Ellie per preparare gli strumenti della band.

Decido così di proseguire dritto e raggiungere il centro della città. Sono quasi le undici, quando arrivo in piazza, completamente affollata dagli addetti ai lavori e dagli organizzatori del Festival. In un angolo vicino all'ingresso del municipio, stanno montando un palco. Sono quasi a metà dell'opera, con degli operatori che sistemano luci e casse. Probabilmente è lì che si esibiranno le band.

Tutto intorno al parco centrale, invece, vicino a una delle panchine in cui mi sono seduto la prima sera con Chris e gli altri ragazzi, sono sorte tante piccole bancarelle di cianfrusaglie, prodotti elettronici importati dalla Cina, vestiti a metà prezzo e libri tascabili. Mi soffermo un po' ad osservare, mentre dal negozio del fioraio del paese, escono due bei ragazzi della mia età che trasportano alcune fioriere verso il palco. È quando uno di loro mi saluta che mi accorgo che sono i gemelli!

«Ehi, ciao Bill!», mi saluta... beh... Kevin o Jordan!

«Ciao ragazzi!», rispondo riferendomi a entrambi. «Avete bisogno di una mano?».

Li vedo allontanarsi come due furetti. «No, tranquillo! Ce la facciamo!».

Spariscono in mezzo alla folla, mentre decido di proseguire dritto verso la caffetteria all'angolo. Anche qui davanti hanno allestito un lungo tavolo con una tovaglia bianca e dei cartoncini con su scritti dei cognomi. Presumibilmente è il bancone dei dolci per il famoso contest di cui parlava nonna. Non ho più dubbi al riguardo quando vedo una signora dall'aspetto piuttosto bislacco avvicinarsi con un carrello del supermercato. È vestita tutta di verde, con un grosso cappello smeraldo all'inglese e un rossetto viola sulle labbra screpolate. È decisamente ed evidentemente fuori forma, nonostante voglia nasconderlo con una gonna a tubino. I tacchi fucsia sono poi un colpo di classe e il gay che c'è in me inorridisce a questo crimine nei confronti della moda.

«Signora Parker», sento dire all'uomo con il fiatone. È magro quanto un filo di grano e indossa un golfino decisamente fuori stagione. «È la torta per la competizione, quella?».

La donna finge un sorriso, mostrando le fossette. «Ma certo, avete preparato il mio premio?».

Devo dire che ha una voce particolarmente squillante. Ora capisco perché mia nonna la odia.

L'uomo, uno dei giudici a giudicare dalla targhetta che porta, finge a sua volta di ridere alla battuta. «Se ci delizierà come l'anno scorso, sono più che convinto che sarà suo!».

«Lo farò!», dice impettita.

A quel punto, ignoro la conversazione e li supero, entrando direttamente nella caffetteria. L'odore di caffè e colazione mi fanno venire l'acquolina in bocca e ho già puntato il donut al cioccolato sul bancone.

Trovo posto in un tavolino per due e vedo Clary, la cameriera, avvicinarsi con un blocco note e una penna.

«Ciao, Bill! Sei tornato a trovarci!», esclama con un ampio sorriso.

«Ciao, Clary», rispondo stringendomi nelle spalle. «Sì, mi è venuta fame...».

«Bene, che cosa ti porto?».

«Mm... quel donut laggiù», indico con un dito.

«E per me un cappuccino!», urla un ragazzo che si fionda come un missile nel posto di fronte al mio.

Mi ritrovo il suo sguardo da sbruffone, quelle labbra sottili incurvate verso il basso.

Mike... il cugino di Chris si è autorizzato a sedersi al mio fianco, pensando di farmi una buona compagnia.

«Ciao, Mike!», lo saluta con entusiasmo la cameriera.

«Ciao Clary, come va?», le chiede facendole l'occhiolino.

Clary sorride imbarazzata, quindi si rifugia su ciò che ha scritto nel blocco note. «Tutto bene... Quindi, donut e cappuccino?».

«Sì», risponde Mike per entrambi, ma a me è già passato l'appetito.

Che cosa vuole da me? Perché si è seduto? Vuole tormentarmi con un'altra serie di domande invadenti alle quali non risponderò? Può scordarsi che gli dia confidenza!

«Allora, Bill, come stai? Non ti vedo da quel giorno a casa di Ellie... un vero spasso...».

Ride. Che cazzo ha da ridere?

«Devo dirtelo», continua distendendosi comodamente sulla sedia. «Mi stai simpatico... non ho mai visto nessuno fare la drama-queen come te. Se avessi avuto dubbi su qualcosa con quell'uscita di scena ce li hai risolti in un attimo...».

Mi sta provocando. E mi sta dando conferme sul comportamento di Ellie. Non la sento neanche io da quello strano pomeriggio, ma dalle parole di Chris sembrava fosse tutto a posto. Ovviamente a Mike piace giocare sporco.

«Che cosa vuoi, Mike?», chiedo stringendo forte con le dita il bordo del tavolo.

«Ecco qua». Clary arriva prontamente con le nostre ordinazioni. «Buon appetito».

«Grazie, cara», risponde Mike osservando il disegno a forma di cuore sul suo cappuccino.

La mia ciambella rimane ferma lì davanti. Non ho intenzione di toccarla, non finché Mike sarà seduto al mio tavolo.

«Non la mangi?».

«Non ho più fame...», rispondo a denti stretti.

Mike allora spalanca gli occhi e inizia a bere il suo cappuccino senza distoglierli dai miei. «Vedi, Chris è diverso da quando ti ha conosciuto... ora è tutto preso con le prove e la nuova canzone, che ho ascoltato...».

Ha ascoltato la nuova canzone di Chris prima di me. Non dovrebbe, ma mi dà fastidio.

«Sono certo che non si riferisca a te, ma vedi... non voglio che lui soffra. Perciò stai attento a quello che fai, capito?».

Si avvicina. Ha le labbra sporche di latte, ma è l'odore di erba quella che mi arriva al naso, un aromatico sapore di tabacco. Mi viene ancor di più da vomitare e vorrei sbattergli questo donut dritto in faccia.

Sono lì lì dall'afferrarlo, quando una voce ci interrompe.

«Bill!».

«Chris...», sospiro girandomi prontamente nella sua direzione.

«Ciao cuginetto, come va?», lo saluta Mike che sta per alzarsi.

Chris sembra stupito di vederci insieme. «Che ci fate qui...».

«Niente, niente...», si affretta a dire Mike facendogli l'occhiolino. «Salutavo Bill che ho incontrato per caso... ma visto che ci sei tu, ti lascio il posto».

«No, puoi restare...», insiste Chris che si siede di fronte a me.

Mike rimanda un sorriso che so essere finto. «Tranquilli, ho delle cose da fare».

È un sollievo che se ne sia andato. È stato come infilare la testa sott'acqua e trattenere il respiro. Non so perché ma Mike non lo sopporto proprio. Mi ha fatto intendere che tra lui e Chris c'è stato qualcosa, ma mi sembra impossibile. Sono cugini e poi... Chris è così dolce e generoso... Non può avere avuto nulla a che fare con Mike. Ne sono più che convinto.

«Tutto bene, Bill? Ti vedo strano... ti ha detto qualcosa che ti ha dato fastidio?».

Non voglio fare la parte di quello che ha bisogno di essere difeso. Non voglio dire niente a Chris. Se andasse da Mike a rimproverarlo per qualcosa da parte mia, lui ne approfitterebbe per prendermi ulteriormente in giro. E non voglio dargli questa soddisfazione. No... sto zitto e cerco di ritrovare il sorriso.

«Tranquillo».

Ora che siamo soli, posso spostare il mio sguardo esclusivamente su di lui. Mi manca quasi l'aria e il terreno sotto i piedi. Questa mattina ha i capelli castano-dorato particolarmente spettinati, ma in perfetta armonia con il cielo grigio-azzurro dei suoi occhi. Sembra avere la pelle più luminosa, e la mia mente varca la soglia del proibito, andando a scolpire, nell'immaginazione, il petto nudo sotto la maglietta bianca.

Rivedo la sua bellezza statuaria, le linee dei muscoli, la forma curva della sua schiena. È come se, dal lago, non ce ne fossimo mai andati.

«Ti trovo bene», mi dice appoggiando le braccia al tavolo.

Vedo che cerca un mio contatto fisico, ma sto ancora sull'attenti. L'abbraccio che ci siamo dati, per quanto meraviglioso, non significa che lo avremmo ripetuto. «Sì, grazie. Anche tu».

Prendo tempo, durante il quale i suoi occhi vagano su di me. Mi chiedo cosa stia guardando o immaginando.

«Quello non lo mangi?», chiede indicando il mio donut al cioccolato.

Ora che lo riguardo con attenzione, ha un aspetto davvero invitante e mi pento di averlo lasciato lì senza toccarlo.

Mi è tornata la fame. «Sì», rispondo leccandomi le labbra.

«Non lo fare».

Sollevo gli occhi, Chris si indica la bocca con un dito mentre sorride.

«Perché?».

Domanda stupida. Lui diventa rosso e io mi rendo appena conto di averlo provocato. «Scusa», sussurro e affogo l'imbarazzo nella ciambella.

«Comunque... Abbiamo finito le prove e abbiamo portato tutti gli strumenti che ci servono. Il pianoforte è stata la cosa più delicata...».

«Il pianoforte?», ripeto interessato. «Suoni anche quello?».

«Un po'...», risponde grattandosi la testa con leggero imbarazzo. «Ma lo suonerà Ellie, questa sera. Io accompagno con voce e chitarra».

Stasera canta. Solo ora me ne rendo conto. Potrò riascoltare il graffio nella sua voce, il timbro limpido e corposo che mi ha stregato quella domenica.

«Quindi dovrò venire per forza a sentirvi».

«Ovvio! Ho scritto questa canzone per...». Si blocca, come se stesse per dirmi qualcosa di cui potrebbe pentirsi. «Beh... l'ho scritta apposta per il Festival... Devi sentirla, ti piacerà».

«D'accordo», dico finendo di mangiare il mio delizioso donut.

Stava per dire... per me? Ricordo il titolo della canzone, "The noise of the stars", il rumore delle stelle. Non so a cosa potrebbe riferirsi, ma posso dire che mi rivedo in esso. Da quando sono qui, il cielo non è mai stato così diverso, così vibrante...

Ricordo la prima sera che sono uscito, al pub, mentre aspettavo Chris con i panini. Mi ero accorto di quante stelle ci fossero sopra la città. Da dove provengo, non se ne vedono molte e io, come loro, ero nascosto nel buio. Nel buio di un amore troppo grande, troppo profondo per essere reale.

Però da quando sono qui, le ombre sembrano aver allentato la loro presa, come se qualcosa o qualcuno li avesse spazzate via con un soffio delicato di luce.

«Ora devo andare». Chris mi lascia con il suo solito sorriso «Ci vediamo stasera, alle nove, mi raccomando!».

Prende di fretta la mia mano, quasi la ruba dal tovagliolo sporco che stringe. Mi osserva ancora per qualche secondo, quindi mi lascia andare con un sorriso.

Rimango interdetto ancora per qualche minuto, fissando il palmo della mano che mi ha appena stretto. Ha lasciato un segno su di essa. Non qualcosa di visibile, ma un marchio indelebile come l'inchiostro sotto pelle. È un formicolio che sale dritto al cuore e mi manda in tilt il cervello.

Sospiro, pensando a quanto stupido sono nel sentirmi in questo modo.

Alla fine, mi alzo e vado alla cassa. Il proprietario della caffetteria, un omone di nome Joe, si avvicina dal bancone per servirmi.

«Che cosa hai preso?», mi chiede alzando il dito muscoloso sul registratore di cassa.

«Un donut...», mormoro, quando Clary mi passa a fianco e ci interrompe.

«Pagato!», esclama.

«Da chi?», chiedo.

Non ricevo risposta, ma posso immaginarlo. Maledetto, penso bonariamente, gli devo una ciambella!

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