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Xavier aveva provato a studiare. Si era messo persino a testa all'ingiù con i piedi sul muro, ma proprio non riusciva a concentrarsi. Ogni volta pensava al motivo per il quale Jordan se ne era andato da Byron e non poteva fare a meno di essere geloso. Nonostante non avesse alcun motivo per provare quella gelosia, non sopportava il fatto che lui potesse ridere come una volta con qualcuno che non era lui.

Sospirò, sconsolato: purtroppo aveva solo un modo per scoprire qualcosa in più sul ragazzo che amava. Si alzò di scatto e aprì il cassetto della sua scrivania. Frugò tra i fogli: da qualche parte ci doveva essere una vecchia... Ah! Eccola! La forcina!

Uscì dalla sua stanza chiudendo la porta molto lentamente per non insospettire nessuno (soprattutto Bryce e Claude che sicuramente stavano attenti a ogni movimento) e si diresse verso la stanza di Jordan. Si inginocchiò e lavorò con la serratura.

Click!

La porta si aprì e Xavier entrò dentro, chiudendosela con calma alle spalle. Si avvicinò alla scrivania e aprì il cassetto nel quale Claude aveva messo i disegni di Jordan, trovandosi davanti gli occhi del suo migliore amico. Osservò quelle piccole opere d'arte una ad una (penso che sia inutile, cari lettori, descriverli per la terza volta), mentre i suoi occhi diventavano sempre più lucidi. Come poteva quel ragazzo, così fragile, avere la forza necessaria per guardarsi dentro, senza avere paura di ciò che avrebbe potuto trovare?

Ripose i fogli nel cassetto e si sedette sopra il letto, mentre cercava di ragionare in fretta. Cosa avrebbe potuto fare Jordan a casa di Byron se avesse avuto alcuni disegni con sé? Xavier ricordava che la casa del loro amico era vicino alla piazza, dove c'era la scuola d'arte più importante e consigliata della città. Solo che Jordan gli aveva promesso di fare il "detective" insieme a lui, quindi era improbabile che scegliesse di frequentarla in un futuro non molto lontano... Era anche vero, però, che adesso che non si parlavano più, era improbabile riuscire a lavorare in coppia (in questo caso, studiare).

«Cazzo» mormorò Xavier e si alzò di scatto. Spalancò la porta senza preoccuparsi dei suoi due migliori amici e cominciò a correre nel corridoio. Scese le scale superando due bambini e afferrò il suo giubbotto di jeans dall'attaccapanni, che indossò mentre usciva.

Cominciò a correre verso la piazza. Doveva arrivare prima che Jordan entrasse nell'accademia. Non era sicuro della sua ipotesi, però conoscendo Byron... Aveva una paura tremenda di poterlo perdere per sempre e questa era l'ultima cosa che desiderava.

Arrivò di fronte all'accademia d'arte e si guardò intorno con ansia, mentre i battiti del suo cuore continuavano ad accelerare. Poi lo vide: Jordan si dirigeva verso l'accademia d'arte con un ragazzo che poteva essere benissimo Byron con i capelli tagliati, tinti e le lenti a contatto grigie. L'unico problema era che non era lui. Xavier lo vedeva dal modo leggero - non elegante, ma come se camminasse sulle nuvole e avesse le ali - con cui si muoveva. Forse era il ragazzo con cui Jordan si sentiva, dato che il moro lo teneva per il polso e il verde sembrava "felice".

Ma Xavier non poteva permettersi nemmeno questo. Se stavano insieme chi se ne importava. Lui avrebbe fatto la sua parte anche a costo di perdere tutto. Non poteva continuare a vivere con il pensiero fisso di Jordan, di ciò che era successo tra loro e di quello che lui non gli aveva ancora spiegato. Gli avrebbe raccontato tutta la verità e se Jordan l'avesse mandato affanculo se ne sarebbe fatto una ragione, ma doveva provarci a tutti i costi: loro due non potevano finire in quel modo.

Prese un respiro profondo.

Strinse le mani a pugno.

Chiuse gli occhi.

«CAZZO JORDAN, NON VOGLIO PERDERTI!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

Aprì le sue iridi verde smeraldo, che luccicavano per le lacrime che rischiavano di rigargli il viso. Vide Jordan bloccarsi di scatto e il ragazzo - che sembrava un dio, da quanto era bello ed elegante - si fermò, sorpreso. Jordan voltò la testa lentamente e incrociò gli occhi verde smeraldo di Xavier. I suoi, neri, sembravano due stelle da quanto brillavano.

Xavier non sapeva che fare e rimase lì, immobile, a guardarlo come se l'avesse visto per la prima volta in tutta la sua vita. Era così bello, fragile... I suoi capelli verdi, legati come sempre in una coda alta, erano scossi leggermente dal vento e la frangia danzava allegramente sulla sua fronte. Si mordeva il labbro inferiore, come se avesse paura di dire qualcosa oppure come se stesse trattenendo le lacrime – cosa che molto probabilmente stava facendo. Le sue mani piccole e da artista erano strette a pugno.

Xavier cominciò ad avvicinarsi, un passo alla volta, lentamente, poi un po' più velocemente. Quando si ritrovarono l'uno di fronte all'altra si guardarono a lungo negli occhi: i loro sguardi si intrecciarono e si legarono, entrambi riuscirono a leggere il dolore che li stava squarciando.

Xavier sorrise. «Torniamo a casa?» propose e porse la mano destra a Jordan, nella speranza che lui la prendesse.

Il verde la osservò a lungo, poi la strinse. Poco prima di andare, si voltò verso Henry e disse: «Salutami Byron, e scusa se ti ho fatto fare un giro a vuoto».

Henry ridacchiò e scosse il capo, mentre lo guardava con amore. «Non ti preoccupare! Ci si vede in giro!» esclamò e si voltò per tornare a casa di Byron, la persona che amava.

[...]

I due arrivarono davanti all'orfanotrofio e, quando si fermarono, Jordan abbassò lo sguardo lucido sulle loro mani intrecciate. Assomigliavano alle cuffiette che la mattina doveva srotolare a fatica per ascoltare un po' di musica e si ritrovò a sorridere: aveva sognato per troppo tempo quel momento. A fatica, quindi, prese coraggio e spostò la sua mano dalla presa salda di quella di Xavier, che subito alzò la testa per guardarlo negli occhi.

«Scusa...» mormorò Jordan, quindi lentamente il cancello con le mani che tremavano.

Non riuscì a fare qualche passo, che Xavier lo afferrò prontamente per un polso e Jordan si girò di scatto. Si guardarono a lungo negli occhi e per certi istanti esistevano solo loro, non potevano nemmeno vedere le persone che passavano e che si giravano a guardarli (oppure Claude e Bryce che li fissavano dalle altalene del giardino dell'orfanotrofio).

«Jordan... niente di quello che hai visto o che...» Xavier si bloccò un momento. Sarebbe bastato? No. Lasciò il polso del verde e abbassò la testa. «Vai» mormorò, mentre le lacrime cominciarono a premere maggiormente sui suoi occhi per uscire. Strizzò le palpebre per non mostrarsi debole di fronte a lui.

Ci furono dei passi e poi il cancello si chiuse con forza. Jordan si appoggiò alla ringhiera con le mani in tasca e lo guardò a lungo. «No» affermò con sicurezza.

Xavier alzò la testa di scatto e sorrise amaramente. «Tu non mi crederai, vero?» chiese, rassegnato.

«Finché tu non mi dici cosa è successo, penso proprio di no».

Xavier annuì e si passò una mano tra i capelli: aveva paura. «Non so cosa cazzo ci facesse Isabelle all'aeroporto. Io non la volevo. Volevo parlare con te e... volevo baciare te, non... non lei» Abbassò la testa, imbarazzato.

Jordan incrociò le braccia al petto, sebbene sentisse il viso andare a fuoco dopo quella confessione. «Però l'hai fatto. E a quanto dice lei le scrivevi tutti i giorni, persino delle lettere!» esclamò.

Xavier per poco vomitò e tornò a guardarlo negli occhi. «Delle lettere? Oh Dio, che cosa romantica e... vomitevole» disse e fece una smorfia. «Comunque è lei che mi ha baciato».

«Appunto!» Jordan allargò le braccia, come se fosse ovvio quello che intendesse dire. «E io no!»

Xavier sorrise. «Sembri un bambino...» sussurrò e gli si avvicinò di qualche passo.

Jordan mise il broncio e girò la testa verso la strada. «Lo sembrerò pure, però ho semplicemente detto la verità».

Xavier si fermò a pochi passi da lui e restò in silenzio. Jordan si girò lentamente e lo guardò negli occhi. In un batter d'occhio si ritrovò le labbra di Xavier sulle sue e le mani cadaveriche del suo amato che gli avvolgevano le guance rosse e calde. Jordan, dopo un attimo di sorpresa, ricambiò il bacio e sorrise sulle labbra del rosso, che si staccò timidamente e mise le braccia dietro la schiena. Le sue guance erano rosse almeno quanto i suoi capelli.

Jordan sorrise e lo allontanò delicatamente. Aprì il cancello ed entrò nel giardino. Si richiuse la ferraglia alle spalle e si voltò per osservare l'espressione stralunata del suo amato. «Dopo tornerò da te, però prima devo fare una cosa» disse e corse dentro.

Salì le scale velocemente e percorse tutto il corridoio fino a fermarsi di fronte all'ultima porta sulla destra, quella della stanza di Isabelle. Bussò un paio di volte. Dopo qualche minuto la porta si aprì e sbucò il viso assonnato e i capelli blu spettinati della ragazza.

«Ti sei appena svegliata?» le domandò Jordan ridacchiando di fronte alle sue pessime condizioni.

Isabelle sorrise e annuì. Spalancò la porta e lo fece entrare. Jordan si sedette sul davanzale della finestra e la ragazza sul bordo del letto. La stanza di Isabelle era molto ordinata e quasi tutto era azzurra, sebbene qualche pesciolino giallo nuotava nelle pareti.

«Che c'è?» domandò Isabelle senza smettere di sorridere. Forse appena sveglia era più dolce.

«Posso vedere le lettere che ti scriveva Xavier quando era a Liocott?» domandò. Isabelle sbiancò e abbassò lo sguardo. «Non ce l'hai, vero?» Lei scosse la testa e Jordan, dopo aver sospirato, scese dal davanzale e si avvicinò al letto, per poi sedersi accanto a lei. «Perché mi hai raccontato una bugia?»

Isabelle si morse il labbro inferiore e lo guardò negli occhi. «Mi piace davvero tanto...» mormorò con le lacrime agli occhi. «E mi dà noia il fatto che per lui nemmeno esista più da quando ci sei tu».

Jordan le scompigliò i capelli e cercò di farle uno dei suoi sorrisi più rassicurante. «Ei, guarda che lui ti vuole tanto bene. Forse non ti ama, però per lui sei come una sorella».

Isabelle tirò su con il naso e prese tra le sue la piccola mano di Jordan, appoggiandola sulle sue cosce e giocando con le sue dita. «Però adesso mi odierà...»

«Devi solo chiedergli scusa. E comunque... forse Xavier non è la persona giusta per te...» Jordan restò in silenzio per un po'. «o per me...»

Isabelle si alzò di scatto. «Senti, ho fatto di tutto per farvi separare eppure guardatevi, siete ancora insieme! Quindi, fammi fare qualcosa di buono in questa storia» disse. Prese Jordan per le braccia e lo fece alzare, quindi aprì la porta della sua stanza e lo buttò fuori. «Vai da lui e, mi raccomando, scopate tanto!»

Chiuse subito la porta e si mise nuovamente sottole coperte. Abbracciò il pupazzo a forma di scoiattolo con il quale eraabituata a dormire e pianse in silenzio. C'erano tanti altri ragazzi, era vero,però lei adesso amava lui...

a.a
RAGA
PIANGO
è così triste Isabelleee
mi sento in colpa

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