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Xavier era sdraiato sopra il letto da un pezzo e le lacrime avevano finalmente smesso di scendere dai suoi occhi. Probabilmente, pensava, le aveva finite a forza di disperarsi di fronte alla sua vita che andava a rotoli giorno dopo giorno, specialmente quando si metteva in testa di voler migliorare le cose e se stesso: in un colpo solo aveva perso sia Jordan (la persona che aveva amato una vita intera senza nemmeno accorgersene) e Isabelle (colei che considerava una sorella), quando aveva scoperto che era solo una falsa, una bugiarda e un'egoista.

Osservò a lungo il soffitto dipinto di blu, mentre qualche stellina sembrava brillare lì sopra. Jordan aveva avuto l'idea di disegnare il soffitto della camera di Xavier in un pomeriggio noioso d'inverno, durante il qaule non potevano allenarsi a calcio perché, nonostante fosse estate, stava piovendo. Il rosso, poi, gli aveva promesso di finirlo una volta stati nuovamente sotto lo stesso tetto, quindi quando sarebbe tornato da Liocott,, eppure adesso non si parlavano più. Anzi, Xavier era convinto fermamente che Jordan avesse iniziato ad odiarlo e non poteva biasimarlo per questo.

Siamo troppo diversi, continuava a ripetere a se stesso, quasi a convincersi che era per quello che lui non aveva capito i suoi sentimenti a tempo debito. Ma, insieme a quelle parole, continuava a rimbombargli in testa il discorso di Jordan: «Nell'amore non c'entra niente essere diversi o meno, è solo una scusa.» Però questo non cambiava il fatto che lui aveva deluso per la millesima volta Jordan (anche se non era pienamente colpa sua, ma lui come poteva saperlo?) e che da ora in poi non avrebbe avuto altre possibilità per rimediare. Era finita e, anche se lui avesse provato a parlargli, le probabilità di un rifiuto erano fin troppo alte, e il suo cuore non poteva reggere ancora per molto.

Con Jordan non ne combinava una giusta. Quando c'entrava lui gli era così difficile fare la cosa giusta...

Qualcuno bussò alla sua camera. «Avanti» La porta si aprì e sbucò la testa rossa di Claude, che lo guardò preoccupato. Aveva ancora gli occhi rossi e i suoi capelli erano completamente spettinati, per non parlare dell'espressione stanca e distrutta che gli dominava il viso. «Oh, entra pure. Sdraiati anche sul letto, se vuoi» mormorò e provò a sorridere, con scarsi risultati.

Claude annuì piano e, dopo essersi chiuso la porta alle spalle, raggiunse il letto dell'amico, per poi sdraiarsi accanto a lui e chiudere gli occhi. Xavier lo imitò e solo in quel momento si accorse di quanto fosse stanco. Infilò una mano sotto la testa, si rannicchiò per bene e scivolò dolcemente tra le braccia di Morfeo, mentre l'altro gli circondava il busto e lo teneva stretto al proprio petto.

Claude, però, a differenza di Xavier, nonostante avesse gli occhi chiusi e provasse ad addormentarsi, era sveglio e con tutti i sensi all'erta, mentre ripensava ancora a tutte le parole che Jordan e Bryce si erano scambiati.

«Se, come dici tu, dobbiamo ascoltare il cuore» aveva iniziato Jordan. «Proviamo a porci delle domande alle quali dobbiamo rispondere col cuore».

Claude era stato sicuro che in quel momento Bryce stesse sorridendo. «La trovo un'ottima idea. Comincio io» Era stato in silenzio per un po'. «Ami, nonostante tutto, Xavier?» Jordan aveva trattenuto il respiro piuttosto rumorosamente. «Mettici il cuore» gli aveva ricordato l'albino.

C'era stato un sospiro, quasi sconfortato. «Sì. Nonostante tutto lo amo ancora. Forse anche più di prima» Altro silenzio. «Solo che...» La voce di Jordan tremava, stava per piangere. «Non capisco il suo comportamento. Prima mi tratta come se mi amasse davvero, poi lo vedo b-baciarsi con Isabelle» Aveva iniziato a singhiozzare leggermente e c'erano stati dei movimenti all'interno della stanza. I singhiozzi erano stati attutiti da qualcosa, forse Bryce lo stava abbracciando.

«Tu credi che Xavier ami Isabelle?» gli aveva chiesto il maggiore con gentilezza. Anche la sua voce sembrava un po' triste. Insomma, chi mai si sarebbe aspettato una cosa del genere da parte di Xavier?

«No... però non posso nemmeno dire di aver visto male» aveva replicato Jordan e, sebbene la sua voce tremasse leggermente, sembrava non piangere più.

C'erano stati altri movimenti. Forse Bryce si era allontanato dall'amico, non amava molto il contatto fisico. «È vero, non puoi dirlo. Ma dovresti stare attento a tutto, d'ora in poi» Aveva sospirato. «Isabelle è una vipera quando c'entra Xavier, e lo sai bene».

«Lei lo ama?» aveva chiesto Jordan con l'innocenza di un bambino, cosa che aveva fatto sorridere Claude.

«Sì» aveva risposto Bryce, poiché si era stufato di raccontare delle bugie a una delle persone più importanti della sua vita. Così aveva iniziato a raccontare la storia di quei due: «Prima sembrava che anche Xavier provasse qualcosa per lei. Insomma, è innegabilmente una bella ragazza. Poi, però, un giorno è arrivato un bambino, che aveva gli occhi grandi, scuri e sinceri e un viso fin troppo dolce e paffuto. Piangeva sempre, era veramente insopportabile a volte», Jordan ridacchiò, dato che aveva capito benissimo che Bryce stesse parlando di lui. «e Xavier è cambiato. Non so dirti se in meglio o peggio, ma è diventato più umano... forse ha cominciato a mostrare il vero se stesso, e ha iniziato a considerare Isabelle solo come un'amica. Forse è per questo motivo che lei ti odia».

«Allora, se non fosse per me, non ci sarebbero stati tutti questi problemi» aveva mormorato il verde, così piano che Claude aveva faticato a sentire quelle parole.

«Non lo dire nemmeno. Sei un ragazzo d'oro, qui tutti - chi più e chi meno - ti vogliono bene, specialmente io e Claude» esclamò Bryce. «Comunque, ora tocca a te farmi una domanda» Ed era arrivato Xavier. Claude, quando lo vide, si chiese perché non fosse arrivato prima. Avrebbe potuto risparmiarsi lacrime inutili e chiarire subito con la persona che amava, piuttosto che nascondersi in camera e soffrire più di prima.

E così, con in mente le parole di Bryce mentre parlava di lui, Claude si addormentò abbracciando Xavier come faceva suo padre quando era giù di morale.

[...]

Era sera quando Xavier si svegliò e sentì il suo viso a contatto con qualcosa di morbido che si alzava e si abbassava con regolarità. Alzò la testa e vide Claude dormire tranquillamente, mentre le sue braccia lo avvolgevano con dolcezza. Sorrise e decise di godersi ancora un po' quel calore paterno, mentre inspirava il suo profumo alla vaniglia. Nel frattempo, i suoi pensieri tornarono a Jordan e alla sua espressione distrutta quando aveva visto il bacio fra lui e Isabelle.

Sospirò, quindi si sciolse delicatamente dall'abbraccio di Claude e si alzò dal letto cercando di fare meno rumore possibile per non svegliarlo. Si avvicinò alla scrivania e guardò l'orario: erano le 19:05 e a breve avrebbero dovuto cenare insieme a tutti gli altri - alle 19:30 -, quindi aveva pochissimo tempo per farsi una doccia e rendersi almeno un po' presentabile. Non si era visto allo specchio, ma avrebbe potuto giurare su qualsiasi cosa che sembrava tutto tranne che felice e riposato, perché, nonostante avesse dormito per un bel pezzo, si sentiva stanco e ancora più triste di quando si era addormentato.

Prese da un cassetto un paio di boxer neri, poi aprì l'armadio e afferrò una maglietta bianca e dei pantaloncini blu che gli arrivavano al ginocchio. Andò in bagno, chiudendosi la porta alle spalle attento a non fare rumore (non avrebbe mai voluto svegliare Claude) e aprì l'acqua della doccia. Mentre aspettava che l'acqua diventasse tiepida, si spogliò lasciando i vestiti per terra e si osservò allo specchio. I capelli rossi un po' ribelli, con ciuffi che andavano da una parte all'altra senza un minimo ordine; gli occhi verdi strani: scuri all'esterno e con una sfumatura più chiara al centro; la pelle bianca cadaverica, i tratti leggermente femminili e gentili. Ah, e poi la capacità di fare sempre cazzate, cosa che dall'esterno non poteva essere vista. Sì, sembrava davvero una persona piena di confusione.

Entrò nella doccia calda e lasciò scivolare l'acqua lungo il suo corpo mingherlino. Mise sotto anche la testa e i capelli che, da rosso acceso che erano, diventarono rosso sangue. Chiuse gli occhi per non scottarsi e lasciò che quei piccoli rivoli, che potevano essere confusi benissimo con le sue lacrime, gli accarezzassero dolcemente il volto, immaginandosi al loro posto le mani della persona che amava.

La prima immagine che vide fu Jordan.

Jordan da piccolo che piangeva in un angolo e lui che si sentiva in dovere di farlo smettere, interrompendo così il gioco a malavoglia.

Jordan che sorrideva con le iridi nere che brillavano mentre gli dava come regalo il disegno dei suoi occhi, mentre Isabelle cercava di sminuirlo, senza capire che, cos' facendo, avrebbe solo fatto cogliere a Xavier quei dettagli che gli erano sfuggiti.

Jordan all'Alius Academy, frustrato, con la rabbia nel viso e nel corpo, che faceva senza pentirsi ciò che gli chiedeva suo padre.

Jordan distrutto dopo la sconfitta subita dalla Raimon; non perché avesse perso, ma perché aveva tradito il gioco che tanto amava e distrutto le scuole del Paese senza pietà.

Jordan che gli urlava: «È colpa tua se l'ho fatto!» tra le lacrime e lui che non capiva e provava a fregarsene altamente, sebbene alla fine non dormisse notti intere ripensando a quelle parole, alla disperazione nei suoi occhi, alla rabbia che gli aveva gettato in faccia.

Jordan che si presentava ai ragazzi della Inazuma Japan con lo stesso sorriso di quando erano all'orfanotrofio, quel sorriso che Xavier aveva tanto amato senza rendersene conto. Quel sorriso che portava sempre la luce nelle sue giornate buie.

Jordan che si allenava da solo, frustrato per il pensiero di non essere all'altezza della nazionale, distrutto da tutti quegli allenamenti.

Jordan che, sdraiato sul letto della sua camera, mentre accarezzava il dorso della sua mano con dolcezza, gli prometteva che, se fosse arrivato alle finali, sarebbe andato a vederlo. Forse anche per questo motivo Xavier si era impegnato così tanto per vincere.

Poi, Jordan che gli urlava contro di dirgli la verità e lui che lo assecondava dicendogli una bugia sopra l'altra, perché era ciò che il verde voleva sentire, mentre quella polvere di stelle cadeva dalle sue iridi e scivolava sulle sue guance, come le carezze di un amante che non poteva essere al suo fianco.

E per ultimo, Jordan che scappava da lui all'aeroporto con gli occhi ricolmi di lacrime.

Xavier si abbracciò il petto e si inginocchiò. Le lacrime che cadevano dai suoi occhi si mischiavano con l'acqua calda, i singhiozzi che scuotevano il suo corpo fragile e pallido erano attutiti dal rumore incessante della doccia. Sbatté un pugno per terra e imprecò, mentre il dolore all'interno del suo petto si allargava ogni secondo un po' di più. Non ce la faceva più a vivere senza Jordan, la sua stella, la sua luce, la sua vita, il suo amore.

Nonostante il continuo tremare delle sue gambe, Xavier riuscì ad alzarsi in piedi e chiuse l'acqua. Uscì dalla doccia e, dopo essersi asciugato velocemente, indossò i vestiti che si era portato dietro, mentre cercava di non piangere ancora. Si mise un asciugamano nel capo e uscì dal bagno con lo sguardo basso, quindi si diresseverso la sua camera.

Appoggiò la mano sulla maniglia della porta e la abbassò, quando una voce che conosceva fin troppo bene gli fece fermare il cuore nel petto: «Xavier, non vai a mangiare?» Il rosso sgranò gli occhi, i quali si riempirono subito di nuove lacrime che fece fatica a trattenere, mentre un groppo fin troppo doloroso gli bloccava il respiro. Conosceva ogni singola sfumatura della sua voce: quando era incazzato, triste, felice, distrutto, giù di corda, spaventato... Insomma, la conosceva alla perfezione e quel tono era neutro, come se non gliene fregasse più niente.

Xavier sentì una fitta al petto, ma alzò comunque la testa incrociando gli occhi scuri e tristi di Jordan. Il cuore gli perse un battito, poi iniziò a non sentirlo più per quanto andava veloce. Un leggero calore gli si espanse nel corpo e il respiro diventò irregolare. «Ehm, sì, prima però devo svegliare Claude» rispose.

Jordan annuì. «Ok, ciao» disse e scese le scale senza guardarlo un'altra volta in faccia. Xavier sospirò ed entrò in camera a testa bassa.

«Certo che te e Jordan non sapete proprio amarvi, eh?» Il rosso alzò la testa e osservò Claude, in piedi di fronte a lui, con uno sguardo che lo implorava solamente di rimanere un silenzio, senza girare il coltello all'interno della ferita che portava sul petto.

«Siamo diversi, non possiamo amarci» mormorò il rosso uscendo nel corridoio seguito da Claude.

Quest'ultimo alzò le spalle. «No, voi siete Jordan e Xavier» replicò. «Ed è molto diverso» Xavier strinse le mani a pugno dentro le tasche dei pantaloni. Appunto, pensò.

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