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Xavier scese dall'aereo e inspirò una grande boccata d'aria giapponese. Era tornato a casa ed era pronto a ricominciare e a cambiare, preferibilmente facendo il tutto accompagnato da Jordan. Gli aveva inviato un messaggio appena l'aereo era partito, quindi sperava che fosse già arrivato. Si sentiva molto in ansia all'idea di incontrarlo, specialmente al solo pensiero di doversi mettere a nudo. Avvampò pensando a ciò che avrebbe dovuto dirgli, ma se farlo significava poterlo abbracciare di nuovo e, magari, anche baciarlo, allora gli andava benissimo.
Si guardò intorno con calma e attenzione cercando una testolina verde, mentre prendeva la valigia che gli stava porgendo Axel. Sorrise: gli era mancata l'organizzazione dell'aeroporto giapponese e vedere i taxi scarrozzare per le strade accanto alla pista, mentre uomini in cravatta, donne vestite fin troppo bene, famiglie più o meno numerose poggiavano i bagagli dentro la vettura e partivano per tornare alle loro abitazioni.
Xavier allungò il manico del trolley e camminò velocemente verso l'entrata all'aeroporto, con l'ansia nello stomaco e i battiti del cuore accelerati. L'aeroporto era pieno e temeva di non riuscire a trovare Jordan in mezzo a tutta quella confusione. Il ragazzo di cui si era follemente innamorato per sbaglio (sì, perché lui voleva solo farlo smettere di piangere per giocare con Bryce e Claude senza rompimenti di scatole, almeno all'inizio) non era un tipo che amava mettersi in mostra, anche se con quei capelli verde pistacchio e la sua goffaggine era impossibile per lui non farsi notare.
Mentre camminava in cerca di qualche negozio nel quale Jordan avesse potuto fare sosta mentre lo aspettava, notò un groviglio di capelli blu con delle mèche bianche girarsi tra la folla, alla ricerca di qualcuno. Sbiancò e si voltò per allontanarsi velocemente: se c'era una cosa che aveva capito dopo aver compreso i sentimenti che provava per Jordan, era che lei non lo avrebbe mai aiutato, e lui in quel momento voleva aggiustare le cose, non rovinarle per colpa sua.
Purtroppo per lui Isabelle lo avvistò subito e iniziò a corrergli dietro per raggiungerlo, spingendo con spallate violente coloro che la intralciavano, proprio mentre Jordan usciva da un negozio che vendeva cose per disegnare con una busta in mano. Il verde lo vide e gli camminò incontro. Xavier, appena incrociò quegli occhi scuri che brillavano, provò a correre verso la persona che amava, ma sentì due mani afferrargli le guance e poi due labbra calde e morbide posarsi sulle sue. Una lacrima gli rigò il volto, ma scomparve tra i suoi folti capelli rossi prima che lui potesse fare qualsiasi cosa.
Xavier allontanò Isabelle con una spinta, mentre la sensazione di schifo per averla baciata si espandeva velocemente nel suo petto. Cominciò a guardarsi intorno cercando il volto di Jordan e, quando lo vide osservare la scena a bocca aperta per poi correre via con la busta stretta al petto e un'espressione disperata, sentì il proprio cuore rompersi in mille pezzi. Fece per inseguirlo, ma Isabelle lo fermò stringendogli il polso. Xavier se la scollò di dosso con uno strattone e le lanciò un'occhiataccia. «Che cazzo hai fatto?! Che v-vuoi?» le domandò con gli occhi pieni di lacrime e la voce rotta per il dolore che si era annidato nella sua gola, impedendogli di parlare.
Isabelle arretrò leggermente. «Ti ho baciato. E tu hai baciato me perché mi ami» spiegò, con una sicurezza che fece fare una risata amara al rosso, nonostante le lacrime che premevano i suoi occhi. Lei lo guardò tra il sorpreso e l'interrogativo. «Ti ho aiutato per scollarti di dosso un peso come Jordan, semplice. Dovresti essermi grato per questo, tu non l'hai mai amato con la sua stessa intensità».
Xavier sgranò gli occhi e sentì una rabbia cieca avvolgerlo completamente, superando persino il dolore della consapevolezza di aver perso la persona che amava. Avrebbe tanto voluto tirarle un pugno in faccia e toglierle da viso quell'espressione trionfante. Ci teneva davvero così tanto a far soffrire una persona stupenda come Jordan?
«Io invece l'ho amato» replicò lui e strinse le mani a pugno. «Io lo amo da sempre» Strizzò gli occhi per non far cadere nemmeno una lacrima. «Non sai quanto fa male dover dire ad una persona "addio" per non farla soffrire, quando l'unica cosa che puoi fare veramente è dirle "ti amo" per farla stare meglio».
Isabelle ridusse gli occhi a due fessure. «E tu invece non sai quanto fa male amare una persona che non ti ama» urlò e singhiozzò leggermente, per poi portarsi una mano davanti alle labbra, ma quella sceneggiata non fece né caldo né freddo a Xavier: lei gli aveva rovinato la vita. «Vedere che la persona che ami non ti guarda come vorresti, che non ti rivolge la minima attenzione perché è troppo occupata a correre dietro ad uno stupido!»
«Se tu mi avessi amato veramente, mi avresti detto la verità, non avresti lasciato che mi distruggessi da solo!» Xavier afferrò il manico della valigia e la strinse per non urlarle che era un troia col cervello di una gallina. Nonostante tutto, non se lo meritava. Sono troppo buono, pensò con un sospiro.
«Io ti amo, invece! Molto più di quanto possa amarti Jordan» gridò Isabelle e scoppiò a piangere. Si mise a sedere e prese la propria testa tra le mani.
Xavier scosse la testa. «Tu sei solo un'avida e un'egoista, nient'altro» replicò e si fece largo tra le persone che si erano radunate ad ascoltare la loro conversazione. «Che cazzo avete da guardare? Lo spettacolo è finito» esclamò spalancando le braccia di fronte alla loro curiosità.
«Lui non ti darà mai quello che puoi avere da me, siete troppo diversi per stare insieme! Tu sei popolare, lui un povero sfigato che passa il giorno in camera a disegnare e che piange ogni due per tre...» urlò Isabelle e riprese a singhiozzare.
Xavier si bloccò un attimo a quelle parole, poi scosse la testa e uscì a grandi passi dall'aeroporto, mentre asciugava con rabbia le lacrime che stavano scendendo dai suoi occhi. Chiamò un taxi e alzò il viso verso il cielo limpido e luminoso: si sentiva distrutto e avrebbe desiderato solamente addormentarsi e non svegliarsi più, non dopo aver rovinato ancora una volta Jordan.
Il taxi arrivò e lui salì in fretta e furia, dicendo al guidatore di portarlo all'orfanotrofio. Durante il viaggio pensò attentamente alle ultime parole di Isabelle, mentre teneva la testa appoggiata al finestrino e osservava il suo paese passargli davanti agli occhi. Forse lei non aveva tutti in torti, probabilmente erano davvero troppo diversi per stare insieme. Insomma, Xavier, se fosse stato nei panni di Jordan e avesse visto quella scena, sarebbe andato lì e avrebbe chiesto spiegazioni, piuttosto che scappare. Quindi sì, erano terribilmente diversi.
Eppure, quando era stato solo con Jordan dopo la partita si era sentito bene ed era stato felice come non si sentiva da tempo ormai. Si era sentito veramente a casa, più di quanto non si fosse sentito "a casa" quando era sceso dall'aereo pochi minuti prima. Forse l'amore era proprio questo: trovare in una persona la propria casa, il proprio rifugio.
E pensare che era arrivato in Giappone con l'idea di farsi una nuova vita, magari migliore, assieme a Jordan! Invece, quando era arrivato, nel giro di pochi minuti l'aveva perso e in quel momento anche il titolo di campione del mondo non gli importava granché. Sarebbe stato un campione solo quando avrebbe avuto Jordan accanto a sé e le lacrime tornarono ad offuscargli la vista al solo pensiero che il suo sogno, quel ragazzo dai capelli verdi, non sarebbe mai stato suo.
Scese dal taxi, pagò il conducente ed entrò nell'orfanotrofio. Tutti i suoi amici gli saltarono addosso, gli fecero moltissimi complimenti e iniziarono a cantare il coro nazionale dal Giappone sventolando in aria le bandiere della Inazuma Japan e le stesse magliette.
Una bambina di cinque anni, poi, che aveva i capelli biondi legati in due codine, gli occhi marroni e la fronte un po' alta, gli si avvicinò saltellando. «Posso vedere la divisa originale?» domandò tirando Xavier per la felpa della Inazuma Japan per farsi notare. Era bassa.
Il rosso si inginocchiò di fronte a lei e le mise una mano sulla testa. «Dopo, va bene?»
Lei annuì e lui si alzò cercando con lo sguardo i suoi migliori amici, ma di loro non c'era traccia. Aggrottò le sopracciglia e superò i ragazzi dell'orfanotrofio salutando con un cenno veloce del capo i suoi amici più stretti. Si disse che dopo avrebbe dato loro più attenzioni, ma ora aveva qualcosa di più importante da fare. Salì le scale e, mentre camminava nel corridoio, vide Claude seduto per terra con la schiena appoggiata alla parete accanto alla porta di Bryce. Lo raggiunse e l'altro gli fece cenno di stare in silenzio. Dalla stanza di Bryce provenivano due voci.
«Bene» disse il bianco. «Adesso tocca a te».
Ci fu un attimo di silenzio, poi Jordan parlò. «Ami ancora Claude?» domandò e Xavier avrebbe messo la mano sul fuoco pur di scommettere che in quel momento stava sorridendo. Era un tipo romantico, il suo amico (che poi non era né suo, né un suo amico, ma ciò non avrebbe cambiato minimamente il legame profondo che lo legava a lui). Xavier abbassò lo sguardo su Claude, che stava trattenendo il respiro e fissando le mattonelle. Aveva le mani strette a pugno e lo sguardo ansioso.
«Sì» rispose Bryce e Claude sorrise leggermente. «Lo amo da vivere» Anche in quel momento Jordan stava sorridendo, Xavier ne era sicuro. «Solo che forse aveva ragione Claude: siamo troppo diversi».
Ci fu un trambusto. Forse Jordan si era alzato in piedi, o forse qualcuno stava facendo battaglia di cuscini. Più probabile la prima opzione. «Non dire cavolate! Nell'amore non c'entra niente essere diversi o meno, è solo una scusa» esclamò Jordan e nessuno l'aveva mai sentito più sicuro di sé come in quel momento. «Tu e Claude siete stati insieme praticamente una vita, possibile che questa diversità sia venuta fuori solo ora?»
«Beh...» lo interruppe Bryce e Claude trattenne il respiro. «Ora siamo cresciuti e ci facciamo più caso. Forse».
«Cazzate!» Xavier sobbalzò. Jordan che diceva delle parolacce? Guardò di traverso Claude, che alzò le spalle con un sorrisetto innocente. Dopo lo avrebbe ucciso. «Voi siete come ghiaccio e fuoco».
«Appunto».
«Bryce, fammi finire di parlare o ti butto giù dalla finestra» Xavier ridacchiò e si sentì un profondo sospiro provenire dalla camera. Il desiderio di entrare in camera per poterlo guardare era sempre più forte, ma riuscì a trattenersi dal farlo: amava ascoltare la sua voce. Amava lui, e basta, e lo aveva capito troppo tardi.
«Dicevo... potete imparare l'uno dall'altro, e secondo me è una cosa bellissima» Xavier si sedette dalla parte opposta rispetto a Claude e ascoltò con attenzione. «Ovviamente, se uno vuole comandare troppo, il ghiaccio potrebbe spegnere il fuoco o viceversa, eppure fin da piccoli siete sempre andati avanti, nonostante qualche piccolo litigio. E non succedeva perché eravate piccoli e non ve ne accorgevate, ma perché essendo piccoli amavate e basta. Io penso che bisognerebbe amare come i bambini, che se vogliono un bacio ti prendono per il colletto e te lo danno. Un po' come faceva Claude».
«Lo fa ancora» A quell'affermazione di Bryce, il nominato sorrise dolcemente, senza cattiveria, come perso in ricordi lontani.
Jordan rise. «Lascialo stare, lui è un caso a parte» replicò.
Ci fu un attimo di silenzio. Xavier si alzò, sicuro che i due avessero finito di parlare, e si avviò verso la sua stanza, a pochi metri da lì.
«E con Xavier?» domandò Bryce all'improvviso.
Il rosso si bloccò e sentì il cuore battergli forte, troppo forte. Il respiro iniziò ad accelerare e strinse la presa sulla maniglia della porta della propria camera. Claude lo stava fissando e lui si sentiva debole: temeva che le gambe stessero per cedergli sotto il peso di tutto quel dolore che si portava dentro e che gli impediva di respirare. I sensi di colpa per aver distrutto l'unica cosa bella che aveva lo fecero vacillare ancora una volta, mentre una lacrima gli rigò il viso, poi un'altra e un'altra ancora. Non stava singhiozzando, ormai non trovava più la forza di muovere un solo muscolo.
«Niente» rispose Jordan e parola non fece più male a Xavier, al quale sembrò che qualcuno gli avesse accoltellato il petto e si divertisse a girare la lama nella ferita, ingrandendola sempre di più e creando un'emorragia dentro il suo corpo. «Preferirei non parlarne, comunque, mi ha solo preso per il culo».
Xavier entrò in camera e si sdraiò nel letto. Finalmente i singhiozzi presero il controllo del suo corpo e lui si rannicchiò sopra le coperte, mentre cercava un modo per trovare una fine a tutto quel dolore, a tutto quell'odio verso se stesso. Continuava a chiedersi come diavolo fosse arrivato a ridurre sia se stesso che Jordan in quello stato. Si sentiva un mostro, e forse lo era.
«N-non lo m-merito» singhiozzò.
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