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Bryce era seduto sopra il letto matrimoniale e teneva la schiena appoggiata al muro. Si stringeva le gambe al petto nudo con le braccia e pensava a Jordan, a quello che stava passando. La bugia che Xavier stava portando avanti per sbaglio pesava anche sul verde e stava distruggendo entrambi, compresi Bryce e Claude, che tenevano ai due come fossero nati dalla stessa madre (sebbene Bryce fosse contento che non fosse andata in quel modo, altrimenti uno come Claude se lo sarebbe sognato).

Appoggiò la testa allo schienale di legno del letto e guardò il soffitto, mentre ripensava a tutto ciò che era accaduto in quei pochi giorni che avevano passato a Liocott. Gli era piaciuto il modo un po' infantile con il quale Byron aveva spiegato la situazione tra lui e Xavier a Jordan. Ora bastava soltanto che lui capisse la metafora della Fragola e del Pistacchio e tutto si sarebbe risolto nei migliori dei modi. Lui sarebbe potuto stare con tranquillità assieme a Claude e magari vedere Jordan combinare guai e correre da lui per dei consigli. Gli sarebbe piaciuto aiutarlo e vederlo arrossire imbarazzato dopo qualche sua domanda scomoda. Gli sarebbe piaciuto davvero tanto vedere quei due cominciare a scoprire l'amore, quello vero, insieme, con dei sorrisi sulle labbra invidiabili, che Bryce non vedeva da tempo.

Una lacrima gli rigò il viso. Ma se tutto questo non fosse mai successo? Se invece tutto fosse peggiorato, lui cosa avrebbe potuto fare? Probabilmente nulla, si diceva, ma sarebbe rimasto notti intere sveglio per trovare una soluzione, anche la più stupida e banale; non se la sarebbe sentito a lasciare tutto così com'era senza nemmeno aver provato ad aggiustare le cose. Erano le due persone più importanti della sua vita dopo il suo fidanzato, non poteva starsene con le mani in mano mentre si uccidevano a vicenda.

La porta si aprì scatto e con la stessa velocità Bryce si asciugò il viso con le maniche della felpa. Vide entrare Claude - chi altri, sennò? Condivideva quella stanza solo con lui - con i pantaloni corti e il petto ancora bagnato dopo la doccia calda che si era fatto. «Amore » lo chiamò e l'altro si voltò verso di lui con una giravolta piuttosto elegante. Bryce rischiava di svenire o sbavare come una ragazzina ogni volta che vedeva il suo ragazzo in quelle condizioni. Anche se avevano passato praticamente quasi tutta la vita - fin dal Natale di quando avevano sette anni, nel quale giorno Claude gli regalò un disegno dei suoi occhi - a scoprire i loro corpi, le sensazioni che provava da ormai 8 anni non erano cambiate minimamente. Forse non c'era più timidità nello spogliarsi di fronte a lui, ma nei loro gesti quotidiani c'era sempre stato quell'amore che provano da ragazzini e che forse non se ne sarebbe andato mai. «Se sali sul letto bagnato fradicio ti butto giù dalla finestra».

Claude ridacchiò e si avvicinò ad essa. Bryce temette che volesse buttarsi di sotto - conoscendolo ne sarebbe stato capace -, ma alla fine la chiuse soltanto. Il rosso si voltò verso il proprio fidanzato, che si era sdraiato completamente nel letto e lo guardava con la testa appoggiata sul cuscino, e gli regalò uno dei suoi sorrisi migliori. «Beh, finché è chiusa non puoi farlo» disse.

Bryce sorrise. «Spacco i vetri col tuo corpo, semplice ed efficace» disse.

Claude fece una smorfia e prese un asciugamano dal cassetto. Si asciugò il busto e si buttò nel letto accanto a Bryce, che era tornato a rifugiarsi nei suoi pensieri. «A cosa pensi?» gli domandò e appoggiò la testa bagnata sul petto dell'albino, che rabbrividì sia per le gocce d'acqua che gli scivolavano sulla pelle che per la sua vicinanza.

«A Jordan» mormorò Bryce. «E anche a Xavier, ma non posso sapere come sta. Quindi mi preoccupo per Jordan» Abbassò lo sguardo su Claude e notò che si era irrigidito. «Insomma...»

«Insomma un cazzo, Bryce» lo interruppe bruscamente Claude. Aveva le lacrime agli occhi. Se Bryce non riusciva a sopportare la situazione tra Jordan e Xavier, lui non era capace di sopravvivere avendo la costante paura di poter perdere l'albino per delle stupide contraddizioni tra di loro. In quel periodo, infatti, i litigi tra i due erano aumentati a dismisura perché avevano modi d'agire molto diversi. Certo, facevano pace subito, però Claude si stava accorgendo che erano troppo diversi e non riusciva proprio a sostenere continui litigi con la sua anima gemella. «Se per aiutarli tu devi essere distante da me, io non voglio che tu lo faccia, nonostante io stesso tenga a loro due».

Bryce aggrottò le sopracciglia. «Che stai dicendo?» chiese. Se era lui quello distante, allora Claude cos'era, il Sole che sta a milioni di chilometri da Nettuno?

L'altro si mise a sedere e si passò le mani fra i capelli bagnati con una frustrazione più che evidente. «Mi hai capito benissimo» disse e incrociò gli occhi glaciali di Bryce, che in quel momento sembravano fin troppo fragili. «Non voglio rovinare il nostro rapporto per colpa di quei due stupidi che non capiscono di amarsi».

«Sei un egoista» rispose tranquillamente l'altro e notò per un attimo la sorpresa negli occhi fiammeggianti di Claude. «E qui il nostro rapporto non lo stanno rovinando loro. Lo stai rovinando tu con questi discorsi senza senso. Sono nostri amici, abbiamo il dovere di aiutarli».

Claude alzò gli occhi al cielo. «Abbiamo già fatto troppo. E poi, non ti sei accorto che in questi giorni litighiamo e basta?» domandò alzando leggermente la voce.

«Certo» rispose Bryce mordendosi il labbro inferiore. «Perché tu vuoi fare cose stupide».

Il rosso scosse la testa con tristezza. Possibile che Bryce fosse così cieco? Da una parte forse era meglio, almeno non si sarebbe accorto cosa c'era che non andava più tra di loro, però Claude ci teneva a trovare qualcosa per eliminare tutti i suoi dubbi. «Cazzo. Bryce» cominciò guardandolo dritto negli occhi. Le iridi di entrambi erano piene di sofferenza reciproca: forse tutti e due capivano che quella sera sarebbe accaduto qualcosa, e non doveva essere per forza qualcosa di bello. «Le cose che voglio fare io sono stupide per te, ma non per me. E lo sai questo che significa?»

Bryce sgranò gli occhi. Immaginava benissimo quello che avrebbe detto Claude e pur di infilargli una mano in bocca avrebbe fatto di tutto purché fosse stato in silenzio. Quelle parole le usavano i codardi, eppure Claude non era mai stato un tipo pauroso, si era sempre spinto oltre, a volte superando il limite, quindi non capiva cosa c'era che non andava in quel periodo, proprio quella sera durante la quale avrebbe solo voluto essere cullati dalle braccia forti e sicure, con il profumo di casa, del proprio fidanzato. «Amore, non lo dire, ti prego...» mormorò con voce tremante e spezzata a causa delle lacrime che provava a trattenere.

Claude chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Quando li riaprì, le sue iridi gialle erano fin troppo triste e qualche lacrima gli rigò il viso. «Siamo troppo diversi» disse e un singhiozzo lo face sobbalzare.

Bryce scosse la testa e anche le lacrime che era riuscito a trattenere fino a quel momento iniziarono a scendere dai suoi occhi, fino a raggiungere le sue labbra. Claude allungò una mano e asciugò una lacrima con il pollice, mentre si godeva per un'ultima volta quella pelle soffice e calda. Bryce prese la sua mano tra le proprie e la strinse per farlo restare ancora accanto a lui. Non voleva privarsi del calore del suo corpo in quella notte che, sebbene fosse estate, si stava prospettando fin troppo gelida. «Cazzo, Claude, io ti amo!» esclamò.

Claude fece sgusciare la propria mano fuori dalla stretta dell'amante e si alzò in piedi debolmente. «Pensi che io non ti ami?» domandò. «Ti amo, certo, ma...»

Bryce si alzò a sua volta interrompendo il discorso di Claude. Non lo voleva più ascoltare mentre camminava con forza sopra i pezzi del suo cuore, che lui stesso stava distruggendo con quelle parole. «Se fai così non sembra!» urlò. «Tu... se tu mi amassi come dici non mi lasceresti così!»

Claude spalancò la porta della camera e arrivò in salotto. Bryce lo seguì con il corpo scosso dai singhiozzi. «Non sto dicendo che ti voglio lasciare!» disse il rosso tra le lacrime.

«Allora perché te ne stai andando via?» Bryce lo prese per il polso e lo fece voltare. Sgranò gli occhi lucidi: non aveva mai visto il viso di Claude bagnato da così tante lacrime. «Claude...»

Il rosso lo baciò e il loro ultimo bacio fu bagnato per colpa delle lacrime che cadevano come neve dai loro occhi. «Ciao» disse Claude e uscì di casa sbattendo violentemente la porta. Corse per le scale e quando arrivò in strada la pioggia lo colpì freddamente, lasciandolo quasi senza fiato. Le lacrime ripresero a rigare il suo volto e si confusero con la pioggia. Claude alzò la testa verso il cielo e fissò le nuvole grigie che coprivano le stelle. Anche il cielo piange per noi, Bryce, pensò.

Cominciò a correre senza ascoltare le persone che gli chiedevano se era tutto a posto, oppure se voleva un ombrello. Quasi gli facevano ridere. Un ragazzo corre senza maglietta sotto la pioggia e piange, come può essere tutto a posto?

Arrivò ai dormitori dei ragazzi della Inazuma e iniziò a suonare il campanello. Shawn e Axel si avvicinarono alla porta e la aprirono lasciandolo entrare, molto sorpresi.

«Che ci fai qui?» domandò Axel avvicinandosi a lui, ma quando vide la sua espressione sofferente si bloccò. «Cosa è successo?»

«Nulla che vi riguardi» disse e ciò equivaleva ad un "Jordan sta bene, tranquilli. Quello che sta male qui sono io". «Piuttosto, dove è Xavier?»

Shawn indicò le scale. «Stanza numero 18» disse e Claude, senza farselo ripetere due volte, iniziò a correre per i gradini. Arrivò nella stanza che gli aveva indicato l'albino ed entrò senza bussare: Xavier se ne stava appoggiato alla finestra, gli occhi lucidi mentre ripensava a quanto fosse stato stupido dei sentimenti che provava nei confronti di Jordan e a quanto entrambi stessero soffrendo inutilmente, ma quando sentì il tonfo sordo della porta della sua camera che si chiudeva con forza, sobbalzò.

Si voltò e, appena lo vide in quelle condizioni, si preoccupò. «Claude?» Gli si avvicinò e appoggiò le mani sulle sue guance bagnate. «Cosa è successo?»

Il rosso riprese a piangere e si fece cullare dalle calde braccia dell'amico che lo stringevano con forza. «Bryce...» mormorò.

Xavier sgranò gli occhi. «Vi siete lasciati?» domandò, preoccupato.

Claude scosse la testa. «No, abbiamo soltanto litigato. Solo molto più pesantemente del solito» Singhiozzò e prese il viso di Xavier tra le mani, osservandolo con uno sguardo implorante. «Io lo amo, ma siamo troppo diversi».

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