.•°[04]°•.
revisionato
Jordan uscì dal bar tenendo tra le mani un vassoio con: tre cappuccini, quattro bomboloni alla crema e un bicchiere di tè al limone. Appoggiò il tutto al centro del tavolo che i suoi amici avevano scelto e si sedette accanto a Bryce e di fronte a Byron. Prese la sua tazza con il tè e vi versò una bustina di zucchero, quindi iniziò a girare la bevanda calda con un cucchiaino, mentre il vapore del liquido raggiungeva il suo viso.
Byron si sporse sul tavolo per vedere cosa aveva preso il verde. «Tè?» gli chiese. Jordan alzò la testa di scatto e la sbatté violentemente contro quella del biondo, che urlò: «Ahi!» Tutti quelli nei paraggi si voltarono verso di loro con espressioni sorprese sul volto, mentre li osservavano stupiti dal loro comportamento quasi infantile. «Cazzo».
Claude diede una gomitata a Byron, mentre con la mano destra svuotava la quinta bustina di zucchero sul cappuccino. «Se Xavier lo scopre ti ammazza» disse; quindi prese un'altra bustina di zucchero e, con molta calma e attenzione, la aprì per poi versare il contenuto nella bevanda amara che gli si presentava davanti.
Byron si massaggiò il braccio guardando di traverso Claude e osservando soprattutto la sua mano allungarsi per prendere altre bustine di zucchero con tranquillità. Si chiese se da piccolo, appena era nato, lo avessero imbevuto nello zucchero prima di darlo alla madre. «Perché Xavier dovrebbe incazzarsi se ho detto "cazzo"? Insomma, lui dice di peggio» mormorò. Bevve una lunga sorsata di cappuccino, mentre Claude era troppo occupato a versare l'ultima bustina di zucchero - ovvero la ottava.
Il rosso aprì la bocca per rispondere, quando Bryce si alzò in piedi e cominciò a urlare, smanettando a destra e a sinistra come un ossesso. «Ma quante cazzo di bustine metti in quel cazzo di cappuccino!?» esclamò e si passò una mano fra i capelli bianchi.
Claude sobbalzò e lo guardò male. «La finisci di dire queste cazzo di parolacce, porca puttana?» urlò a sua volta, poi si mise a sedere e si ricompose tranquillamente. Tossì un paio di volte prima di riprendere a parlare: «Dicevo... A me piacciono le cose dolci».
Jordan sgranò gli occhi e li sbatté un paio di volte, poi aggrottò le sopracciglia. «Ma io pensavo che ti piacesse Bryce» mormorò tra sé e sé, ma per sua sfortuna lo sentirono tutti. Bryce si voltò verso di lui con occhi fiammeggianti, mentre mordeva con ferocia il proprio bombolone: la crema finì sugli angoli della sua bocca e volò anche sul naso di Claude, che era troppo impegnato a piegarsi in due dalle risate insieme a Byron. Jordan capì immediatamente cosa aveva appena fatto e si alzò in piedi, afferrando la sua valigia verde per il manico e mettendosi lo zaino in spalla. «Io devo andare in bagno» disse e scappò dagli occhi infuocati di Bryce e dalla sua voglia di prenderlo a pugni.
Uscì fuori dal bar buttando la metà del bombolone che non avevo voglia di finire nel cestino e corse verso i bagni dell'aeroporto, accanto ad un negozio di calcio. Non si fermò nemmeno a dare un'occhiata alla vetrina, era terrorizzato dall'idea che Bryce potesse raggiungerlo e ucciderlo. Spalancò la porta dei bagni degli uomini e vide che erano completamente vuoti. Che strano, pensò. Di solito i bagni degli aeroporti sono sempre pieni.
Si avvicinò ai lavandini e aprì l'acqua fredda lasciandola scorrere e si guardò allo specchio. La sua coda era leggermente spettinata, alcuni ciuffi verdi e più corti rispetto al resto dei suoi capelli gli incorniciavano disordinatamente il volto, ma poco gli importava. Sospirò e si sciacquò il viso. Gli faceva male la testa.
Alzò nuovamente gli occhi. Era pronto a incontrarlo? Era pronto a parlare di nuovo con lui come se fosse un semplice amico dopo tutto quello che aveva finalmente accettato? Era pronto a vederlo fidanzato, se avesse trovato la ragazza giusta nell'isola di Liocott? Scosse violentemente la testa. No. Lui non era pronto a tutto quello che sarebbe accaduto dopo il viaggio in aereo. Non lo era mai stato. Eppure la voglia di vedere Xavier era così grande che avrebbe fatto quel viaggio anche solo per guardarlo da lontano. Il solo pensare che avrebbe rivisto il suo sorriso, la sua pelle lattea e delicata, i suoi capelli rossi, i suoi occhi verde smeraldo che cambiavano sfumatura col suo umore, che brillavano quando erano insieme, gli riempiva il cuore di gioia e gli faceva dimenticare tutto il resto. Quando c'era Xavier quel "tutto il resto" diventava superfluo agli occhi di Jordan, anche quella finale, a momenti.
Strinse le mani a pugno e fu tentato di tirare un cazzotto al vetro, poi ci ripensò: c'erano le telecamere e non voleva finire in prigione o chissà dove proprio quando avrebbe dovuto rivedere il suo primo, e ultimo, amore. Aprì le mani e abbassò lo sguardo, che finì proprio sopra il palmo destro. Lo fissò a lungo. Poco prima della partenza di Xavier, Jordan aveva stretto la sua mano con quel palmo. Era stato il loro ultimo contatto, che gli aveva causato una scarica elettrica in tutto il corpo.
Jordan aggrottò le sopracciglia e frugò nella tasca destra dei suoi pantaloncini bianchi, tirando fuori una cartolina proveniente dall'isola di Liocott, nella cui copertina c'era una foto della zona giapponese della città e un disegno fatto con il pennarello rosso - mezzo stilizzato, ma meglio di niente - che avrebbe dovuto rappresentare Xavier che camminava in quella strada. Girò il pezzo di carta e rilesse per la centesima volta da quando se l'era ritrovata sulla scrivania le parole scritte dall'amico:
Ei, JoJo. Non mi chiedere da dove è venuto questo soprannome perché non lo so. *faccina che ride - sai che non sono bravo a disegnare -*
Comunque, ti ringrazio per il sostegno e non vedo l'ora di tornare per giocare a calcio con te. Salutami tutti, mi mancate.
XOXOXOXOXOXOXO
Xav
Jordan strinse il pezzo di carta e lo rimise in tasca. "Mi mancate"; "... non vedo l'ora di tornare per giocare a calcio con te". No, Jordan non vedeva l'ora che tornasse per rivederlo, poco gli importava del calcio. Voleva abbracciarlo un'altra volta e chiedergli perché non gli avesse più scritto, se lui aveva sbagliato qualcosa di così importante per lui da farlo allontanare.
La porta si spalancò e Jordan spostò lo sguardo su quella. Quando vide entrare un ragazzo abbastanza alto che si metteva all'indietro con eleganza i capelli biondi, fece una smorfia tra il divertimento e la sorpresa e infilò la cartolina dentro la tasca, sperando che Byron non si fosse accorto di niente. L'angioletto lo raggiunse e si sporse sul lavandino guardando da ogni angolazione possibile e inimmaginabile il suo volto. Poi si allontanò e gli diede le spalle.
«Oi, mi fanno un bel culo i pantaloni?» domandò a Jordan, che fu colto di sorpresa e sobbalzò finendo contro il lavandino. «Allora?»
Il verde arrossì violentemente. «Ma ti sembrano domande da fare?» quasi urlò, mentre sprofondava lentamente nel suo imbarazzo.
Byron alzò gli occhi e lo guardò truce. «Tra tutti e quattro sono il più etero, quindi voglio che le ragazze mi trovino PERFETTO - anche se lo sono già» spiegò come se fosse ovvio. «Quindi: ho un bel culo o no con questi pantaloni?»
Jordan sbuffò e alzò gli occhi al soffitto. «Sì, hai un bel culo» rispose e afferrò il manico della valigia. Solo in quel momento si accorse di tremare e aggrottò le sopracciglia.
«Hai paura di arrivare?» domandò Byron, generico. Uscì dal bagno e fece segno a Jordan di seguirlo, cosa che il ragazzo fece, sebbene fosse un po' sorpreso. Perché avrebbe dovuto avere paura di arrivare? Casomai di partire, non era mai stato in un aereo ed era terrorizzato dall'idea che potesse esserci un problema. Non voleva precipitarsi da una grandissima altezza e morire, era ancora troppo giovane e aveva davvero tante cose da fare prima di lasciare quel posto per sempre. «Io, sinceramente, sì» Il verde sgranò gli occhi, sorpreso da tutta quella fiducia. Avrebbe potuto tranquillamente salire sopra il pianoforte al centro dell'aeroporto e urlare sculettando solo per tradirlo quello che gli aveva appena rivelato e... Scosse leggermente la testa: questo avrebbe potuto farlo Claude, non lui. «Non so cosa troverò là» continuò Byron guardando un punto indefinito nel soffitto. «Ci saranno così tanti campioni mondiali e io...»
«Non dirlo nemmeno» lo interruppe Jordan e si bloccò a circa cinquanta metri di distanza da Claude e Bryce, che stavano bisticciando come al solito su una questione di vitale importanza: chi si sarebbe seduto accanto al finestrino?
Byron si bloccò e si voltò verso di lui con eleganza e senza perdere la sua bellezza particolare. Se non fosse esistito Xavier, Jordan se lo sarebbe già sposato, ne era sicuro. «Cosa non dovrei dire?» domandò.
«Che non sei all'altezza solo perché non sei arrivato al FFI» Byron sgranò gli occhi, poi abbassò lo sguardo sentendosi vulnerabile di fronte a quel ragazzino fin troppo umano. «Il calcio non finisce mica lì! Certo, arrivare ad un torneo così importante e, soprattutto, giocare così bene da sorprendere tutti potrebbe aiutarti a trovare un lavoro nel mondo del calcio, ma ci sono molti altri modi per mostrare la tua bravura. E io sono sicuro che tu diventerai un bravissimo giocatore, hai tutte le carte in regola» Jordan prese un grande respiro; per parlare aveva finito l'aria - anche per l'ansia, bisogna ammetterlo. «Insomma, bisogna cadere per rialzarsi più forti di prima e tu lo sai già bene».
Byron sorrise e si voltò verso le panchine, dove Claude dormicchiava appoggiato alla spalla di Bryce. Si chiese chi avesse vinto il posto accanto al finestrino, ma immaginò che lo avrebbe scoperto presto. «Hai ragione» mormorò. «Me ne ero dimenticato».
Jordan sorrise e lo raggiunse trascinando a fatica la sua valigia. Almeno a qualcosa era stato utile. Adesso, però, arrivavano le due parti più ardue di tutto il viaggio: la prima era quella di salire in aereo senza avere un attacco di panico (la vedeva dura, la paura lo stava mangiando vivo e gli altri erano occupati a parlare del più e del meno senza accorgersi di lui che stava letteralmente tremando al loro fianco); la seconda, invece, aveva come protagonista Xavier: come sarebbe stato rivederlo? Si sarebbero salutati, oppure lui sarebbe stato troppo impaurito di ricevere un rifiuto e timido per farsi vedere?
Sospirò e alzò la testa verso il cielo: era limpido, il sole splendeva senza problemi e non c'era la presenza di una sola nuvola. Xavier, aspettami, penso Jordan, prima di seguire i suoi tre compagni di viaggio verso il proprio aereo, contento di poterlo rivedere, anche solo da lontano. Non avrebbe mai potuto immaginare che pochi giorni dopo si sarebbe ritrovato piegato in due dal dolore, con le lacrime che rigavano il suo viso e un peso nel petto che difficilmente sarebbe andato via.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro