Ritorno su Mustafar
Il ritorno non è la fine del viaggio,
ma solo l'inizio della pianificazione di una nuova partenza.
(Mia cit.)
Il ritorno su Mustafar è davvero tremendo.
Sono, sulla navicella che ho rubato nello spazio porto di Coruscant, e più mi avvicino alla pista di atterraggio, più sento i brividi percorrermi la schiena. Scorgo da lontano già centinaia di soldati e droidi in posizione, pronti a darmi il benvenuto, Immagino i maestri che mi aspettano.
Un uomo, avvolto da un manto color porpora è al centro del piazzale, quello è mio padre si è staccato dagli impegni su Coruscant per essere presente al mio arrivo.
Quando apro le porte dell'astronave il maestro Amor sale e mi porta la mia armatura. Lentamente, indosso la maglia nera e i pantaloni, per poi, legarvici sopra, ogni, singolo, pezzo di quell'armatura che tanto detesto. Alla fine metto il casco.
Scendo accanto al maestro, insieme percorriamo quei pochi metri che ci separano da papà ingoio un nodo che si è formato nella gola cerco di calmare i nervi e la paura che mi attanaglia le viscere. I soldati e i droidi sono burattini ben addestrati e ubbidienti scattano sull'attenti, vedo la scena con la coda dell'occhio non esistono rumori, né altri attori, c'è solo lui, mio padre l'uomo avvolto nel suo abito di porpora che mi attende in piedi statuario in mezzo a tutti. Dietro di lui come in un quadro fissi nel tempo gli altri maestri, Amor raggiunge la sua posizione, adesso l'opera è completa.
Traggo un profondo
o sempre odiato inginocchiarmi.
- Alzati figlio. Vieni con noi. Abbiamo molto di cui parlare. - Dietro di noi sfilano i miei apprendisti Ahsoka e Driù. Sorrido leggermente sotto la maschera.
Driù, ha un vistoso livido sullo zigomo sinistro, il labbro violaceo è spaccato. Cosa ha combinato adesso? Sente il mio sguardo su di lui. Il suo sorriso svanisce. Posso sentire la sua ansia e paura. Adesso cammina con la testa bassa, ha un atteggiamento remissivo.
Ci incamminiamo nella zona di comando della base militare, superiamo numerosi corridoi, per poi fermarci di fronte a una porta di fine vetro temprata che è resistente agli spari e al calore. Questa, si apre subito mostrando un lungo ponte in carbonio è il collegamento tra le due zone. Sullo sfondo il palazzo nero, arroccato sulla montagna.
Percorriamo questo sentiero fino all'altra estremità chiusa sempre da una porta in vetro dello stesso materiale della precedente. Si apre, rivelando un freddo spazio in cupo marmo rosso un pavimento elegante bianco e privo di ogni ghirigoro. Colonne di porfido si tagliano alte per sorreggere l'immensa cupola ovale del grande spazio. Un foro circolare al centro della cupola, chiuso da una finestra in vetro, permette alla luce di entrare. Le finestre girano tutte intorno.
Non sono più abituato a quest'aria così tetra c'è silenzio, tranne che per i nostri passi, quelli della servitù e dei soldati poco distanti da noi sopraggiungono ordinati e silenziosi, il grande inquisitore con le sorelle e i fratelli. Al seguito i loro apprendisti, futuri membri dell'ordine inquisitorio, quando ci vedono si fermano inchinando lievemente la testa. I Sith, sono un gradino sopra a loro, in questo mondo di gerarchie. C'è mio padre, i mie maestri, io, i Sith con una maggiore esperienza, il grande inquisitore poi i miei apprendisti e i membri dell'ordine inquisitorio e così a scendere.
Proseguiamo, fermandoci di fronte a delle protuberanze in pietra che escono dal muro. In realtà, la pietra è solo di copertura, e la porta che sembra anch'essa in pietra, è in realtà l'accesso all'ascensore che conduce alle aree riservate di mio padre, dei miei maestri e alle mie. E quindi, alla sala del trono.
Saliamo sempre in un silenzio di tomba.
- Padre, ti chiedo il permesso di poter parlare un attimo con i miei apprendisti e poi venire nelle tue stanze. -
- Sì, va bene. Venti minuti, non di più. - Concedo.
- Saranno sufficienti. Ti ringrazio.-
Ciò che desidero, è abbracciare quella furbetta di Ahsoka, sentire di nuovo le sue risate. E capire, cosa ha combinato Driù, quando l'ascensore si ferma al terzo piano, scendo seguito dai miei apprendisti. La porta si apre su uno spazio immenso, colonne poste lateralmente a sostegno d'immensi soffitti con volte a crocere, ovunque lo sguardo si estende sullo scenario di lava che è fuori la zona, è infatti aperta e delimitata solo da bassi muri di colonne in cemento bianco. Il pavimento in porfido, rimanda un suono acuto dei nostri passi in quell'ambiente enorme e privo di decorazioni,soldati in fila e disposti a ogni colonna, una grande porta di acciaio nero, è l'ingresso alle mie zone.
Un soldato vedendoci scatta sull'attenti e apre immediatamente la porta.
Varco l'entrata con i miei apprendisti appena dentro, mi accoglie il famigliare senso di vuoto, non giro a sinistra verso le loro stanze, ma a destra verso le mie, Il breve corridoio che stiamo percorrendo termina innanzi a una porta scorrevole che si apre al mio tocco. Appena dentro le pareti scure e prive di abbellimenti mi soffocano e invadono il mio cuore, un freddo pavimento in legno, un tappeto rosso a decoro.
Pochi passi e si apre una grande stanza con due divani in pelle. Sono molto particolari hanno la spalliera a onda, di colore blu scuro mentre il sotto è bianco, una delle poche cose che ho potuto scegliere,un grande tavolo circolare in legno un piccolo tavolinetto in vetro, posto davanti ai divani
Alle pareti non vi è nulla, se non, le mappe dei pianeti. Una grande libreria ad L con all'interno centinaia di volumi elettronici, che, ho dovuto studiare a meno dito. Vedo, titoli nuovi aggiunti di recente nuovo studio, mi attende. Una scrivania di puro legno al centro vi è un taglio profondo e largo che attraversa l'intera superficie il taglio è stato riempito di resina colorata di azzurro il disegno, attraversa tutta la superficie, ed è poi stato coperto da altri strati di resina, fino a raggiungere il livello più alto. Ricorda le onde del mare. Anche questa, è l'unica cosa che ho potuto scegliere. Sulle pareti si aprono diverse porte: una conduce alla stanza di addestramento, l'altra nella camera da letto e l'altra al bagno. Un luogo così enorme per una sola persona.
Sono girato di spalle, continuo a guardare fuori dalla grande finestra. Mentre, la mia mano avvolta nel guanto di cuoio nero, ripercorre la superficie levigata del tavolo:
indossare l'armatura dopo così tanto tempo è strano è come non essere più me.
-Allora? Non siete felici di rivedermi? - Domando sarcastico, so che sono felici anche Driù benché abbia paura.
- Si, che lo siamo, Darthcoso. - Ahsoka sprizza gioia, mi volto in tempo per accoglierla tra le mie braccia, Mi è mancata La stringo forte carezzandole i Lekku, Driù resta immobile, al suo posto questo momento è solo mio e di Ashoka, Lo sa.
- Dovrai spiegarmi, come hai fatto a distruggere la mia astronave anche se ti ho perdonata, non vuol dire che la passerai liscia. Voglio, che studi l'intera area tematica riguardante le astronavi, le loro funzioni, i loro pezzi, da cosa si compongo e voglio che tu lo faccia entro oggi. E anche una relazione. Che domani, voglio trovare sulla mia scrivania che sia perfetta capito furbetta?- Alzo un sopracciglio guardandola severo.
- Si maestro, va bene. E se sbaglio? - Involontariamente il suo sguardo ricade su Driù e le sue braccia si intrecciano dietro alla schiena.
- Se sbagli rifai tutto da capo. Poi, ti alleni per una settimana tre ore in più al giorno. - Le rispondo, evitando però di aprire l'argomento che più la spaventa: Scoprire se Driú sarà punito al suo posto o meno, in realtà, basandomi sulle nuove regole in vigore si, però qualcosa in questi mesi trascorsi al tempio è cambiato in me. Obi-Wan mi ha mostrato un'altra via. La via che non conoscevo come maestro, una via diversa ora sta a me fare i cambiamenti necessari, non so se ne sarò capace, però desidero provarci.
Ci stacchiamo dall'abbraccio e mi volto verso Driù, appena mi giro lui distoglie lo sguardo da noi e china la testa a terra. Chi sa, quanto questa mia freddezza nei suoi confronti deve pesargli quanto, in tutti questi anni, si sarà sentito sempre in secondo piano. Che casino che ho fatto!
- Driù, avvicinati. - Lo vedo fare un respiro profondo e poi avvicinarsi. Mai troppo però. Resta comunque a qualche centimetro da me. Siamo così vicini e così lontani allo stesso tempo.
Alzo la mano verso il suo viso. Voglio vedere cosa gli hanno fatto i miei maestri.
Appena la mia mano si alza, lui chiude gli occhi e stringe le labbra, quando è l'ultima volta che ho accarezzato il suo volto? Non ricordo.
- Ti prego maestro. Giuro non ho fatto niente. Fammi almeno spiegare. - La voce è lievemente incrinata, spaventato cade in ginocchio con la testa riversa al pavimento.
Emetto un sospiro che ha come unico risultato quello di spaventarlo ancora di più. Senza parlare gli alzo il volto, rivelando lo zigomo martoriato. C'è un livido che sta andando sbiadendo. Poi, uno più violaceo sull'occhio e sul labbro.
Non oso immaginare come sia ridotto sul resto del corpo.
- Questo è per il caos della navicella? - La voce metallica del casco non mi aiuta a sembrare meno arrabbiato o freddo. Maledetto casco!
- No, maestro. L'inquisitrice Kala ha coperto il disastro. - La sua voce è appena percettibile, un misto tra la paura e la voglia di piangere.
- Va bene, mi dirai dopo cosa è successo. Adesso devo andare. Volevo solo vedervi e vedere che stavate bene. Tu! Furbetta vai a fare il tuo dovere. Driù, tu invece sei libero, finché non torno. -
Uscendo dai miei alloggi, ripercorro la strada di poco prima, fino all'ascensore e salgo all'ultimo piano, nella stanza di mio padre. Dove, mi aspettano lui e i maestri, quando papà mi riterrà pronto, dovrò affrontarli in duello tutti, uno per volta e quando loro saranno morti, sarò l'unico apprendista di mio padre, sono anni che attendo quel momento il giorno in cui, mi libererò di tutti loro.
Attendo il permesso per accedere alla sua area riservata, sento distintamente un: vieni avanti. Così avanzo. Un'altra porta che si apre e chiude, due passi e sono entrato all'inferno, i maestri comodamente seduti sul divano semicircolare di enormi dimensioni attendevano il mio arrivo insieme a papà che siede rilassato al centro di esso il suo volto è inespressivo già so quale sarà il verdetto della giuria.
Mi inginocchio, schiena dritta, testa bassa di fronte a mio padre. Sento il suo compiacimento e quello dei maestri stringo le mani a pugno, fino a far sbiancare le nocche.
- Padre, maestri, sono qui davanti a voi per chiedere il vostro perdono. Ho fallito il mio incarico, con me non ho l'Holocron. -
- Lo sapevo figlio mio. Hai molto da farti perdonare.- La voce di papà è rigida e distaccata.
- Basta così, può bastare. Puoi andare adesso. - Lentamente e andando contro ogni singolo muscolo del mio corpo, mi alzo da terra un lieve inchino e senza indugiare oltre ripercorro la strada inversa, quando passo davanti agli uomini mi mostro fermo, risoluto e privo di ogni dolore, salito in ascensore vacillo e per restare in piedi devo appoggiarmi al muro quando l'ascensore si ferma sul mio piano, scendo e continuo la messa recita.
Una volta nelle mie stanze troppo stanco per arrivare alla camera da letto mi accontento del mio enorme e comodo divano.
Per un po' cado in uno stato di dormiveglia poi sento la porta aprirsi leggermente, nascondi immediatamente il volto tra i cuscini non sono nè i maestri, nè papà, sento la firma della forza di Driù.
- Maestro, Ahsoka voleva sapere se eri tornato, sono trascorse molte ore da quando le hai affidato il compito. C'è una cosa che non capisce ho provato ad aiutarla, ma non siamo ugualmente riusciti a comprendere l'argomento e in realtà sono un pò confuso anche io. - Alzo leggermente i cuscini, noto che è rimasto fermo sull'uscio con le spalle rivolte a me e la testa in direzione del muro. Vorrei dirgli di sparire e che sono problemi loro, che lui non avrebbe dovuto nemmeno immischiarsi nei compiti di Ashoka e tornare così a riposare, però non è ciò che farò, dopo tutto non è ciò che mi sono ripromesso di fare.
- Venite qui nel mio salone. - Driù scompare velocemente, mentre per quanto mi riguarda faccio volteggiare in aria il casco e con poco è tra le mie mani, lo indosso poco prima dell' aprirsi della porta.
-Non si usa più bussare!- Restano entrambi immobili sull'uscio pronti a un castigo.
-Forza, dentro!- Ahsoka entra subito e saluta Driù, il quale esegue un inchino pronto ad andarsene.
La mia voce lo blocca poco prima dello chiudersi della porta.
-Fermo Driù. Resta anche te, così ti spiego dovete essere allo stesso livello su tutto. - Lo vedo sorridere, lui è come me, adora le astronavi però sul suo volto c'è anche tanto stupore. Questo, mi fa tornare in mente che ho un dono per entrambi.
- Ho una cosa per voi due. - Dallo zaino che Padmè mi ha gentilmente fornito con dentro dei crediti tiro fuori un modellino di un incrociatore spaziale e poi quello di un gatto delle sabbie di Yavin4.
- Sono per voi. Li ho presi prima di venire qui, dove mi sono fermato a fare rifornimento, c'era un artigiano che faceva questi. - Porgo il gatto ad Ahsoka e la nave a Driù.
- Grazie maestro. - Fisso con interesse Driù, lo vedo osservare ogni dettaglio del modellino, ha sempre amato le astronavi.
- Ti piace Driù?- Lo guardo con insistenza, la stessa con cui lui fissa il suo modellino. Solleva lievemente lo sguardo per un breve attimo i nostri occhi si incontrano è un contatto molto breve, in fin dei conti ho proibito lui di guardarmi. Quando è vicino a me deve restare o a testa bassa o in ginocchio, questo è ciò che gli ho ordinato lo scruto mentre tiene il suo modellino tra le mani, è così piccolo, sono così piccoli e indifesi, vorrei cancellare l'ultimo anno e mezzo, tornare indietro e ricominciare, tuttavia non posso, però posso provare a rimediare.
- Si, maestro è bellissimo. Solo... Non credevo... Di meritarmi un regalo sono sempre così disubbidiente e... - Blocco le sue parole e mi avvicino, con delicatezza poggio una mano sulla sua spalla e mi abbasso per poterlo guardare in viso, nello stesso istante in cui gli sollevo il volto alzandolo con dolcezza dal mento i suoi occhi si serrano chiudendosi, stringe con forza il modellino, resta fermo, ma ha paura.
- Guardami, per favore.- Ubbidisce, ha imparato l'ubbidienza esattamente come l'ho imparata io: con il dolore.
-Sei anche tu un bravo apprendista e come Ahsoka, meritavi qualcosa.-
Driù è molto attento durante la spiegazione e mi fa tantissime domande, sempre con grande timore.
-Adesso, andate. Ho bisogno di riposare.- Vedo la furbetta, raccogliere il libro da terra e seguita da Driù uscire dalla stanza.
Finalmente solo tolgo il casco e mi fiondo nel letto.
Grazie per essere giunti sino a questo capitolo e per il sostegno che mi state dando.
Ricordatevi di mettere qualche stellina a qua e là.
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