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Visite francesi

Era il padre di Louis.
Era un uomo alto, con una barba folta e vestiti di lusso. Mi vergognai subito per il mio stato, che non lasciava molto all'immaginazione. La cosa fu peggiorata dall'ostilità fra i due e il fatto che parlassero esclusivamente francese.
Credo che mi avesse presentato come la sua ragazza e a quella parola mi si strinse il cuore.
Il padre mi scrutava e questo sembrava infastidire Louis. Dopo i convenevoli mi sussurrò in inglese di andare a dormire in camera sua. Capii subito che fosse una richiesta, e non vedevo l'ora di togliere il disturbo.

Mettermi finalmente sotto le coperte, di un letto ben fatto inoltre, fu liberatorio. Non volevo neanche pensare al momento in cucina.
Dormii in un ambiente silenzioso, fino a quando verso l'alba non lo sentii entrare. Feci finta di nulla quando invece fu lui ad iniziare il discorso ed a sfogarsi.
Si distese senza la maglietta del pigiama e questo mi attraeva come una calamita. Poggiando la guancia sul cuscino lo osservavo intensamente.
Mi raccontò di come il padre lo avesse rimproverato di esser stato poco vicino alla madre in ospedale, di come a lui non interessasse della sua vita e anzi credeva che la casa non gli spettasse perché era ancora un bambino.

"Questo posto è l'unica cosa che voglio conservare. E' il luogo dove costruirò altri ricordi." – nel dirlo mi prese per mano e la strinse. Quel gesto significava più di mille parole.
Guardava il soffitto, con aria stanca. Fu un istinto di un attimo, mi tirai su dal cuscino, mi avvicinai e lo baciai quasi all'angolo della bocca.
Fu repentino nel prendermi delicatamente, così mi ritrovai sopra di lui mentre il bacio continuava. Mi staccai poco dopo e poggiai il mento sulla sua clavicola.
Vidi una collana con un fulmine per la prima volta.
"Andrà bene. Io ci sono." – e subito passai fra le dita quel piccolo fulmine.
"Vorrei che non te ne andassi." – ebbi un nodo allo stomaco. Dovevo farlo invece. Mi scansò e dopo avermi accarezzato i capelli disse - "Voglio farlo. Abbiamo ormai poco tempo per stare insieme."
Nei suoi occhi vidi la sincerità.
Provavo veramente qualcosa per lui?
"Lo sai che io..." – sapevo che sarebbe stato uno dei peggiori momenti della mia vita.
I suoi occhi non vacillarono di un millimetro, si spogliò e iniziò a baciarmi con molta più passione.
"Aspetta, aspetta." mi allontanai un secondo perché avevo paura. Sentivo quasi di tremare mentre ero sconvolta dai pensieri. Non sapevo come muovermi, ero sul punto di fuggire di nuovo ma ripensai a tutti. A Ron, Cecilia, a chiunque mi avesse dato consigli, e fra tutti l'unico che sentivo ripetermi fin dai primi mesi era "buttati". Pensai anche a lui, a quanto mi volesse bene, e non dovevo preoccuparmi del dopo.

Dovevo farlo, era il momento, la persona. Non dovevo temere nulla.
Mi riavvicinai, felice che mi avesse lasciato quel tempo senza dire nulla e lui mi tolse la maglietta.
Mi sfiorò il seno e quando fu sopra di me sentii il calore del suo corpo, rispetto la freddezza del mio. Ero agitata ma chiusi gli occhi. Mi disse che avrebbe fatto piano. Iniziò a muoversi lentamente su di me e rimaneva in silenzio. Mi dava dei piccoli baci sul viso e prese alla fine le mie mani. Per il dolore volevo stringerle, e quando si accorse rallentò. Sentivo il suo respiro affannoso e pensavo soltanto a quanto lo volessi rendere felice. Mi sentivo la sua terapia in un momento così difficile.

Dopo essere venuto si scostò e misi la mia testa sul suo petto.
"It was soo nice." – sentivo ancora il suo cuore palpitare. Cercai nuovamente le sue labbra che mi trasmettevano una dolcezza infinita.

Finalmente si addormentò come un bambino. Un bambino bellissimo che non riuscivo a smettere di guardare.
Ma avevo il suo sudore addosso, oltre al sangue che sentivo sulle coperte, quindi mi alzai poco dopo per andare a lavarmi. Non avevo sonno e non volevo disturbarlo.
Mancava poco al Natale e il funerale sarebbe stato il 23, in occasione dell'onomastico della madre. Sarebbe stato sicuramente un giorno insolito, ma al mio fianco sentivo di aver qualcuno che mi apprezzava.
Una persona a cui ormai avevo dato tutto, anche una parte così intima che non avrei creduto di cedere così facilmente. Finalmente capii come fidarsi di qualcuno non ti rendesse vulnerabile, come mi sentivo con Stefan, ma più forte. Sentivo di poter essere il suo punto di riferimento, e aiutarlo era l'unica cosa che mi interessava.
Non c'erano più sfide, supremazie insensate, soltanto due amici che potevano volersi più bene di quanto credessero. Sapevo che sarebbe stato un rapporto molto più sano di quel poco costruito con Stefan.

Sotto la doccia rimasi per molto, pensando a tutto questo e quasi risi della mia passata stupidità e della futilità dei problemi che prima apparivano insormontabili. Ero serena.
Quando uscii dal bagno, che si trovava in corridoio, fortunatamente ero vestita perché incontrai il padre in vestaglia. Fumava un sigaro, scrutandomi come la sera precedente.
I miei capelli non erano completamente asciutti, temevo di far troppo rumore con il phon.
In inglese mi disse - "Buongiorno cara."
Lo salutai con gentilezza, accennando un sorriso.
Mi chiese di fare colazione insieme e mi sembrava scortese non accettare. Non pensai neanche alla possibile reazione di Louis.
Una volta seduti ringraziai che gli spazi fossero così grandi.
"Su di me avrai sentito cose terribili. Ma non ti chiedo di non crederci." sorrise in maniera beffarda esattamente come faceva il figlio e provai disagio.
"A te non voglio chiedere nulla. Siete giovani, divertitevi in questi giorni. Come ringraziamento per aver badato a mio figlio e a questa enorme casa, voglio che domani usciate. Ho due ingressi per una discoteca in centro."
Il suo sguardo mentre mi porgeva i due biglietti mi stava inquietando ma ringraziai facendo finta di nulla.
"Stai mangiando poco tesoro. Sarà per questo che sei così bella." commentò mentre in piedi sorseggiava un caffè.
"E' bella ma lei non ci crede. " sentii le mani di Louis sulle mie spalle. Sospirai di sollievo mentre cercavo qualcosa da osservare che non fossero quei due. L'atmosfera si appesantì di colpo.
"Allora è il tuo compito farla sentire così. Con tua madre non era necessario, già si sentiva la più bella di tutta Avignone."
Le mani si tolsero di colpo e si avvicinò in fretta al padre, mentre lui rimase sorridente. Preferiva guardarmi, però a quel punto sorressi lo sguardo. La presenza di Louis mi dava sicurezza.
Non capii cosa bisbigliò fra i denti Louis perché scelse di dirlo in francese, ma intuii che non voleva la nominasse. Lo scontro fra i due leoni terminò con il silenzio, e mentre il padre usciva dalla cucina Louis url.
"Smettila di guardarla così, sennò non ti farò entrare neanche in chiesa." gli presi immediatamente la mano ma non riuscii a farlo tacere.
"Non dovevi dire una cosa simile. Non mi stava dando fastidio. " chiarii subito appena fummo da soli.
"Non voleva dare fastidio a te infatti. Non ho avuto il coraggio fino a quel momento." guardava il giardino dalla finestra
"Sono un codardo e lui lo sa. Percepivo il tuo disagio."

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