Una giornata quasi migliore
Il giorno seguente sarebbe stato migliore, questo mi ripetevo.
Intanto il tempo passava e non avevo il coraggio di parlare con nessuno dei veri problemi. Lasciavo che gli impegni e lo studio risucchiassero le mie giornate, così da arrivare a letto stanca e non riuscire a fermarmi a pensare.
Mi divertivo all'università ma avevo lo sguardo perso quando le conversazioni finivano. Cercavo di circondarmi di persone più felici di me, per questo evitavo di stare a lungo con Cecilia o con Riker. Anche Johan mi osservava più del passato però riusciva comunque a farmi stare bene.
Capiva le mie scelte anche se io non lo facevo. Stavo evitando il problema come ero abituata a fare prima della partenza. Avevo paura dei sentimenti? O magari non mi bastavano quelli che avevo vissuto con Stefan, perché la sua mancanza non era soffocante.
Forse lo era stata più la sua presenza. Pur non volendo avevo riflettuto sui momenti passati insieme, anche sui peggiori. Non ero mai riuscita a capirlo come avrei voluto, sentivo di essere troppo ingenua e buona per stare con lui. Le sue stesse convinzioni si erano radicate in me nel tempo. E grazie a quest'ultimo stavo capendo quanto non fossero parole al vento, ma avvertimenti.
Avevo voluto infrangere le regole, assumermi un rischio che non potevo portare da sola senza distruggermi. Io non volevo rinunciare a nulla per lui e forse questo non era realmente amore.
Il senso di colpa mi mangiava però notte dopo notte, fissavo il soffitto pensando a quanto avessi sbagliato nel negare l'evidenza che lui aveva visto fin da subito. Volevo buttarmi per la prima volta, rischiare, sentirmi viva e non era questo l'errore; semplicemente non era il caso e la persona giusta per cui farlo.
Non volevo pentirmi delle mie scelte ma ero consapevole che nel frattempo qualcuno stesse soffrendo a causa mia.
Un pomeriggio finalmente mi decisi a scendere dall'autobus per raggiungere casa sua.
Erano passate almeno due settimane dall'ultima volta che lo avevo visto, lasciandolo solo alla fermata. Non ero sicura di trovarlo in casa ma fortunatamente era nel giardino retrostante, sull'amaca.
Avevo scelto una rara giornata di sole, in cui le lievi nuvole consentivano di resistere anche senza gli occhiali che mi ero dimenticata.
"Ciao Stefan." dissi con un accenno di euforia. Era innegabile quanto fossi agitata e perplessa.
"Ah, ciao." disse togliendosi le cuffiette e sedendosi in posizione più comoda.
"Posso sedermi?" chiesi indicando una sedia di vimini in disordine.
"Siediti." rispose facendomi un cenno alzando la testa.
"Voglio parlarti da molti giorni. Non sono qua per inventarmi scuse. Conosci la mia sincerità e proprio questa mi ha frenata dal venire prima." schiarii la voce che sentivo sempre più lieve.
"Sono felice che finalmente hai deciso. Anche se già percepisco cosa." si accese una sigaretta, senza offrirmene nessuna come faceva tempo prima.
Ebbi un magone allo stomaco notando il suo sguardo.
"Avevi ragione su molte cose. Mi sono illusa che avrei potuto infrangere quello che ci divide. E' troppo grande per me e da sola non posso." stavo ripensando a quello che mi aveva raccontato Louis.
Si alzò e prese un'altra sedia che mise vicino alla mia.
"Raramente mi sbaglio." – e sorrise aspirando. – "Volevo vedere quanto avresti resistito. Ma sapevo che la lite con Louis ti avrebbe convinta." stava fingendo indifferenza.
"Te non sei affatto una persona per cui serve resistere. Non sei la persona per me e questo mi fa stare male." volevo precisare e valicare il suo pessimismo costante.
"Lo so che ti facevo soffrire. Con me non sei te stessa completamente, però io ho provato ad amarti." spense la sigaretta dentro un vaso. "Potrei anche amarti, più di quanto abbia fatto qualcuno finora."
"L'amore non è così... un'ipotesi." risposi bloccando il suo discorso. Rimase quasi a bocca aperta.
Mi accarezzò la guancia come gli piaceva molto fare e lasciai che lo facesse chiudendo gli occhi. Era un addio, non sofferente ma almeno dispiaciuto.
"E' meglio che io vada. Ciao." gli sorrisi fiera di essermi finalmente tolta un peso.
"Ti voglio bene. Ci sono per qualunque cosa."
Non mi voltai. Non credevo alle sue parole e al suo cinismo. Il fatto che avesse nominato la parola amore non mi aveva affatto addolcito. Sembrava che parlasse a sproposito, di cose di cui non conosce affatto nulla e di cui soprattutto non gli interessa. Aveva sbagliato, di nuovo, ma almeno le aspettative che avevo su di lui si erano definitivamente distrutte.
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