Effetti collaterali (parte 1)
In quei giorni avevo veramente troppe cose da fare. Un importante esame si avvicinava e mi ritrovavo da sola a gestire un trilocale con 6 inquilini.
Io e Cecilia dopo la cena avevamo subito litigato e mi aveva lasciato tutte le responsabilità finché gli altri non se ne fossero andati.
Non potevo darle torto, però avrei voluto che mi aiutasse con il suo solito buonsenso.
Stare con il gruppo così spesso mi faceva riflettere su come fosse tutto iniziato. Li avevo conosciuti dopo il primo mese tramite Johan, che frequentava il corso di Letteratura tedesca con me. Era sicuramente il più bravo del corso e il nostro rapporto si era fondato fin da subito su un continuo scambio, grazie agli interessi comuni. Ancora mi stupivo di come potessi piacergli, data la sua compostezza e soprattutto la sua bravura.
Cecilia invece stava studiando per diventare biologa e spesso si rifugiava in biblioteca con altri studenti stranieri. Ci eravamo conosciute sull'aereo e avevamo deciso di cercare un appartamento privato al posto di una squallida stanza nei "Wohnheim" universitari.
Ero stata fortunata a conoscere il mio gruppo; mi avevano dato un aiuto fondamentale con la lingua, oltre a volermi bene, la cosa di cui avevo più bisogno.
Stavo lavando i piatti quando sentii qualcuno entrare. C'era la televisione accesa, con Elias e Mark sul divano a giocare con gli iphone. Con loro era impossibile discutere. Fratelli gemelli, uniti al punto di lasciare gli studi per lavorare insieme nella ristorazione. Erano scaltri, espansivi e sapevano farmi ridere in ogni momento, forse grazie all'influenza dei cuochi italiani da cui avevano imparato il mestiere. Erano incredibilmente simili a Fred e George Weasley.
Alla porta era Louis.
Non ci eravamo più parlati da quel giorno a casa sua. Mi ero pentita amaramente di aver cercato di stringere i rapporti con lui e dovevo concentrarmi su molto altro. Lo salutai continuando a lavare i piatti nel lavandino.
'Qui dentro osservo l'emblema della società patriarcale. Gli uomini sul divano e le donne in cucina. L'unica donna direi.' – disse lanciando un'occhiataccia ai suoi amici.
Avevo paura non ci fosse un buon odore in casa ma stavo cercando di fare il più possibile per coprire gli effetti della cucina piccante di Riker. Era l'unico in grado di proporre qualcosa di decente, nonostante uscisse spesso appena mangiato senza dare spiegazioni.
'Non sei divertente.' – risposi finendo di levarmi i guanti.
'Vuoi una mano?' – mi guardava con dolcezza, poggiandosi sulla porta della cucina.
'Non mi serve la tua compassione.' – risposi ma capii di aver esagerato.
'Non ti serve neanche un ragazzo perché da quanto so hai pisciato Stefan.' – si forzò di ridere. Odiavo quando usava termini volgari. Frequentava il miglior corso di giornalismo della città ed era brillante nonostante volesse nasconderlo.
Non risposi, non avevo molta voglia di litigare di nuovo con lui. La provocazione era comunque iniziata. Si avvicinò mettendosi seduto sull'asciugatrice e notai che era più elegante del solito.
'Esci con qualcuno?' – mi venne spontaneo chiedere.
'Azzeccato. Sono abbastanza di buon'umore.' – rispose facendomi un sorrisino.
'Buon per te. Ho da fare, scusami.' – E mi strinsi per uscire dalla piccola cucina. Invidiavo la sua costante spensieratezza.
Intanto notai che gli altri erano usciti in terrazzo, quasi urlando in vivavoce al telefono. Louis approfittò per cambiare argomento.
'Devi goderti questi mesi qui. Non puoi chiuderti in casa come se fossi in Italia.' – mi rimproverò, avvicinandosi sempre con gentilezza.
Molti di loro credevano che prima avessi vissuto come una reclusa. I miei racconti li avevano facilmente impressionati, facendomi comprendere come fosse diversa la loro realtà.
Per questo motivo mi spingevano sempre a partecipare a qualsiasi loro piano per il weekend. Erano felici quando mi divertivo e li avevo adorati fin dal primo giorno per l'inclusione. Per qualche strano caso a loro piacevo. Sapevano come farmi essere me stessa, un privilegio di cui non si può sempre godere con chiunque. Il fatto di non averne fatto esperienza in Italia mi rendeva consapevole di quanto il tempo con dei veri amici fosse prezioso.
Louis era stato sempre diverso. Sapevo che dietro molte idee ci fosse stato lui, eppure non era riuscita ad instaurarci un legame che mi soddisfacesse. Lo consideravo superiore alle mie capacità di comprensione e questo lo riconoscevamo entrambi. Quando la mia mente era vuota, i miei pensieri andavano spontaneamente a lui.
'Sto bene e questo' – indicai tutta la casa – ' lo sto facendo anche per i tuoi amici. I miei amici. Farei di tutto per voi.'
Che significato stavo dando a quelle parole?
Lo guardai fisso negli occhi come non avevo mai fatto prima. Erano verdi e molto belli ...
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