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14. Spegni una forte oscurità

"Nella solitudine i nostri demoni ci abbracciano."
-Fonte: Tumblr

Ci tengo molto a questo capitolo. Lo dedico a tutti quelli che hanno avuto, anche solo una volta, questi pensieri. A tutti quelli che hanno problemi con l'ansia e gli attacchi di panico. Se avete bisogno di parlare, mi trovate su Instagram.
Buona lettura🤍

Benjamin

Piango. La prima cosa che faccio una volta che torno a casa e resto da solo, è piangere. Non so perché nello specifico, non so nemmeno da quanto tempo non mi succedeva, probabilmente anni, ma non riesco comunque a trattenermi.

Mi sento oppresso. Mi sento come se tantissime emozioni mi stessero saltando sulle spalle e mi stessero facendo cedere. Mi sento sempre più sul fondo e non riesco a darmi la spinta per risalire.

Ormai l'effetto dell'alcol è svanito, lasciandomi solo una forte emicrania e una leggera nausea, ma niente a che vedere con quello che sento dentro. Assolutamente. Il dolore che sento dentro è di gran lunga più forte e non riesco a scacciarlo. Non ce la faccio.

Le enormi lacrime continuano a scorrere sulle mie guance, mentre io le fisso cadere e bagnare il lenzuolo sul mio letto. Non riesco quasi a muovermi. Siedo a gambe incrociate e fisso un punto davanti a me. E mi fa male. Tanto male. Quello che mi sta spegnendo, lo sento sempre più forte e presente in me.

Sono sempre riuscito a tornare a galla, ma stavolta non ce la faccio. Non ho la capacità per farlo. E poi ripenso ai miei amici che preoccupati mi offrono la loro spalla, ripenso a Isabella che quasi mi prega di aprirmi, ma non posso farlo. Vomitare questo dolore sopra di loro, equivarrebbe a ferirli.

Io non voglio fare male a nessuno. Io non voglio essere un peso. Io non voglio niente di tutto questo. Ma è davvero troppo assordante il rumore dei miei pensieri, tanto che non riesco più a riposare in pace. E io ho bisogno di riposare. Ho bisogno di staccare la mente. Ho bisogno di tutto questo. Sono stufo degli incubi che mi svegliano, sono stufo dell'ansia e degli attacchi di panico sempre più frequenti. Sono stufo della mia mente che mi dice che non valgo abbastanza, che ferisco tutti e che non sono essenziale per nessuno. Ma perché mi sento così? Io non capisco.

Osservo le mie mani che tremano, quasi come se stessi congelando sotto una tempesta di neve. Sudo freddo e tremo. Il mio corpo non reagisce, ormai si arrende sempre a questi maledetti attacchi di panico che sono sempre più distruttivi per me e per la mia mente. Sempre di più.

Mi porto le mani sui capelli e li tiro indietro, in un gesto di stizza e confusione, dondolando leggermente su me stesso. Come posso uscire da questa situazione? C'è una soluzione? Inizio a temere che la risposta alla seconda domanda, sia no.

No... non c'è via d'uscita. Perché il problema parte da me. Il problema principale sono io. E come posso scappare da queste convinzioni di non essere abbastanza, se nasce tutto nella mia mente!? Dovrei lasciar me stesso per lasciarle indietro.

È tutto così assordante e, ora, si aggiunge Isabella. Le immagini di noi fuori dalla discoteca qualche ora fa, mi tormentano. Le mie parole, le mie intenzioni... non avrei dovuto dirle quelle cose. Mi sono aperto troppo, e io odio farlo, odio parlare di me... non mi piace. Ricevere risposte indifferenti o scontate, in questo momento, mi darebbe un colpo di grazia.

In passato parlavo di più di me, ma la gente, dopo che avevo passato tanto del mio tempo a cercare di risollevarli e ad ascoltare i loro problemi, non era interessata. Non mi ascoltava. Mi dava risposte superficiali, come se i miei problemi non avessero importanza, come se avessero già dimenticato tutto quello che avevo fatto per loro. Mi hanno dato per scontato, sì... è questa la parola esatta. E adesso è per questo che non parlo più di me? Non lo so.

Mason c'è sempre stato per me, fin da piccoli... e Maria è sempre stata accanto a me da quando la conosco. E ho anche altri amici che so che ci tengono, ma comunque ho sempre paura di parlare di me. Perché le ferite sono sempre più forti delle belle cose? Forse sbaglio io, forse sono sbagliato io, ma non so agire in nessun altro modo. Il mio subconscio me lo impedisce.

Tiro su con il naso, pulendomi il viso dalle lacrime con la manica della giacca che ho addosso, e trasalisco quando sento il suono del campanello. Lancio un'occhiata alla sveglia sopra il mio comodino, e mi rendo così conto che sono passati già quasi tre quarti d'ora da quando Mason e Maria mi hanno riaccompagnato.

Sono quasi le tre del mattino e mi chiedo chi possa essere, alzandomi dal letto con fatica. Sento i muscoli pesanti, come se fossero fatti di cemento, mentre mi avvicino sempre di più alla porta.

Prima di aprire, respiro profondamente, osservando velocemente il mio riflesso nello specchio alla mia destra. Ho un aspetto orribile e provato, ma me ne frego, e faccio scattare la serratura e poi apro la porta.

I miei occhi si posano su Isabella e il mio corpo ha un fremito, mentre mi chiedo perché diavolo sia qua. Non faccio in tempo a parlare, però, che lei entra in casa, posa le mani sui miei capelli e annienta la distanza tra noi. Per qualche secondo resto immobile, sorpreso dal suo gesto, ma poi ricambio al bacio con urgenza.

Con una mano chiudo velocemente la porta di casa, poi faccio aderire la schiena di Isabella al legno, trafficando subito con la cerniera dei suoi pantaloni. Lo so, oggi le ho detto, per ben due volte, di starmi lontano, ma in questo momento non voglio che lo faccia. Voglio che spenga il mio tormento, questa oscurità che mi annebbia.

"Ben, sono qua." accarezza il mio viso, mentre bacia le mie labbra in modo più dolce "Sono qua per te."

Annuisco sentendo le sue parole, anche se non capisco pienamente cosa intenda. Lei è qua perché vuole aiutarmi? O è qua perché ha bisogno di me? Forse è qua perché ormai sa che lei mi aiuta a smettere di pensare per un po'. Ma non mi importa del perché, mi fa piacere che ci sia.

Mi toglie la giacca e poi mi toglie velocemente la maglia nera che ho addosso, lanciandola in una parte a caso dell'ingresso. Dopodiché mi bacia il petto, scendendo poi verso l'addome. Trasalisco quando le sue labbra entrano in contatto con la mia pelle, mentre lei sbottona i miei jeans, e io la aiuto subito a toglierli.

Subito dopo io faccio lo stesso con i suoi pantaloni, poi la faccio voltare e le sgancio la cerniera della magliettina in pizzo che indossa. La faccio cadere a terra con lentezza, baciando la pelle della sua schiena e accarezzandola con i polpastrelli, mentre alcuni brividi le fanno diventare la pelle d'oca, poi la faccio voltare nuovamente verso di me.

Ora abbiamo solo l'intimo addosso, e io sento la voglia di lei crescere sempre di più. Quasi impazzisco davanti al suo corpo quasi nudo.

Passo il dito leggero sul suo profilo, tracciandolo delicatamente, sgancio il suo reggiseno e poi, mentre riprendo a baciarla con passione, finiamo di spogliarci a vicenda.

Nel giro di qualche secondo le faccio allacciare le sue gambe intorno al mio bacino e, lanciandole un'occhiata di preavviso, entro in lei. Isabella trasalisce leggermente, ma poi fa aderire nuovamente le nostre bocche, schiudendo le labbra e intensificando il bacio, mentre io inizio a muovermi.

Le sue mani trafficano prima sui miei capelli e poi sulla mia schiena, graffiandomi appena e spingendomi più verso di sé, invitandomi maggiormente e chiedendomi di più.

Io la tengo salda a me, appoggiata contro il muro, spostando le mie labbra sul suo collo. Le lascio vari baci, mentre lei geme e ripete il mio nome, quasi come se fosse un angelo. La sua voce mi fa battere ancora di più il cuore nel petto e mi dà un incentivo per continuare così, perché amo sentirla così soddisfatta.
Nel frattempo, la mia mente si sconnette dai brutti pensieri, si dimentica ogni pensiero che stavo facendo prima di aprire la porta e trovarmi davanti lei, come se non mi fosse mai appartenuto niente di quello che mi affollava il cervello.

"Sei fantastico, Ben... sempre." lo sussurra al mio orecchio, con fatica. Mentre io poso il viso nell'incavo del suo collo e sorrido. Non so perché lo faccio, ma i miei muscoli facciali si muovono da soli, facendo nascere un sorriso sul mio viso. Dopodiché cerco nuovamente le sue labbra e la bacio intensamente, chiudendo gli occhi per lasciarmi travolgere dalle sensazioni che mi regala, mentre continuo a condurre il gioco.

La bacio, le mordo le labbra e la accarezzo, come se fosse una routine. Lo faccio con naturalezza, sentendo il mio corpo ringraziarmi per questo, ringraziarmi per avermi regalato un po' di pace. E io non so cosa succederà domattina, ma al momento nemmeno ci voglio pensare, vorrei restare così per sempre. Sospeso laddove non esiste oscurità.

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