13. Vorrei zittire i demoni
"È complicato sentire tutto fuori posto e non sapere da dove partire e cosa fare per ridare un minimo di ordine a tutto questo caos."
-Fonte: Tumblr
Isabella
Sento quasi il cuore in gola vedendo Ben avvicinarsi a me. Mentre cammina verso la mia direzione, sento ogni parte di me agitarsi, e la mia migliore amica, accorgendosi, cerca di sussurrare parole che mi possano mantenere calma, ma è una cosa complicata, forse impossibile.
Santo cielo, dopo l'ultima volta non mi aspettavo che si sarebbe avvicinato, o perlomeno non mi aspettavo che avrebbe fatto il primo passo così velocemente, senza nessuno sforzo. In fin dei conti mi ha detto che non voleva più avere a che fare con me. Ero già pronta a fare io un passo verso di lui, stavo aspettando che si alzasse dal divanetto per andare a ordinare da bere o per andare al bagno, in modo tale da potergli parlare, ma a quanto pare mi ha anticipato.
"Isa..." Mi saluta usando un diminutivo del mio nome, cosa che mi fa sorridere come se fossi una ragazzina, e muovendo appena il capo. I suoi occhi profondi e chiari si posano sui miei, e ogni particella del mio corpo vibra sotto il suo sguardo profondo. "Possiamo parlare?"
Dalla sua parlata, capisco subito che ha bevuto, e mi dico che forse è proprio per questo che si è avvicinato a me andando contro a ciò che mi ha detto fuori dal ristorante. L'alcol lo sta facendo agire senza pensare, e non so se questo sia un bene o un male.
"Ciao, Benjamin. Va bene, andiamo fuori che c'è più tranquillità." Accetto subito, senza nemmeno pensarci, salto giù dalla sedia, lanciando un'occhiata rassicurante ad Amelia che mi sta scrutando attentamente, poi mi avvio all'uscita dal locale, seguita dal difensore.
Il mio cervello si annebbia all'istante al solo pensiero che lui è dietro di me, basta davvero poco per mandarmi in panne quando si tratta di lui. Anche il suo forte profumo mi confonde e mi fa essere meno lucida e meno sicura sulle scelte da fare. Non so cosa mi faccia, ma in sua presenza ogni mio senso è come se fosse fuorigioco. Forse è ridicolo, sciocco, ma davvero non posso fare nulla per combattere tutto ciò.
Appena mettiamo piede fuori, mi stringo nel mio giubbotto e poi mi giro verso di lui. Ha lo sguardo lucido e le guance leggermente arrossate, andando così a confermare che ha bevuto, e pure parecchio direi. Nonostante tutto, nonostante questo aspetto un po' provato, è comunque bellissimo ed è molto attraente.
Ha una maglia nera e stretta a maniche corte che mette in evidenza i suoi muscoli, regalandomi una visione niente male. Per qualche secondo ricordo i suoi muscoli contrarsi e guizzare sotto il mio tocco mentre facevamo sesso, basta questo ricordo per farmi agitare immediatamente e far aumentare la mia temperatura corporea.
"Isabella... sei molto bella stanotte." è questa la prima cosa che dice, allungando una mano verso il mio viso e posando due dita sulla mia gota sinistra. Io lo lascio fare, come se quasi avessi bisogno del suo tocco su di me. "In realtà lo sei ogni volta che ci incontriamo."
Sorrido per qualche secondo, sentendolo terribilmente sincero, poi poso la mano sulla sua che ora è interamente ferma sul mio viso. "Ben, quanto hai bevuto?"
Fa spallucce e scuote la testa lentamente "Non lo so, ma io e Mari abbiamo scoperto che le luci dentro in realtà sono stelle cadenti." rido sentendo le sue parole e capisco che la risposta alla domanda che gli ho appena fatto è: "troppo".
"Sono stelle cadenti?" chiedo, reggendogli il gioco.
"Sì. Un giorno, se vorrai, te le farò vedere anche a te." propone con gli occhi illuminati come se mi avesse appena proposto di andare sulla Luna, ma non riesco a smorzare il suo entusiasmo. È così bello mentre parla in questo modo. È vero, lo conosco poco, ma ora sembra non avere quell'alone di tristezza che si porta sempre dietro.
"Ci sto, Benjamin." acconsento, anche se so che una volta svanito l'effetto dell'alcol nelle sue vene, lui non sarà più così amichevole nei miei confronti. Insomma, è stato chiaro sul non volermi più vedere.
Annuisce più volte e poi sposta lo sguardo sul cielo per qualche secondo, come perso nei suoi pensieri. Quando rinizia a osservare me, sembra essere ancora più pensieroso, come se non sapesse se dare voce a ciò che gli sta frullando nella mente. "Ti ho pensata tanto, Isabella. Ho pensato a come sono stato bene quando abbiamo mangiato insieme, anche se dopo ti ho cacciato e sono stato male." Sorride amaramente, avvicinandosi sempre di più verso di me e la sua tristezza ricompare "Sono stato male perché ultimamente ho tanti pensieri che mi soffocano, e da quando tu sei entrata nella mia vita le cose sono solo peggiorate."
"Perché? Che ho fatto?" non so quanto possa essere attendibile la sua risposta, viste le sue condizioni, ma mi sembra che sia il momento giusto per parlare con lui in totale sincerità. Sembra che non abbia voglia di tenersi ancora tutto dentro.
"Non lo so, in realtà. So solo che non ho voglia di relazioni e tutte quelle cazzate, perché io non so gestirle; tu pensa che non so gestire nemmeno me stesso, come potrei gestire una storia? Per questo ti allontano, ma poi mi sento in colpa per i modi che uso. Allora provo a farmi perdonare, ma vado sempre oltre e torno punto e a capo. Sembra un circolo dal quale non riesco a uscire."
Dio... riesco a sentire il tormento persino mentre parla, è così forte che mi sembra quasi di poterlo toccare con mano. "Ben... non devi farti perdonare nulla da me."
"Ecco, tu non aiuti di certo." Scoppia a ridere ma non c'è nessuna traccia di umorismo nella sua risata "Tu non aiuti perché dici sempre la cosa giusta e io mi ritrovo sempre più attratto da te. Al momento sono combattuto tra: il tornare dentro da Mase e Mari, o il prenderti e portarti in una delle stanze dell'albergo qua accanto."
Trasalisco sentendo le sue parole e poi deglutisco, cercando di calmare il mio cuore che sembra impazzito. Non può nemmeno immaginare l'effetto che mi fa anche solo parlandomi in questo modo. Riporta alla mia mente tutto ciò che abbiamo fatto, mi fa capire quanto è forte ciò che sto iniziando a provare per lui. "Hai bevuto, non è il caso perché so che ti pentiresti." provo a farlo ragionare, anche se ora è difficile perfino far ragionar me stessa.
"Può darsi, ma non riesco a starti lontano, anche se io lo chiedo a te. Nella mia testa è tutto così confuso, ma quando stiamo insieme è come se tutto ciò che non va, si spegnesse. I miei pensieri tacciono, ho un po' di libertà. E mi chiedo come sia possibile, mi chiedo cosa tu sia in grado di farmi, ma mi liberi."
Una cosa è certa, per quanto io stasera speravo di incontrarlo, non avrei mai creduto che mi dicesse delle cose del genere. Assolutamente. "Ben... è molto bello quello che dici, lo sai? Mi fa piacere riuscire ad aiutarti."
"Però io ti farei male." allontana di scatto la sua mano da me e poi indietreggia di qualche passo "Non sono quello giusto per te, sarei egoista se ora facessi ancora sesso con te per zittire i miei demoni. Perché non voglio una relazione, perché non posso. Io sono sbagliato, Isabella. Sono fottutamente sbagliato, e non voglio far marcire anche te." i suoi occhi chiari si inondano di lacrime e io sento il cuore stringersi davanti a questa scena. Riesco chiaramente a sentire il suo dolore, un dolore che si porta dentro e che non vuole scaricare su nessuno.
"Ben, per una volta sola, pensa a te. Svuotati da tutte le emozioni che senti, non soffocare il male che senti. Te lo sto chiedendo io."
Per degli attimi, che sembrano secondi e ore insieme, sembra pensarci su, sembra davvero prendere in considerazione l'ipotesi di aprirsi, ma poi sorride sbilenco, facendomi capire che non lo farà. È più forte la volontà di soffocare tutto dentro sé, piuttosto che il suo bisogno di aiuto.
"Non preoccuparti." si avvicina nuovamente a me, posa le sue mani ai lati del mio viso e mi stampa un delicatissimo e dolcissimo bacio sulle labbra "Sto bene, starò meglio. Non hai bisogno che io ti sporchi..."
"Ben..." Lui sorride appena sentendo la mia voce e poi si gira di spalle, tornando dentro al locale, nonostante io continui a fare il suo nome per fermarlo. Lui non si volta, continua a camminare fino a che sparisce dalla mia vista.
Io resto immobile, a fissare un punto davanti a me, mentre inizio a piangere quasi senza rendermi conto. Non so nemmeno perché lo faccio, ma è come se con questa scena avessi respirato un po' del suo male e ora lo sentissi mio. E mi dispiace, mi dispiace terribilmente vederlo così, sapere questo, e non riuscire a fare nulla per aiutarlo.
Pensa di essere sporco e non vuole sporcare gli altri. Mio Dio, come può una persona convivere con questi pensieri e non permettere a nessuno di aiutarlo quando ne ha un disperato bisogno?
Questa consapevolezza mi fa male, malissimo. Però mi fa venire ancora più voglia di entrare nella sua vita, soprattutto dopo che mi ha detto che io lo aiuto a zittire quei pensieri. Come potrei restare indifferente davanti a tutto questo? Non posso, assolutamente. Continuerò a provare ad avvicinarmi a lui, facendogli capire che se ha bisogno di me, io ci sono, senza paura di ciò che potrebbe succedere.
È il momento che lui pensi un po' a sé e meno al benessere degli altri.
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