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04. 'Indovina chi è super geloso e non ti leva gli occhi di dosso?'

"E adesso non so cosa indossare!" sbottai sedendomi sul letto. Mi portai una mano sulla fronte e chiusi gli occhi cercando di rilassarmi.
"Potresti indossare quel vestito in pizzo bianco e azzurro con i sandali bianchi?" suggerì mio papà dall'altro lato della cornetta. Aprii l'armadio e cercai al suo interno il vestito che diceva.
"Indendi quello che mi comprasti l'ultima volta che sono venuta a Los Angeles da te, giusto?" trovai il vestito e lo portai al petto. "Trovato. È perfetto!" feci un giro su me stessa.
"Mandami una foto che voglio vedere come ti sta" suggerì. Indossai velocemente il vestito e mi guardai allo specchio.
"Resta in linea" scattai una foto allo specchio e gliela mandai velocemente su Whatsapp. "Ti è arrivata?"
"Sì, mi è arrivata. Ma Afrodite, non sei a casa?" mi maledii mentalmente per l'errore che avevo appena commesso.
"Uhm no, non sono a casa, la mamma è in giro per lavoro ed io sono.. sono da zia Rose. Mi ospiterà per un paio di settimane" morsi la lingua con i denti per non aggiungere altro e non sembrare convincente.
"Potevi dirmelo tesoro, venivi a stare da me per un po'." sospirai e piegai il pigiama.
"Lo so, ma dato che stai lavorando e che non avrai ferie quest'anno non volevo disturbarti. Possiamo stare insieme quando ti sarai sistemato e potrai passare più tempo con me." posai il pigiama sotto il cuscino, indossai i sandali e presi la borsa.
"Allora quest'inverno faremo una vacanza solo io e te e andremo a New York. Va bene?" sorrisi guardando il vuoto.
"Certo che va bene. E mi poterai a fare un giro al Times Square?"
"E anche all'Empire State Building, al Madison Square Garden, a Manhattan.."
"Anche nel Bronx?" suggerii.
"Devo riportarti a casa tutta intera bocciolo. Adesso devo scappare che il mio turno comincia a momenti"
"Va bene. Buon lavoro, papà"
"Grazie tesoro. Buon appuntamento" sorrisi e agganciai la chiamata.
Mi guardai allo specchio osservando la mia figura minuta. Il vestito che avevo indosso mi faceva sentire una vera donna, l'azzurro del tulle sotto al pizzo metteva in risalto i miei occhi già ben contornati dal trucco e il bianco mi faceva sentire pulita, pura. Mi sentivo bene. Ed ero contenta perché finalmente avrei rivisto Ryan e avremo passato insieme un'intera mattinata. Sarebbe venuto a prendermi lui alle nove, mi avrebbe portata al mercato e poi a prendere il gelato più buono dell'interno universo, o almeno così aveva detto lui.
Dopo aver passato ancora una volta il mascara sulle mie ciglia, uscii dalla mia camera e scesi di sotto in cucina per preparare la colazione a me e Justin, che a breve sarebbe sceso dato che alle otto e mezza doveva uscire di casa per poi avviarsi al negozio e aprirlo al pubblico.
"Non pensavo che volessi far cadere Ryan ai tuoi piedi" sbottò Justin alle mie spalle facendomi saltare. Mi girai verso di lui e lo guardai con uno sguardo truce.
"Io non voglio far cadere nessuno ai miei piedi" mormorai sentendo le gote andare a fuoco.
"Come no? Sei bellissima e raggiante, proprio come una dea" mi disse, prendendomi le mani e baciandomi poi la fronte.
"Peccato che tra un po' più che una dea sembrerò una balena spiaggiata dato che sta crescendo un bambino dentro di me e non penso di rimanere cinquanta chili per sempre." mi toccai la pancia e abbassai lo sguardo sul mio ventre. Inevitabilmente, sorrisi. Diventare mamma era sempre stato il mio sogno e, anche se ero fin troppo giovane, ero contenta di poter diventare madre di una creatura piccola e indifesa che avrei cresciuto, protetto ed educato io. Amavo i bambini. Non vedevo l'ora di averne uno tutto mio.
"Secondo me sarai sexy anche col pancione" disse Justin prendendo le fette di pane tostato e portandole a tavola. Lo seguii a ruota portando però la marmellata, il burro e della frutta. "Preferisci la nutella o la marmellata sulle fette di pane?"
Quella mattina, a differenza delle altre, io e Justin non sembravano due bambini che litigano e si insultano per ogni singola cosa, ma due amici che amavano farsi scherzi a vicenda col cibo. E per scherzi intendo spalmare la nutella su entrambi i lati della fetta di pane in modo tale da fargli sporcare le dita, oppure mischiare il latte e il succo nello stesso bicchiere. Mi divertiva stare in sua compagnia, quando non rispondeva in modo acido era simpatico e dolce. Non capivo il perché di quella sua 'doppia personalità', però quel suo lato dolce mi piaceva da morire.

Dopo aver finito la mia colazione, rubai un paio di secondi per osservare i lineamenti del viso di Justin. Aveva le sopracciglia folte, le ciglia lunghe e gli occhi di un marrone molto più chiaro del solito. Era così amante dei tatuaggi che aveva tatuato una piccola croce nera poco sotto l'occhio sinistro, era talmente piccola che quasi non l'avevo notata. Aveva qualche imperfezione sul viso, ma rimaneva ugualmente bellissimo. Quella mattina non aveva fatto la barba, infatti aveva un accenno di peluria sotto al mento e sopra al labbro superiore. Forse pensava di sembrare più grande, ma con la maglia del pigiama di Batman, i capelli arruffati e gli occhi assonnati, sembrava solo un tenero cucciolo indifeso che doveva essere protetto dalla sua mamma.
Poggiai la mano sul mento e continuai a guardarlo senza emettere alcuna parola. Osserva i suoi lineamenti marcati, il collo anch'esso ben delineato e i tatuaggi che aveva impresso sulla sua pelle. La parola 'PATIENCE' da un lato, la chiave di Sol dall'altro che, tra l'altro, era lo stesso tatuaggio che avevo anche io. Un giorno gli chiederò cosa significano tutti questi suoi tatuaggi, pensai. Socchiusi gli occhi e sospirai pensando a quanto bello fosse. Non potevo negare la realtà, era bello e ogni giorno che passava, per me lo era sempre di più.
"Afrodite?" la voce di Justin che chiamava il mio nome mi spinse ad aprire gli occhi. "Va tutto bene?"
"Va tutto bene" mormorai abbassando lo sguardo e sentendo le gote arrossarsi.
"Facendomi una radiografia con gli occhi hai notato qualche anomalia nel mio viso?" mi diede una piccola e giocosa gomitata. Schiusi le labbra per parlare, ma decisi di non dire niente perché già ero dannatamente in imbarazzo. Mi aveva sorpresa a fissarlo e sicuramente avrebbe cominciato a vantarsi di quanto bello fosse - dicendo sì la verità, ma dato che quando cominciava non la finiva più preferivo che stesse in silenzio. "Oh, è impossibile che tu ne abbia trovata una. Le donne mi cascano ai piedi."
"E ci risiamo.." roteai gli occhi e mi alzai per lavare i piatti e mettere tutto in ordine.
"Tanto lo sai anche tu che madre natura ha fatto un gran lavoro con me, bocciolo" Justin mi prese i fianchi e mi si avvicinò all'orecchio.
Quella stretta mi fece battere così forte il cuore. Sembrava quasi che mi avesse già stretta in quel modo, quando in realtà non lo aveva mai fatto da quando ero lì.
"Sì, hai ragione, madre natura ha fatto un gran bel lavoro, ti ha donato la bellezza togliendola dagli altri ragazzi eccetera, eccetera, eccetera. Justin, non è nemmeno una settimana che sono qui e già ho imparato a memoria ogni tua singola parola su quanto tu sia bello. Adesso però va a lavarti che farai tardi a lavoro" gli dissi guardando con la coda dell'occhio le sue braccia. Erano state poche le volte in cui mi aveva abbracciata, ma ogni qual volta mi stringeva mi sentivo così piccola rispetto al resto del mondo che dovevo essere protetta proprio da lui. Ma più che dovevo, volevo essere protetta solo da lui.
"Mi stai cacciando quindi? Bene, questa me la pagherai" sussurrò al mio orecchio ed io trattenni il respiro.
Uscì dalla cucina e aspettai di sentire la porta di camera sua chiudersi prima di ricominciare a respirare. Quel ragazzo aveva un effetto così strano su di me. Era capace di farmi piangere con una sola frase e di farmi ridere il secondo dopo. Riusciva a farmi sentire così male da voler lasciare la terra e a farmi sentire così viva da voler toccare il cielo con un dito. Odiavo e amavo allo stesso tempo l'effetto che aveva su di me.
Dopo aver lavato i piatti, sistemai la cucina e passai l'aspirapolvere giusto per ammazzare il tempo. Feci per salire al piano di sopra per sistemare anche le varie camere, ma la suoneria del mio cellulare mi bloccò. Avevo un nuovo messaggio da Ryan.

'Da: Amico figo numero uno.
-35! Passerai la mattinata più bella di tutta la tua vita, baby.'

"La mattinata più bella di tutta la tua vita? Seriamente? Siamo a Stratford, non alle Hawaii. La cosa più eccitate che farete sarà mangiare il gelato al parco" sbottò acido Justin allontanandosi da me per avvicinarsi allo specchio e sistemarsi i capelli.
"Quante volte devo dirti che non devi leggere i miei messaggi?" chiesi esasperata portandomi il pollice e l'indice sulle tempie come per calmarmi.
"Puoi dirmelo tutte le volte che vuoi, tanto continuerò a farlo, 'baby'." si girò verso di me mimando con le virgolette la parola 'baby', dopodiché alzò gli occhi al cielo e continuò a sistemarsi.
"Sei insopportabile" mormorai sospirando e girandomi.
"E voi sembrate fidanzati" sbottò richiamando ancora la mia attenzione.
"Ma non lo siamo! Se un ragazzo vuole essere gentile con me ben venga, almeno qualcuno si comporta in modo coerente trattandomi sempre allo stesso modo. Non fa prima il dolce e poi lo scorbutico, non fa prima il carino e poi lo strafottente!" gli urlai contro riducendo gli occhi a due fessure.
"Ed io non vado in giro a darla al primo che capita a differenza tua" mi si avvicinò a grandi falcate e mi prese entrambi i polsi con una sola mano mentre l'altra la poggiò sul mio viso. "Che c'è, hai bisogno di un padre per il tuo bambino dato che non sai chi sia il vero padre?" sussurrò guardandomi negli occhi.
"Justin.." sussurrai anch'io, incapace di dire altro. Abbassai lo sguardo e provai a muovermi affinché mi lasciasse i polsi, ma in un primo momento non lo fece. "Per favore, potresti lasciarmi?" gli chiesi, ancora con un sussurro. Mi strinse ancora di più come se volesse scagliare su di me tutta la sua frustrazione. "Non riesco più a muovere le mani, Justin, per favore.." lo supplicai. E solo in quel momento mi lasciò. Mi poggiai al muro con tutto il mio peso e provai a massaggiami i polsi con le mani tremanti. Avevo un segno rosso che formava un cerchio su entrambi i polsi nonostante mi avesse stretto con una sola mano. Lo guardai con gli occhi colmi di lacrime e potei notare nei suoi occhi una scintilla di dispiacere, ma non fece nulla per farmi capire che era davvero dispiaciuto. Infatti prese le chiavi della moto, quelle di casa ed uscì, senza nemmeno degnarmi di un saluto.
Mi accasciai a terra e guardai il soffitto cercando di trattenere le lacrime. Come poteva una così bella creatura, farmi così male con le parole e le azioni? Continuai a massaggiare il polso sinistro che mi faceva più male del destro e quando il dolore sembrò attenuarsi, salii al piano di sopra con l'aspirapolvere per sistemare le camere prima di andar via. Non appena finii, entrai in camera mia e diedi un'altra veloce ripassata al trucco che era un po' colato e indossai dei bracciali per coprire i segni rossi che erano ancora presenti sui miei polsi. Sperai che Ryan non se ne fosse accorto, perché non volevo litigasse col suo migliore amico solo a causa mia.
Alle nove in punto, scesi in salotto e aspettai sul divano Ryan che non tardò ad arrivare. Sentii infatti bussare al campanello dopo poco e velocemente presi le chiavi, la borsa e uscii di casa fiondandomi tra le braccia del mio nuovo amico.
"Sono contenta che tu sia qui!" gracchiai sul suo petto.
"Sono contento anch'io di vederti, piccolina" mi diede un tenero bacio sulla fronte. Dopodiché mi staccai. "Sei bellissima, ti sta davvero bene questo vestito, si intona con i tuoi occhi"
"Fin quando potrò allora mi tocca vestirmi sempre così" scherzai cominciando a camminare al suo fianco.
"Vuoi far cadere i ragazzi del vicinato ai tuoi piedi?" portò le mani in tasca e mi guardò da sotto la montatura degli occhiali da sole.
"Non penso che qualsiasi ragazzo voglia stare con me sapendo che sono incinta" mormorai stringendo tra le mani la tracolla.
"Bastano gli amici in certe situazioni, no?" mi portò un braccio sulle spalle per rassicurarmi. "Davvero non ricordi con chi sei stata quella sera?"
"Ricordo solo il suo nome e alcuni suoi tatuaggi, non ho un ricordo vivido del suo viso però ricordo che è bellissimo" risposi sognante cercando di ricordare più particolari possibili. Istintivamente toccai la medaglietta che portavo sempre con me ma che avevo accuratamente nascosto all'interno del vestito.
"Non hai pensato di prendere il suo numero di telefono?" chiese ancora ed io scossi la testa.
"Mi ha dato questa" presi la targhetta e gliela mostrai. "Mi ha detto che l'avrebbe riconosciuta"
Ryan prese la targhetta tra le mani, la rigirò osservando ogni suo particolare e passò il dito sulle lettere rialzate, sorridendo. Toccò poi un piccolo graffietto presente sulla traghetta, dopodiché me le porse nuovamente.
"Non so a chi appartenga" rispose vagamente. "Però penso che potremmo fare delle ricerche per scoprire chi era il proprietario"
"Mi aiuteresti sul serio?" annuì. "Ryan, sei fantastico!" allacciai le braccia al suo collo stringendolo forte.
"Per te questo ed altro, piccolina" mi fece l'occhiolino, poggiò il braccio sulle mie spalle e continuammo a camminare l'uno affianco all'altra.

Arrivammo al centro di Stratford e cominciammo a girovagare tra le varie bancarelle in cerca di qualcosa di carino da comprare. Trovai di tutto tra le bancarelle di quel mercato, dalle lenzuola ai costumi, dai giochi per bambini alle melanzane sottolio. Dato che presto avrei dovuto trovare una casa mia, comprai tre tovaglie con tovaglioli in stoffa abbinati, tre paia di lenzuola in cotone con due copri guanciale, due copri materasso e due copri letto. Avrei presto dovuto comprare tutto ciò che mi sarebbe servito, quindi era meglio cominciare il prima possibile che arrivare all'ultimo, con il pancione e magari anche senza forze.
"Ryan, guarda questo!" chiamai il mio amico facendogli vedere un costume ad un pezzo che avevo visto su un manichino. Anche se era un pezzo unico, lasciava intravedere l'ombelico e parte della pancia oltre a tutta la schiena. Le coppette erano in bianco, mentre lo slip in verde fluo. Tutto il resto era nero.
"Dai a me le buste e provalo" Ryan prese tutte le buste che avevo in mano. "Dio, Afrodite, ma pesano un sacco queste buste!"
"Porto spesso cose pesanti, non ci avevo fatto caso.. femminuccia" gli feci la linguaccia e presi la taglia giusta del costume che era sul manichino e di altri due modelli sempre ad un pezzo: uno giallo monospalla che lasciava vedere parte delle pancia e la schiena ed uno bianco piuttosto scollato che sotto da sotto al seno fino all'ombelico faceva un bellissimo effetto di vedo non vedo. Aspettai che i camerini si liberassero e mi affrettai ad entrare in uno di questi per provare i tre costumi che adoravo.
"Ti sta benissimo questo bianco" Ryan spuntò da dietro le tende facendomi sobbalzare.
"Hei, non ti ho detto che potevi entrare! E se fossi stata nuda?" Ryan alzò gli occhi al cielo.
"Stai dentro da cinque minuti e non ci vogliono cinque minuti per cambiarsi un costume, dovevi essere vestita per forza." gli feci la linguaccia attraverso lo specchio per poi guardarmi la schiena. "Secondo te è troppo scollato?"
"Non sei fidanzata, quindi non penso che il tuo ragazzo sia geloso" corrugai le sopracciglia e mi girai verso Ryan. "Stai davvero benissimo. Potresti usarlo sabato per venire in piscina con me e la mia famiglia, ci saranno anche Pattie e Justin"
"Non farò una brutta impressione?" gli chiesi corrugando le sopracciglia.
"Dovresti solo preoccuparti ti quel maniaco di mio fratello" mormorò. "Adesso cambiati e andiamo che abbiamo ancora un bel giro da fare" disse chiudendosi le tendine alle spalle.
Dopo essermi cambiata velocemente, pagammo e continuammo il nostro giro al mercato sempre ridendo e scherzando. Mi divertiva stare in sua compagnia, aveva sempre la battuta pronta ma allo stesso tempo sapeva quando essere dolce e simpatico. Non ero solita fare storie su Instagram, ma quella mattina pubblicai così tante foto stupide che i miei followers avrebbero sicuramente smesso di seguirmi. Una tra le foto però venne benissimo. Nella foto Ryan aveva un paio di occhiali enormi azzurri, le labbra arricciate e le sopracciglia corrugate, mentre io invece portavo un ferma capelli sempre azzurro con su due antenne mentre avevo le labbra schiuse e un sopracciglio alzato e l'altro era teso. Pubblicai quella fotografia su Instagram e la impostai come sfondo sul cellulare.
Dopo il nostro giro durato un paio d'ore, per le undici e mezza entrammo in una gelateria stracolma di gente.
"C'è sempre così tanta gente qui?" chiesi cercando di osservare i vari gusti. Ryan annuì.
"È la gelateria di un mio amico. Credimi, fanno il gelato più buono dell'intero pianeta. Se potessi me lo sposerei ma purtroppo non sono nato cono. Che gusti prendi?"
"Tiramisù e cioccolato bianco" dissi trattenendo le risate.
Ryan si fece spazio tra la gente e si avvicinò alla cassa dove salutò un ragazzo dai capelli corti marroni e un sorriso tenerissimo. Fecero una specie di stretta di mano, dopodiché Ryan mi indicò e il ragazzo mi sorrise. Mi avvicinai fino ad arrivare al loro fianco.
"Come ti dicevo, lei è Afrodite, la figlia dell'ex fidanzato di Pattie." porsi la mano al ragazzo.
"Sono Chaz. È un piacere conoscerti" mi strinse la mano e mi dedicò un altro sorriso. "Quindi gelato per tre?" corrugai le sopracciglia e mi girai verso Ryan con un sorriso sul viso.
"Gelato per tre. Tiramisù e cioccolato bianco per lei e il solito per me."
Ci sedemmo ad un tavolino poco distante al bancone e aspettammo che Chaz ci portasse i gelati. Quando lo fece, mi avventai subito sul mio gelato e rimasi deliziata dal sapore meraviglioso di quella piccola coppetta di gelato. "Avevi ragione, è delizioso" mormorai assaporando ogni boccone.
"L'ho notato" Ryan scoppiò a ridere e bevve un sorso dal suo frappé, per poi guardarmi. "Per quanto riguarda la ricerca del ragazzo misterioso, ho in mentre qualcosa"
"Cosa?"
"Sulla targhetta c'è scritto 01.03.1994. È una data di nascita. Quindi possiamo chiedere all'ospedale di London, che si trova vicino la discoteca, una lista di chi è nato quel giorno. Potremmo inventarci qualcosa del tipo 'siamo giornalisti e dobbiamo fare un sondaggio ai ragazzi nati quel giorno su come ci si sente a sapere di non essere nati il 29 febbraio' o qualcosa di simile. Così facciamo delle fotocopie di tutti i nomi e cerchiamo chi si chiama JDB. Oppure possiamo andare in discoteca e chiedere l'elenco di persone che sono entrate il giorno in cui sei stata tu, perché penso che te lo ricordi, vero?" annuii.
"Era l'otto luglio" sorrisi e mi toccai il ventre. "Sono incinta da più o meno un mese dato che siamo al dieci agosto" sorrisi e presi un'altra cucchiaiata di gelato.
"Tra otto mesi sarai mamma, quindi" Ryan mi prese le gote e le strinse. "Non ti fa strano saperlo?"
"Un po', però mi sto mettendo l'animo in pace. È successo e tutto ciò che posso fare adesso è impegnarmi affinché mio figlio abbia il massimo, anche se sarò solo io ad accudirlo" feci per mangiare ancora un altro po' di gelato, ma la nausea prese il sopravvento. "Devo andare al bagno" dissi velocemente per poi correre nella direzione del bagno sotto lo sguardo stranito della maggior parte delle persone presenti in quella gelateria non troppo piccola. Mi fiondai subito in uno dei bagni liberi raccogliendo i capelli con il braccialetto bianco elastico che avevo al polso e non appena chiusi la porta alle spalle, vomitai anche l'anima.
Ryan entrò nel bagno delle donne e cominciò a battere alla mia porta, così mi pulii la bocca e mi alzai andando ad aprire. "Ti ha fatto male il gelato?"
"No, penso sia iperemesi. Soffre di questo anche Kate Middleton" sussurrai e andai a lavarmi il viso e la bocca.
"Hai bisogno di qualcosa? Va meglio adesso?" il biondo mi accarezzò la schiena e mi sorrise attraverso lo specchio. Annuii e mi asciugai sentendomi immediatamente meglio.

Dopo essermi scusata con Chaz e avergli detto che il suo era davvero il gelato più buono che avessi mai assaggiato, uscimmo dalla gelateria e ci avviammo verso il negozio di musica di Justin. Dopo ciò che era successo la mattina, non avevo per niente voglia di vederlo ma allo stesso tempo volevo sapere come stava. Dato che pensavo che a quell'ora avrebbe sicuramente avuto fame, per strada gli comprammo una una ciambella allo zucchero filato e un milkshake alla fragola. Volevo che stesse bene. Anche se mi faceva stare male.
Non appena vidi l'insegna di un negozio di musica, il cuore cominciò a battermi forte in petto. Sapevo che sarebbe stata dura affrontarlo facendo finta di nulla, ma allo stesso tempo sapevo che prima lo facevo meglio era, perché con sua madre aveva già dimostrato di non sapersi controllare, forse nel negozio in cui lavorava riusciva a farlo meglio. Tirai un sospiro non appena ci trovammo fuori la vetrata dalla quale si riusciva a vedere l'interno del negozio. Justin era alla cassa, stava facendo il conto ad un cliente. Aveva il sorriso stampato sul volto e gli occhi che gli brillavano. Sorrisi anch'io guardandolo. Ryan mi toccò la schiena, mi fece l'occhiolino e, insieme, entrammo nel negozio.
"Mi raccomando, la prossima volta voglio che tu venga qui a cambiare le corde perché sono consumate, non perché le hai tagliate" disse Justin ad un ragazzo dai capelli lunghi e marroni.
"Fa scena durante uno spettacolo tagliare le corde della propria chitarra con i denti" si difese il ragazzo avvicinandosi alla porta. "Ciao Justin" disse uscendo.
"Ciao-" Justin si bloccò guardando nella nostra direzione.
"Hei amico!" Ryan si avvicinò al suo amico battendogli una mano sulla spalla. Io rimasi impassibile a guardarlo negli occhi cercando di non pensare al dolore che quella stessa mattina mi aveva fatto provare. Lo sguardo di Justin cadde lungo il mio corpo fino a fermarsi ai polsi e solo in quel momento mi resi conto di avere ancora i capelli legati e un segno violaceo a contornare la parte immediatamente superiore alla mano.
"Hei, ragazzi, non pensavo sareste venuti alla fine" disse, posando il suo sguardo su Ryan. Mi avvicinai e poggiai le borse dietro al bancone per non sforzarmi troppo. "Se vuoi te le porto io a casa"
"Non preoccuparti" sussurrai guardandomi attorno. Il negozio era a forma circolare e lungo la parete che si trovava frontale all'ingresso c'erano appese decine di chitarre elettriche di ogni tipo e colore. C'erano casse ovunque, batterie, trombe, bassi, violini, violoncelli, flauti, pianole elettriche e anche un pianoforte. La parete dietro la cassa era dedicata a oggetti di ricambio come corde e plettri, mentre al lato destro c'erano alcune casse bluethoot di varie dimensioni, auricolari ed mp3/mp4. Quel posto era il paradiso per gli amanti della musica.
"Ho pensato di portarti una ciambella e un milkshake alla fragola, sono i tuoi gusti preferiti" mi avvicinai al bancone poggiandoci su il sacchetto sotto lo sguardo confuso di Justin, dopodiché mi allontanai sedendomi di fronte al pianoforte.
"Grazie" Justin sorrise aprendo il sacchetto, addentò poi la ciambella sotto lo sguardo divertito del suo migliore amico. Tornai a guardare il pianoforte e cominciai a pigiare qualche tasto. "Sai suonare il pianoforte?" mi chiese, annuii.
"Da piccola lo suonavo sempre con mia madre, ho preso lezioni private fino a qualche mese fa" mormorai cominciando a suonare 'Talking to the moon' di Bruno Mars. "I know you're somewhere out there, somewhere far away.. I want you back, I want you back." sussurrai socchiudendo gli occhi.
"My neighbors think I'm crazy, but they don't understand. You're all I have, you're all I have." continuò Justin sedendosi al mio fianco e cominciando a pigiare con me alcuni tasti.
"At night when the stars light up my room, I sit by myself" cantai guardando davanti a me.
"Talking to the moon.. Trying to get to you.." la voce di Justin si alternò alla mia e in quel momento sentii i brividi percorrermi il corpo.
"In hopes you're on the other side, talking to me too. Or am I a fool, who sits alone, talking to the moon?" mi girai a guardarlo, era preso dall'emozione. Non l'avevo mai visto così dentro a dei sentimenti, riuscivo a sfiorare con le dita la passione che emanava cantando. Non solo era bello, ma era anche bravo. Di una bravura eccezionale, innata. Continuammo a cantare all'unisono, alternando varie parti e sorridendo ogni qual volta cantavamo insieme. Non avevo mai provato qualcosa del genere con un ragazzo, era la prima volta che ci sentivamo così letteralmente in sintonia. Era una bella sensazione. Ed era ancora più bello provare con lui quelle emozioni.
"I know you're somewhere out there, somewhere far away.." conclusi la canzone proprio come l'avevo cominciata, socchiusi gli occhi e tolsi le mani dai tasti bianchi e neri del pianoforte.
"I want you back, yeah I want you back" sussurrò Justin lasciando a sua volta i tasti del pianoforte, nonostante la canzone fosse già finita.
Riaprii gli occhi solo nel momento in cui sentii un applauso proveniente dalla cassa. Era Ryan e con lui c'erano anche altre persone. Justin si alzò per andare a servirli mentre io mi avvicinai a Ryan imbarazzata più che mai.
"Non sapevo sapessi anche cantare" sbottò. "Abbiamo una mamma canterina qui" mi cinse la vita con un braccio e mi baciò la guancia, dopodiché avvicinò le labbra al mio orecchio. "Indovina chi è super geloso e non ti leva gli occhi di dosso?" sussurrò. Corrugai le sopracciglia girandomi verso il viso di Ryan.
"Chi?" chiesi ingenuamente. Ryan alzò gli occhi al cielo e mi accarezzò la pancia.
"Justin" sussurrò. "Non smette di guardarti e penso che in questo momento vorrebbe uccidermi" smorzò una risata, mentre io scossi la testa.
"Non penso, Ry" mormorai guardando Justin. E in effetti, anche lui stava guardando me. Si avvicinò alla cassa con una scatola contenente una tastiera elettrica.
"Provocalo" mi suggerì. Morsi l'interno del labbro inferiore e aspettai che il papà del bambino che stava letteralmente impazzendo per la tastiera che stava per ricevere in regalo pagasse, dopodiché mi avvicinai al bancone e mi alzai sulle punte per provare a prendere una scatoletta contenente dei plettri, la quale era piuttosto in alto e a causa della mia altezza/bassezza non riuscii a prenderla.
"Sei una pulce, come vuoi arrivarci lì su?" chiese Justin cercando di trattenere una risata. Lo guardai con gli occhi chiusi in due fessure fulminandolo e cercando di rimanere seria, poi riprovai a prendere quella piccola scatola che era diventato il mio obiettivo. Justin sospirò frustrato e si posizionò dietro di me alzando il braccio sinistro per prendere la scatola mentre la mano destra la tenne sulla mia spalla. "Hai una chitarra a casa che non ho visto?" mi chiese, scossi la testa.
"No, però mi piacciono i colori. Guarda questo che figo, è viola e blu e bianco, sembra quasi la galassia" mormorai osservando un plettro in particolare sotto lo sguardo attento di Justin.
"Ci sei mai stata nella galassia per sapere se è veramente di questi colori?" alzai gli occhi al cielo.
"Oh, che simpatico" mormorai alzandomi in punta di piedi e provando a mettere la scatola al proprio posto invano. Justin rimase qualche secondo a guardarmi mentre ero in evidente difficoltà, dopodiché decise di venire in mio soccorso non prendendomi la scatola dalle mani, ma prendendomi per i fianchi e alzandomi. "Oh mio Dio" urlai. "Justin!" lo rimproverai e provai a girarmi ma dato che stavo per perdere l'equilibrio, decisi di mettere prima al proprio posto i plettri. "Ryan, da quassù sembri una formica" mi vantai facendo scoppiare a ridere Justin. "Bibo è inutile che ridi, anche tu sei un tappo da quassù" continuai a vantarmi arrossendo di colpo quando mi ritrovai a pochi centimetri dal viso di Justin. "Oh, ciao"
"Da dove ti è uscito Bibo?" mi chiese allacciando entrambe la braccia dietro la mia schiena.
"Non lo so, hai una faccia da Bibo" mi giustificai sentendo l'aria farsi sempre più pesante. Non appena Ryan si era reso conto che l'atmosfera si stava surriscaldando, era andato via lasciandoci soli. "Quindi qui lavori da solo?" gli chiesi per cambiare argomento. Justin abbozzò un sorriso e poggiò la sua fronte alla mia.
"Sì, nel pomeriggio arriverà un mio collega mentre il mio capo non c'è quasi mai ultimamente perché non ha più le forze come una volta. Ha detto che lascerà questo posto a me quando vorrà andare in pensione."
"Justin, ma è fantastico! Ciò vuol dire che si fida di te" gli accarezzai piano il viso, chiuse gli occhi sotto il mio tocco. "Non ti stanchi qui, da solo?"
"Dici che avrei bisogno di compagnia? Magari potrei assumere una bella ragazza a cui piace il rock" alzai gli occhi al cielo e mi allontanai leggermente dal suo corpo.
"Non ho detto questo." mormorai battendogli una mano sul petto.
"Ti ha infastidito, piccolina?" chiese Justin bloccandomi le mani e guardandomi negli occhi. Sbaglio, o mi ha appena fatto capire che gli dà fastidio che io esca con Ryan? pensai.
"No" mi girai in modo tale che la mia schiena fosse a contatto col suo petto. Mi accarezzò il ventre con le mani e in quel momento una scarica di brividi mi percorse la spina dorsale e il basso ventre. Per un attimo tremai. "Fallo ancora" gli chiesi e, senza farselo ripetere due volte, mi accarezzò di nuovo il ventre provocandomi di nuovo gli stessi brividi che avevo sentito pochi attimi prima. Era come se il mio corpo reagisse alle sue carezze, come se volesse farmi capire qualcosa di importante. Portai tremante la mia mano su quella di Justin, il cuore accelerò quando le nostra dita si sfiorarono. "Vorrei che tu fossi me per un attimo per sentire cosa c'è in questo momento dentro di me" sussurrai, forse anche un po' impaurita da una sua eventuale reazione. Portò anche l'altra mano sulla mia e mi strinse al suo corpo.
"Provi schifo?" chiese dopo qualche secondo. Mi girai a guardarlo quasi sconcertata.
"Ma sei serio?" risi ancora di più scuotendo la testa e mormorando un 'non è possibile'.
"Io proverei questo per me dopo questa mattina" sussurrò sulla mia spalla.
"Penso che gli piaccia quando lo accarezzi" attirai la sua attenzione. "Penso sia contento perché sono partiti dal mio ventre un sacco di brividi." confessai sincera, ma incerta ancora una volta della sua reazione.
"Dici che gli piaccia?" annuii. "Allora vuol dire che ti accarezzerò un po' più spesso" sorrisi inconsciamente alla sua affermazione e sorrisi ancora di più quando sentii le sue labbra darmi un bacio sulla guancia. "Scusa per stamattina" disse al mio orecchio per poi allontanarsi dato che erano appena entrate delle persone nel negozio. Mi allontanai anch'io alla ricerca di Ryan e quando lo trovai, ci avviammo all'uscita. Ryan salutò il suo amico con una pacca sulla spalla, io con un semplice gesto della mano e un timido sorriso. Mi sembrava di essere tornata a respirare non appena l'aria mite di Stratford mi picchiettò sul viso. Ripensai a ciò che poco prima era successo, a come mi ero sentita, al bacio che mi aveva dato, al suo sorriso quand'ero andata via. Per una volta mi ero sentita speciale, proprio grazie a lui.

"Penso che tu gli piaccia sul serio" sbottò d'un tratto Ryan facendo arrestare i miei passi.
"Tu dici?" gli chiesi e sentii le mi gote arrossire.
"Io dico. E ho anche un piano per farlo cadere ai tuoi piedi." 

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