Il Ragnarok
In quella notte c'era un cielo nero, le stelle che illuminavano le acque del fiume che all'oscuro brillavano. Era semplicemente la meraviglia della creazione, il miracolo dell'esistenza. Ero un bambino curioso, un bambino volenteroso, una piccola creatura che voleva sapere e allargare i suoi orizzonti. Ricordo che volevo sapere tutto e nei minimi dettagli. Mi chiedevo da dove derivasse il tutto, da dove derivasse l'esistenza e quale sarebbe stata la fine di essa. Ricordo che in quella notte dormivo all'aperto, un po' lontano dal mio villaggio, insieme a mio padre.
Mio padre era un valoroso guerriero, uno che desiderava andare lontano, uno che amava la sua famiglia e il suo popolo più di ogni altra cosa al mondo, e questo suo immenso amore, a tratti, dall'uomo forte e burbero che era, si trasformava in una persona al quanto docile.
Molto spesso, quando eravamo soli noi due, lui adorava tramandare a me le sue esperienze, di quando era più giovane.
Mentre il sonno stava per prendere il sopravvento, io tirai fuori tutti i miei dubbi e curiosità.
Lui rimase un attimo in silenzio, e poi con un sorriso e una piccola risata, si lasciò andare in una lunga storia. E io, nonostante fossi veramente assonnato, non chiusi gli occhi nemmeno per un attimino, e prestai la mia massima attenzione alle sue parole.
Non dimenticherò mai quella splendente notte, soprattutto perché quella fu l'ultima notte che passai insieme a mio padre, che morì subito dopo, durante la sua ultima spedizione a saccheggiare le terre verso ovest, la quale si imbarcò proprio la mattina seguente a quella bellissima nottata.
A distanza di anni, grazie ai miei ricordi, ripassavo sempre quelle sue bellissime storie, soprattutto in momenti cruciali, proprio come quelli che si precedevano ad una battaglia.
Mi raccontò del vuoto sconfinato, detto anche Cinnungagap. Il terreno fertile non esisteva, il cielo grigio o celeste insieme al tempo stesso non esisteva. Nessuna forma, nessuna luce e nessuna ombra. C'era soltanto un vuoto eterno e sconfinato, perciò c'era anche spazio, spazio per creare. Ai bordi di questo vuoto si ergevano due regni, dominati da due elementi ben differenti l'un l'altro: a nord del cinnungagap c'era il dominio del ghiaccio eterno, una terra circondata dal vuoto, fredda e oscura. Dall'altra parte, nell'estremo sud del vuoto assoluto, si ergevano delle fiamme altissime dove il fuoco regnava incontrastato.
Ma in un momento indefinito, visto che il tempo stesso non esisteva, nello sconfinato spazio del Cinnungagap, questi due poli completamente opposti si scontrarono e, con la fusione di questi due elementi, il vuoto si riempì di materia piena di vita.
Dopo, da questa materia carica di potenziale per ospitare esseri viventi, nacquero i primi esseri primordiali: Ymir, il primo dei giganti e la vacca cosmica, la quale nutrì Ymir e lo fece crescere. Lo fece crescere così tanto, che il gigante fu molto presto in grado di coprire una vasta superficie.
Ymir, essendo il gigante primordiale, aveva il potere di racchiudere in ogni sua goccia di sudore il germe della vita. Così la stirpe dei giganti riuscì a crescere ed a evolversi, ma loro non furono le uniche forme di vita che riuscirono ad emergere.
La vacca cosmica, dopo aver nutrito Ymir, trovava nutrimento leccando le gelide catene montuose di ciò che ne rimase del regno del ghiaccio dopo lo scontro. Ma un giorno, mentre lei si nutriva, dal ghiaccio sorse una strana figura. Una figura giovane e forte, il primo degli dei. Ma egli era pur sempre solo, così si creò il primo figlio di nome Bor, che a sua volta si accoppiò con una gigantessa della stirpe dei giganti creata da Ymir.
Da questa unione nacquero Odino e i suoi fratelli Villi e Vé, che insieme, essi dichiararono guerra ai giganti. Odino e i suoi fratelli, erano attratti dal potere sin dalla loro nascita, perciò volevano confermarsi come una specie divina.
I giganti caddero e dai loro cadaveri nacquero i nani, che subito dopo strinsero alleanza con gli dei, proprio mentre i giganti superstiti venivano gettati nell'abisso. Ma a Ymir toccò la morte più cruenta e brutale che sia mai stata ideata dalla mente astuta e ingegnosa di Odino: al gigante primordiale gli fu spaccato prima il cranio, e gli Dei ne usufruirono per creare la volta celeste, che fu sostenuta e saldata dai nani. Dopodiché, gli dei strapparono le ossa dal corpo senza vita di Ymir e le utilizzarono per creare montagne e catene montuose, e dai capelli del gigante vennero ricavati gli alberi.
Così nacque la terra, detta anche mondo sensibile, che è dove ci troviamo noi umani, circondato dalle acque e ai suoi confini c'era Asgator, la dimora degli dei. Raggiungibile soltanto tramite il ponte dell'arcobaleno, detto anche Bifrost.
Oltre a questi mondi, altri regni nacquero e si ergevano in altre parti irraggiungibili del mondo. I giganti vivevano più a nord, nelle misteriose terre del fuoco; poi sorsero due tipologie completamente differenti di elfi: gli elfi chiari e quelli oscuri, che vivevano in due regni e regioni completamente distaccate e lontane tra di loro; in fine, in terre estremamente lontane e misteriose, c'erano le miniere, dove vivevano i nani.
Quando sentivo lo scivolare delle creste delle onde, sui nostri leggeri vascelli, oltre che ha ricordare pregavo. Pregavo impaziente, perché non vedevo l'ora di morire gloriosamente, proprio come mio padre.
Non volevo morire con disonore, non volevo morire su un letto caldo con la mia progenie accanto, ma desideravo che la mia morte avvenisse in mezzo al caos infantile della battaglia. Se non fosse andata così, mi sarebbe toccato il destino da dannato.
La dea Hel governava il regno sotterraneo dei defunti: solo i defunti che durante la loro vita terrena si erano macchiati di colpe e disonore erano destinati all'inferno di Hel. Lì in ogni singolo istante, avrebbero rimpianto e sofferto tutti i peccati da loro fatti. Peccati come il tradimento, il disertare, il morire con disonore e molto altro. Se solo un uomo, avesse fatto uno di questi oltraggi agli dei, gli sarebbe toccata una serie di torture, in base al peccato che hanno fatto durante la loro vita.
Ma io attendevo con tanta ansia di essere prelevato dalle valchiria, e di aprire il mio cuore a loro, così da poter avere l'onore di combattere insieme ai miei antenati, nel Ragnarok.
Da come mi narrò mio padre, Odino poteva permettersi solo i migliori soldati per quella epocale battaglia. Le valchiria tra le innumerevoli e vaste distese di cadaveri, in alcuni momenti avevano soltanto l'imbarazzo della scelta, ma in altri momenti, dovevano stare ben attente a scegliere i migliori, poiché non tutti erano dotati dello stesso valore e non tutti erano degni di avere l'onore di seguire Odino nel Ragnarok.
E io, non vedevo l'ora di essere uno di loro. Non sapevo nemmeno che faccia avrei fatto, non appena mi sarei trovato dinnanzi alle porte del Valhalla. E infatti, proprio in quel giorno, riuscii a levarmi quel dubbio.
Una lama Conficcata, come lo era la mia, durante la mia ultima battaglia terrena, era una certezza assicurata per le valchiria, e appena venni portato dinanzi all'immenso e dorato, forgiato dal più resistente tra gli acciai, portone del Valhalla, reagii con un certo orgoglio e stupore.
Il Valhalla era il paradiso dei combattimenti. Lì le anime dei guerrieri prelevati, incluso me stesso, venivamo introdotti in questo paradiso, da un'entrata gigante e da un'enorme lupo grigio. Noi prescelti avemmo l'opportunità di banchettare in una vasta sala e, senza nemmeno ingrassare, appena entrammo ci si poneva dinnanzi a noi un'abbondante buffe. Lì, mentre si mangiava, ci si crogiolava tra le storie di guerra ed esperienze personali in combattimento di Odino e di tutti i nostri miti.
Mio padre, appena mi vide per la prima volta, dopo tanto di quel tempo, lui fremeva di sapere che cosa avessi fatto negli anni della mia vita terrena.
Ma il vallalha non era una ricompensa così fine a sé stessa. Lì ci si allenava duramente di mattina, così da migliorare le nostre abilità da combattimento, per poi banchettare soddisfatti la sera.
Solo i i veri campioni sarebbero stati all'altezza dell'ultima battaglia definitiva, dove a seguito il mondo si sarebbe ricreato da capo.
Il primo segnale che avrebbe avvertito dell'imminente battaglia sarebbe, come prima cosa, lo sconvolgimento dell'ordine nel genere umano, l'ascesa della follia, la perdita di coscienza e ragione. Ogni testimonianza, ogni fatto e atto che ha caratterizzato l'esistenza del regno dell'uomo, si distruggerebbe e verrebbe perduto.
Subito dopo, un'altra catastrofe dovrebbe seppellire tutto ciò che ne rimarrebbe dal primo segno di questa apocalisse: un inverno gelido avvolgerebbe il globo terrestre, così da affliggerlo continuamente con diverse piogge e catastrofi. Questo inverno durerebbe ben tre anni, giusto il tempo per trasformare la terra in una palla di ghiaccio.
E come terzo e ultimo segnale: il sole e la luna si spegnerebbero, così da lasciare soltanto un mondo ancora più morfo, senza più alcuna fonte di luce. Contemporaneamente alla scomparsa del sole, le stelle caderebbero dal cielo.
Così l'ultima battaglia avrebbe inizio.
Violenti terremoti spezzerebbero le catene, che sino a poco tempo prima, rinchiudevano i peggiori predatori e mostri di tutti i regni, così da liberarli e permettergli di seminare un caos infernale.
I giganti avrebbero voglia di vendicarsi contro gli dei, infliggendo a loro punizioni ben peggiori di quelle che subì Ymir.
Nello stesso tempo, i "Dannati" dell'inferno di Hel, salirebbero sulle loro mostruose navi e velieri fatti di ossa. E in fine, i corni da battaglia di Asgard suonerebbero più che mai, e Odino condurrebbe i suoi valorosi campioni del Valhalla, verso la fine dei tempi.
In tutto questo, Odino e tutti gli dei, erano ben consapevoli di non poter, in nessun modo, salvarsi da quest'ultima battaglia. Ma dovrebbe essere proprio dalla loro morte, che il vuoto assoluto ritornerebbe, e il Cinnungagap regnerebbe ancora una volta sovrano e tutto ricomincerebbe da capo.
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