Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

La fatalità della distrazione

Resti sole sul deserto
ed io brucio come sabbia
se mi guardi

Ci sono attimi che possiedono la capacità di durare vite intere. Secondi che si trasformano in ore, mesi, anni. Archi di tempo che si allargano, che sanno prendere forma e colore di un'iride e diventare infiniti. I momenti piccoli, grandi, incompleti.

Gli istanti prima di un fischio. Quel guardarsi simultaneamente negli occhi, scavarsi nella pelle con un solo sguardo. Con la soglia dell'attenzione alle stelle, la percezione del mondo esterno perfettamente bilanciata, il respiro pesante e l'adrenalina nel sangue. Cercando di far tentennare l'altro, di farlo tremare, di far vedere le sue gambe.

Non funziona mai.

Entrambi i capitani lo sanno bene.

Uno si morde un labbro, l'altro osserva il gesto passivamente. Si ripete di rimanere concentrato, di non perdersi nell'umidità di una bocca che ha già assaggiato troppe volte. Si tengono entrambi piegati, in equilibrio con i palmi fermi sulle ginocchia.

Nessuno dei due esiterà, nessuno dei due cederà.

Non lo fanno mai.

"Non te incanta' troppo, Balè," sibila d'un tratto uno dei due, il capitano Ferro. "la distrazione può esse' mortale."

Le pupille di Simone si allargano. Lo fanno sempre, quando Ferro parla. Lo fanno da anni, da quando giocano come rivali.

La fronte suda, le labbra si schiudono, il petto si scalda di furia.

È una tradizione, ormai.

Impreca sottovoce guardandosi le scarpe, sotto lo sguardo divertito del capitano avversario. Poi, i suoi sensi prendono il sopravvento, facendo scattare in lui quell'istinto primordiale che porta il nome di talento, che conosce e analizza il gioco prima che lo possa fare lui stesso. Capisce quello che sta per accadere, non è vittima della distrazione.

Rialza il capo, prostrando un sorrisetto malefico.

"Hai ragione," sibila, avvicinandosi al suo orecchio. Sente il fiato del ragazzo mozzarsi per la sua vicinanza, e il sangue gli ribolle nel pensare che sia lui a fargli quell'effetto. Aspetta il momento giusto, la frazione precisa. Quasi gli morde il lobo, poi, quando prosegue con il suo sussurro velenoso. "se ti distraessi di meno, forse vinceresti di più."

L'arbitro fischia. Il trillo riempe i timpani delle tribune e dei compagni di squadra, li fa tremare fino allo sfinimento. La palla cade con grazia tra le mani di Simone, senza ostacoli, senza corpi e mani frementi a bloccarne il passaggio. La bocca di Manuel si spalanca, lascia passare aria, e quello stesso istinto che condivide con Simone si fa vivo, ma agisce troppo tardi.

Il capitano, ormai, si muove lontano dalla sua portata, colorandosi il viso di un ghigno soddisfatto.

Manuel inveisce contro se stesso.

Maledice quella voce profonda, le cui note godono della possibilità di portarlo allo smarrimento più totale. Maledice quella pelle di ceramica, quelle spalle larghe e potenti, quelle labbra di miele troppo dolce e appetitoso. Maledice l'attrazione fisica, mentale, la sua stessa rabbia.

Ruota su se stesso, e incontra quegli occhi perfidi e rivali. Arde di rabbia, di consapevolezza. I suoi lembi vanno a fuoco, si bagnano del sudore della corsa. Intanto, il suo petto si gonfia di mille battiti peccatori, distratti dalla pelle di un cuore nemico.

Manuel si morde un labbro mentre Simone segna il primo punto della partita. I loro sguardi si incastrano di nuovo, scagliandosi nervosismo e fierezza.

Simone fa scivolare la propria lingua oltre la parete fornita dalla bocca, e Manuel deglutisce nell'osservare quel movimento fin troppo lento.

Strizza gli occhi, scuote la testa, scaccia via ogni pensiero impuro.

La distrazione è mortale.

La partita prosegue senza interruzioni. La tensione nell'aria è palpabile, così come la rivalità di quei due corpi che si scontrano da sempre. Si toccano, si sfiorano, non si sopportano. Una gamba fa inciampare l'altra, un respiro si posa su un collo, un braccio vola troppo in alto, una schiena si adagia gentilmente ad un petto. Sono movimenti innaturali, dettati dal secondo istinto, quello magnetico, quello animale.

La distrazione è mortale.

Manuel segna un punto. Simone si lecca un labbro, e si scaglia verso di lui. Gli sfila la palla dalle dita, con grazia e sicurezza. Corre, si fa largo tra gli avversari, salta abbastanza in alto da centrare il canestro.

Manuel osserva la canottiera di Simone alzarsi, il numero 1 brillare sulla curva della sua schiena. Il braccio sudato di lui splende, segna e rimarca ogni muscolo, ogni contrazione. I fianchi rimangono scoperti per qualche istante, il tempo che serve a Manuel per assaggiarli, per divorarli con gli occhi.

Imbarazzato, ingoia tutti i suoi pensieri.

La partita si trasforma in un tira e molla. Sono Manuel e Simone che si stuzzicano, che segnano punti a raffica solo per il gusto di farlo. Schemi e strutture vengono rotte, regole non rispettate, fischi a malapena ascoltati.

Più il tempo scorre, più restano soli in quel campo, nella dolce compagnia dei loro fiati sospesi.

Arriva il punto, alla fine, in cui ci sono solo loro.

Il cielo nel frattempo si colora di arancio. I teneri raggi accarezzano i vetri dell'enorme palestra, filtrano, dipingono dei loro sgargianti colori visi e pareti. Le ombre degli atleti si muovono, il segnapunti conta cifre troppo vicine, i capitani si respirano addosso come se le rispettive pelli profumassero d'ossigeno.

L'arbitro fischia, il gioco va in pausa per qualche minuto.

Simone, promesso vincitore di quello scontro all'ultimo sangue, si avvicina al capitano Ferro con misurata cautela, avvolgendo tre dita delicate intorno al suo braccio abbronzato. "Te sei incantato troppo oggi," sibila, facendo scivolare la lingua tra i denti come quella di un serpente. "vedi de perde con dignità, almeno."

Il viso di Manuel si colora di rosso. Non è imbarazzo, né eccitazione.

È voglia di vincere.

Non fa in tempo a replicare; il capitano Balestra, da quanto ha potuto constatare, è molto bravo a sparire. Dunque, sbuffa spazientito, dirigendosi verso i suoi compagni per ideare un'ulteriore strategia.

Ha un solo obiettivo in mente, ora.

Non perdere la partita.

Perché la testa, ormai, già l'ha persa.

Un fischio tortura le pareti. Il gioco rinasce, ma ormai è agli sgoccioli. Il tempo scappa troppo velocemente, Manuel non riesce ad acciuffarlo. Le lancette si baciano sotto gli occhi di un pubblico stupito mentre i minuti decisivi di quello scontro si dilatano nello spazio. Balestra gli sfreccia affianco, abbandonando dietro di sé l'eco di una palla che rimbalza. Raggiunge il canestro avversario poco dopo, facendosi strada tra i corpi, ingannando menti potenti e stabili.

Si volta, e i loro occhi si mischiano.

C'è vittoria in quelli di Simone. Vittoria che Manuel sente sulla punta della lingua, che vorrebbe divorare. Vittoria che lo chiama, che lo sfiora, che lo schernisce. Vittoria che sa di sesso e di condanna eterna, che prenderà forma nella bocca di Simone e lo perseguiterà a vita.

La distrazione è mortale.

L'esitazione, anche.

Manuel non esita.

Si regala a quella forza che lo attira verso l'altro capitano, che gli appartiene. Corre, attraversa il campo, si butta su di lui. Lo getta a terra avvolgendolo con le braccia minute, placcandolo sul posto, abbandonando la testa sul suo petto. È un atto disperato, privo di talento, colmo di furia per una partita già persa.

Ma a Manuel, che ora ha il naso affondato tra le costole del capitano, non importa.

Cadono a terra insieme. La palla scivola cia dalla stretta del capitano, rotola. Simone sbatte la schiena, non riesce a reggersi sui gomiti. Manuel è più fortunato, più pronto, riesce a bloccare la caduta con i palmi delle mani.

Si ritrovano così stesi, proprio sotto il canestro. I loro nasi a pochi centimetri, i fiati corrotti dalla corsa, i petti che si scontrano come bacchette su una batteria. Si guardano, i loro corpi sono a incastro perfetti. Le loro gambe sono intrecciate, i loro ventri già bollenti.

Basta un tocco, solo uno, e perdono entrambi.

Manuel deglutisce, abbassandosi verso Balestra.

"Seconda lezione della giornata," mormora, proprio contro le sue labbra schiuse. Simone aggrotta le sopracciglia, dilatando le pupille lucide per la sorpresa. Sente il fuoco divampare dentro di sé, le palpebre cedere sotto il peso del corpo di Manuel, la schiena rabbrividire per quella vicinanza. Non si dimena neanche, non ci prova. Resta lì, con gli occhi chiusi, a farsi cullare dalla carezza che è la voce di lui nella propria gola. "non s'esita, Balè. Non s'esita mai.

Te rende vulnerabile."

Che per perdere la testa, poi, ci vuole proprio una scintilla di vulnerabilità.

***

Quando Manuel fa il suo ingresso negli spogliatoi la partita è terminata da un pezzo, e tutti i suoi compagni hanno già lasciato la struttura. Il suo allenatore, furioso con lui, lo ha infatti trattenuto per più di mezz'ora, con l'intenzione di sgridarlo per il suo comportamento vergognoso.

Lui, disinteressato, è stato zitto durante l'intero discorso. Ha sopportato ogni singola strigliata, ogni singola affermazione negativa. Che tanto, la sua attenzione è stata altrove per tutto il tempo.

La sua mente è stata con il segnapunti. È stata con la fine della partita, con la vittoria della squadra avversaria. Ha preso per mano la sua rabbia, l'ha nutrita, l'ha incitata a trovare un modo per sfogarsi. Ha moderato i suoi respiri pesanti, li ha misurati.

Più di tutto, però, la sua mente è stata con Simone.

È stata sdraiata a terra con lui, corpo contro corpo. Ha bruciato quanto le loro pelli, si è persa in quei grandi occhi che hanno disegnato i contorni delle sue labbra. Si è beata di quei pensieri, facendoli scorrere nel suo sangue e portandolo a rabbrividire più volte. Ha tremato, ha rivangato, ha rievocato le immagini testimoni dei suoi peccati.

In sostanza, quindi, è stata fottuta.

Ed è fottuta anche ora, che si è infilato in uno spogliatoio apparentemente vuoto.

Manuel sospira, dirigendosi verso la panchina in legno su cui giace il suo borsone. L'aria in quell'ambiente è calda, carica di sudore e del vapore proveniente dalle docce. L'acqua non scorre, non fa alcun tipo di rumore.

È solo.

O almeno, così crede.

Sospirando tutta la sua agitazione, Manuel slaccia la cerniera. Ha la fronte appiccicosa, i ricci un po' bagnati, il petto irrispettoso che non segue il ritmo delle lancette. Gli scivola sotto la pelle tutta l'amarezza di una perdita, la frustrazione per una vittoria mancata, che scalda il sangue fino a farlo quasi evaporare.

Dannazione.

Manuel tira fuori l'accappatoio dalla borsa blu. Si passa una mano tra i capelli disordinati e afferra entrambi i lembi della sua canottiera rossa. Se la tira su senza fatica, senza sforzo, chiudendo gli occhi durante l'intero processo per tentare di scacciare via i ricordi di una sconfitta.

Dei passi si muovono scaltri nella stanza. Sono silenziosi, Manuel inizialmente non li sente. Il proprietario ruota intorno ad una schiena quasi totalmente scoperta, si lecca un labbro, ne alza un angolo.

Si dirige verso la propria borsa, che il capitano Ferro è stato troppo distratto per notare e che si trova sull'altra panchina, quella che corre lungo l'altra parete, a distanza di sicurezza.

Simone segue con gli occhi la curva di un corpo quasi nudo, indifferente a lui e all'ambiente circostante. Manuel continua a credere di essere solo per qualche istante.

Poi, Simone si schiarisce la gola.

E Manuel sussulta.

"Te lo dovresti leva quel broncio, sai," scandisce provocatorio, guardandolo dritto negli occhi nel momento in cui si volta. In verità, non sa perché ci tiene tanto a farlo tremare di rabbia, a rinfacciargli la propria vittoria.

O forse, in fondo lo sa.

Solo che non lo ammetterebbe mai.

"imbruttisce quella faccia da perdente che c'hai."

Manuel fa un respiro profondo. Simone è completamente fradicio. Sul petto nudo scorrono goccioline di acqua pulita, che fanno a gara fino ai fianchi per posarsi sul tessuto di un asciugamano bianca. La chioma, tediata dall'acqua, appare ancora più scura; le guance ancora più rosse, e la bocca, semiaperta, ancora più gonfia.

Nella mente di Manuel, incapace di funzionare, vortica solo l'immagine del capitano Balestra appena uscito dalla doccia. Si morde un labbro quasi fino a farlo sanguinare. Chiude gli occhi, e trasforma tutto quel calore in furia.

"Balè," sibila, a denti stretti. Con lo sguardo e con le mani torna nella sua borsa, frugando alla ricerca di shampoo e bagnoschiuma. "vedi de non me rompe r'cazzo oggi. N'è giornata."

Con sua grande sorpresa—ma neanche troppa, in effetti—Simone scoppia a ridere. La sua risata è candida, priva di cattiveria, di insulto. Invita gli angoli della bocca di Manuel ad alzarsi; ma Manuel, con grande fatica, non cede.

Perché è pregna delle melodie più belle, ma vibra nel petto con presuntuosità.

Perciò, tra le pareti di quella stanza, riecheggia insopportabilmente.

"Che cazzo c'hai da ride?" ringhia, inserendo nel proprio tono più rabbia di quella che sente.

Simone, posando le mani sui fianchi, assume un'espressione di puro divertimento.

"Nulla," risponde, facendo spallucce. "è solo che è divertente vedere quanto non sopporti perdere. Hai un grado di drammaticità in corpo che ti fa onore, Ferro."

La testa di Manuel scatta verso di lui. Il suo sguardo scava nelle profondità della sua anima, da fuoco al suo petto e al suo ventre.

"Tu non sai un cazzo, Balè. Te devi sta zitto e farti i cazzi tuoi."

Il viso di Simone si apre in un sorriso saccente. Per qualche momento non replica, voltandosi ed inserendo le mani all'interno del borsone. Ne tira fuori un piccolo asciugamano blu, che con calma ed esasperante lentezza si passa tra i ricci ribelli

Manuel dipinge il movimento con gli occhi, soffermandosi sui muscoli contratti dei suoi bicipiti e sull'acqua che, staccandosi dalle sue labbra, cade a terra illesa. Scuote la testa, serrando la mascella.

I nervi si tendono e le scintille si accendono.

"Rilassati, dai," ribatte Simone, con tono colmo di sfida. "sono sicuro che mammina sarà fiera lo stesso—"

La frase è interrotta da un tonfo. È la schiena di Simone che sbatte contro il muro, le vertebre che si accartocciano sotto la forza del braccio di Manuel. Il capitano lo tiene in pugno, ora, con un braccio che gli preme sulla gola.

Simone deglutisce, ma continua a sorridere beffardo.

L'asciugamano tra i capelli cade.

Manuel, rosso in viso, si sporge così tanto da mozzargli il fiato.

"Non devi esagera', Balè." ringhia, furioso. Simone alza entrambe le sopracciglia, completamente indifferente.

"Altrimenti che fai? Me meni?"

Sulla lingua le parole scivolano provocanti. Sanno di passione vicina, di irresistibilità, di istinto animale e fame. Simone è intrappolato dal corpo dell'altro, in compagnia del cemento gelido che gli preme lungo la schiena bagnata.

Eppure, non vorrebbe essere da nessun'altra parte.

Era proprio a questo punto che voleva arrivare.

Manuel lascia che il proprio affanno si scontri con la pelle di Simone. Sono vicini, tanto vicini. La terra è fiamma sotto i piedi scalzi, l'ossigeno combustibile primo di quell'unione. Le emozioni sono troppo forti, la temperatura troppo alta.

Ci vuole un secondo perché un muro crolli. Bastano un colpo ben assestato e un macchinario abbastanza potente da distruggerlo. A volte bastano un paio di iridi scure, a volte un dito che accarezza un fianco.

Manuel rabbrividisce sotto quel tocco, e la sua stretta si allenta.

La rabbia muta in desiderio.

"Allora? Non parli più?" lo schernisce Simone.

L'altro si lecca il labbro superiore ruotando il braccio, in modo tale da poter avvolgere le dita intorno al suo mento. Lo stringe con moderata forza, e lo solleva giusto un po'.

Simone ha lo sguardo di fuoco.

Manuel infila un ginocchio tra le sue cosce.

"Te l'ho detto, capità," sussurra. "te devi sta' n'po' zitto."

Così dicendo, si scaglia su di lui. Il bacio è rude, scomposto, una miscela di furore e attrazione. Le loro lingue si incontrano, danzano, i loro gemiti si mischiano nel caos dell'universo. La mano di Manuel scende inarrestabile, lungo il collo, lungo il petto, sulla pancia. Traccia i contorni bagnati dei muscoli, li benedice, mentre le loro bocche continuano a incastrarsi senza sosta.

Le dita di Manuel si aggrappano all'asciugamano bagnato di Simone, torturandola.

Il tessuto diviene vittima della gravità.

Simone, sentendo il suo corpo nudo rientrare in contatto con l'aria, cede a un brivido di freddo. Le sue mani, avvolte delicatamente attorno alla gola di Manuel, lo spingono per un attimo indietro, interrompendo il bacio.

Lo guarda.

Lo guarda e vede poesia. Lo guarda e pensa di aver appena assaporato un angelo, o il paradiso intero. Fissa le sue labbra gonfie, schiuse, fameliche. È spogliato di tutto sotto quel suo sguardo pungente—vestiti e sicurezze.

Le gambe gli tremano un po', la vista concentrata soltanto sui tratti del suo viso.

Respira a fatica, ha bisogno di un contatto.

"Devo vince un po' più spesso." sussurra, soddisfatto.

Manuel alza gli occhi al cielo.

"Se," soffia irrazionalmente, fisicamente incapace di aggiungere altro. "devi vince un po' più spesso."

Simone sorride a trentadue denti. La sua lingua, audace, si infila tra questi, portando Manuel a spalancare gli occhi. Quest'ultimo allora fa ciò che la natura gli ordina.

Lo bacia di nuovo. Lo bacia bruscamente, spinge la sua testa contro il muro. Il palmo destro di Manuel calca sul basso ventre dell'altro, mentre il sinistro gli massaggia il collo.

Le dita di Simone si infilano nella sua chioma. L'ambiente si surriscalda, e Manuel fa scendere la mano fino all'eccitazione dell'altro. Struscia, strofina, massaggia con lentezza estenuante. Si gode tutti i lamenti di Simone, a parer suo completamente meritati.

Simone, approfondendo il bacio, lascia che le proprie mani calino sulla sua nuca, fino ad arrivare alla sua schiena nuda. Affonda i polpastrelli nelle scapole dell'altro, mentre Manuel lo stimola fino all'esasperazione.

Rabbioso come un cane per la lentezza dell'altro, separa le loro bocche, avventandosi sul suo collo.

"Più veloce." sospira, leccando il pomo d'Adamo dell'altro.

Manuel abbandona la testa all'indietro, chiudendo gli occhi.

Non può far altro se non obbedire.

È lui ad avere in mano il potere, eppure si sente condannato. Simone è un giudice, lui l'imputato, e lo sta punendo senza pietà, senza scrupoli. Succhia, morde, ordina. E Manuel è plastilina nelle sue mani, costretto a seguire gli ordini.

Fa ciò che gli dice lui, quindi.

Simone, affamato del suo collo, assapora il suo sudore, mentre l'altro velocizza i propri movimenti. Scende sulla clavicola, poi sale sulla mandibola, fino ad arrivare al lobo e morderglielo.

Nel frattempo, si lascia sfuggire gemiti incommensurabili, accompagnati dai brividi di Manuel e dal fuoco che brucia sulla sua pelle.

"Ferro." sussurra d'un tratto Simone, facendo scontrare i suoi denti con la gola dell'altro.

Manuel, istintivamente, si ferma.

"Mh?"

"Ti voglio in ginocchio."

Il palmo di Manuel risale fino al petto di Simone. Lo spinge delicatamente via, giusto per guardarlo.

Quando i loro occhi si mischiano, un nuovo mondo prende forma. Non brillano solo di desiderio, non più. Brillano di consapevolezza, di una nuova sensibilità. Riconoscono le parole dei rispettivi cuori, i battiti, ogni singolo movimento di quei muscoli involontari.

Si imprimono gli uni dentro gli altri, grandi e pieni di una nuova realizzazione.

Non è più solo sesso.

Manuel si sporge per scoccargli un bacio a stampo. Poi continua a bearlo di una scia di baci umidi, partendo dal collo fino ad arrivare a un capezzolo. Succhia un po', mentre Simone porta la testa sulla parete.

Scende, scende, scende, e crolla sulle ginocchia.

Scende fino ad arrivare all'interno della sua coscia, e lascia un bacio anche lí.

Infine, avvolge le sue labbra intorno a lui.

Lo spogliatoio si riempie ben presto del frutto di quell'unione. Le labbra di Simone rilasciano sospiri di piacere, le mani cadono tra i ricci di Manuel, il petto si gonfia e si sgonfia al ritmo della bocca dell'altro. Tiene gli occhi chiusi, si morde un labbro per non urlare. Ha le farfalle nello stomaco, nel sangue, nel cuore.

Non vuole più un corpo, vuole un anima.

Vuole Manuel accanto a sé, per sempre.

"Simone," respira Manuel improvvisamente, staccandosi dalla sua eccitazione e scaldandola con il suo fiato. "me devi guarda'."

Simone sgrana gli occhi. Gli spalanca alla velocità della luce, abbassando lo sguardo su di lui.

Ed è la visione più celestiale a cui abbia mai assistito.

"Ecco," prosegue Manuel, riavvicinandosi di nuovo a lui. "così."

A questo punto, riprende la sua operazione. Nel compimento dell'atto prova un immenso piacere, provocatogli dall'ascolto dei suoni emessi dall'altro. Struscia una mano sulla coscia di Simone, mentre con le labbra lavora con attenzione.

Simone fa un respiro profondo, e per qualche minuto lo lascia continuare.

Si perde nei suoi pensieri, nella consapevolezza di appartenere solo ed unicamente a lui.

"Sono tuo," si lascia scappare allora, in un impeto di poca lucidità. "in tutto. Mi tieni completamente in pugno, Manuel Ferro."

Manuel alza gli occhi. Visti dall'alto sono grandi, scuri e profondi. Sono pagine di carta scritta, martoriata dall'inchiostro. Raccontano mille storie, e mille emozioni diverse.Ma in particolare, in quel momento, in loro Simone legge soltanto una cosa.

Magia.

"Guardami, Simò," replica Manuel, allargando le braccia. "sto letteralmente in ginocchio per te."

A Simone non serve udire altro. Il suo corpo si scalda ancora di più, inizia a volere di più.

"Alzati." gli impone, non riuscendo più a sopportare quella loro separazione.

Manuel aggrotta le sopracciglia, distendendo piano le proprie gambe fino ad arrivare a respirar gli di nuovo sul collo. È confuso, cerca nello sguardo dell'altro una sicurezza.

Ma gli occhi di Simone sono avidi, folli. Il ragazzo, colorandosi di desiderio puro, lo afferra per le spalle, e scambia le loro posizioni.

Ora, è Manuel ad essere completamente intrappolato.

"Simone..." mormora, tracciando la linea della sua clavicola con l'indice.

Simone lo fissa.

Ha perso la testa.

"Voglio fare l'amore con te." gli confessa.

Manuel schiude le labbra. Gli spogliatoi perdono il loro colore, e tutte le sfumature del mondo si concentrano negli occhi di Simone. È arcobaleno, desiderio, e qualcos'altro che ancora Manuel non sa spiegarsi.

Un brivido gli corre lungo la schiena mentre il suo volto si apre in un timido sorriso.

Annuisce, e Simone si sporge per dargli un altro bacio.

"Sei sicuro che lo vuoi fa qua?" bisbiglia Manuel sulle sue labbra, portandogli un pollice sulla guancia.

Simone si scosta un po', giusto per poter incontrare i suoi occhi.

"L'amore con te lo farei ovunque."

Si butta di nuovo sulla sua bocca. Si baciano per un po', facendo scivolare dita e gambe in tutte le parti del corpo. Il desiderio aumenta, veloce, destabilizzante.

Simone, a un certo punto, non ce la fa più.

"Girati," gli domanda, con voce soffice e dolce. "per favore."

Manuel obbedisce. Lentamente, ruota su se stesso, lasciando che le mani di Simone scendano lungo i suoi fianchi. Le dita di quest'ultimo si agganciano ai suoi pantaloncini, e lentamente li sfilano.

Poi, compiono lo stesso gesto per i boxer, rendendo i loro tocchi liberi dall'ostacolo del cotone.

Simone si sporge per lasciargli un bacio umido sulla spalla. Continua a baciarlo senza sosta, a massaggiargli le scapole, a salire lungo il collo finché le sue dita non sono sulle sue labbra.

Manuel apre la bocca, e inizia a leccare.

Non pensa esistano dipinti più belli di loro due, corpo contro corpo. Non pensa che i canti delle sirene saranno mai melodiosi quanto le loro voci che gemono insieme, o che il sole brucerà mai più ardentemente delle loro unioni.

Nulla nell'universo brillerà mai quanto loro due insieme.

Nulla sarà mai tanto forte quanto quell'attrazione, che in tutte le sue forme sta diventando amore.

Siamo stati scolpiti insieme, Simone.

"Va bene?" domanda quest'ultimo, per assicurarsi che l'altro sia pronto.

"Per favore." è tutto ciò che Manuel riesce a replicare.

Così, Simone inizia a prepararlo.

Manuel getta la testa all'indietro, sulla sua spalla.

È così in estasi da non neanche rendersi conto che l'altro si è sporto per tirare fuori un preservativo dalla sua borsa.

È totalmente fottuto.

Inizia a toccarsi mentre Simone lavora. Pensa alla profondità del sentimento che prova, a quanto Simone, in quegli anni in cui si sono conosciuti, abbia scavato dentro al suo petto. Ricorda il primo sguardo, e poi le prime farfalle. Ricorda la prima rissa, i primi tocchi, il primo bacio fuori dalla palestra. Ricorda il loro segreto, il loro tacito accordo, il condiviso desiderio di rimanere in rapporti occasionali.

Ricorda il primo momento in cui si sono uniti in un letto, proprio a casa sua. Ricorda la preoccupazione che lo ha assalito quella volta che Simone è svenuto in campo, e le urla dell'altro quella volta in cui si è rotto il braccio. Ricorda le provocazioni, i sorrisi, le risate.

Nella sua mente i pensieri sono tesori in un oceano, nascosti troppo in profondità per ritrovarli.

Eppure, qualcosa brilla.

Brilla e risale, perché ormai è leggera.

Così, mentre Simone compie il primo affondo in lui, Manuel capisce. Capisce che non è la furia il suo magnete. Capisce che non è la voglia di vincere ad ad attrarlo verso Simone, né la frustrazione per non averlo fatto.

Capisce che è qualcosa di molto più potente, che vive nella bocca di Simone e scorre nel suo sangue fino al cuore. Perché il sesso è l'atto d'unione più intimo che esista. È piacevolezza, soddisfazione.

Ma l'amore.

L'amore è un'altra cosa.

È l'affidarsi all'altro senza aver paura, lasciando nei vestiti che cadono a terra tutte le proprio fragilità. È il coraggio di farsi vedere nudi, feriti, cicatrizzati. È la voglia di farsi scaldare da un corpo, invece che da una coperta. È lo scoprirsi insieme ogni volta come se fosse la prima.

È dare tutto di sé senza chiedere nulla in cambio.

"Dio, Manuel."

Il suo nome vibra nella bocca di Simone con naturalezza. Il ragazzo è perso in lui, completamente. Mordicchia le sue spalle, affonda il naso nel suo collo. La terra è sabbia sotto di lui, si sgretola, e lui si abbandona a quella condanna aggrappandosi all'unica fonte di vita che conosce.

Manuel.

"Guardami."

Manuel apre gli occhi e si volta. Lo sguardo di Simone già lo sta cercando, già lo sta disegnando. È un mare calmo, un cielo sereno, pieno di luce e positività. È rassicurante quanto l'acqua, ma desideroso quanto il fuoco.

Manuel lo guarda, e gli basta quello.

Gli schiocca un bacio veloce sulle labbra, mentre Simone compie un ultimo affondo.

Vengono quasi contemporaneamente.

Simone abbandona la fronte sulla sua spalla, uscendo lentamente da lui. Manuel posa le labbra sulla testa, e un po' indolenzito si volta. Poi, con entrambe le mani, gli cinge il viso, sollevandogli il mento fino a giungere alla sua altezza naturale.

"Sei bellissimo." gli sorride, appoggiando le spalle al muro.

Al che, Simone gli cinge i fianchi, accostandosi ancora di più a lui.

Sono entrambi nudi, in piedi contro una parete.

E per la prima volta dopo tanto tempo, non sono più ciechi.

Sono felici.

"Facciamolo più spesso, capitano." sibila Simone, posando la fronte su quella di Manuel e chiudendo gli occhi.

Manuel lo contempla per qualche istante, passandogli un pollice sul viso.

"Sesso?" chiede quindi, un po' timidamente.

Simone sorride.

"No, Manuel," lo rimbecca, quasi allegro. "l'amore."

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro