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56. A way to follow


Numquam periclum sine periclo vincitur.

(Il pericolo non si vince mai senza pericolo)


KENO

Era ormai fine febbraio e tutto sembrava procedere bene, il dolore e la fatica cominciavano ad essere un ricordo lontano mentre tutti stavano lentamente ritornando padroni della propria vita. Da una decina di giorni Aiden aveva ripreso a farsi vedere a scuola, non per molto tempo, solo alcune ore di mattina ma cercava di riprendere il ritmo con le materie.

Quel giorno però non ci eravamo visti, aveva avuto la visita di controllo in ospedale ed era proprio lì che ero diretto. Sarei andato a prenderlo per andare in banca, era questa la novità su cui il mio amico si stava concentrando, riscattare il mutuo di casa sua. Nonostante la grande apprensione che la madre riservava per il trasferimento, ormai il pensarci era inevitabile. La signora Berg doveva rispettare gli accordi presi con i nuovi datori di lavoro e questo l’avrebbe portata fuori Brooklyn mentre Aiden aveva mantenuto ferrea la volontà di restare. Per quanto i rapporti con suo padre fossero in miglioramento sapevamo tutti che Aiden non avrebbe mai accettato di vivere con lui, così la scelta più sensata da fare era utilizzare i soldi dell’assicurazione per chiudere il prestito con la banca e riscattare la casa.

Quando accostai con l’auto lo trovai già fuori dall’ospedale, mi sorrise mentre apriva lo sportello e mi passava le stampelle.

- Com’è andata? Che dice il dottore? – chiesi immediatamente mentre si accomodava.

- Nonostante i miei iniziali capricci me la sto cavando alla grande – rispose lui con tono ironico – mi ha detto che sto andando bene, anche i risultati delle analisi sono nella norma, forse fra un mese o due potrei riuscire a camminare senza stampelle

- Sei stato grande, sul serio – gli dissi passandogli una mano sulla coscia e poi misi in moto l’auto.

Mi diressi verso la banca mentre mi rivolgevo di nuovo a lui.

- Sei sicuro che non vuoi che ti accompagni tua madre per parlare con il consulente? – domandai – come va la situazione, è ancora preoccupata?

- Sempre – rispose facendo una smorfia consapevole – le ho promesso cento volte che starò attento e sa che so badare a me stesso. Poi alla fine c’è mio padre in giro e lei verrebbe a trovarmi nei fine settimana o quando può prendersi qualche giorno di ferie … ma

- E’ pur sempre una mamma – continuai facendolo annuire pienamente d’accordo – si preoccuperà sempre, ma sono certo le passerà

- Voglio gestire io questa cosa, ho contato tanto su di lei ma questo aspetto voglio affrontarlo da solo, informarmi per il pagamento e il resto – scosse le spalle – quella casa sarà finalmente nostra e voglio usare questi soldi

Accostai davanti all’ingresso della banca, scendemmo e ci infilammo nel palazzo, all’entrata una ragazza ci fece accomodare nella sala d’aspetto e dopo qualche minuto un’impiegata era pronta a riceverci.

Entrammo nell’ufficio e la donna alla scrivania ci strinse la mano.

- Come posso aiutarvi ragazzi? - chiese sorridente.

- Mi chiamo Aiden Berg ho un conto cointestato con mia madre nella vostra banca- rispose Aiden prendendo la parola – so che l’assicurazione ha già parlato con voi ed accrediterà la somma per il mio incidente la prossima settimana. Vorrei utilizzarla per saldare il mutuo che stiamo pagando

La donna inserì i dati di Aiden al computer e controllò la sua situazione finanziaria.

- Sì, l’assicurazione ci ha inviato una lettera preventiva per informarci e, una volta che la somma sarà accreditata sul tuo conto, potrai venire qui e firmare i documenti per la chiusura del mutuo – spiegò – la somma che manca al saldo è di centosettanta mila dollari mentre l’assicurazione te ne accrediterà duecento mila. I restanti saranno disponibili sul conto

Osservai il volto di Aiden, era attento e speranzoso – sì, voglio farlo. Quando posso venire a firmare i documenti? Prendiamo un appuntamento?

- Certamente – rispose cercando un posto libero nella sua agenda – giovedì della prossima settimana dovrebbe andare bene, alle cinque?

- Va bene

- Porta tutti i documenti che l’assicurazione ti ha rilasciato dopo l’incidente – gli ricordò e il mio amico annuì.

La donna segnò il numero e il nome di Aiden nella sua agenda per poi lasciargli anche il suo biglietto da visita.

Tornammo in auto e io mi posizionai al volante, diretto verso casa mia adesso.

- Sembra sia andato tutto bene, finalmente quella casa sarà proprio vostra – dissi mentre giravo all’incrocio.

- Già, sono felice di poterlo fare, anche per mia madre, resterà un punto di riferimento anche per lei quando verrà a trovarmi - riflettè

- Mi sembra sensato – continuai io e poi gli dedicai un sorriso malizioso – però devi assolutamente prenderti la camera con il matrimoniale!

Scoppiammo a ridere e lui mi diede colpetto sul fianco, poi si sporse verso di me e mi diede un bacio rapido sul collo.

Rabbrividii ma mantenni la mia compostezza fino al parcheggio vicino casa, dovevamo ancora ripassare matematica insieme quel pomeriggio e non potevo già cedere alle tentazioni.


Quando entrammo in casa la trovammo deserta, probabilmente mia madre era rimasta in ufficio fino al pomeriggio mentre mio padre era impegnato con le sue lezioni di piano.

Aiden si guardò un attimo intorno, fermo nel bel mezzo dell’ingresso.

- Che ti prende? – chiesi un po’ stranito.

Lui scosse la testa – era da così tanto tempo che non venivo qui, mi sembra quasi una vita …

Io gli passai una mano fra i capelli – e io sono felice di averti qui – mormorai – prendo i libri e li porto di sotto, così eviti le scale fino in camera mia

Aiden mi afferrò un braccio per trattenermi – no, voglio salire. Voglio rivederla

Sorrisi – guarda che non è mica l’ultima volta che la vedrai

- Sono passati mesi, dai, non sono troppe scale, ce la faccio – insistette.

A quel punto non mi opposi, salimmo lentamente fino al piano superiore, Aiden stentò un po’ ma riuscì a percorrere i gradini senza troppa difficoltà e poi entrò in camera con impazienza. Fissò l’ambiente intorno a sé per un lungo momento, come se lo vedesse in quel momento per la prima volta. Si soffermò su alcuni poster attaccati alle pareti, sulle foto dei nostri viaggi e dei falò, sul cumulo di libri disordinati sulla mia scrivania. Poi si sdraiò sul letto e fissò in alto dove c’era attaccato il planisfero, avevamo passato notti intere a progettare viaggi intorno al mondo.

Lo vidi voltare la testa leggermente di lato e annusare il mio cuscino – quanto mi era mancato questo posto … - mormorò.

Io ero totalmente ipnotizzato dalla sua visione, dal suo corpo steso sulle mie lenzuola, da quel lembo di pelle che sbucava fuori dal maglione che si era sollevato leggermente. Gli andai vicino e lui si spostò immediatamente per farmi posto sul letto, mi strinsi accanto a lui e Aiden si sistemò di lato, per potermi guardare negli occhi.

- Non sai quanto ho desiderato di poterti rivedere qui – mi lasciai sfuggire mentre portavo una mano ad accarezzargli la guancia.

- Sono qui adesso – mi ricordò sporgendo il viso verso di me.

Solo un bacio.

Era quello che speravo, soltanto un lungo bacio, volevo solo sentire il sapore di Aiden qualche istante e poi avremmo ripreso il controllo della situazione.

Ovviamente fallii miseramente, quel bacio non mi bastò, non sarebbe mai bastato a nessuno dei due, ne seguirono altri, sempre più profondi. La mia mano aveva cominciato a stringere il suo corpo contro il mio e mi ritrovai improvvisamente troppo eccitato per poterlo lasciare andare. Mi staccai a fatica ma ero ancora preda dei suoi occhi, le sue dita mi accarezzavano il viso e si erano insinuate fra i miei capelli.

- Mi piace quando mi guardi così – disse ad un tratto.

- Come? -chiesi per un momento disorientato da quella vicinanza.

- Come se volessi divorarmi

Era questo quello che trasmettevo? Ero tanto incapace di filtrare la bramosia che provavo dentro di me? Mi sollevai leggermente per potermi piazzare meglio sopra Aiden e fare aderire i nostri corpi mentre lui provava già ad allargare un po’ le gambe.

- Se vuoi che mi fermi dillo adesso – pronunciai a fatica mentre il mio bacino andava già alla ricerca del suo.

- Sei pazzo? – esclamò lui mentre non riusciva quasi a trattenere i gemiti che gli procuravo baciandogli il collo – non fermarti

Ed io fui lieto di ubbidire a quell’ordine impartito con fermezza, sfilai il più velocemente possibile i suoi vestiti e mi beai della visione del suo corpo nudo sotto il mio. Era così perfetto, ogni dettaglio lo era, dalla pelle liscia ai fianchi stretti e la linea di peluria che spariva sotto l’elastico dei boxer.

Lo toccai, cominciai a massaggiarlo attraverso la stoffa e lo vidi rabbrividire mentre chiudeva gli occhi, non aspettava altro che liberassi la sua eccitazione, e lo feci. Tirai più in basso l’intimo e scoprii l’erezione umida e pronta, gli occhi di Aiden si fissarono avidamente su di me, era in attesa e tremendamente desideroso.

Così spostai il volto in avanti e chiusi le mie labbra sulla sua erezione, gemette forte e sentii il suo corpo scosso da un brivido mentre io cominciavo a succhiare e stimolare il suo sesso lentamente. Sollevai lo sguardo e lo vidi ancora intento a fissarmi, i suoi occhi erano appannati di desiderio e non voleva perdersi neanche un istante di quello che gli stavo facendo.

Era dannatamente erotico, sentire quegli occhi su di me, l’erezione sempre più bagnata fra le labbra, ormai anche la mia era ingestibile, tirava tremendamente nei miei pantaloni troppo stretti. Così mi sollevai, interrompendo per qualche istante quel massaggio e sbottonai i jeans. I nostri corpi si andarono incontro automaticamente facendo cozzare le nostre erezioni, non riuscivamo più a trattenere i gemiti, ci baciammo ancora mentre la mia mano aveva iniziato un nuovo massaggio coinvolgendo entrambi. Il mio corpo bruciava contro quello di Aiden, il ritmo a cui ci stavo stimolando era diventato insostenibile ed alla fine ci ritrovammo a venire entrambi con un urlo impossibile da trattenere.

Inspirai mentre la mia fronte si poggiava contro quella di Aiden e tentavo di riprendere il controllo in qualche modo, non riuscii a dire una parola, sentii solo un rumore alle mie spalle.

La porta della mia camera si era aperta qualche secondo per poi richiudersi con un tonfo terribile, mi sollevai di scatto fissando il mio amico che sembrava spaesato quanto me.

- Era tua madre? - mi chiese allarmato.

- Vestiti – gli dissi in tono secco mentre mi riallacciavo i pantaloni.

Uscii dalla camera, pronto ad accertarmi delle conseguenze che avrei dovuto affrontare, scesi le scale e trovai mia madre in cucina. Le buste della spesa erano sparse un po’ ovunque, se ne stava appoggiata al tavolo con il volto coperto dalle mani.

- Mamma … - ero perfettamente conscio che avesse visto fin troppo.

- Come … - la sua voce era un sibilo – come hai potuto fare una cosa così … Dio ti perdoni

Inspirai, sapevo dove quel discorso ci avrebbe portato, era un momento che avevo accuratamente evitato per anni.

- Dio non c’entra niente – gli dissi tentando di dare un senso a quello che aveva visto – si tratta solo di me e … della persona che mi piace

- Ti piace? – quella parola fu ripetuta con tono disperato, come se gli avessi confessato un crimine efferato – hai anche il coraggio di dirlo così! Come se non mi sentissi già abbastanza addolorata per … per …

- Aiden mi piace, so che non approverai ma questo non cambia i fatti – dissi secco.

- Quel ragazzino – ringhiò ancora – lo sapevo che era una pessima compagnia per te, sapevo che non era normale quello che stavi facendo. Cosa ti ha detto? Ti ha sedotto? Deve lasciare subito questa casa!

Scossi la testa – Aiden non c’entra niente! Dio, pensi sia il primo? Sono gay dannazione, nessuno mi ha manipolato il cervello

- Non dirlo nemmeno per scherzo – sbottò – non osare! Questo è un peccato mortale, vuoi che la tua anima marcisca all’inferno? Dobbiamo … dobbiamo riflettere, parlare con padre Ephram, sicuramente conosce qualcuno che può aiutarti

No, non questo.

- Non cominciare, non ho nulla che non va – la interruppi – non ho intenzione di farmi rinchiudere da quel prete in qualche subdolo campo correttivo o come si chiama la merda che gestisce. Non farò la fine di mio cugino Eliott

- Non screditare tuo cugino, che fine avrebbe fatto? Quel ragazzo è stato molto coraggioso, ha lottato contro il demonio che aveva dentro e ha vinto! – insistette – dovresti ammirarlo

Io scossi la testa disgustato – lui ha lottato contro sé stesso e si illude di aver vinto, di aver sconfitto una parte di sé e non c’è niente di meraviglioso in questo. – replicai – Non c’è nulla di onorevole nel dire di aver rinunciato ad amare davvero qualcuno per ripiegare su qualche donna frustrata e riempire di infelicità entrambi. Quando lo guardo, rigido su quella sedia alle cene di famiglia, spero vivamente che la notte si butti in qualche bettola e si faccia scopare dal primo che passa e la sua redenzione sia solo un enorme stronzata. Spero per lui che almeno per metà della sua vita riesca ad essere se stesso perché quello che lo avete fatto diventare è deprimente

Lo schiaffò arrivò tanto rapidamente che non riuscii nemmeno ad evitarlo. Mi investì in pieno viso mentre mia madre mi guardava con occhi feroci, come se non fossi nemmeno più suo figlio.

- Non ti permetto di dire queste assurdità, quello che stai facendo alla tua anima è troppo grave – disse perentoria – imperdonabile. Se non accetti di farti aiutare, se non andrai in chiesa con noi e parlerai delle tue … inclinazioni, allora io non posso accettarti in questa casa

Silenzio.

Eravamo arrivati a quel punto, il suo sguardo era fermo e io sapevo che le sue convinzioni valevano più di tutto il resto, persino più di un figlio. Mia madre era una donna ostinata e forse io avevo ereditato il suo stesso carattere forte, continuai a fissarla senza cedere o mostrare debolezze.

- Non ho bisogno di nessun aiuto – scandii chiaramente – non sono malato, non sto facendo niente di male e non ho intenzione di smettere di vedere Aiden, nessuno dovrebbe decidere dei sentimenti di qualcun altro

- Allora vattene da questa casa – disse a denti stretti voltandomi le spalle – non ho intenzione di dare asilo ad un sodomita, non sei il figlio che ho cresciuto

Non replicai, voltai semplicemente le spalle e lasciai la cucina, forse era andata male ad entrambi, in fin dei conti non si sceglie dove nascere.

Aiden era accanto alle scale, era sceso da solo e con fatica ma in perfetto silenzio, mi fissava con uno sguardo allucinato ma io gli feci segno di attendere. Salii rapidamente in camera mia e presi un borsone dall’armadio, filai dentro tutto quello che potei, compresi i libri per la scuola e le foto attaccate alle pareti.

Poi tornai giù e vidi il mio amico accanto all’entrata, prossimo a lasciare la casa, io gettai l’ultima occhiata in cucina e vidi mia madre seduta al tavolo, con il rosario stretto tra le mani, non sollevò lo sguardo ed io passai oltre.

Mi sembrò di riprendere a respirare soltanto quando misi in moto l’auto, sentii la mano di Aiden posarsi sulla mia e in quel momento lo guardai, anche lui era tremendamente pallido.

- Keno … - provò a dire – cosa … io ho sentito, non credevo che tua madre fosse una del genere

Io scossi le spalle – non abbiamo mai parlato dell’omofobia ben distribuita nel mio albero genealogico, fortunatamente non ce n’è mai stato motivo

Quello parve ancora più incredulo – ma diceva davvero? Intendeva mandarti in qualche posto assurdo per farti raddrizzare? Esistono seriamente cose del genere?

Io tentai di sorridere, come per cercare di tranquillizzarlo anche se la sua agitazione non accennava a diminuire – la chiesa che frequentano i miei ne è in contatto con questi gruppi religiosi sai, tipo comunità, in cui spediscono i ragazzi gay e li fanno avvicinare di nuovo a Dio, gli trovano persino una bella fidanzata. Con mio cugino è andata così

- E’ assurdo, ti ha pure cacciato di casa – Aiden era ancora scosso – cosa farai ora? Cristo, non avremmo dovuto …

Io scossi le spalle – sono maggiorenne, per cui mi arrangerò. Se volessi tornare a casa mi aspetterebbe un fantastico centro di recupero per cui non mi rivedranno mai più. Magari potrei prendere una camera in un ostello, ho dei soldi da parte per ora e posso cercare un lavoro part-time

- Per il momento vieni da Andrew – disse alla fine ed intrecciò le nostre dita - cercheremo una soluzione ma non andrai in nessun dannato ostello – mise in chiaro – e quelle che ha detto tua madre sono solo cazzate, tu non hai niente che non va, lo sai vero?

Io sorrisi – lo so Aiden e non rinuncerei mai alla mia libertà né alla possibilità assecondare i miei sentimenti, nemmeno per il paradiso

Poi partii, lasciando finalmente quel parcheggio e quel quartiere che fino a qualche ora fa era casa mia ma che sapevo non mi avrebbe più accolto. Verso sera tutti i miei parenti e mio padre avrebbero scoperto l’enorme tragedia che mia madre aveva dovuto affrontare quel pomeriggio ed io sarei stato bandito fra i ragazzi perduti, fra i peccatori che andavano tenuti a distanza. Poco male, pensai, mentre sentivo la mano di Aiden stringersi ancora alla mia, non ero davvero solo, c’era ancora una famiglia a cui potevo appartenere.

ALENCAR

C’erano voluti giorni di ricerca per scoprire dove si trovasse Xavier e anche molti altri giorni per contattarlo in modo sicuro. Tutti gli uomini di Kurt erano sulle sue tracce e anche noi avremmo dovuto fare lo stesso, se qualcuno avesse sospettato un tradimento saremmo morti all’istante.

Ma sembrava non essere così, ultimamente eravamo troppo in alto per essere tenuti d’occhio davvero, non quando il nemico si stava ancora nascondendo da qualche parte sotto il naso di tutti.

Quando io e Tian ci ritrovammo al cospetto di Xavier quella notte, pensammo che se non fosse stato Kurt a ucciderci, avrebbe potuto tranquillamente essere lui. Eravamo il nemico, avevamo chiesto un colloquio con lui ed era ovvio che si sentisse scoperto, il suo sguardo era severo e i suoi uomini ci puntavano le armi contro tenendoci sotto tiro.

- Non siamo qui per venderti a Kurt – misi in chiaro con scarsi risultati.

- Perché dovrei crederti? – chiese con tono sprezzante – so chi sei, cosa dovrei aspettarmi da uno dei cani di Kurt?

- Vi abbiamo individuato da giorni, se avessimo voluto compiacere il nostro boss allora sareste già morti – gli feci presente – non siamo qui per altre morti inutili ma per l’unica che conta

- E quale sarebbe? – i suoi occhi divennero due fessure.

- Quella di Kurt – rispose Tian.

Avevamo catturato il suo interesse, lo vidi sporgersi in avanti verso di noi come se volesse leggerci il volto, per scoprire tracce di menzogna – e perché vorreste tradirlo? Cosa ci guadagnereste?

- Quello che ci hai guadagnato tu cercando sempre di opporti al suo dominio, la libertà – chiarii – tu ti sei rifiutato di inginocchiarti e hai mantenuto i tuoi uomini liberi, hai gestito il tuo giro a modo tuo e noi vogliamo fare lo stesso

- Non saremo un ostacolo per te – continuò Tian – abbiamo in mente di lasciare il giro, lasciare Brooklyn ma non possiamo farlo con il fantasma di Kurt addosso, lui non lascia andare nessuno.

- Siete una manciata di uomini – gli ricordai – se vuoi attaccarlo direttamente da solo non hai speranze, cosa ti resta? Nasconderti per sempre?

Sapeva che avevamo ragione, quella latitanza non poteva continuare, presto anche altri lo avrebbero individuato e sarebbe stato costretto ad una nuova fuga.

- Cosa mi state offrendo esattamente?

- Una buona occasione – risposi tranquillo – noi siamo nella sua scorta privata, quella più ristretta. Sappiamo sempre dove sarà e siamo ad un passo da lui, possiamo fare entrare te e i tuoi uomini senza essere visti e se ci fornirete la copertura giusta potremo ucciderlo

Quel pensiero lo solleticò non poco – sbarazzarsi per sempre di Kurt … mi sembra un progetto parecchio ambizioso

- Per anni sarebbe stato impossibile – precisai – tu stesso non hai potuto fare niente a parte relegare nel Queens i tuoi affari ma ora questa occasione si sta presentando davvero, la sconfitta può trasformarsi in una vittoria schiacciante. Sta a te decidere

Ancora un momento di riflessione e poi indicò ai suoi uomini di deporre le armi.

- Cosa avete in mente esattamente, voglio saperlo adesso – insistette.

- Venerdì Kurt sarà al suo locale di punta, il Moonlight – spiegò Tian – si sente al sicuro lì e ci va spesso ora che molti dei suoi uomini sono impegnati nella tua ricerca. Saremo in sei, più i buttafuori all’ingresso e sul retro, in tutto quattro. Faremo in modo che alle dieci il retro sia libero e la porta aperta e voi entrerete senza problemi

- Se create un diversivo anche gli altri uomini della sua scorta si uniranno alla confusione per capire cosa succede, io e Tian possiamo liberarci di Hauser, la sua guardia. Ho un conto in sospeso con quel pezzo di merda e, morto lui, anche Kurt lo seguirà presto – terminai – non posso darti la mia parola che nessuno dei tuoi uomini ci rimetterà, posso solo assicurarti che venerdì sera Kurt morirà, a qualsiasi costo

Sapeva che non mentivo, poteva leggere la mia rabbia dal tono della mia voce, poteva vederla riflessa nei miei occhi, eravamo tutti lì con un unico desiderio, non restava che trovare il coraggio di metterlo in pratica sul serio.

- Ci sto – disse in fine e un po’ di tensione abbandonò il mio petto – avrete me e i miei uomini venerdì, come vi contatto?

Tirai fuori dalla tasca uno dei cellulari sicuri e glielo consegnai – vi scriveremo da un numero pulito, vi faremo sapere quando la via è sgombera e l’esatta posizione di Kurt e degli altri uomini

- Abbiamo un accordo allora – mi porse la mano – nulla mi assicura che tu non mi tradirai

- Nemmeno tu – gli feci presente – ma non sono il genere di uomo che dà la sua parola per inganno, quello è esattamente colui che voglio uccidere

Stringemmo le nostre mani saldamente e lui mi dedicò un sorriso carico di interesse e ammirazione, avevamo tutto quello che ci serviva finalmente.


- Non posso credere che siamo ancora vivi – ammise Tian sempre più stupito di notare i giorni susseguirsi l’uno dietro l’altro – se va tutto bene ….

- Già, com’è messo il tuo contatto? – chiesi.

- Ha preparato tutto, venerdì dopo il casino ci vediamo fuori città alla stazione di servizio. Montiamo su un’auto che lascerà pronta con il pieno e documenti che servono per scappare il confine – mi spiegò – non possiamo perdere tempo, il locale di Kurt è pieno di telecamere per cui la polizia avrà i nostri volti. Dobbiamo lasciare Brooklyn quella notte e sparire

Io annuii consapevole – Callum lo sa già, si terrà pronto

- Allora vediamo di sopravvivere a tutto questo schifo – convenne.

Lo vidi mettere in modo l’auto e tornammo nuovamente verso il centro di Brooklyn per riprendere il nostro lavoro al fianco dell’uomo che presto avremmo ucciso.

Io estrassi il telefono, pronto ad aggiornare la parte restante della nostra piccola brigata, la chiamata non squillò a lungo, sentii la voce di Kai immediatamente.

- Dammi belle notizie – disse nervoso.

- Sono vivo – replicai – direi che è già un risultato

- Ma è dei nostri? Si farà venerdì? – chiese ancora impaziente.

- Sì, possiamo contare su di lui – risposi – ci ha garantito il suo appoggio e gli uomini che restano

- Finalmente! Cazzo, è arrivato il momento – c’era dell’eccitazione nel suo tono.

Io tacqui per un momento e poi provai a dire qualcosa che pensavo da tempo – sai che non sei obbligato a farlo, vero?

Silenzio.

- Di che parli? – riprese poi dubbioso.

- Abbiamo gli uomini che servono, io e Tian siamo dentro, la morte di Kurt è assicurata, come la vendetta del tuo amico Gray – spiegai chiaramente – visto quello che è successo a tuo fratello, non sei obbligato a fare da rinforzo venerdì. Lui morirà, è una garanzia

Ancora qualche istante di silenzio.

- Quando lui morirà io sarò lì a vederlo esalare l’ultimo respiro – disse quasi irritato dalla mia intromissione – aspetto vostre notizie, state attenti

La telefonata si chiuse come il mio breve tentativo di farlo ragionare, l’ennesimo favore che volevo fare per l’amico di Callum, ma ognuno ormai aveva scelto la propria strada da seguire e non c’era più tempo di tornare sui propri passi. Stavamo correndo tutti dritti verso il nostro fato.

AIDEN

Andarmene in giro da solo non era mai stato tanto bello. Era assurdo quanto tutto ciò che prima davo per scontato adesso mi sembrava un vero e proprio miracolo che si avverava. Non vedevo l’ora di potermi finalmente liberare delle stampelle e forse, tra un po’ di tempo, tornare a guidare un’auto. La mia era andata distrutta e dovevo rimboccarmi le maniche il prima possibile per procurarmene un’altra, ma quella nuova sfida non mi preoccupava, tutto sembrava relativamente in discesa dopo quello che avevo passato di recente.

Puntai lo sguardo sui ragazzi che lasciavano la Tech, di tanto in tanto salutavo qualche conoscente, anche se ero certo che tutti mi conoscessero ormai. La mia vicenda era nota all’intera scuola e dovevo ammettere che non era stato semplice tornarci la prima volta, ero molto teso e preoccupato riguardo il mio futuro lì dentro, d’altronde per un po’ di tempo avevo anche pensato di lasciare la scuola e trasferirmi altrove, salvo poi per ripensarci.

Era stato Keno a trattenermi lì, nonostante non fossi ancora pronto ad ammetterlo, sapevo che senza di lui non avrei avuto molti motivi per rimanere in città. Ed ecco che tornavo a pensare a quanto era successo un paio di sere prima, a Keno che cercava di farsi forza a discapito del comportamento spaventoso della madre. Troppo cocciuto per chiedere aiuto a qualcuno, troppo orgoglioso per ammettere quanto le parole di quella donna lo avessero ferito.

Sarei stato in grado di prendermi cura di lui nello stesso modo in cui lui si era preso cura di me negli ultimi mesi? Adesso era da solo, scacciato da una famiglia che stentavo a definire tale. Non avevo mai creduto che sua madre potesse arrivare a tanto, ma forse Keno era semplicemente stato fin troppo bravo a nascondere quel tratto alla sua famiglia.

Venni riscosso dal suono del cellulare, trattenni a stento un sorrisino quando lessi che l’appuntamento di Paige era andato anche meglio del previsto. Stavo per congratularmi e chiedere i dettagli succosi quando mi sentii colpire alla spalla da Keno che mi piazzò un bacio sulla guancia e allo stesso tempo si protese per leggere

- Ancora questa Paige? – sollevò un sopracciglio in una finta posa irritata

- Gelosetto come sempre – lo schernii, passandogli un braccio intorno alle spalle – e poi sei tu quello con gli scopamici

- Io?

- Callum – gli ricordai, sempre sorridendo

Keno portò gli occhi al cielo – Storia vecchia. Ci tenevamo compagnia, tutto qui

- Ah, gran bel modo di tenersi compagnia.

- Il migliore – stavolta fu il suo turno di ammiccare – adesso diamoci un taglio, non vedo l’ora di rinchiudermi da qualche parte con te e dimostrarti quanto mi sei mancato stamattina.

Il suo sguardo si fece ancora più smanioso, mi fissava le labbra con desiderio, ma non ci saremmo lasciati andare davanti alla Tech, circondati com’eravamo dagli altri studenti. Cercai di contenermi anch’io, nonostante l’aria apparentemente rilassata di Keno sapevo che non poteva stare bene quanto cercava di ostentare con me. Ci dirigemmo entrambi verso la sua auto, era da un paio di giorni che mi frullava in mente l’idea di chiedergli semplicemente di stare da me. Era naturale, forse lo avrei fatto anche se non fossimo diventati così intimi com’era successo nell’ultimo periodo. Lo guardai mentre metteva in moto con la sua solita aria di apparente serenità, mi soffermai sul suo profilo delicato, quegli occhi glaciali che sembravano perdere la loro freddezza quando si fissavano nei miei. Non aveva mai guardato nessun altro in quel modo.

- Che ti passa per la testa? Non sei mai così silenzioso. – mi aveva lanciato un’occhiata attenta prima di tornare a concentrarsi sulla strada. Allungò la sua mano sulla mia gamba e io l’afferrai in fretta, stringendola appena nella mia.

- Niente, è che … - facevo fatica a parlarne – il modo in cui i tuoi ti hanno trattato … vorrei poter fare qualcosa per rendere questa situazione più sopportabile.

Keno sembrava sorpreso dalle mie parole, vidi un sorriso sfuggente passare sul suo viso – Aiden, davvero non mi importa. Avevo soltanto un desiderio ed era quello di vederti vivo e in salute. Guarda cosa ho avuto invece … ho avuto molto di più di quanto avessi mai osato desiderare, ho avuto qualcosa che non pensavo di poter avere. Non chiederò nient’altro. Non frignerò per la famiglia schifosa che mi ha cresciuto, non è importante.

- Ed io da solo ti vado bene?

Rise forte, come se gli avessi appena rivolto la domanda più stupida del mondo.

- Ancora non l’hai capito?

Era rincuorante sentire la sua determinazione, quella volontà ferrea che apparteneva soltanto a Keno.

- Il mio Iron man …

La sua mano era calda, intrecciai le mie dita con le sue e le strinsi un po’ di più. Adesso lui era da solo, toccava a me prendermi cura di Keno.

- Ho già dato un’occhiata a qualche monolocale, avevo un po’ di soldi da parte, ma dureranno poco se non trovo un lavoro. Gli affitti non scherzano qui a Brooklyn.

- Che cosa stai dicendo? E’ ovvio che verrai a stare da me.

Le mie parole lo sorpresero, si voltò verso di me con le labbra appena schiuse in un’espressione interrogativa.

- Aiden, sei sicuro?

Feci spallucce – Perché non dovrei? Anzi dovremmo iniziare a traslocare il prima possibile, così Andrew riavrà il suo bel appartamento tutto per sé. Per mia madre non sarà un problema sapere che vivremo insieme, conoscendola potrebbe anche sentirsi sollevata visto che è perennemente in ansia da quando ho avuto l’incidente.

Keno mi colse alla sprovvista, fermò l’auto in doppia fila e in un attimo le sue labbra furono sulle mie. Accarezzai il suo viso e mi sporsi verso di lui per ricambiare quel bacio disperato.

- Lo prendo come un sì? – parlare era difficile a quel punto, sentivo il cuore in gola.

- Perspicace. – Keno era su di giri quanto me, era raro vederlo così fuori controllo per la felicità.

Tornammo all’appartamento di Andrew per iniziare a sistemare un po’ di roba negli scatoloni. Facevo ancora un po’ fatica con i movimenti, ma l’energia di Keno era contagiosa. Di tanto in tanto ci fermavamo per riposarci, bastava un semplice sguardo o perfino sfiorarci casualmente per far degenerare in fretta le cose. Lo avevo messo con le spalle al muro e mi stavo dilettando nel seviziare il suo bel collo pallido quando sentimmo il rumore secco di mocassini pregiati nel corridoio. Mi scostai da lui a fatica, beccandomi qualche insulto per quel lavoro lasciato a metà, giusto in tempo per vedere Andrew far capolino in salotto. Mi ricomposi appena, mentre il suo sguardo passava in rassegna gli scatoloni ai nostri piedi e quel poco di roba che eravamo riusciti a riordinare. Poi si concentrò su di me.

- Che succede? Stavate facendo pulizia?

- Pensavo di andar via domani in realtà.

- Di già? Tua madre non mi ha detto niente … hai ancora le tue sedute di fisioterapia e l’ospedale è vicinissimo da qui … - Andrew era confuso, capii che se non avessi parlato con chiarezza avrebbe potuto interpretare male tutto quanto.

- Sto già molto meglio e non è un problema andare alle sedute, c’è Keno che può portarmi. Abbiamo già abusato abbastanza della tua gentilezza, Andrew. E poi abbiamo comprato casa finalmente, niente più mutui, quindi possiamo farcela con le spese adesso.

- Oh. Non sapevo niente … non sono stato molto presente in questo periodo – ammise lui con una punta di amarezza nella voce. Non doveva sentirsi in colpa. Non glielo avrei permesso.

Sentii Keno muoversi accanto a me, gettò un libro in uno degli scatoloni, poi mi diede una pacca sulla spalla

- Vado a fare del caffè.

Ci stava dando dello spazio per chiarire, capii. Andrew lo seguì con lo sguardo fino a quando non si chiuse la porta della cucina alle spalle, soltanto a quel punto si rivolse di nuovo a me

- Stai con Keno adesso?

Annuii – Gli ho chiesto di stare da me. Ha avuto dei problemi a casa – spiegai con un certo disagio. Era strano parlare con Andrew di Keno, ma pensai che fosse soltanto questione di tempo e abitudine.

Andrew sorrise – Ecco perché ha smesso di comportarsi da pezzo di merda con me. A saperlo prima che bastava così poco …

A quel punto anch’io mi lasciai andare ad una risata sincera – Era geloso …

- E’ pazzo di te, lo era anche prima. E’ comprensibile – disse semplicemente Andrew, poi sospirò appena – mi dispiace per tutto, Aiden. Sono certo che con lui sarà diverso.

Lo ero anch’io, non mi ero mai sentito tanto sicuro di qualcosa in vita mia prima.

- E Levin? Come sta? – finalmente ero riuscito a chiederglielo.

- Meglio, oggi vado a prenderlo. Ha fatto i suoi dieci giorni di riabilitazione e adesso può tornare a casa. – lo vidi tentennare un po’, si guardò di nuovo intorno, imbarazzato – sono passato per prendere un po’ di cose che avevo lasciato qui in effetti. Se i suoi glielo permettono starà da me a Coney Island …

- Le cose si sono fatte serie allora.

Cercai di non mostrarmi troppo sorpreso per quello che Andrew aveva appena detto, non so se ci riuscii davvero, tutto stava procedendo molto in fretta per noi due, pensai.

- Ti sembra strano, vero? Sentirmi parlare così di qualcuno … proprio io che ho sempre stentato a stringere legami simili.

- Un po’ – fui costretto ad ammettere – ma non troppo. Conosco anch’io Levin, so quanto sia semplice legarsi a lui, quasi spontaneo. E so anche che merita una persona affidabile accanto … - la mia frecciatina dovette colpirlo nel punto giusto, perché lo vidi assumere un’aria quasi colpevole.

- Lo sono adesso. Stento a riconoscermi e forse non mi crederai, ma è così. Non avrei rischiato di perdere per sempre la tua amicizia e quel poco di rispetto che avevi per me se non fosse stato impossibile fare altrimenti. E’ come se lui fosse inevitabile per me … non saprei spiegartelo meglio.

 Andrew parlò lentamente, la sua era stata un’ammissione indiretta di sentimenti profondi e che non aveva mai provato prima. Ero sempre stato certo che sentirlo parlare in quel modo di qualcun altro mi avrebbe fatto del male, ma stranamente non mi sentivo neanche amareggiato. Non riuscivo ad avercela con Andrew, tutta la rabbia era svanita.

- E mi dispiace per averti taciuto di me e lui per tutto questo tempo … so che non avrei dovuto farlo. Ero terrorizzato dall’idea di farti stare peggio, di essere ancora una volta la causa del tuo malessere.

- Hai trovato il momento giusto almeno per sganciare una bomba simile e avere delle conseguenze minime. Non ce l’ho con te, anzi non ce l’ho proprio con nessuno ormai. Assurdo, vero? Ma cosa avrei da lamentarmi? – aprii le braccia - sto riprendendo a camminare come si deve e ben presto potrò di nuovo decidere della mia vita. Finalmente riesco a scorgere una luce oltre questo tunnel buio … perfino mio padre sembra comportarsi in modo decente con me e mia madre, senza contare che siamo riusciti a comprare la nostra casa. E poi c’è Keno … non so ancora cosa veda di così speciale in me, ma a quanto pare non ha alcuna intenzione di lasciarmi.

Il viso di Andrew si distese visibilmente, rincuorato dalle mie parole sincere. Avanzai verso di lui con il cuore leggero come una piuma per la prima volta dopo troppo tempo. Non avevo più nulla da recriminargli adesso, ero pronto a iniziare una nuova fase della mia vita.

- Abbraccio?

Accolsi la sua proposta con un sorriso e lo abbracciai stretto.

- Sono felice che tu abbia trovato qualcuno di così essenziale per te. E mi fa piacere che quella persona sia Levin.

- E soprattutto: non dovrò più guardarmi le spalle da Keno – commentò Andrew, divertito.

- Già, non voglio azzardare troppo ma potremmo perfino organizzare qualche imbarazzantissima uscita a quattro in futuro.

L’idea lo fece ridere ancora – Inquietante. Il tuo attuale ragazzo, il tuo ex e il tuo amante tutti allo stesso tavolo. Non ti andrebbe benissimo.

- Ecco perché ho sottolineato che sarebbe stata imbarazzantissima – precisai.

- Potresti fare dei paragoni arditi!

- Mi fai così stronzo?

Andrew assunse una finta aria indecisa – Praticando con Keno …

Non aveva tutti i torti. L’atmosfera non era mai stata così rilassata come durante quel pomeriggio, perfino Keno sembrava del tutto a suo agio a chiacchierare con noi due. Forse poteva davvero funzionare.

ANGOLO AUTRICI:
Stiamo davvero andando verso la fine della storia! Molti nodi sono venuti al pettine. Chissà se per i nostri ragazzi è arrivato il tempo di restare tranquilli oppure i veri guai sono giusto dietro l'angolo.
Un bacio e alla prossima

BlackSteel

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