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50. Push

Porta itineris dicitur longissima esse.
(Si dice che la porta sia la parte più lunga di un viaggio).

CALLUM

Aprii prigramente gli occhi e mi ci volle un momento per ricordarmi dove mi trovavo, nonostante non si trattasse del mio primo risveglio lì, mi sembrava assurdo essere davvero in camera di Alencar. La luce filtrava lievemente dalle tende chiuse, sentivo il suo corpo accanto al mio ancora addormentato, quel calore confortante e familiare.

E' davvero la mia vita?

Mi sorprendevo sempre davanti a quella domanda, mai mi sarei aspettato di vivere giorni come quelli, anche se le ombre erano sempre dietro l'angolo. Sapevo che il grande piano di Alencar era iniziato, lo avevo visto togliersi i vestiti sporchi di sangue e mi si era formato un nodo allo stomaco. Erano tutti coinvolti, persino Levin, e questo mi faceva sentire tremendamente inutile, come se non riuscissi a proteggere davvero le persone a cui volevo bene.

Mi sollevai a sedere sul letto e mi portai le mani a strofinarmi il viso, la mia mente si affollava di pensieri orribili ogni volta che mi soffermavo a riflettere su quello che stavano facendo.

- Callum ...

La voce di Alencar si sollevò dall'oscurità e, spostando lo sguardo, mi resi conto dei suoi occhi stanchi su di me, si era svegliato e mi stava scrutando attentamente.

- Buongiorno – gli dissi sorridendo leggermente, nel tentativo di non farlo preoccupare.

Naturalmente non funzionò – a cosa stai pensando?

Io scossi la testa leggermente, cercando di evitare l'argomento, ma lo sentii sollevarsi, stava passando un braccio intorno a me, aderendo con il petto alla mia schiena.

Quella vicinanza era insieme un privilegio e una tortura – sono solo preoccupato – mormorai alla fine – per te, per Levin

- So che è difficile

- Ti vedo entrare e uscire a tutte le ore – continuai – e ho paura che tu possa non tornare

- Per il momento sta andando bene – mi rassicurò – e mi impegnerò affinchè sia così. Portarti qui non era programmato ma farò in modo che tu sia al sicuro, che nessuno bussi a quella porta

Io scossi la testa – stai sempre a preoccuparti per me, come se non fossimo legati ...- dissi mentre sentivo quel nodo stringersi ancora di più nelle mie viscere – come se io potessi andare avanti, se dovesse accaderti qualcosa ...

I suoi occhi si incupirono, non gli piaceva quel genere di discorso, forse rendersi conto di quanto fossimo dipendenti l'uno dall'altro gli faceva paura, ma era così. Nella mia mente si apriva il vuoto al solo pensiero di perderlo, ero sopravvissuto a troppe persone, ma non sarei mai voluto andare avanti in un mondo in cui persino Alencar non c'era più.

Trattenni il respiro quando sentii le sue labbra poggiarsi sulla mia spalla nuda, stava di nuovo cercando di salvarmi da me stesso, dai miei pensieri dolorosi. Il mio corpo si riempì di brividi mentre lo sentivo scendere lentamente verso la schiena, sentivo la sua lingua umida bagnarmi la pelle.

- Alencar ... - sussurrai senza riuscire a capire cosa volessi.

Doveva fermarsi? Continuare? Non sapevo per cosa avevo usato quel tono supplichevole ma, quando sentii la sua mano spostarsi in avanti, fra le mie gambe, mi lasciai totalmente andare contro il suo petto.

Mi teneva fra le braccia, il mio naso sfregava contro l'incavo del suo collo mentre la sua mano si era mossa ad accarezzare il mio sesso, che aveva risposto prontamente. In pochi secondi mi ritrovai a gemere mentre sentivo il tocco di Alencar sempre più deciso sulla mia erezione.

- Non permetterò a nessuno di separarci – soffiò al mio orecchio.

Avrei voluto replicare ma dalle mie labbra uscivano solo dei gemiti mal trattenuti, i miei fianchi avevano iniziato a muoversi leggermente per andare incontro a quel contatto tanto piacevole.

Venni dopo pochi minuti facendomi sfuggire l'ultimo gemito strozzato poco prima che Alencar catturasse le mie labbra. La mia vista si appannò per qualche istante mentre mi stringevo a lui, quel senso di vuoto allo stomaco non era andato via, ma adesso il mio corpo era invaso da due sensazioni contrastanti: il piacevole intorpidimento e la paura febrile.

- Non devi fare tardi a scuola – mi disse dopo qualche minuto, tornando ad accarezzarmi la schiena e capelli.

Ti amo.

Ormai avevo imparato a tenerlo per me, in qualche modo sentivo che quelle parole causavano ad Alencar un enorme sofferenza. Forse sentirle gli ricordava il fatto di aver coinvolto nel suo mondo una persona importante, che in qualche modo aveva fallito di nuovo. Non credevo che fosse così, ero felice di poter essere lì al suo fianco ma lui ne era rammaricato.

Così mi sollevai senza dire niente, forse riusciva comunque a vedere quelle parole trasparire dai miei occhi, mi diressi in bagno e feci la doccia, poi mi cambiai e presi i libri per la scuola.

- Torno nel pomeriggio - gli comunicai facendo capolino nella camera da letto.

Anche Alencar si era sollevato, stava trafficando con un borsone, ancora con in dosso solo un paio di boxer, indugiai sul suo corpo finchè non arrivò la sua risposta.

- Buona giornata – replicò con tono basso, senza sollevare la testa.

Non c'era alcuna speranza che fosse davvero una buona giornata, ogni volta che lasciavo quella casa, che ci separavamo, l'angoscia che provavo si intensificava sempre di più.

Nel giro di qualche ora mi ritrovai immerso nel vociare dei ragazzi, a camminare per i corridoi, seguire una lezione dopo l'altra. Vidi persino Keno brevemente, ci guardammo e fu lui a salutarmi per primo, non sapevo che genere di rapporti avesse deciso di tenere con me anche se ci eravamo chiariti. Pensai che doveva essere lui a cercarmi, a parlarmi se davvero lo desiderava, c'erano problemi più grandi che sentivo di dover risolvere.

Ed eccolo lì. Incredibilmente dopo parecchi giorni di assenza Levin sfilò lungo il cortile come un fantasma, la morsa che avevo allo stomaco si strinse ancora.

Cosa ti sta succedendo?

Temevo di fargli quella domanda diretta ma il suo aspetto era terribile, qualcosa che non si poteva nascondere in alcun modo. Per un attimo mi parve persino più magro e pallido di sempre, la sua camminata era un po' ciondolante e i suoi occhi sembravano appannati e distanti.

Le mie gambe si mossero prima del mio cervello, lo raggiunsi e lo afferrai per un braccio, lui si voltò e sembrò impiegarci qualche istante prima di capire chi fossi.

- Callum? – sembrava quasi sorpreso di vedermi lì e forse anche io lo ero.

- Ehi Levin, era da un po' che non ti facevi vedere da queste parti – dissi continuando a scrutare quel viso teso – come stai?

L'espressione che mise su fu molto più esplicativa delle cazzate che provò a rifilarmi – va tutto bene, non mi sono sentito molto in forma in questi giorni. Ma sto bene ora

Mi strinsi appena nelle spalle – perché devi raccontarmi stronzate? Guarda che lo so cosa succede, Alencar me lo ha detto ...

La sua espressione divenne ancora più cupa, lo vidi tirare fuori una sigaretta e accenderla con la mano leggermente tremante – Queste non sono questioni da discutere in giro. Non dovresti essere tanto coinvolto

- Sì invece. Perché le persone a cui voglio bene, le uniche che sento davvero vicine a me, stanno nella merda ed è mio diritto sapere che succede – gli ricordai con tono fermo.

Lui scosse la testa – abbiamo tutti una fottuta pistola puntata alla tempia. Forse Alencar è fortunato, magari te ne parla perché ha i mezzi per difenderti, io non posso vantare la stessa fortuna.

Sta crollando, forse lo ha già fatto e stai parlando con il suo fantasma.

- Che vuoi dire? – insistetti.

Lui scosse le spalle come per fingere noncuranza ma i suoi occhi facevano ancora vedere chiaramente quanto soffrisse – non posso coinvolgere nessuno in questa merda. Ho dovuto chiudere con tutto, con ...

Non riuscì a dirlo ma lo feci io – Andrew? Avete chiuso? Ma cosa gli hai detto?

- Che è finita, di non cercarmi perché non mi troverà – rispose aspirando dell'altro fumo – che il mio ex è in città e sto con lui.

- Ma sono solo stronzate! – sbottai incredulo- lui ti piaceva davvero, stavi bene con lui!

Ricordavo con nostalgia quel periodo, quel Levin, sembrava solo un miraggio sbiadito. Fissando la persona che avevo davanti ora non ritrovavo nulla che mi ricordasse quel ragazzo e non riuscivo a credere a quello che avesse spazzato via tutto così.

- Si tratta di scelte, Callum – disse serio – di guardare in faccia la realtà. Io sono quello che sono, questo incubo non sparirà solo perché ho deciso che ne ho abbastanza, io appartengo a questa vita. Non posso tirarmi fuori mentre Kai è dentro.

- Non è vero – replicai ad un Levin che non mi avrebbe ascoltato o creduto – tu sei sempre stato molto più di questo

- L'ultima cosa decente che possa fare è stargli lontano – confessò alla fine – preferisco che creda che sono un viscido stronzo, un tossico che è tornato nella fogna da cui era strisciato fuori. Preferisco che mi odi piuttosto che dover vedere il suo cadavere. Deve restare fuori da questa storia, costi quel che costi.

Quelle parole mi ammutolirono, non era la prima volta che sentivo espressa quel genere di sofferenza, Alencar aveva cercato di allontanarmi per le sue stesse ragioni. Avrebbe forse preferito che io lo odiassi piuttosto che mettermi in pericolo ma alla fine i nostri sentimenti ci avevano riportato l'uno accanto all'altro. Mi augurai che anche per Andrew e Levin fosse così, che in qualche modo non si arrendessero, che ritrovassero il modo per parlarsi e lottare per ciò che avevano costruito.

Nessuno merita questo genere di solitudine.

- Dovrebbe essere una sua scelta – dissi alla fine – dovresti dirgli la verità invece che riempirlo di stronzate, è suo diritto poter scegliere se vuole lasciarti o restare con te nonostante tutto. Non merita di essere raggirato così

- Invece è così che andrà, io affronto le cose a modo mio, Callum – replicò serio e poi passò oltre – e se non sei uno stupido dovresti starne fuori anche tu. Tutti noi in qualche modo meritiamo questo inferno. Non siamo innocenti, non c'è niente di buono in quello che siamo.

Rimasi in silenzio mentre lo osservavo andare via, quelle parole mi avevano spaventato, quello sguardo non lasciava trapelare incertezze. Il Levin che avevo conosciuto si era arreso e aveva lasciato spazio a qualcun altro, alla persona che poteva affrontare quel momento con cinica indifferenze e che in qualche modo riusciva a lasciare indietro le persone.

Come farai a raggiungerlo ora? Come farai a salvarlo?

Aveva spinto via tutti alla fine, persino me, ma non volevo arrendermi. Come non avrei lasciato Alencar annegare da solo, lo stesso avrei fatto per Levin, meritavano molto più che una morte prematura. Meritavano una seconda occasione che il mondo sembrava non volergli concedere e che non avevano più la forza di lottare per ottenere, dovevo farlo io per loro in qualche modo.

ALENCAR

In quella stanza affollata la tensione era palpabile, tutti cercavano di apparire calmi e rilassati quando non era palesemente così.

- Avete rintracciato il carico? – il tono di Kurt era cupo e passava in rassegna dei suoi uomini con sguardo rabbioso.

Altro silenzio, mentre i boss radunati a quel tavolo si lanciavano occhiate cariche di tensione, non era un buon segno.

- Non ancora – disse alla fine un temerario – stiamo setacciando la zona. Se qualcuno prova a rivederla è fottuto, li troveremo

- Abbiamo interrogato i fratelli Suarez – continuò un altro facendosi coraggio – sono ancora in ospedale. Ci hanno detto che si trattava di un gruppo di ragazzi, erano a volto coperto e li hanno assaliti all'improvviso. Pensiamo che possa trattarsi di un caso isolato

- Sì – tornò a parlare il primo – nessuno metterebbe in discussione il tuo giro, Kurt. Sarà stata qualche testa calda o qualche stupido conto aperto con i Suarez. Ritroveremo la droga e ci lasceremo questa faccenda alle spalle

Facile a dirsi, pensai, mentre osservavo gli occhi scuri di Kurt assottigliarsi nel sentire quelle parole. Erano anni che non succedevano eventi del genere, non aveva perso un singolo carico da quando era diventato il boss dei boss e questa, anche se solo una piccola bravata, doveva rodergli parecchio.

- Ritroverete quella roba o la ripagherete di tasca vostra – ringhiò alla fine sollevandosi dal tavolo e lasciando la stanza.

La riunione era finita ed io lanciai una leggera occhiata a Tian, sorprendendomi di avercela davvero fatta. In qualche modo la nostra prima rivolta era andata bene e quella notte avevamo pronto il nostro nuovo piano. Purtroppo per Kurt e i suoi soci, non si sarebbe trattato di un caso isolato, niente scaramucce da lasciarsi alle spalle.

- Dovremo stare ancora più attenti – disse Tian montando in auto – le paranoie e l'aggressività di Kurt entreranno in scena in fretta.

Io lasciai il parcheggio del covo e presi la strada che portava al nostro nuovo quartier generale – è quello su cui contiamo, Tian. Noi dobbiamo accendere la miccia, ma lui dovrà far dilagare l'incendio, il nostro piano non funzionerebbe se Kurt non fosse tanto pazzo

- Spero vivamente che non sospetti mai di noi – osservò cupo – sai cosa ci farebbe e non solo a noi cinque ...

Io annuì in silenzio mentre procedevo lungo la strada, che si faceva sempre più squallida e fatiscente, il mio pensiero andò subito a Callum. Ormai stava diventando tutto ciò di cui mi importava, la sua sicurezza mi faceva pensare mille volte ad ogni gesto che compivo, anche il più insignificante.

- Sarebbe bello, però – Tian tornò a parlare con un tono nostalgico che non gli avevo mai sentito – se potessimo farcela davvero. Mi piacerebbe poter mostrare ad Arek il mondo, quello vero, quello che le altre persone si godono

Non è tempo di sognare ad occhi aperti.

- Stasera faremo un altro passo verso quella possibilità, speriamo di essere fortunati – replicai stringendo le mani più saldamente sul volante.

Accostai l'auto al vecchio casolare e smontammo rapidamente, diedi un'occhiata intorno a me prima di intrufolarmi nell'ingresso insieme a Tian.

I nostri giovani collaboratori erano lì, puntuali e pronti per la nostra nuova missione. Avevamo stabilito di lasciare lì il carico rubato e invendibile ma non riuscii a fare a meno di notare che non era rimasto integro. Qualcuno ci aveva dato dentro, con più di un articolo e questo mi provocò un leggero nervosismo. Li fissai tutti in faccia e ovviamente poteva essere stato chiunque di loro, persino Levin aveva la faccia da tossico bisognoso ma decisi di puntare più sui suoi compari.

- Non avete fatto complimenti – esordii facendogli notare alcuni pacchi aperti e la polvere bianca sul tavolino sporco.

- Farla ammuffire in quei pacchetti è quasi un delitto – rise Kai.

Io scossi la testa – sarò molto chiaro con voi, sto rischiando tutto. Se qualcosa va storto perché qualcuno è troppo fatto per seguire il piano e commette qualche errore, ne risponderà a me

- E' una minaccia? – fu Yael a parlare con un tono serio e curioso, i suoi occhi luccicanti mi stavano studiando.

- Decisamente, se uno di voi si fa beccare lo ammazzo con le mie mani – chiarii – può anche esserci una montagna di roba in questa casa, se ci sono attacchi progettati non la toccherete. Vi voglio lucidi

- E chi ha deciso che sei tu il capo? Credevo che questa fosse una democrazia – continuò con lo stesso tono provocatorio.

- La democrazia non esiste quando ci sono di mezzo i tossici – replicai.

A quel punto rise, senza che ci fosse un reale motivo per farlo, sembrò in qualche modo divertito dalla mia espressione incazzata.

- Che dobbiamo fare stasera? – era stato Levin a prendere la parola adesso, sembrava più nervoso della volta precedente.

- Attaccheremo un altro giro di spaccio – spiegò Tian – quello degli irlandesi, loro sono un gradino sopra il nostro precedente obbiettivo

- E Kurt? Che cosa ha fatto il bastardo? – chiese Kai.

- Oggi alla riunione ha preteso che la sua merce venga trovata, gli altri boss pensano sia un caso isolato ma presto sapranno che non è così – spiegai – faremo un altro attacco dopo questo e al quarto useremo il nostro amico Miles per mandare un messaggio, per sfidare Kurt apertamente.

- Prendete le armi, ricordate le regole e attenetevi al piano – disse Tian alla fine.

Sembrava che Yael ci avesse preso particolarmente gusto a fare da esca perché si era già proposto per quel ruolo anche nella nostra seconda missione.

Salimmo sul furgoncino e procedemmo lentamente verso la zona degli irlandesi, vicino la spiaggia. Non avevamo sentito di un aumento della sicurezza e infatti gli uomini che perlustravano la zona erano sempre gli stessi, nessuno si sentiva ancora realmente minacciato.

Ci dividemmo questa volta, ognuno aveva il suo uomo da stendere ed io mi diressi verso quello che stava sulla destra. Aveva portato lo sguardo verso Yael che, coperto dal cappuccio della felpa, si avvicinava allo spacciatore con aria interessata.

Mentre mi voltava le spalle lo assalii, con un colpo secco alla schiena lo feci cadere e non gli diedi il tempo di prendere la sua arma, gli rifilai subito un calcio in piano viso. L'uomo crollò a terra coprendosi il volto e mugolando di dolore, ma io non mi fermai. Continuai a colpirlo con una serie di calci ben assestati, poi mi inginocchiai, scostai le sue braccia e tornai a colpirlo al volto con il pugno ben chiuso. Continuai a cozzare con le nocche sulla sua pelle tumefatta finchè non lo vidi perdere i sensi, poi mi fermai e constatai che ormai era privo di conoscenza.

Fu in quel momento che mi voltai verso gli altri, per accertarmi che anche loro avessero portato a termine il compito. Sia Tian che i fratelli Eickam sembravano aver messo al tappeto le guardie, mi mossi in avanti, pronto ad unirmi al resto del gruppo quando sentii qualcosa alle mie spalle.

Non pensai, estrassi d'istinto il coltello che tenevo alla cintura e, ruotando, lo conficcai dentro lo stomaco di un altro uomo mentre lui tentava di assalirmi. Affondai la lama nella carne, rigirandola leggermente, lo sentii fremere mentre un lamento sordo gli sfuggiva di bocca, poi si accascio ed una pozza di sangue aveva cominciato ad allargarsi dal suo corpo lungo il marciapiede.

Notai che Kai mi stava fissando, con gli occhi leggermente sbarrati e fissi sulla mia lama, mi chiesi se stesse pensando a che tipo di coltello fosse, se si trattasse dello stesso che aveva ucciso il suo amico. Se lo stava pensando aveva ragione.

Tian e gli altri mi vennero vicino, constatando quanto successo.

- Meglio filare – disse Tian in un sussurro con lo sguardo ancora fisso sul cadavere.

A quel punto tutti i nostri sguardi andarono alla ricerca di Yael, per incitarlo ad andare via e lo trovammo ancora alle prese con lo spacciatore. Se ne stava a cavalcioni sopra il suo petto, agitandogli davanti il coltello, lo aveva pestato per bene ma l'uomo sembrava ancora cosciente.

- Ma che diavolo fai? – chiese Kai con impazienza togliendomi le parole di bocca – muoviti.

Quello fece segno di aspettare un minuto, con un gesto solenne mise in bella mostra il coltello e parlò all'uomo sotto di sé.

- Van Gogh o Picasso?

Quella domanda rimase lì, in sospeso, circondata dalla perplessità generale, persino lo spacciatore era interdetto.

- C-come? – l'uomo era terrorizzato quanto confuso.

- Ho sempre apprezzato l'arte, soprattutto quando è fatta bene. Allora? Chi scegli? – insistette Yael con una calma che avrebbe fatto tremare chiunque.

- Van ... Gogh – rispose a stento l'altro confuso e stordito dal dolore.

Yael fece un enorme sorriso soddisfatto – Ah, il solitario e ribelle Van Gogh! Sempre alla ricerca di colori contrastanti! Mio caro, hai fatto proprio un'ottima scelta - esclamò soddisfatto.

Poi impugnò meglio il coltello e, con una precisione chirurgica, affondò la lama fra l'orecchio e la testa dell'uomo, tranciandoglielo di netto. L'urlo fu spaventoso, il povero bastardo si pisciò persino addosso prima di svenire in preda di piccoli spasmi.

Nessuno di noi era certo di aver visto davvero quello che aveva visto, non con la naturalezza che sembrava mostrare Yael nel mettersi in piedi, come se nulla fosse accaduto. Intascò la roba che lo spacciatore aveva addosso, si pulì le mani sui jeans e posò il coltello.

- Fortuna che non ha ripiegato su Picasso – commentò poi con un bagliore negli occhi – ci sarebbe voluto parecchio per quel genere di opera.

Nessuno di noi ebbe la forza di aggiungere altro a quel punto, ci eravamo dilungati fin troppo in quel vicolo e dovevamo sparire in fretta, così tornammo al furgone ed io guidai fino al covo. Avevamo messo a segno un altro colpo, spinto ancora più a fondo la nostra vendetta, presto Kurt avrebbe cominciato a guardare con attenzione intorno a sé.

Quella notte avevo imparato qualcos'altro su quel tipo misterioso di nome Yael, qualcosa che sospettavo quando lo guardavo negli occhi ma che era troppo raro vedere per credere che fosse reale. Molta della gente che conoscevo era spietata, ma erano la droga e l'eccitazione ad aggiungere quella follia in più che li rendeva celebri. Nel bagliore sinistro che emanavano gli occhi di Yael avevo visto la stessa pericolosità ma nel suo caso la droga c'entrava ben poco. Quella sera capii che il suo era un talento naturale.

Fermai il furgone a destinazione e smontammo tutti rapidamente, portammo il carico nella casa e lo depositammo insieme al resto.

- Vi avviso quando organizzeremo la prossima missione – li informai – sicuramente quella di stasera avrà una certa risonanza.

- Cercate di mantenere un basso profilo – aggiunse Tian e poi gli dedicò un'occhiata preoccupata – e non andate in overdose

Kai rise sollevando il pollice – ricevuto

- Siete meglio di quanto mi aspettassi, ma ricordatevi che non possiamo rilassarci troppo – gli dissi e poi voltai le spalle – alla prossima.

Era molto tardi quando aprii la porta del mio appartamento, cercai di fare piano ma mi accorsi che Callum era sul divano, sembrava addormentato così sfilai senza fare rumore. Non volevo che mi vedesse con i vestiti ancora sporchi di sangue, entrai in bagno e aprii l'acqua della doccia, mi spogliai ed entrai sotto il getto bollente.

Per un momento rimasi a fissare l'acqua tingersi di rosso, quelle striature formarono un vortice quasi ipnotico, poi sentii la porta del bagno aprirsi e, dopo pochi secondi, Callum aveva aperto il box.

Era nudo anche lui e si infilò sotto l'acqua senza dire una parola, c'erano ancora tracce di sangue nell'acqua e i miei vestiti sporchi non dovevano essere passati inosservati. Mi si strinse lo stomaco pensando che lui li aveva visti, che la sua pelle stava sfiorando il sangue di qualcuno che probabilmente era morto.

- Callum – mormorai turbato da quei pensieri – che fai qui dentro? Esci, non è il caso che tu ...

Non potei continuare, lui sollevò un dito poggiandolo sulle mie labbra per zittirmi, poi passò le mani lungo il mio viso e mi accarezzò piano. Fu qualcosa di incredibilmente dolce e delicato, qualcosa che non credevo nemmeno di meritare, un gesto pieno d'amore.

Il calore rendeva il suo viso leggermente sfocato e il caldo aveva fatto prendere colore alle sue guance, le labbra erano umide e lo sguardo languido. Avvicinò il mio volto al suo a quel punto e unì le nostre labbra in un bacio lento e intenso, mi sentii completamente sopraffatto.

Sembravamo rinchiusi in una bolla lontano dal mondo, riuscivo solo a sentire il suo profumo, il suo sapore e quel calore diffuso. Smisi di pensare, mi lasciai totalmente dominare da quel bacio e da quelle sensazioni, strinsi ancora di più a me il suo corpo, passando un braccio introno alla sua vita.

L'unica cosa che riuscivo a pensare era che mi sarebbe piaciuto scivolare sotto la sua pelle, fondermi totalmente con quel corpo.

AIDEN

- Quindi ce l'hai un ragazzo?

Ero rilassato all'inverosimile. Il locale in cui io e Paige stavamo finendo di bere le nostre birre era quasi deserto. Avevo notato che da seduto nessuno sembrava far caso al mio problema, inoltre mi sentivo particolarmente allegro quella sera, i due boccali di birra vuoti dovevano aver fatto il lavoro più duro.

- Ehm, no – Paige era tesa sul tavolo, l'espressione furba che apparve sul suo viso fin troppo arrossato la diceva lunga.

- Però? – la incitai, ridendo appena.

- Come fai a sapere che c'è un però?

- C'è sempre un però. Andiamo! Non vorrai dirmi che non c'è proprio nessuno nessuno ...

Avevo indovinato, riuscivo a leggerglielo sul viso. Ormai eravamo abbastanza in confidenza da potermi permettere quel tipo di domande, così le diedi una gomita che per poco non le fece versare la birra sul tavolo

- E va bene! Qualcuno c'è, ok? – Paige sollevò gli occhi al cielo, aveva un'espressione sognante impressa sul volto adesso – ma è un'amore impossibile, quindi non ha senso neanche parlarne.

- Lascia che sia io a giudicarlo. Allora? – mi misi più comodo sulla sedia e mi protesi verso di lei – non fare la timida e dimmi chi è.

- E' più grande di me, è il migliore amico di mio fratello e fa il praticante avvocato come lui ... credimi, è troppo per me. Off limits.

- Cosa? Come fai a dirlo? Gli hai mai chiesto di uscire?

Paige aveva fatto un piccolo balzo sulla sedia, come se le mie parole avessero avuto il potere di scottarla

- No! Insomma, è carino e gentile, ma credo che sia dovuto al fatto che frequenta casa nostra da anni e che sono un po' la sorellina minore di tutti gli amici di mio fratello. E poi ... beh, dopo il mio incidente sono tutti carini e gentili. Non riuscirei mai a distinguere quelli che provano un reale interesse per me da quelli che sono semplicemente dispiaciuti per la mia sorte.

A quel punto mi sentii punto sul vivo, ero abbastanza sicuro di conoscere quella sensazione di incertezza. Forse Paige lesse qualcosa sul mio viso, perché la vidi rabbuiarsi

- Vedi? Capisci cosa voglio dire. E' successo anche a te?

Tentennai appena – Già. Con il mio ex che a quanto pare non era interessato. In un raptus di pazzia ho provato a baciarlo ed è stato ... è stato imbarazzante.

A dir poco imbarazzante. Cercai di mandare via quel calore terribile che mi risaliva il corpo, era una vergogna cocente che non poteva andare via con un semplice chiarimento, nonostante Andrew si fosse dimostrato comprensivo al cento per cento.

- Beh, è questo il punto. Sono troppo insicura per fare il primo passo ... magari lo facesse lui per me. La cosa assurda è che quelli come noi dovrebbero buttarsi e fottersene. Insomma, siamo stati ad un passo dalla morte ... non dovremmo temere uno stupido rifiuto.

- E' facile solo a dirsi. Personalmente non sono mai stato così dannatamente insicuro in vita mia – quella rivelazione sconvolse anche me. Avevo appena tirato fuori un pensiero che non sapevo neanche di pensare ed era stato parecchio strano.

- Per via del tuo ex o di qualche ragazzo nuovo? – stavolta fu il suo turno di ammiccare. La vidi protendersi ancora un po' verso di me, prima di abbassare la voce e assumere un tono malizioso – bello, capelli biondissimi e lisci, grandi occhi grigi ... leggermente sulle sue e un po' scostante, ma che sembra tenere parecchio a te.

Ero confuso – Conosci Levin?

- Levin? Chi è Levin? Stavo parlando di Keno!

La confusione non passò per niente, anzi mi ritrovai ancora più perso – Keno? Keno cosa? E poi i suoi occhi sono azzurri.

Vidi Paige scuotere la testa, anche lei era perplessa

- Oh, cavolo. Credo di aver frainteso tutto ... ero certa che voi due ... - era in difficoltà, si lasciò andare ad una risatina nervosa - beh, lo hai definito un tuo amico, però credevo che stessi soltanto cercando di non essere troppo diretto con una perfetta sconosciuta come me. Tutte le volte che l'ho visto in ospedale e poi anche l'altra sera ... insomma, sembrava molto protettivo nei tuoi confronti e così ho pensato che fosse qualcosa di più di un semplice amico. Mea culpa.

Quella era nuova e anche divertente. Mi ritrovai a ridere appena – Io e Keno? Siamo solo amici, anche se lo siamo da una vita ormai o almeno da quando avevamo circa sei anni. Beh, non è così assurdo sbagliarsi. Lui dopo l'incidente è molto più protettivo nei miei confronti, è come se avesse paura di lasciarmi da solo.

Non era solo quello, c'era un'altra lunga serie di cose che Keno aveva fatto per me in quell'ultimo periodo. Aveva azzerato la sua vita, il mio coma lo aveva costretto a ridurre all'osso tutto ciò che lo aveva fatto stare bene. Lo studio, le feste, i piani gloriosi per il college ... il futuro per cui aveva lavorato tanto era andato in fumo. E poi c'era stata quella richiesta strana di due notti prima. Per quale motivo uno come Keno doveva seguire me ovunque mia madre avesse deciso di portarmi? Cosa significava tutto quello? Dovevo essermi perso un pezzo importante della sua vita. Che avesse a che fare con il pestaggio? Forse aveva fatto incazzare qualcuno? Ma Keno non era mai stato facilmente impressionabile, anzi ... sapeva come tenere testa praticamente a chiunque.

- Allora il tuo ex?

La voce di Paige mi risvegliò, mi ritrovai a puntare il mio sguardo sulla mia amica e per un attimo metterla a fuoco mi sembrò complicato. Non bevevo da un bel po' di mesi ormai e l'effetto della birra iniziava a farsi sentire.

- Era Andrew il mio ex, l'altro tipo che hai conosciuto durante le sedute.

- Oh! Anche lui è gay? Cavolo, Aiden, perché non lasci qualche bel ragazzo alla povera Paige? Guardami, sono disperata.

Risi forte – E come vorresti prendertelo se non hai neanche il coraggio di fare la prima mossa? Sentiamo ...

Era solo una battuta stupida, ma Paige mi sembrò affranta. Forse era solo l'effetto della birra, forse la cotta per l'amico del fratello era più grossa di quanto avesse ammesso in un primo momento. Si portò le mani intorno al viso accaldato e scosse la testa, sconsolata.

- Io non lo so ... lo vedo quasi ogni giorno ormai, le opportunità ci sarebbero, ma la verità è che non ho un ragazzo da talmente tanto tempo che adesso vado nel panico soltanto all'idea di baciarlo. Non sono certa di riuscirci o di non fare schifo

- Cosa? No! Non sono cose che dimentichi quelle – non volevo ridere, anzi cercai di mettere su la mia migliore espressione amichevole – senti, andrà bene. A volte pensare troppo è controproduttivo e tu ti stai agitando troppo.

- No, non credo che andrà bene. L'incidente mi ha distrutto la vita, Aiden. E' da due anni che passo la mia esistenza tra sedute, cliniche e sale operatorie ... non ho davvero più l'idea di cosa significhi rapportarsi ad un ragazzo che mi piace così tanto. Sono nel panico più totale.

- Fai pratica con me

Lo dissi senza rifletterci, senza la benché minima malizia. L'avevo detto e basta e adesso mi stavo beccando l'occhiata più perplessa di cui Paige era capace.

- C-cosa?

- Pomiciamo. Non fraintedere, voglio solo aiutarti ... così starai più tranquilla per quando ti deciderai. Una pomiciata senza impegni – mi proposi con il mio migliore sorriso stampato sulle labbra.

- Ma ... non sarebbe strano? – Paige era ancora sconvolta, la vidi ridere appena, forse l'idea le sembrava anche divertente a quel punto – cavolo, è proprio una mossa da disperati. E poi ti farebbe schifo

- No, ho baciato delle ragazze e non mi fa schifo. Devi stare tranquilla, davvero ... - ero serio a quel punto. Paige aveva fatto per me molto più di quello che io avevo fatto per lei. La sua presenza mi aveva fatto sentire meno solo dopo l'incidente, avevo finalmente qualcuno che capiva alla perfezione cosa significasse provare a riprendersi la propria vita dopo un evento così spaventoso. Aveva condiviso le mie stesse esperienze, aveva sperimentato la terribile fatica della fisioterapia, la paura che niente sarebbe tornato come prima, la delusione di non vedere risultati immediati ... volevo solo aiutarla.

- Non è chiedere troppo? – era ancora tentennante.

- Non lo stai chiedendo, sono stato io a propormi, quindi niente scrupoli. Solo un bacio per venire fuori dall'impasse. O ti faccio così schifo?

Paige rise, imbarazzata – No, tu sei davvero carino. Beh, sai che ti dico? Anche se non dovessi risolvere il mio problema, potrei sempre vantarmi in giro di aver baciato un modello. Forza, fa quello che devi.

Mi ritrovai a ridere piano mentre mi allungavo lentamente verso di lei. Le bloccai il mento con le mani e bastò quel semplice gesto per farle trattenere istintivamente il respiro. Si era irrigidita appena e fu soltanto quando le sussurrai di stare tranquilla che abbozzò un nuovo sorrisetto. La baciai piano, facendo entrare in contatto le nostre labbra un paio di volte in dei piccoli baci quasi casti. Lentamente la sentii sciogliersi, farsi ogni istante un po' più sicura, fino a quando non si decise a schiudere le labbra per entrare in contatto totalmente con me. Feci danzare la mia lingua con la sua in un bacio piacevole, ma non proprio eccitante. Era come baciare la propria migliore amica ad un compleanno di quattordicenni, durante il gioco della bottiglia. Alla fine la lasciai andare e tornai ad appoggiare le spalle contro la panca di legno del pub.

Sorrisi nel constatare che mi sembrava molto a suo agio – E' andata bene, hai visto? Ricordi ancora come si bacia, adesso ne hai la prova, quindi niente più scuse per non essere più diretta con lui. E voglio sapere i dettagli dopo ... tutti.

Paige si coprì il viso con le mani mentre si lasciava andare ad un risolino euforico – E va bene! Giuro solennemente che sarò più coraggiosa di così e che mi darò da fare per ottenere ciò che voglio.

Stavo per ribattere qualcosa quando mi resi conto della presenza di qualcuno oltre le spalle di Paige. Keno era già venuto a prelevarmi e, a giudicare dall'espressione spaventosa sul suo viso, doveva avere appena litigato con qualcuno, probabilmente con i suoi genitori, visto che le liti erano all'ordine del giorno,

- Ehi, hai fatto presto. Non ti aspettavo prima di mezz'ora - lo salutai, allungando la poca birra che mi era rimasta verso di lui – te ne fai una con noi?

Lui scosse la testa – Devo guidare, no? Non posso bere. Ma se preferisci restare, vado a farmi un giro.

Il suo tono era parecchio strano, qualsiasi cosa fosse successa capii che non era il caso di tirare la corda ulteriormente. Era già tanto che fosse venuto lì a prendermi dopo che Andrew mi aveva accompagnato.

- No, cioè ... diamo uno strappo a casa a Paige e andiamo.

- Oh no, non disturbarti. Mio padre sta arrivando ... sai, dopo l'incidente è iperprotettivo, preferisce venire a prendermi – Paige si sollevò in piedi e a quel punto anch'io mi feci strada verso il bancone per pagare. La sedia era scomoda, ma purtroppo stavo iniziando a farci l'abitudine.

Sperai di non averne ancora per molto, alle sedute facevo una fatica pazzesca per reggermi in piedi sulle due barre. Eppure ce la facevo quasi sempre, tanto che stavo iniziando a provarci anche a casa con degli attrezzi di fortuna.

- Allora ci vediamo in ospedale. A domani, Aiden. – si avvicinò a me per posarmi un bacio sulla guancia, poi abbassò la voce – e grazie per tutto.

- E' stato un piacere poterla aiutare, signorina!

La guardai andare via con una punta di soddisfazione nel petto. Se davvero fossi riuscito nel mio intento di farla sentire un po'più sicura di sé, potevo già sentirmi abbastanza fortunato. Mi arrampicai sul sedile dell'auto quasi di buonumore, era da un bel po' di tempo che non mi sentivo tanto leggero. La birra faceva miracoli!

- Metti un po' di musica?

Keno avevo messo in moto e fatto come gli avevo detto, ma senza aprire bocca. Lo guardai in modo talmente diretto che avrebbe sentito prestissimo il peso del mio sguardo su di lui, ma non si voltò, né provò a fare conversazione.

- Tutto bene, Keno? Non è che i tuoi ti hanno fatto dei problemi per aver preso l'auto così tardi? – mi venne anche quello scrupolo, non volevo essere motivo di nuove liti.

- Loro sono a posto.

- Ah, meglio così. Andrew è uscito e non so quando rientra, quindi non potevo chiedere a lui. Spero che non sia stato un problema ... - dissi con cautela, sempre più perplesso di fronte a quel Keno che stentavo a riconoscere.

Solitamente era parecchio bravo a sputare fuori i suoi pensieri, anche quelli meno carini da dire, non si era mai posto troppi scrupoli quando c'era da dire la sua. Eppure quella sera sembrava completamente perso in un mondo tutto suo e che, a giudicare dalla sua faccia, doveva anche far schifo. Stavo per aggiungere qualcosa, quando improvvisamente parlò

- Prima ti ho visto con Paige. Sei tornato a fartela con le ragazze?

Il tono era stato tagliente, così come l'occhiata veloce che mi aveva lanciato.

- Cosa? Ah, ci hai beccati mentre ci baciavamo? – a quel punto risi, da fuori poteva sembrare strano in effetti.

- Comunque era un tentativo disperato di darle una mano per una situazione – stavo cercando di spiegarmi meglio, ma Keno intervenne senza darmi il tempo.

- Quindi adesso baci gli amici? Che cazzo vorrebbe dire? Non ne capisco il senso.

Ero allibito – Perché mi stai parlando con questo tono? Non ho mica ammazzato nessuno. Paige era nel panico perché vorrebbe farsi avanti con un ragazzo che le piace, ma pensava di essere troppo inesperta.

- E quindi te la limoni. Ottimo, Aiden – Keno si lasciò andare ad una risata glaciale. Lo vidi scuotere la testa in un gesto di pura incredulità, ma quello incredulo lì ero io.

- Ma certo, ti sta sul cazzo anche lei. Dovevo aspettarmelo. Non sia mai che Aiden riesca a farsi un amico che piace anche a Keno! Cristo, non l'hai neanche salutata stasera ... se hai le palle girate per fatti tuoi perché devi scontartela con me?

Keno frenò con rabbia. Per un attimo pensai che mi avrebbe preso a pugni. In realtà era appena scattato il rosso al semaforo.

- Non capisci un cazzo, Aiden. – la sua voce quasi tremò.

- Grazie. Altro da aggiungere?

- Apri gli occhi.

- Ok, farò tesoro del tuo consiglio. Altro? – lo presi per il culo, adesso con i nervi a fior di pelle.

Keno non avrebbe più risposto, lo capii da come si era voltato definitivamente verso il finestrino. Così il resto del viaggio fu nel più totale silenzio, eccetto per la musica casuale passata dalla radio.

Quando arrivammo fu quasi sollevato, mi spinsi sulla sedia a rotelle e salimmo in ascensore. Potevo percepire un nervosismo talmente palese in Keno che ignorarlo sarebbe stata un'ammissione di menefreghismo estremo.

- Keno?

- Mmh?

Lo guardai negli occhi mentre gli ponevo quella domanda

- Ho sbagliato in qualcosa?

Le mie parole lo colsero di sorpresa, vidi il suo viso mutare, quella fredda disperazione aveva lasciato il posto al dolore vero, senza schermi.

- Sono io quello che ha sbagliato tutto. Tu non hai fatto niente ... tu sei perfetto – e il suo tono era amaro, come lo sguardo colpevole che fuggì subito dal mio.

Perfetto? Il mio respiro si era fatto più incerto nel sentire quelle parole. Keno aveva perso la testa? O ero io quello che aveva appena notato delle strane sfumature in un messaggio che invece era perfettamente lineare? Avevo capito bene? Perché da un po' di tempo sembrava era così strano con me? Perché non riusciva a sostenere il mio sguardo come aveva sempre fatto?

Eravamo arrivati al nostro piano. Scendere dall'ascensore non servì a schiarirmi le idee. Keno aprì la porta ed io gli andai dietro. Accese l'abat-jour del salatto mentre io cercavo di liberarmi dal mio cappotto.

- Hai bisogno di qualcosa o posso andare?

Perché voleva scappare? Che cosa diavolo era quell'imbarazzo che sentivo intorno a noi?

- Mi metto in piedi, voglio fare un po' di esercizio prima di andare a letto. Tu puoi andare

Lo vidi tentennare – E' tardi ... non sei stanco? Se cadi?

- Dammi una mano soltanto per appoggiarmi al bancone, poi puoi andare – gli concessi.

Fece come gli avevo chiesto, mi aggrappai a lui con forza, le gambe tremavano sempre all'inizio, quindi avevo bisogno di un sostegno prima di potermi appoggiare semplicemente ad una superficie. Sentii Keno irrigidirsi a contatto con il mio corpo. Aveva il viso in penombra, la sua fatica di non mostrare niente di speciale era talmente evidente da creare l'effetto esattamente opposto. Sapevo che stava recitando una parte e forse, una minuscola zona del mio cervello, stava iniziando a fare dei pensieri pericolosi, probabilmente perfino fuorvianti.

- Keno? – avevo emesso un sussurro quasi strozzato, non riuscivo a parlare.

Lui rabbrividì, adesso i suoi occhi erano posati sul mio viso. Ero stato io ad avvicinarmi tanto?

- Dimmi – aveva parlato a fatica, il suo fiato caldo si era infranto sulla mia pelle e l'effetto era stato strano. Da quando in qua il mio stomaco si torceva in quel modo con lui?

Dovevo parlare. Trovare la forza di chiederglielo e basta, ma non riuscivo a farlo. Stavo impazzendo? Ero confuso e allo stesso tempo sapevo cosa fare. Era il mio corpo a volerlo.

Lo spinsi verso di me e lo baciai. Lo colsi di sorpresa, fui io a infilare la mia lingua nella sua bocca calda in un bacio che mi risvegliò del tutto. Mi ritrassi appena, ma Keno non mi permise di staccarmi da lui, lo sentii gemere piano mentre rispondeva al mio bacio con un desiderio spaventoso. Troppo grande. Troppo traboccante.

Cosa stavo facendo? Qualcosa scattò in me e soltanto a quel punto mi allontanai dal suo viso e mi voltai indietro. Avevo il respiro mozzo e stavo tremando. Mi passai una mano sulle labbra bagnate. Ero nel panico più totale. Non volevo conoscere le conseguenze di quello che avevo appena fatto e soprattutto non potevo affrontare Keno in quelle condizioni.

- Aiden?

Non volevo guardarlo, non potevo guardarlo, così non mi voltai.

- Sono fuori di testa. Non so che cazzo mi è preso, Keno ... - la mia voce tremò, sentivo il cuore in gola – non volevo farlo, è meglio se te ne vai adesso. Per favore.

Non volevo mettermi ad urlare, ma ero sul punto di farlo. Pregai che non insistesse, che andasse via e basta. Avevo baciato Keno. Come avevo potuto? Perché lo avevo fatto?

Il silenzio era durato per quelli che mi parvero secoli, alla fine lo aveva sentito muoversi dietro di me. Non aveva detto nulla, si era limitato a lasciare l'appartamento.

ANGOLO AUTRICI:

Buongiornoooo, non solo i piani per la sconfitta di Kurt sono le cose sconvolgenti di questo capitolo XD Sicuramente ci sono mosse azzardate su più fronti, qualcuno ha la più pallida idea di cosa stia succedendo? Non vediamo l'ora di sapere cosa ne pensate! Un Bacio

BLACKSTEEL

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