47. Fuel to fire
47. FUEL TO FIRE
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, Sant'Agostino
"Errare è umano, perseverare è diabolico"
AIDEN
Cercavo di stare al passo con la conversazione, sorridevo quando sentivo che c'era bisogno di farlo, di tanto in tanto prendevo la parola nel tentativo estremo di apparire quanto più simile potevo alla persona che Shannon e James conoscevano da sempre. Si parlava di me, della scuola che mi supportava in pieno e dell'anno che avrei passato nonostante stessi perdendo interi mesi di lezioni. Ero il ragazzo miracolosamente sopravvissuto ad un incidente terribile, il paralitico che aveva problemi perfino a scrivere il proprio nome su un foglio ... che cosa ci si poteva aspettare da me? Respirare era più che sufficiente per garantirmi l'ammissione al prossimo anno di scuola.
Quel pensiero mi mozzò il respiro ancora una volta, ispirare pietà nel prossimo era la cosa che mi riusciva meglio. Lasciai cadere lo sguardo sugli appunti e le registrazioni che Shannon e James mi avevano portato.
"Per quando sarai pronto a tornare", avevano detto. Non potevano immaginare che non avevo alcuna intenzione di aggirarmi per i corridoi della scuola su una dannata sedia a rotelle, a farmi trascinare tra un'aula e l'altra da uno di loro due. No, nessun'altro avrebbe dovuto vedermi in quelle condizioni, preferivo stare male da solo, lontano dal biasimo della gente.
- I tuoi professori sono stati gentili. Dopo tutto quello che ci è capitato so che perdere un anno non sarebbe stata una tragedia, ma è comunque meglio se rimani con i tuoi amici, no?
Non risposi, mi limitai a spingere verso di me la tazza fumante che mia madre mi aveva passato. Di quali amici parlava esattamente, mi chiesi? Di quelli che mi avevano mentito spudoratamente? O forse si riferiva a chi mi reputava un essere patetico e senza spina dorsale.
- Che cosa ne sarà di noi? – dissi invece. Il mio tono era talmente freddo e distaccato che mia madre si bloccò sul posto, sorpresa da quella domanda così improvvisa e lapidaria.
- Cosa vuoi dire, tesoro?
- Voglio dire che dovremmo andarcene da qui. Era già nei piani da prima dell'incidente, no? Brooklyn è troppo cara e non possiamo approfittare dell'ospitalità di Andrew per tutta la vita.
Mia madre era più confusa che mai quando venne a sedere accanto a me, i suoi occhi scandagliavano i miei in cerca di qualcosa.
- Credevo che non volessi partire. Abbiamo anche litigato a causa del trasferimento ... e in fin dei conti avevi ragione. La tua vita è qui, i tuoi amici, la scuola. Non navighiamo nell'oro, ma presto otterremo il risarcimento per i danni che hai subito e con quel denaro potrai avere un futuro in questa città, nel frattempo possiamo stringere la cinghia ancora un po'.
- Non importa. Dovresti iniziare a guardarti intorno, non vale la pena rimanere qui. Ho cambiato idea – dissi senza alcun tentennamento.
Il silenzio calò tra noi due in fretta, il viso di mia madre era corrucciato e meditabondo mentre soppesava le mie parole.
- Che cosa c'è di male nell'iniziare da un'altra parte? Che cosa ci ha dato Brooklyn?
Non riuscivo a trovare una sola motivazione sensata per rimanere ancora lì. Sarebbe stato più sopportabile essere storpio in un altro luogo, davanti a dei perfetti estranei che non avevano mai avuto la possibilità di conoscere e poi compatire il povero Aiden che sin da bambino amava arrampicarsi, correre e sfrecciare sul suo skate, mentre adesso, alla terribile soglia dei diciannove anni, era costretto su una sedia a rotelle.
- Ci penseremo, ok? Nel frattempo ti metterai in forze e seguirai le tue sedute. Dopo si vedrà, faremo quello che preferirai, anche se non riesco a capire perché vuoi allontanarti da qui. Guarda cos'hanno fatto per te i tuoi amici, ci hanno aiutati e supportati in ogni modo ... sono stati un'ancora di salvezza.
Quelle parole bastarono per farmi venire voglia di tornare in stanza, lontano da mia madre e dalla sua visione distorta della realtà. Non aveva senso ribattere o prendermela con lei, sapevo come dovevano apparire Keno ed Andrew visti da fuori, era semplice credere che stessero agendo spinti soltanto dal loro affetto per me. Ma c'erano soprattutto i sensi di colpa a reggerli.
- Oh, si è fatto tardissimo! Devo correre in ospedale, tesoro. Hai bisogno di qualcosa al volo?
Scossi la testa, poi mia madre venne a darmi un bacio di commiato prima di sparire in tutta fretta. Ero rimasto solo e non capitava molto spesso ormai, tutti si sentivano in dovere di girarmi intorno per il timore che avessi bisogno di qualcosa che da solo non potevo avere. Per fortuna in quel momento avevo voglia soltanto di un po' di musica ed il computer era vicino.
I miei pensieri andarono in automatico a Levin, alla notte dell'incidente, quando mi aveva trovato in pessime condizioni e non aveva tentennato ad aiutarmi. Lo avevo messo in pericolo ed usato più di una volta, compresi che forse anch'io in fin dei conti non ero tanto meglio di Andrew e Keno. Quella realizzazione mi provocò un nuovo moto di angoscia. Fino a poco tempo prima avrei potuto nascondere la mia pessima indole dietro una facciata all'apparenza perfetta, adesso andavo a pezzi sia dentro che fuori. Non mi stupiva che Andrew non fosse mai stato capace di innamorarsi di me ... ero sempre stato infantile, geloso ed opportunista. Il tradimento aveva solo confermato ciò che ero davvero, un essere spregevole che amava giudicare gli altri e ignorare le proprie mancanze.
Rinchiuso nei miei pensieri non feci caso al passare del tempo, capii di essermi addormentato soltanto quando aprii gli occhi sulla stanza che adesso era quasi del tutto immersa nel buio. Mi mossi confusamente sul divano e tirai giù il plaid con cui qualcuno degli altri mi aveva coperto, mi ci volle più di qualche secondo per riprendermi dall'intontimento e notare la sagoma di Keno sulla poltrona.
Vederlo lì non mi sorprese più di tanto, aveva deciso di continuare a passare nonostante non avessi nulla da dirgli e a quanto pare intendeva mantenere la sua promessa. I suoi occhi erano fissi nei miei, tanto che iniziai a chiedermi per quanto tempo fosse rimasto lì a scrutarmi. E soprattutto perché si ostinava fino a quel punto? Il Keno che conoscevo io era sempre stato troppo orgoglioso per farsi trattare in quel modo. Forse era il suo modo di chiedermi scusa, forse, invece, stava cercando di farmi capire che il mio volere non gli importava, che avrebbe comunque fatto ciò che voleva.
Mi allungai per prendere la bottiglietta d'acqua dalla quale bevvi un po', i muscoli mi facevano male, ma le mie braccia stavano reagendo molto meglio delle gambe in quella fase di sedute. Non avevo alcuna intenzione di parlare con Keno, così afferrai cuffie e computer e me lo misi in grembo.
- Per quanto ancora hai intenzione di andare avanti così?
La voce di Keno giunse bassa, non riuscii a percepire la sua solita rabbia malcelata, c'era soltanto una nota di stanchezza e quella stranezza mi colse di sorpresa tanto da farmi parlare
- Fino a quando non capirai che dicevo sul serio e che stavolta non mi passerà – dissi a denti stretti.
Stavo per mettere le cuffie quando Keno me le strappò di mano, mi voltai verso di lui per ritrovarmelo davanti, ancora perfettamente in sé, ma con un'espressione spaventosa impressa sul volto.
- Stai mandando tutto a puttane per una lite? Ci conosciamo da quando avevamo sei anni, Aiden! Sei fottuti anni!
Scattai sui gomiti – E mi hai spiegato chiaramente come mi vedi, dimmi perché dovremmo continuare ad essere amici se non provi un briciolo di rispetto per me!
- Ma cosa cazzo stai dicendo? Volevo soltanto proteggerti! Eri finito in un pestaggio e hai ragione, vorrei avere il controllo su tutto e tutti, lo ammetto! Non mi stavi a sentire e ho perso la testa, ma non succederà di nuovo e credimi, se ho esagerato è soltanto perché non ne potevo più di vedere il modo in cui Andrew ti trattava. Adesso ricordi, adesso sai!
Mandai giù quel boccone amaro, ma la rabbia rimase lì. Avevo riflettuto parecchio durante quel periodo e anche gli ultimi tasselli stavano tornando finalmente al loro posto. C'era soltanto una questione da chiarire adesso.
- E non c'è altro che devi dirmi? Nessun altro motivo per cui dovrei avercela con te? – la mia voce tremò, mi resi conto che stavo percorrendo una strada pericolosa. Ormai era tardi per tornare indietro però, volevo tutta la verità prima di farla finita in modo definitivo.
Keno era confuso e agitato, la sua intelligenza gli impediva di sottovalutare la mia, lo vidi aprire la bocca un paio di volte, era chiaro che sapeva quello di cui stavo parlando.
- Sei stato tu a dirlo ad Andrew, vero? Gli hai raccontato di Levin e me mentre ero in coma ... nell'unico momento in cui non potevo difendermi in nessun modo. Sai, all'inizio pensavo che se ne fosse accorto da solo, sono anche arrivato a immaginare che fosse stato Levin a cedere, ma continuo a sottovalutare quel ragazzo, continuo a reputarlo subdolo e debole come noi ... invece non è mai stato niente del genere. Così alla fine anche un idiota come me ci è arrivato.
- A-Aiden
Scossi la testa, avevo freddo nonostante facesse caldissimo in quella stanza.
- Perché mi hai fatto una cosa del genere? So che per te l'amicizia non è mai contata abbastanza, ma credevo che tra noi due fosse diverso. Invece hai deliberatamente fatto qualcosa che sapevi mi avrebbe ferito ... mi hai posto in una situazione terribile e hai costretto Andrew a sopportare un dolore che non meritava in quel momento.
- No, non l'ho fatto per ferire te! Non ho mai voluto ferire te, Aiden. Ero disperato e lui continuava a girarti intorno come se gli importasse! Quando sappiamo entrambi che non ti ha mai trattato come meritavi! Era lì soltanto perché si sentiva in colpa per te! E' un ipocrita e volevo soltanto che sapesse che non ti doveva niente, che finalmente eravate pari e che non aveva senso continuare quella sceneggiata del cazzo!
- Che diritto avevi di farlo, Keno? Chi cazzo ti aveva dato il diritto di intrometterti in questo modo? – mi portai le mani al volto – eri il mio migliore amico e non hai pensato neanche un attimo a preservare me?
- Era esattamente quello che stavo facendo, Cristo! Apri gli occhi!
- L'ho fatto e tu rimani un ipocrita di merda
Keno era sbiancato – Andrew continuava ad entrare ed uscire dalla tua vita come meglio credeva. Questo teatrino patetico andava avanti da anni ed ero stanco di vederti stare male per uno come lui. Non ti meritava e tu non eri capace di far fronte alla cosa, eri completamente succube, forse non te ne sei mai reso conto, eri come accecato, gli bastava tirare fuori qualche scusa per farti tornare nelle sue braccia ... io volevo soltanto aprirti gli occhi, Aiden.
- Quindi lo avresti fatto per me? – mi lasciai andare ad una risata nervosa – stai cercando di farmi credere che lo hai fatto per preservarmi e non per dare sfogo alla tua indole del cazzo, Keno? Tu volevi solo ferirlo! Volevi che mi abbandonasse, è così? Volevi dimostrare di aver ragione su tutto come sempre ... ma ti sbagliavi. Andrew è rimasto.
Il silenzio calò su di noi per un attimo, stavo cercando di riprendere fiato. Keno era immobile, raggelato sul posto, i suoi occhi chiari non mi erano mai sembrati così cupi come in quel momento. Mi sollevai a fatica dal divano, la sedia a rotelle era dall'altra parte della stanza.
- Aspetta, ti porto io
- No. – dissi in fretta, ignorando la mano di Keno sulla mia spalla.
- Volevi che non avessi più bisogno di nessuno? Bene ... non ho bisogno di nessuno. Me la caverò da solo, se c'è una cosa sulla quale avevi ragione è che dovevo reagire e lo sto facendo. Non devi più preoccuparti di niente.
Strisciavo come un verme, ma non mi importava, avrei fatto di tutto pur di impedire a Keno di credermi un debole. Mi aggrappai alla sedia con enorme fatica, spingendo con tutta la forza che avevo sui muscoli delle braccia. Quella era la mia vita e dovevo farmene una ragione, non avrei vissuto da parassita, piuttosto sarei morto.
- Tua madre mi ha detto che stasera devi uscire con una tua amica. Devo portarti io.
Mi morsi le labbra – Mi farò portare da mia madre quando avrà una sera libera, quindi grazie per l'offerta ma non serve.
- Perché devi comportarti in questo modo?
- Perché non accetti che la tua presenza qui è superflua?
Keno tremò di rabbia – Perché non è così.
- Invece lo è – cercavo di mantenere la calma, la confusione per il comportamento di Keno si scontrava con la mia voglia di ferirlo – sei duro di orecchi, per caso? Tempo fa ti sarebbe bastato sentire una frase sbagliata per scattare e mandarmi al diavolo. Dovevo controllarmi sempre con te, dovevo filtrare qualsiasi giudizio per paura che la prendessi male e te ne andassi. E adesso che ti prende? Temi ancora che ti possa spirare davanti? Non creperò, Keno. Fattene una ragione, puoi tornare a trattarmi di merda.
- Non voglio farlo.
Non riuscivo a capirlo, quel Keno che avevo davanti aveva qualcosa di sbagliato. Il modo in cui se ne stava lì ad incassare, quello sguardo cupo, quasi disperato. Cosa poteva fargli tanto male? Doveva essere successo qualcosa di grosso e che sfuggiva alla mia comprensione. Non gli avrei chiesto un bel niente però, il nostro rapporto era stato distrutto a causa sua e adesso ne avrebbe pagato le conseguenze.
Accesi la tv e finsi interesse per il programma che stavano dando in onda. Se voleva rimanere lì non avrebbe avuto nient'altro che silenzio e indifferenza da me.
KENO
Puoi farcela, per lui poi farlo.
Era tutto quello che riuscivo a pensare, restare al fianco di Aiden era sempre più difficile e non potevo fargliene una colpa. Come potevo? Ero stato disgustoso, egoista, fin troppo me stesso e questo ci aveva allontanato. Ci avevo pensato spesso quando Aiden era ancora privo di conoscenza, avevo pensato a quel confronto, sulla carta ero pronto ad accettare il suo odio ma alla fine non avevo tenuto fede alle mie stesse parole.
Se solo tu ti svegliassi sarei pronto a sparire dalla tua vita.
Ma era una bugia, la sola prospettiva di chiudere davvero con lui mi faceva impazzire, il mio corpo veniva pervaso da un malessere troppo grande.
Per questo ero sempre lì, giorno dopo giorno, lite dopo lite, persino in quel momento mentre lo vedevo abbottonarsi la camicia con lentezza e stizza. Lo avrei accompagnato a quello stupido cinema con la sua nuova amichetta, avrei fatto qualsiasi cosa per stargli accanto.
Ridicolo, avrei detto anni fa.
Scacciai quel pensiero quando vidi lo sguardo di Aiden puntare verso di me, non era felice che fossi il suo autista ma non avrebbe trovato niente di meglio.
- Muoviti o faccio tardi – disse poi spingendosi con la sedia lungo la casa.
Io lo seguii mettendo il portafoglio in tasca e stringendo saldamente le chiavi dell'auto, non lo vidi muoversi mai così in fretta quanto quella sera. Si affrettò ad aprire lo sportello e a spostarsi dalla sedia all'interno della macchina, a me non rimase altro che riporla nel bagagliaio e sedermi al volante.
Sapevo che non avrebbe detto una parola, ma faticavo a credere che avrebbe portato avanti un silenzio del genere, sembrava aver smesso persino di respirare.
- E quindi questa ragazza? – dissi ad un tratto non riuscendo più a tollerare quel clima soffocante.
- Paige – replicò con tono basso e annoiato.
- Cosa volete vedere al cinema? – insistetti per spingerlo a parlare.
- C'è la settimana Marvel, rivedo Infinity War
Silenzio.
Il semaforo divenne rosso ed io frenai lentamente stringendo le dita saldamente al volante fino a farmi male. Avevo sentito la punta di sadismo con cui Aiden fece quella precisazione, sapendo che mi avrebbe colpito duramente. I fumetti e i film Marvel erano la nostra passione, andavamo sempre alle prime insieme, facevamo le maratone ed era ovvio che si divertisse a coinvolgere un'estranea in qualcosa che una volta era solo nostro.
- Vai alla settimana Marvel con una appena conosciuta?
Lui sollevò un sopracciglio, mi dedicò un'occhiata per pochi secondi prima di tornare a far vagare lo sguardo lontano, come se quel discorso non valesse la sua attenzione.
- Ah, ok giusto. Non rispondermi – sbottai riprendendo a muovermi nel traffico – non faccio parte del vostro super club dei ragazzi in coma, non merito più nemmeno un briciolo di rispetto o due parole di conversazione.
Ma Aiden non cedette nemmeno a quell'ennesima provocazione, il suo mutismo tornò a divorare l'abitacolo finchè non arrivammo al cinema e parcheggiai l'auto.
Aiden tornò sulla sedia a rotelle e si spinse con forza fino all'ingresso, fu semplice individuare Paige, non perché avesse un aspetto particolarmente degno di nota ma le stampelle e la postura malferma la facevano risaltare fra la folla.
Ecco un'altra persona che ha qualcosa che a te manca.
Non sapevo cosa avessi di sbagliato, forse avevo troppa paura di guardarmi dentro e scoprirlo, ma qualsiasi cosa fosse mi stava allontanando da lui, spingendolo verso qualsiasi altro.
- Ehi! – disse la ragazza con tono allegro, dando ad Aiden un abbraccio e poi porgendomi la mano – sono Paige, tanto piacere
- Keno ... - mormorai stringendola brevemente, come se scottasse.
- Sei un amico di Aiden? – chiese lei pronta a lanciarsi in quello scambio di convenevoli fra sconosciuti.
- Sono il suo migliore amico – ci tenni a precisare mentre vedevo Aiden manifestare impazienza.
- Beh, adesso andiamo a fare i biglietti, ci sarà un gran casino – disse a lei interrompendoci, poi puntò lo sguardo si di me – ci vediamo dopo
Era palese che io non fossi incluso in quella serata ma Paige ne sembrò stupita – ma come, non resti? Dai, vieni con noi
Per un momento mi chiesi se fosse stato peggio passare la serata con quei due come un palo e farmi ignorare da Aiden tutto il tempo o andare via in silenzio, con la coda fra le gambe. Non ebbi l'imbarazzo di dover scegliere, fu Aiden a sentenziare il mio destino per primo.
- Keno ha un altro impegno – disse secco – può evitare di farmi da cane da guardia stasera. Ci vediamo dopo
Voltò la sedia e cominciò a muoversi verso l'interno del cinema mentre Paige si affrettava a salutarmi e seguirlo lungo l'entrata.
Rimasi lì ancora qualche istante, non del tutto capace di muovermi, dovetti ricordare a me stesso di smetterla di pretendere comprensione da lui, che tutto questo era colpa mia.
Montai in auto e misi in moto, ripercorrendo la strada a ritroso in modo meccanico, senza il minimo senso tornai a parcheggiare di fronte al palazzo di Andrew.
Perché sei di nuovo qui?
Ma dove altro potevo andare? A casa? Forse nemmeno ce l'avevo più una casa, ormai con i miei era una lotta senza fine e stranamente l'unico posto accogliente era quello.
Misi la chiave nella toppa ed entrai, rimasi sorpreso che la differenza di temperatura con l'esterno non fesse così tanta. Solitamente l'appartamento era molto caldo, ma non quella sera, mentre attraversavo la cucina verso il salotto sentivo l'aria fredda sfiorarmi le guance.
Andrew era lì, la porta del balcone spalancata e lui seduto fuori a fumare una sigaretta con lo sguardo perso. Era vestito persino troppo leggero per quella temperatura glaciale ma ciò che lo turbava lo stava inghiottendo a tal punto che doveva essere ormai insensibile.
Strano, in quel momento mi ritrovai a provare pena per lui, per la prima volta dopo anni fissavo quell'uomo e non lo odiavo, anzi, quasi riuscivo a compatirlo. Forse stavamo provando qualcosa di simile, forse le persone che ritenevamo importanti ci stavano lasciando indietro.
Continuai a camminare e lo raggiunsi in balcone, si accorse di me solo quando mi lasciai andare pesantemente sulla sedia ed il tonfo lo riscosse.
- Me ne dai una? – chiesi indicando il pacchetto e lui me lo porse.
Accesi la sigaretta e presi una lunga boccata di fumo, sentire quel sapore amaro mi diede una sensazione di calma, qualcosa di familiare.
- Che succede Andrew? – dissi alla fine, una volta buttato fuori il fumo.
L'altro mi fissò accigliato, come se non fosse certo di aver sentito bene, il suo sguardo andava a caccia di tracce sul mio volto, qualcosa che gli permettesse di scovare la fregatura di fondo.
- Come mai ti interessa come sto? – domandò ancora incerto.
- Che vuoi farci? Sto diventando sentimentale – risposi con un sorriso amaro.
Lui annuì – anche io – e quella risposta era carica di biasimo – penso sia questo il punto, i sentimenti.
- Ah giusto, lui ...
Ancora una sua occhiata, sapevamo che non aveva più senso mentire, evitare di parlare di quel segreto di Pulcinella.
- Dov'è finito? Che cosa succede? – non c'era ironia nella mia voce, soltanto una profonda stanchezza che Andrew non mancò di notare. Mi stava ancora studiando quando riprese a parlare.
- Mi piacerebbe saperlo, ma lui ha deciso di tenermi a distanza. Non riesco a capire e più ci penso, più mi sembra di non riuscire a venirne a capo. Sta andando via e io non posso impedirglielo ...
- Lo sa? Sa di essere importante per te? – chiesi.
- Domani ci vedremo per parlare, ho bisogno di dirgli tutto quello che sento – spiegò prendendo l'ennesima boccata di fumo – persino ora me ne sto seduto qui ad analizzare tutto quello che mi passa per la testa, cosa dire e cosa fare. Penso a tutte le cose che abbiamo fatto insieme, i giorni che abbiamo passato e non riesco a capire cosa lo abbia spinto via, cosa ho fatto?
Mi ritrovai a pensare che quelle parole valessero anche per me, mi chiesi come anni e anni di amicizia fra me e Aiden potessero essere messi da parte così, con tanta facilità. Come poteva dirmi di sparire dopo tutti quei momenti che avevamo condiviso.
Un solo errore può cancellare così tanto?
- Aiden ti ama ancora – dire quelle parole a voce alta mi costò un dolore che non credevo di poter provare – dovresti almeno parlargli, non so se voi ... se Aiden sa, ma non merita di illudersi che ...
- Penso che Aiden abbia smesso di amarmi tanto tempo fa, Keno – mi rispose schietto – l'unico che crede ancora nel nostro rapporto forse sei solo tu.
L'ennesima doccia di onestà quella sera, l'ennesima verità che non sapevo come gestire, avevo speso tanta energia ad odiare Andrew, a ritenerlo una minaccia per Aiden. E ora?
- Keno?
La voce di Andrew mi riportò alla realtà e dovetti fare i conti con una nuova espressione sul suo volto, sembrava concentrato su di me e preoccupato.
Che ci succede Andrew?
- Cosa? – dissi poi – non ho sentito cosa dicevi
- Ti ho chiesto, perché sei ancora qui? – ripeté.
Mi ritrovai a tacere, non ero certo di aver compreso la domanda o forse avevo paura di dargli una risposta. Optai per fingere la prima opzione, scuotendo la testa in modo confuso.
- Intendo, dopo tutto quello che è successo con Aiden. Dopo le urla, le settimane infernali che stiamo passando tutti, ti sei chiesto perché sei ancora qui? – precisò.
- E' il mio migliore amico – risposi.
Lui scosse la testa lievemente innervosito – tiri sempre fuori questa frase, ma ci credi veramente?
Quelle parole mi lasciarono per un attimo senza fiato – vuoi forse dirmi che non lo sono? Che non ho fatto abbastanza? Che sono stato un bastardo manipolatore? – la tensione cresceva in me mentre riportavo alla mente i flash dei litigi con Aiden.
Lui scosse la testa violentemente e mi afferrò per un braccio in modo che smettessi di parlare.
- Sto dicendo che hai fatto fin troppo – disse secco.
Troppo? Come poteva esserci un troppo?
- Non capisco – ammisi.
Abbozzò un sorriso amaro mentre spegneva la sigaretta e versava dell'altro Whiskey nel suo bicchiere – ovvio che non capisci, penso che tu non te ne renda veramente conto.
- Di cosa? - insistetti, nel mio tono c'era un mix di rabbia e paura.
- Del fatto che c'è di più, c'è sempre stato di più. Guardati! – mi indicò – non è normale che tu stia così, sei una pezza. Tutto quello che fa si ripercuote su di te, ti ho osservato quando lo vegliavi in ospedale e anche il modo in cui ti prendi cura di lui qui
No...
Scattai in piedi, scuotendo la testa e prendendo distanza da quel tavolo, Andrew stava lavorando di fantasia, stava fraintendendo tutto.
- Mi hai sempre odiato, dal primo momento. Non è forse perché stavo prendendo qualcosa che volevi avere tu? Che era stato tuo finchè non mi sono intromesso?
Smettila.
Eppure ripensare a quegli anni era inevitabile, al momento in cui Aiden sorridente mi aveva detto di Andrew e di come quella notizia mi avesse procurato una fitta allo stomaco nonostante non lo conoscessi.
- Sono certo che lo hai incoraggiato quando stava con Levin alle mie spalle – disse con un sorriso beffardo – pensavi fosse comunque il male minore, no? E tutto il da fare che ti sei dato affinché mi allontanassi da Aiden durante il coma?
- Non è come credi – ma il mio tono era basso, quasi un sussurro.
- Non ti sto dicendo questo per metterti in difficoltà o per giudicarti – disse chiaramente e bevve d'un fiato il resto del liquore – te lo dico perché certi sentimenti possono avvelarti. Perché ti vedo qui e non posso fare finta di niente mentre menti a te stesso - mi poggiò una mano sulla spalla – non voglio mettere bocca su come gestirai tutto questo, ma devi sapere che esiste
Forse scoperchiare il vaso di Pandora era stato più semplice, fare uscire un vortice di distruzione aveva recato meno danni che realizzare quello che Andrew mi aveva detto in quel momento.
Rivedere anche semplici gesti della mia vita sotto quella nuova luce era profondamente destabilizzante, soprattutto perché sembravano avere senso. Tutta la mia rabbia, la mia invidia, la mia cattiveria, quel terribile prurito, quel fastidio adesso aveva un nome, adesso riuscivo a guardarlo in faccia.
Gelosia.
Di chiunque avesse avuto a che fare con lui, di Andrew che lo aveva monopolizzato tanto da spingermi a cercare Noah, per non sentirmi da meno, per avere qualcuno su cui sfogare la mia frustrazione.
Gelosia nei confronti di Shannon, che per quanto stupidamente, aveva ottenuto qualcosa che per me sarebbe sempre stato proibito, che osava pretendere quello che io temevo persino di pensare.
Gelosia per Levin, che in poco tempo e con assoluta sfrontatezza aveva conquistato l'attenzione di Aiden.
Il mio Aiden.
Che poteva avere chiunque desiderasse ma non aveva mai voluto me.
- Mi dispiace – disse nuovamente Andrew ricordandomi della sua presenza – non credo lui si sia mai accorto di quello che provi, ma penso che tu sia importante per lui, anche se in questo momento ci detesta entrambi.
Lo vidi rientrare dentro e lasciarmi solo in quel balcone, forse a riflettere ancora su quello che avevo realizzato quella notte, su quanto avevo scoperto di me stesso.
Provai a chiedermi quando quel sentimento fosse iniziato, come avessi fatto a non rendermene conto, forse ero stato troppo impegnato a farmi vedere forte e sicuro di me. Forse avevo finto così tanto da ingannare anche me stesso e mi ero illuso che quel mondo mi bastasse, l'universo in cui io ero l'eroe. In cui Aiden veniva da me e io risolvevo i suoi problemi, il mondo in cui davo tutte le risposte.
Eravamo solo dei bambini, ma ora siamo cresciuti.
E il mondo degli adulti era qualcosa per cui non ero pronto, non come mi piaceva credere, quel mondo mi aveva messo in ginocchio. Dal giorno dell'incidente ero irrimediabilmente caduto e non ero più riuscito a sollevarmi, stavo arrancando e persino Andrew lo aveva capito.
Non ero riuscito a gestire la mia separazione da Aiden, non avrei mai potuto fare un briciolo in meno di quello che avevo fatto, persino ora che meritavo il suo rifiuto non concepivo di allontanarmi.
Patetico, era il termine che avrei usato anni fa su chiunque altro, adesso toccava a me.
Fu l'arrivo di un messaggio a farmi svegliare da quella trance, osservando lo schermo mi resi conto che si trattava di Aiden e che era ora di andarlo a prendere.
Il mio cuore cominciò a battere più rapidamente, dovevo essere il più normale possibile ma mi resi conto di aver quasi timore di rivederlo dopo aver pensato a lui per ore. Era la prima volta che pensare di doverlo incontrare mi faceva venire un peso allo stomaco, come uno strano calore.
Non persi tempo, dovevo andare e uscii di casa senza indugi, montai in auto e mi diressi verso il cinema.
Aiden era lì fuori, stava scambiando le ultime parole con Paige e sembrava tranquillo e sorridente, doveva aver trascorso una serata piacevole.
La sensazione familiare di fastidio tornò a bussare nel mio cervello e ormai la accolsi con rassegnazione, detestavo di essere stato lasciato indietro solo per ripicca.
Superato da una stronzetta appena conosciuta.
Vidi un uomo avvicinarsi a loro, probabilmente il padre di Paige, entrambi salutarono Aiden prima di andare e a quel punto lo raggiunsi.
Il velo di serenità e divertimento sul suo voltò scomparve appena mi vide, tornò la sua solita espressione, era teso e cupo.
- Allora ti va di fare un giro? – chiesi in un nuovo impeto di autolesionismo – è venerdì sera e sono solo le undici e mezza
- Sono stanco – fu la sua risposta e poi mi precedette per entrare in auto.
Ed eccoci di nuovo incastrati in quel momento, in quel silenzio, in quella bolla di disagio soffocante.
Perché non glielo dici e basta?
Un pensiero pericoloso si insinuò nella mia mente e il mio corpo si mosse prima del mio cervello, mettendo la freccia e andando a destra.
- Ma che diavolo fai? – brontolò senza guardarmi – ci metteremo una vita facendo questa strada. Te l'ho detto, sono stanco.
Potresti dirgli di cosa ti sei reso conto.
Cos'hai da perdere?
Perché devi essere solo spettatore mentre chiunque può portarselo via.
Perché lasciarlo a quella Paige?
Abbassai il finestrino, mi sentivo accaldato, il cuore continuava a battere tanto forte dentro di me da martellarmi nelle orecchie. Quei dannati pensieri si facevano sempre più seduttivi nella mia testa, tanto che fui pronto a farlo, proprio in quell'auto, mentre sfruttavo quei dieci minuti in più che avevamo.
- Senti Aiden, io ... - cominciai ma non ebbi modo di continuare.
- Smettila – mi interruppe subito – sono stanco di sentirti, di averti tra i piedi e dover sopportare queste stronzate. Volevi pure imbucarti al cinema stasera, come se avessi cinque anni. Grazie per la serata libera, mammina
Tacqui mentre la strada era ormai sgombera e trovai parcheggio a pochi metri da casa di Andrew, il fuoco da cui mi ero lasciato attraversare si stava spegnendo sotto lo sguardo gelido di Aiden.
- Non fate altro che intromettervi, tutti quanti. Ti assicuro che mi metterò in piedi in fretta così la smetterete di seguirmi ovunque e potrò tornare alla mia vita e scegliere finalmente chi voglio frequentare.
E tu non sei fra questi.
Mi toccò incassare anche quel colpo mentre provavo a porgergli una mano e lui con uno schiaffo la cacciava indietro.
Ci stavamo fronteggiando adesso, era a qualche metro da me e mi fissava con aria di sfida.
- Ne ho abbastanza di questa città – disse con tono sprezzante – te lo dico chiaro. Quando sarà finita la scuola e mi sarò rimesso in sesto, mi trasferisco insieme a mia madre.
Dolore.
Vuoto.
Smarrimento.
Non avrei mai pensato di poter provare tanta sofferenza in una sola volta, non avrei mai pensato che potesse essere Aiden a procurarmi un dolore tale. Sentire quelle parole mi trafisse, smisi persino di respirare per qualche instante come se dovessi incassare l'affondo di un coltello nel petto. Sentivo gli occhi pizzicare, cercai di trattenermi ma qualcosa di umido scivolò comunque dal mio occhio sinistro.
Aiden continuava a restare immobile davanti a me, come se non avesse davanti una persona a cui teneva che stava soffrendo.
- Ora vattene a casa, mi sembra che tu ne abbia ancora una e non sia questa – disse in fine e poi ruotò la sedia e, dopo pochi secondi, fu dentro, oltre il portone.
Mentre io rimasi ancora lì, immobile, ferito a morte da quelle parole e dalla realtà che stavo vivendo, ormai libero da quei muri che mi ero creato per non vedere e non sentire. Con un unico pensiero che urlava forte nella mia testa:
Aiden, non lasciarmi.
LEVIN
Mezzanotte, fermata di Brooklyn Brige City Hall.
E così era iniziata, pensai, mentre mettevo a fuoco quelle poche parole. Riposi in fretta il telefono prepagata e subito la morsa al petto sembrò farsi più stretta del solito, come una mano che premeva sul mio esofago e mi impediva di respirare normalmente. Fui costretto ad appoggiarmi contro il vetro freddo della metro, ma non riuscii a rimanere lì dentro fino alla mia fermata, decisi piuttosto di scendere non appena le porte vennero aperte e di continuare a piedi. Camminare all'aperto mi faceva sentire meglio, perfino il vento sferzante della sera mi sembrò ben accetto, presi un paio di boccate a pieni polmoni e mi costrinsi a farmi strada verso Coney Island che ormai distava meno di cinque minuti.
Andrew voleva quel confronto e io glielo avrei dato. Soltanto un'ultima volta prima di sparire del tutto dalla sua vita. Mi piaceva fingere che fossi lì unicamente per concedergli qualcosa a cui teneva, come se tutto quello non avesse toccato in alcun modo anche me; mi raccontavo delle fantastiche balle ed era anche molto semplice, bastava ignorare tutti i pensieri scomodi che mi passavano per la mente giorno dopo giorno ed il gioco era fatto.
Ma doverlo fronteggiare complicava di gran lunga quel processo di menzogne e manipolazioni a cui mi sottoponevo in continuazione, dovevo essere più forte di così, dovevo costringermi a pensare a ciò che era meglio per lui e di certo trascinarlo nella mia merda non rientrava in quella definizione. Perché ero sommerso nella merda, avevo la mia personale, ma non mi ero lasciato sfuggire anche quella di Kai e degli altri. Eravamo un gruppo di criminali quasi morti con una sola possibilità di salvezza, non c'era niente di glorioso nella strada che dovevamo percorrere, era un sentiero lastricato di sangue e violenza, ed era comunque tutto ciò che ci restava da tentare.
Quei pensieri cupi non mi lasciavano mai, il più delle volte mi vedevo già morto e mi sentivo vuoto dentro. Non sempre però, pensare ad Andrew risvegliava qualcosa in me. Stavo facendo del mio meglio per soffocare quella fiamma, speravo che sarebbe bruciata in fretta come tutte le cose belle, ma invece era ancora lì, era riuscita a resistere anche quando credevo che fosse sul punto di estinguersi. Ero pienamente consapevole che vederlo non mi faceva bene, trovarmi a pochi metri dalla sua porta era sbagliato.
Ero già stato chiaro con lui, forse perfino brutale nel mandare a puttane la nostra storia. Allora che diavolo ci facevo ancora lì?
Dentro di me lo sapevo bene, ma ammetterlo significava ammettere la stessa debolezza e contraddizione che facevano parte di me, ed era troppo a cui far fronte tutto insieme.
Non sarei mai stato pronto a quel confronto, così non persi altro tempo, misi su la mia migliore espressione indifferente e bussai alla porta un paio di volte. Sentire i suoi passi affrettati fece aumentare a dismisura i miei battiti già accelerati, ma ero sempre stato fin troppo abile a nascondere il mio malessere interiore agli occhi della gente. Quella sera non potevo ammettere errori.
Andrew apparve sulla soglia pochi istanti dopo, riversando sulla veranda buia la luce calda e soffusa di casa sua. Togliermi dalla strada per entrare nel suo mondo fu piacevole come sempre, ma era una sensazione a cui non potevo più affidarmi, Andrew stava meglio senza di me.
- Non ho molto tempo – precisai con il mio migliore tono distaccato, mentre cercavo di non farmi tornare in mente nessun ricordo su quanto era successo tra noi due in quello stesso salotto. Ogni superficie era stata esplorata, perfino il tappeto davanti ai miei piedi era testimone di parecchie notti. No, pensai, non erano state poi molte ... il tempo era stato inclemente con noi.
- Ed io non ti tratterrò più del dovuto
Andrew aveva parlato piano, i suoi occhi erano carichi di emozione, la stessa che doveva mancare nei miei. Stavo facendo un buon lavoro? O a furia di guardarlo negli occhi avrei finito per tradirmi anch'io?
- Non ti capisco, ci provo, ma sembro destinato a lasciarmi sfuggire il senso di tutto questo ...
- Di cosa parli? – chiesi con un tono secco
Andrew abbozzò un sorriso malinconico che mi spezzò dentro, c'era talmente tanto nel suo sguardo che ogni parola era futile se non dannosa. Scosse la testa, sapevo che doveva credermi impassibile e più mi vedeva distaccato e rigido, più finiva per convincersi che aveva sbagliato tutto con me.
- Non nego quello che è successo, me ne assumo la responsabilità, ok?
Sapevo quanto quelle parole potevano suonare pessime e infatti non mi sbagliai, anche Andrew si era irrigidito nel sentirmi dire quelle cose.
- La responsabilità? Parli come se avessimo commesso un omicidio! E poi a chi diavolo importa delle responsabilità? E' questo quello che ti preoccupa? Le responsabilità? Cristo Levin, io stento a riconoscerti, ecco qual è il punto.
- Sono sempre stato questo – dissi, adesso sulla difensiva
- No, col cazzo. Vuoi prendermi per il culo? Provaci di nuovo, perché stai soltanto dicendo delle balle a cui non posso credere. Ti ho conosciuto e so per certo che il Levin che ho davanti è un'altra persona. Sei terrorizzato e si vede lontano un miglio che stai recitando la parte del pezzo di merda a cui non importa. Perché diavolo lo fai però? Cosa stai cercando di nascondermi?
Colpito e affondato. Mi ripresi in fretta però, non potevo permettergli di avvicinarsi alla verità, c'era troppo in gioco a quel punto.
- Perché non riesci ad accettare che tutto quello non era destinato a durare? Guardami Andrew, non ho mai voluto niente di serio, né da te, né da Aiden prima di te. E te lo avevo già detto! Hai sempre saputo che non sono una persona stabile o pronta per avere qualcosa di più duraturo di questo. Vuoi continuare a rompermi le palle perché non contraccambio quello che provi?
La mia voce era salita di un'ottava mentre dentro mi sentivo morire per quello che mi ero costretto quasi ad urlargli.
- Devi dei soldi a qualcuno? Ti stanno minacciando e non sai come uscirne?
- Non dire stronzate! Cristo, ti rendi conto di cosa stai arrivando a pensare pur di non accettare come stanno le cose davvero?
Avevo il cuore in gola ormai, una grossa parte di me era desiderosa di capitolare davanti a quelle parole, di prostrarsi ai suoi piedi e chiedergli perdono per tutto quello che gli stavo facendo.
- Dici cose terribili, ma i tuoi occhi continuano a guardarmi in quel modo, Levin ...
Ero rimasto immobile, Andrew aveva parlato in un sussurro basso, quasi come se avesse voluto scusarsi con me per ciò che vedeva e non riusciva ad ignorare. Non volevo chiedergli nessun tipo di spiegazione, ero pienamente consapevole di quello che doveva vedere nei miei occhi nonostante i miei sforzi immani.
- Gli occhi non mentono.
- Dici solo un mare di puttanate – mi difesi
- Tu dici solo un mare di puttanate. Hai fatto un grosso errore di calcolo stavolta Levin, mi hai preso per un ragazzino insicuro che non riesce a discernere il sesso da un legame più profondo. E tra noi due non è mai stato soltanto sesso, perfino la prima volta è stato diverso da qualsiasi altra cosa fosse mai capitata a me e a te. E lo so io, ma lo sai anche tu.
Era vicino adesso e sapevo che lasciarmi toccare sarebbe stato un errore dal quale difficilmente sarei riuscito a tornare indietro dopo. Non riuscivo a muovermi però, tutto il mio essere voleva semplicemente gettarsi in pasto ad Andrew, permettergli di toccarmi ovunque, di trascinarmi in stanza, di farmi stringere tra le sue braccia calde e sicure che mi avrebbero tenuto lontano da tutto quello che di orribile mi attendeva nel mondo esterno.
E allo stesso tempo capivo che tutto quello non era possibile. Avevo avuto poco più di un mese di felicità da farmi bastare forse per anni, Andrew era stato un paradiso in terra che ovviamente non era destinato a durare. L'inferno mi reclamava.
Mi scostai da lui un attimo dopo e mi voltai per un attimo verso la finestra, avevo bisogno di aria fresca e di tenermi lontano da quella tentazione.
- Guardati, non riesci neanche a sostenere il mio sguardo senza andare in iperventilazione. Ammiro la tua forza di volontà, ha del sovrumano, ma non devi importi niente, Levin. Qualsiasi tua paura, qualsiasi motivo che ti impedisca di viverti questa storia ... condividilo con me e sarò pronto a dividerne il peso con te. Dannazione, Levin ... io farei di tutto per te! Guardami ... ho perso la testa! E' stato a causa di quello che ti ha detto Aiden? Non ha senso!
- Aiden aveva ragione! – dissi invece con più forza del previsto – avevo già commesso un errore con lui, ho influito nel mandare a puttane la vostra storia la prima volta.
- Tra me e lui non c'è futuro. Non voglio un futuro con Aiden! Mi stai ad ascoltare? Non torneremo insieme!
Avevo bisogno di sentire quelle parole e allo stesso tempo temevo capii che avevo sempre temuto quel momento. Ero un debole nelle mani di Andrew, gli bastava davvero poco per scombinare tutto quello che mi ero costretto a premeditare e seguire.
- Guardami, vuoi che gli dica tutto? Sono disposto a farlo anche subito. Ho sbagliato a chiederti del tempo, ho sottovalutato il tuo malessere e adesso voglio rimediare. Andrò a dirgli tutto, sistemerò le cose.
Scossi la testa in fretta, le mani di Andrew mi sfioravano le braccia e quel tocco mi agitava.
- Non avrebbe senso, non cambierebbe niente – dissi in un lamento basso, volevo solo andar via per paura di quello che sarebbe potuto succedere a furia di averlo lì davanti a me, con le sue mani addosso. Forse lo percepì anche lui, perché la sua presa si fece subito più ferma, mi bloccò il viso tra le mani e mi costrinse a guardarlo.
- Ok, allora dimmi che è tutto finito. Che quello che abbiamo avuto è stato soltanto il passatempo di un mese ... dimmelo e giuro che ti lascerò in pace per sempre.
Era facile, poche menzogne ancora e poi sarei stato libero dai suoi occhi.
- Ma rifletti bene prima di parlare, Levin. Se decidi di andar via adesso io non tornerò mai più sui miei passi ... succeda quel che succeda.
Il groppo in gola si fece più stretto mentre le sue dita scorrevano piano intorno al mio viso, tramutandosi presto in una carezza a fior di pelle. Un gesto che fece aumentare i battiti del mio cuore e mi mozzò il respiro ancora una volta. Non potevo sfuggire alla realtà dei fatti, stavo impiegando tutta la forza di volontà che mi era rimasta pur di non cedere a quel tocco, al bisogno di ricambiare quell'affetto, di mandare a puttane mio fratello, la droga, Yael e Kurt. E aspettare la morte lì ... nel letto di Andrew, accanto all'unica persona che volevo intorno.
Ero tanto egoista da trascinarlo giù con me? Che differenza c'era tra me e qualsiasi altro criminale che conoscevo? Ero poi così diverso da Kai e Yael? Ignorare il pericolo significava condannare Andrew alla certezza che prima o poi qualcuno avrebbe potuto distruggere la sua vita. Cosa sarebbe successo se Kurt alla fine fosse venuto anche per lui? Aveva già ucciso Gray per scontare un conto che aveva con Kai, il mio dannato fratello. Cosa lo avrebbe trattenuto dal dare la caccia a chiunque fosse entrato in contatto con noi?
Yael aveva i mezzi per difendersi, ma cosa sarebbe successo se quel destino fosse toccato ai miei genitori o ad Andrew?
Non potevo. Non dovevo permetterlo. Io non ero Kai e la vita della gente non era un gioco.
Mi scostai da lui con l'ultimo moto di determinazione rimasta dentro di me. Ero disposto ad andare fino in fondo, a bruciare l'unico ponte che avrebbe potuto ancora connettere la mia vita a quella di Andrew. Niente speranze, niente porte lasciate socchiuse.
- Il mio ex è uscito dal carcere, mi vedo con lui da un po'. Lo sto aiutando. Non posso voltargli le spalle per te ... non posso e non voglio
L'avevo detto, un'ultima bugia che avrebbe decretato la fine di tutto. Andrew era rimasto immobile, come raggelato di fronte alle mie parole. Non se lo aspettava, la certezza che io lo amassi doveva essere così radicata in lui da non fargli esplorare nessun'altra possibilità.
Non mi scomposi nonostante dentro di me stessi andando a pezzi, ogni parola che veniva fuori dalle mie labbra era un nuovo peso che andava a gravare sulla mia coscienza.
- Avrei dovuto dirtelo prima. Mi dispiace. E' finita, Andrew. Non sarebbe neanche dovuta iniziare. Sta vicino ad Aiden e stammi bene. E per favore, non cercarmi più. A lui non piacerebbe.
Ero andato via in fretta, evitando il suo sguardo disperato e sconvolto. Mi aveva creduto, stavolta ero andato fino in fondo e le mie parole non potevano essere fraintesi in alcun modo. Lo avevo distrutto dentro per evitargli una fine ben peggiore.
Mi avrebbe odiato, ma Kurt sarebbe stato lontano da lui. Non aveva più alcun motivo di collegare Andrew a me. Sarebbe stato bene.
Prima o poi sarebbe stato bene.
Ed io? Io cos'avrei fatto?
ANGOLO AUTRICI:
Eh be eh be, nuovo capitolo in anticipo questa settimana XD e che capitolo! Aiden che ormai ricorda esattamente cos'è successo ed è pronto a dare a tutti ciò che gli spetta, Levin che esce ancora più devastato da questo confronto con Andrew .... e poi Keno, l'uomo illuminato XD Proprio adesso che sembra essersi reso conto dei suoi sentimenti Aiden è irremovibile sulla sua scelta di respingerlo. Non vediamo l'ora di sentire la vostra opinione! Troppe emozioni in questo capitolo. Ci rivediamo giovedì prossimo. Un bacio
BLACKSTEEL
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