21. Despair
"Tendimus huc omnes: metam properamus ad unam; Omnia sub leges mors vocat atra suas." Ovidio
Tutti tendiamo a questo fine, tutti ci affrettiamo ad un'unica mèta; la tenebrosa morte chiama tutte le cose sotto le sue leggi.
ANDREW
Ero riuscito a fare le quattro anche quella sera, mi ero attardato tra le strade di Brooklyn con la speranza che alla fine Aiden avrebbe risposto a qualcuna delle mie telefonate. Era il suo compleanno in fin dei conti, anzi per l'esattezza era già passato ed io non avevo avuto la possibilità di sentirlo. Quel pensiero mi mise addosso una strana sensazione di tristezza; non ero così ingenuo da pensare che ci saremmo davvero tenuti in contatto come avevo voluto immaginare, però, in qualche modo, speravo almeno di potergli porgere i miei auguri. Sperai che fosse in giro con i suoi amici a festeggiare, troppo impegnato a vivere la bellezza dei suoi diciotto anni per rovinare la sua giornata con le mie stupide telefonate. Forse non voleva sentirmi e basta.
- Sei pensieroso oggi, Wolfie. Tutto bene?
Per un attimo avevo dimenticato la presenza di Alec. Mi stava accompagnando a casa, in quanto guidatore designato per la serata. A giro uno di noi si teneva sobrio per riportare gli altri a casa sani e salvi, quella sera l'ingrato compito era toccato a lui.
- I soliti pensieri ... sono stato incurante per troppo tempo, adesso sto affrontando un po' di cose – mormorai, subito maledicendomi per la piega che stava prendendo quella serata. Non era il caso di parlarne con Alec, non potevo continuare a lamentarmi per qualcosa che avevo voluto con tutte le mie forze. Così mi limitai ad aprire le labbra in un sorriso tranquillo mentre ci accostavamo al vialetto che portava nel mio appartamento.
- Eccoci arrivati. Vuoi compagnia?
Erano le quattro del mattino ormai ed io non avevo alcuna voglia di preoccuparmi di quello che la semplice frase pronunciata da Alec voleva sottintendere. Non avevo più un ragazzo adesso, forse poteva sembrargli lecito provarci di nuovo con me ... in fin dei conti non lo amavo e lui lo sapeva bene. Perché allora voleva continuare a farsi del male in quel modo? In verità non volevo rimanere da solo quella notte, non sapevo il perché, ma l'idea di rimanere da solo con quella strana sensazione di angoscia nel petto mi dava i brividi.
- Vieni, ti offro qualcosa da bere. Ormai sei vicino casa, non sarà un problema qualche bicchierino
Non sarebbe successo niente, non volevo mai più cedere ai miei istinti, perché adesso sapevo a quali dolorose conseguenze potevano portare. Niente più storie che avrebbero potuto incasinarmi il futuro, non ero chiaramente fatto per quel genere di relazioni. Non ero quel tipo di persona e dovevo accettarlo.
L'appartamento era caldo e confortevole come lo avevo lasciato quel pomeriggio, ma questo non bastò a mandar via quell'aura cupa che aveva preso possesso del mio corpo. Misi su la solita musica bassa da lounge bar per cui Aiden mi prendeva sempre in giro e misi mano alla mia scorta personale di liquori pregiati che compravo o mi venivano regalati. Alec mi stava dietro e farneticava di party e ragazzi che avrebbe potuto conoscere, forse era il suo ultimo tentativo disperato di tirarmi fuori da quel mutismo pericoloso in cui ero caduto.
- Brandy? Gin? Cosa preferisci stasera?
Il telefono stava squillando e quel semplice suono mi bloccò all'istante sul mio posto. Tra le mani reggevo ancora una bottiglia di Gin pregiato quando mi voltai verso Alec. Telefonate nella notte ... sapevamo entrambi cosa volessero dire.
Alec si catapultò al telefono immediatamente, era sbiancato in viso e forse lo ero anch'io. Non ci si poteva fare l'abitudine a quel genere di cose. Solo una miriade di domande che ci colpivano ogni dannata volta con la stessa potenza devastante. Qualcuno del nostro raggruppamento era stato ferito? O peggio? Non c'era altro motivo per chiamare alle quattro del mattino. A chi sarebbe toccato stavolta?
Mi avvicinai al telefono in fretta mentre Alec si faceva ogni istante più esitante
- Che c'è? Che succede?
Non parlò, si limitò a passarmi il cordless
- Pronto? Con chi parlo? – il mio cuore batteva talmente forte che avrei faticato a sentire chiunque fosse dall'altra parte della cornetta.
- Andrew Wolfhart? La chiamo dal Kings County Hospital. Aiden Berg ha avuto un incidente ed ora è ricoverato presso la nostra struttura. Il mio compito è di avvisare famigliari e persone vicine
Avevo smesso di ascoltare, il panico nella mia voce mi portò ad urlare – Aiden? L-lui come sta? Cosa diavolo sta dicendo ... non è niente di grave, no? Non può essere
Silenzio, le parole di quell'uomo si persero da qualche parte. Chiusi in fretta e afferrai Alec per le spalle, non era necessario parlare, aveva già preso i nostri cappotti e le chiavi della sua auto
- Ti porto io. Andrà tutto bene, sono sicuro che non è niente di grave.
- E mi avrebbero chiamato se non fosse niente di grave? Cazzo ... un incidente. Cosa diavolo è andato a combinare?
Mi costrinsi a respirare, dare in escandescenza non avrebbe portato a nulla, le mani continuavano a tremarmi in un modo incontrollabile, non c'era niente che potessi fare per quello. Non mi era mai sembrato così freddo come in quel momento fuori, Alec stava guidando più in fretta che poteva ed il silenzio era tutto ciò che ci era rimasto. Un silenzio pesante, fatto di pensieri spaventosi che non dovevo assolutamente pensare. Non era morto, stava male, aveva avuto un incidente, ma se la sarebbe cavata. Forse al mio arrivo avrei anche potuto vederlo e parlare con lui, la paternale che si sarebbe sorbito l'avrebbe ricordata a vita, giurai.
- Quella dannata macchina ... un'auto sportiva ad un ragazzino. I suoi sono delle teste di cazzo, l'ho sempre pensato. Non volevo che prendesse quella dannata auto ... non ricordo neanche quante volte gliel'ho detto
- Non sai neanche quali siano state le dinamiche dell'incidente. Forse non stava neanche guidando. Stiamo quasi arrivando, tieni duro un altro po'
Il Kings County Hospital era una delle migliori strutture di Brooklyn e quel pensiero, in condizioni normali, avrebbe dovuto rincuorarmi, ma non quella mattina. Alec mi lasciò direttamente davanti l'entrata principale dell'edificio
- Vado a cercare un parcheggio e poi salgo su a cercare te
Non lo stavo neanche a sentire, corsi verso la segreteria dell'ospedale con il cuore in gola.
- B-berg. Aiden Berg – dissi soltanto e perfino quelle due parole mi costarono una fatica immane. Mi sentivo a pezzi, quella sensazione di incertezza e terrore mi si erano attaccati addosso come una seconda pelle.
Mi sembrò che stesse trascorrendo un secolo, resistetti alla tentazione di passare dall'altra parte del banco a vedere con i miei occhi in quale diavolo di reparto fosse finito Aiden
- Eccolo qui. Reparto rianimazione. Quarto piano, ala C
- Rianimazione?
Non ebbi il tempo di analizzare quell'informazione o forse semplicemente non ero pronto alle conseguenze. Corsi su per le scale senza prendere fiato neanche un attimo, mi sembrava di vivere un incubo troppo vivido per poter essere tale. Corridoi bianchi e del tutto identici l'uno con l'altro, controllavo le lettere delle sale confusamente, fino a quando non raggiunsi l'ala C.
Il silenzio era tremendo lì, non avevo mai conosciuto i genitori di Aiden, ma li avevo visti in foto e nessuno di loro era in attesa. Provai a fermare il primo medico che mi capitò a tirò, ma una nuova emergenza lo costrinse ad andar via di corsa. Ero del tutto perso e il pensiero che Aiden stesse lottando tra la vita e la morte mi trafiggeva il cuore e la mente. Poi vidi un ragazzo più giovane venirmi incontro, lo fermai parandomi davanti
- I-io sto cercando un amico. In segreteria mi hanno detto che si trovata in q-questo reparto, ma ... Aiden, Aiden Berg – dissi confusamente, non riuscivo neanche a formulare un pensiero sensato nel caos di tutto quello che stava accadendo
Gli occhi del ragazzo si illuminarono – Sei Andrew Wolfhart? Sono stato io a chiamarti. Vuoi sederti un attimo?
Non riuscivo a farlo, fu chiaro ad entrambi quando non mi mossi dal mio posto.
- Come sta? Che cosa è successo? Sto perdendo la testa, ti prego ... dimmi che non è terribile come sembra – la mia voce suonò alle mie orecchie come un lamento basso, avevo fatto una domanda la cui risposta mi terrorizzava più di ogni altra cosa
- Ha avuto un incidente stradale mentre era in auto. E' arrivato qui con danni severi ai reni, alle costole e alla gamba, ma la parte più preoccupante riguarda il danno cerebrale – il ragazzo prese un profondo respiro, era mortificato – i medici lo hanno stabilizzato, operandolo immediatamente dove si poteva. Hanno arginato il trauma al rene e all'addome, ha perso molto sangue a causa della ferita alla gamba e ha avuto bisogno di alcune trasfusioni.
Danno cerebrale. Non riuscivo a concentrarmi su nient'altro. Mi ritrovai a scuotere la testa, se quello era un fottuto incubo dovevo svegliarmi immediatamente.
- Nelle condizioni in cui è arrivato era già molto difficile stabilizzarlo, ma i nostri medici sono molto competenti ...
- Il danno cerebrale di cui hai parlato ...
- Mi dispiace, al momento Aiden è in coma. Stabile, ma in coma. E' successo tutto nel giro di qualche ora, potrebbe svegliarsi da un momento all'altro e in quel caso, soltanto in quel caso, sarà possibile quantificare i danni riportati dopo l'incidente. Al momento non è possibile fare stime
Sentii la mano del ragazzo sfiorarmi la spalla, non riuscivo neanche a pensare lucidamente a quello che mi era stato detto.
- N-non è un coma indotto da voi
Lo vidi scuotere la testa con aria cupa, soltanto dopo qualche attimo cercò di sorridere
- Senti Andrew, Aiden è giovane ed in buona saluta, non voglio darti false speranze, ma nonostante la gravità dell'incidente ha tutte le carte in regola per potercela fare. Non perdere le speranze ... ti porto nel reparto giusto adesso. C'è Keno lì
Non dissi nulla, mi limitai a seguire il ragazzo lungo un nuovo piano. Terapia Intensiva. Stentavo ancora a credere che tutto quello stesse capitando davvero ad Aiden. Perché lui? Le brutte notizie non dovevano toccare dei dannati ragazzi di diciotto anni ... ero pronto a tutto dopo quella telefonata, avevo perso parecchi commilitoni e anche amici durante quegli anni. Ma eravamo in guerra ed ognuno di noi era consapevole di quanto stessimo rischiando sul lavoro. Morire in guerra era diverso, non era mai giusto, ma alla fine tutti ce ne saremmo fatti una ragione. Quell'incidente stradale ad Aiden cambiava tutto, mi gettava nella confusione più totale.
Non doveva succedere a lui.
Il reparto di terapia intensiva era ancora più silenzioso dell'altro. Eravamo in pochi.
- Scusami, adesso devo tornare in ambulatorio. Cerca di non abbatterti, Andrew ... per qualsiasi cosa sai dove trovarmi ...
Il ragazzo andò via dopo aver lanciato un'occhiata preoccupata a Keno, seduto con la testa tra le mani in fondo al corridoio. Ed eccoci lì, due dannati sopravvissuti ad una bomba che ci aveva distrutto la giornata e sperai con tutto me stesso che i suoi danni non si sarebbero propagati al resto delle nostre vite. Non Aiden, continuavo a ripetermi. Eppure stava succedendo, quell'incubo era la realtà.
Keno sollevò gli occhi su di me nel momento stesso in cui la mia ombra si stagliò su di lui, il suo viso era devastato quanto il mio.
- Lo hai visto? Dimmi quello che è successo ... non riesco a capire
La mia preghiera venne distrutta dalla sua voce affilata come pugnali
- L'ho visto, sì. E' attaccato ad una cazzo di macchina che lo tiene in vita. Ecco quello che sta succedendo ... contento adesso?
Quelle parole mi confusero – Contento? Come potrei esserlo?
Keno scattò in tutta la sua furia – Che diavolo ne so! Mi è nuovo questo tuo interesse per Aiden! Non ti è mai importato un cazzo di lui e non hai fatto niente per nasconderlo. Credi che non sappia come lo hai trattato per anni? E adesso vieni qui, con quell'espressione afflitta sul viso ... Cristo
- Come diavolo ti permetti di giudicarmi? Aiden è stato il mio ragazzo! Non credere di avere la prerogativa su questo cazzo di dolore, perché non è così.
Crollai, le lacrime scesero giù senza che potessi fare nulla per trattenerle. Mi sentivo così di merda che qualsiasi tipo di sfogo sarebbe andato bene. Era tutta colpa mia, non gli ero stato vicino, anzi avevo fatto di tutto per spingerlo a lasciarmi andare e quella notte ogni cosa era andata storta.
- Se fosse stato con me forse questo non sarebbe successo
La voce flebile di Keno diede voce ai miei stessi pensieri. Mi lasciai cadere sulla sedia e in quel momento il dolore mi sembrò l'unica cosa davvero reale. Faceva male e toccava livelli così profondi che nessun'altra gioia avrebbe mai potuto raggiungere un picco così alto. Aiden ... avevo così tante domande, una confusione talmente opprimente che mi lasciava smarrito.
- Cos'è successo esattamente? Non eri con lui quando è successo? Credevo che stesse festeggiando con te e gli altri ragazzi – stavo pregando Keno di darmi un nuovo appiglio che avesse potuto permettermi di volare via da quel luogo. I suoi occhi freddi non erano mai stati umani come quella notte, era a pezzi, la rabbia aveva lasciato posto a qualcosa di diverso e più spaventoso.
- Non ero con lui, no. – tensione nella voce, poi continuò - so soltanto che era in auto con Levin Eickam quando c'è stato l'incidente. Era Eickam che guidava l'auto di Aiden ... li hanno portati entrambi qui. Ci sono state altre auto coinvolte nell'incidente, non so cosa sia successo esattamente, forse un camion che è sbandato, forse un sorpasso, forse quel figlio di puttana di Eickam era strafatto come sempre ... chi può dirlo
- Levin Eickam?
Mi ci volle più di qualche secondo per fare mente locale.
- Sono stato qui per quelli che mi sono sembrati secoli – continuò Keno e la sua voce si fece più bassa, quasi tremante - ho visto i medici venire fuori dalle loro sale chirurgiche e comunicare alle famiglie che il loro prezioso bambino non ce l'aveva fatta. Ho visto quella gente crollare e disperarsi e ogni volta che qualche dannato dottore veniva fuori io pregavo, pregavo con tutte le mie forze che non fosse lì per noi ... perché lo capivi immediatamente dai loro visi quando le cose erano andate male, Andrew. Lo capivi e basta.
Un brivido mi percorse la schiena al sentire quelle parole, quell'incubo era appena iniziato e non sarebbe finito presto. Non ci sarebbe stato nessun risveglio per noi. Eravamo lì e dovevamo restarci. Rimasi immobile con gli occhi puntati nel bianco immacolato di quei muri silenziosi, in attesa di qualcosa. Qualsiasi cosa.
LEVIN
Avevo ripreso conoscenza in fretta, un momento di confusione e poi quei flash. I fari abbaglianti del camion e quelli dell'auto che ci veniva addosso a velocità folle. L'urto micidiale, la mia schiena che sbatteva con violenza contro il sedile e l'auto che veniva sbalzata lontano. Il dolore, lo shock per tutto quello che era successo in un lasso di tempo brevissimo e poi ... Aiden.
Aprii gli occhi di scatto e balzai a sedere su quello che doveva essere il mio letto d'ospedale. Non ebbi il tempo di muovermi, perché due mani mi strinsero le spalle, riportandomi giù
- Levin, devi stare calmo. Sei in ospedale e noi siamo qui con te ... va tutto bene
Era stato mio padre a parlare e le mani che mi tenevano erano le sue. Mi guardai intorno, ancora scosso, per incontrare subito dopo lo sguardo preoccupato di mia madre, seduta sul mio letto
- Oh tesoro ... sei sveglio finalmente. Eravamo così terrorizzati
Che cosa ci facevo lì? Non ero io quello da soccorrere. Provai ad alzarmi di scatto e immediatamente il dolore arrivò fortissimo, tanto da farmi piegare in due.
Mio padre mi spinse ancora sul letto - Devi stare fermo, Levin. Hai sbattuto la testa, il dottor Millers ha detto che potresti avere una commozione cerebrale. Non puoi muoverti in questo modo. Che cosa c'è? Cosa senti?
La mia vista si offuscava sempre di più, cercai di respirare piano e di sdraiarmi. Mi sentivo il collo a pezzi, ma non era quello il problema. Presi un profondo respiro e provai a mettere a fuoco i miei genitori
- A-aiden ... lui come sta?
- L'altro ragazzo, dici? N-noi siamo stati tutto il tempo qui con te ... non ne abbiamo idea. Posso andare a chiedere, tesoro.
Non andava bene, me lo sentivo dentro. Annuii febbrilmente verso mia madre che subito si mise in piedi, poi mi diede un bacio leggero sulla fronte e si allontanò lungo il corridoio. L'atmosfera si fece subito più tesa quando incontrai lo sguardo di mio padre
- Levin, tra qualche ora verrà la polizia a parlare con te e con chiunque sarà in grado di dare una testimonianza su quanto è successo stanotte. Devi dirmi esattamente com'è andata e devi essere sincero. Prima ti hanno sottoposto a degli esami tossicologici, quindi ... beh, non ha alcun senso mentire. Dì solo la verità e sarà più semplice per il nostro avvocato pensare ad una difesa
- C-cosa? Pensi che fossi fatto?
Ma perché mi stupivo tanto? Avrei potuto esserlo, pensai. Era naturale che i miei genitori pensassero che quell'incidente fosse stato provocato da me, in fin dei conti ero io alla guida della Mustang quella notte. Non ero un figlio esemplare, ero soltanto una bomba ad orologeria pronta ad esplodere nel momento peggiore possibile
- Levin ... quello che voglio dire è che bisogna prendere dei provvedimenti e in fretta. Qualsiasi cosa sia successa
- Non ero fatto e, che tu ci creda o no, non sono stato io a provocare l'incidente. Un'auto ci è venuta addosso dopo aver sorpassato un camion ... ho provato a schivarla, ma è successo tutto troppo in fretta. – dissi soltanto, ogni parola mi costava una fatica immane. Che cosa importava in fin dei conti? Nessuno di loro mi credeva davvero e non faceva differenza. Tutto ciò che contava era Aiden.
Avevo cercato la sua mano nell'abitacolo buio dell'auto e urlato il suo nome per quelli che mi erano sembrati secoli. Non ero riuscito a muovermi, eravamo incastrati lì dentro, costretti a sopportare le urla strazianti degli altri feriti. Poi, dopo un tempo interminabile, il cielo si era colorato di blu, il rumore delle sirene avevano ricoperto tutto il resto e, soltanto a quel punto, avevo chiuso gli occhi.
Rabbrividii nonostante il riscaldamento quasi soffocante in stanza. Mio padre mi strinse la mano
- Tutto ciò che conta è che tu stia bene. Non pensare a nient'altro per adesso, concentrati solo sul recuperare le forze ... il medico ha detto che hai preso una bella botta al collo, ma non ci sono altre lesioni per fortuna. Rimarrai qui sotto controllo per altre ventiquattro ore, poi ti dimetteranno e potremo finalmente tornare a casa
- V-voglio uscire adesso, ho bisogno di sapere come sta Aiden – c'era una certa urgenza nella mia voce, ma ogni mio tentativo di muovermi si tramutava in un dannato mal di testa atroce. La mia vista si stava appannando di nuovo, fu quello il momento in cui la porta venne aperta di nuovo e la figura sfocata di Kai apparve nel mio campo visivo. Forse mi sentivo ancora sul punto di svenire o vomitare, ma potevo chiaramente percepire la tensione che mio fratello aveva portato con lui. Mio padre si mise in piedi in fretta
- Bene, adesso devo occuparmi di alcuni documenti per le tue cure. Ti lascio nelle mani di Kai
Non c'era stato nient'altro tra loro, neanche un cenno o un'occhiata. Mio padre era andato via e Kai aveva preso il suo posto.
- Che gran figlio di puttana che sei ... mi hai fatto prendere un colpo. E per la cronaca, dovrei essere io quello che va a schiantarsi in giro! Vuoi farmi concorrenza?
Una bella risata cristallina ed una pacca sulla zona meno malconcia del mio corpo. Quello era il tipico modo di sdrammatizzare di Kai
- Hai sentito qualcosa dell'altro ragazzo? – avevo un unico e solo pensiero ossessivo per la mente. Dovevo sapere cosa fosse successo ad Aiden, non riuscivo a smettere di pensare al suo sangue caldo sulle mie dita.
L'espressione di Kai si fece strana. Gli afferrai il braccio e lo spinsi più vicino a me – Kai ... dimmelo
Lui sospirò piano – Perché? Vuoi addossarti altre responsabilità? Vuoi prenderti la colpa per cose che non potevi prevedere?
- Kai, dimmi solo che cosa diavolo gli è successo! – avevo alzato la voce e stretto la mia presa su di lui. Ero stanco di essere tenuto all'oscuro da tutti, sapevo che qualcosa non andava – ti prego ...
- I-l tuo amico è in coma, ok? Sembra che abbia riportato delle ferite gravi e un trauma cranico. Non so altro, ma stanno cercando di fare il loro meglio ... si sveglierà, vedrai. Magari tra qualche ora
Aiden era in coma.
- Levin, stammi a sentire adesso. Non è colpa tua, ok? Ti conosco meglio di chiunque altro qui dentro e so per certo che qualsiasi cosa sia successa non è dipesa da te. Ci sei sempre stato per tutti, per me, per Yael, perfino per i nostri genitori quando sono sparito ... non devi fartene una colpa.
Parole vuote, solo parole vuote pronunciate da una persona che non aveva fatto altro che idealizzarmi per tutto il tempo. Non ero io quello che Kai descriveva, ma una visione distorta e fin troppo speranzosa del ragazzo dannatamente problematico che ero. Non dissi nulla, non avevo le forze per smentire mio fratello, volevo solo essere lasciato in pace, volevo starmene buono e attendere il momento perfetto per lasciare quella stanza con le mie gambe, dovevo scoprire cos'era successo ad Aiden e dovevo farlo da solo.
Passarono ore, entravo ed uscivo da un sonno disturbato e delirante, alla fine doveva essere quasi l'alba quando ero riuscito a mettermi in piedi senza rischiare di svenire. Mia madre dormiva profondamente sulla poltrona accanto al letto e non si svegliò quando la oltrepassai per dirigermi lontano da lì.
La luce dei primi raggi di sole che penetravano dalle finestre era accecante, vagavo tra i corridoi come uno zombie sul punto di stramazzare al suolo, ma non importava. C'era qualcosa di urgente da sbrigare e non avevo intenzione di fermarmi. Con gambe tremanti raggiunsi un altro corridoio, dovevo salire ancora più su di qualche piano.
- Eickam
Mi voltai lentamente indietro, verso quella voce che proveniva da un uomo che ad una prima occhiata mi sembrava di aver già visto da qualche parte. Capelli castani, occhi chiari e dei vestiti sgualciti, di uno che aveva trascorso la notte peggiore della sua vita.
- Non hai neanche un graffio ... - non c'era sollievo nel suo volto livido di rabbia – lui è lì dentro che lotta per vivere e tu sei qui, sulle tue gambe, senza un cazzo di graffio addosso.
Quello doveva essere Andrew. Era davanti a me adesso, le braccia aperte per impedirmi di avanzare lungo il corridoio stretto e quell'espressione spaventosa impressa sul volto. Mi avrebbe preferito in coma al posto di Aiden e non faceva niente per nasconderlo.
- A-aiden, lui
- Non osare pronunciare il suo nome! – la sua voce suonò gelida, per un attimo pensai che mi avrebbe colpito, ma qualcosa lo fece desistere. Stava tremando di rabbia mentre continuava a fronteggiarmi
- Da quanto tempo è che tenti di rovinarlo? Ho visto i lividi sul suo viso, ha provato a rifilarmi una delle sue scuse, ma io ho sempre saputo che c'era qualcosa sotto! Se li è procurati a causa tua, vero? Lo hai fatto finire nel tuo giro, lo hai trascinato tra la melma, sapendo quanto diavolo fosse vulnerabile in questo momento della sua vita! Lo hai fatto drogare, è così? Tu e il tuo giro di tossici di merda che entrano ed escono da prigione. Eri fatto stanotte e nonostante tutto hai deciso di guidare la sua cazzo di macchina sportiva e farlo ammazzare! Dannazione, tu sei qui in piedi e lui è lì dentro, vivo soltanto perché delle fottute macchine lo stanno tenendo in vita! Come diavolo fai a guardarti allo specchio senza farti schifo?
La sua rabbia si riversò su di me come un uragano che mi colpì in pieno. Rimasi impietrito, qualcosa dentro di me si incrinò di nuovo, sempre di più. Andrew si avvicinò a me, mi spinse contro il muro, facendomi sussultare dal dolore. Le sue dita mi penetrarono nella carne delle spalle.
- Ascoltami bene Eickam, potrai anche essertela cavata stanotte, potrai anche avere i migliori avvocati di Brooklyn, ma questa storia non finisce qui. Te la farò pagare, sappi che ti trascinerò giù all'inferno anche a costo di venire con te. Ti farò pentire di non essere morto stanotte. E' una promessa
Scivolai a terra, troppo debole per potermi rimettere in piedi o soltanto provare a reagire. Stavo tremando e non era soltanto il dolore a provocarmi quegli spasmi, era qualcosa di diverso. Era rabbia e stanchezza, era tutto quello che non riuscivo più a tenermi dentro, erano le accuse e i pregiudizi della gente. Era troppo.
- Non ero fatto, fanculo. Non ero fatto! – dissi con un filo di voce, ma senza tentennamento. Se avesse voluto colpirmi avrebbe potuto farlo ancora e ancora, non avrei avuto la forza di reagire, ma non potevo lasciargli pensare niente di tutto quello che aveva detto. Andrew si immobilizzò, poi tornò sui suoi passi, il viso ancora furente.
- Come hai detto?
- Non ho mai passato niente ad Aiden - dissi rabbioso – era solo e devastato! Stava guidando ubriaco quando l'ho incontrato. Non avete fatto altro che trattarlo di merda. Tu, Keno, suo padre. Adesso vieni qui a recriminarmi qualcosa?
- Non osare! – Andrew scattò su di me con un grido soffocato.
Chiusi gli occhi, mi prese per la canottiera con violenza, poi colpii di nuovo il muro.
- Uccidimi pure, ammazzami di botte se è quello che vuoi. Se vuoi stare meglio, accomodati, sono qui. Se pensi che la mia vita conti qualcosa per me ... ti sbagli. Non mi importa. Dici che vuoi trascinarmi all'inferno? Io sono già all'inferno.
Il suo viso era fremente, a pochi centimetri dal mio, la stretta intorno alle mie spalle era una morsa terribile. Lo avrebbe fatto, il suo pugno era vicino.
- Mi vuoi al suo posto? Bene. Fa qualcosa allora! Guarda, siamo da soli ...
Un respiro trattenuto, poi, con un enorme forza di volontà, Andrew mi liberò dalla sua stretta
- Se ti vedo un'altra volta ti ammazzo – un sussurro basso, quasi impercettibile. Poi distolse lo sguardo da me e andò via in fretta.
Non mi sollevai immediatamente, non avevo più forze in corpo per mettermi di nuovo in piedi ed affrontare qualcosa, qualsiasi cosa. Ancora una volta ero la causa del mio stesso male, forse non ero stato io a provocare quell'incidente, ma avvicinarmi a qualsiasi altro essere umano, considerato quanto fossi instabile, era stato un errore enorme. Adesso irrimediabile.
Poi mia madre mi aveva raggiunto, stava correndo per il corridoio, terrorizzata come sempre. I suoi bambini le davano sempre e solo problemi, mai soddisfazioni.
- Levin tesoro, cosa credevi di fare? Perché sei uscito? Non ti reggi in piedi! Infermiere, mi aiuti
Non avevo la forza di combattere, mi lasciai mettere in piedi e condurre nuovamente nella stanza asettica a cui ero destinato. Lo sguardo preoccupato di mia madre non mi lasciò neanche per un istante.
Complimenti Levin, mi dissi, se non è Kai a farli stare male, sei tu.
KENO
Il tempo sembrava non passare mai in quel corridoio, sembravo rinchiuso in un limbo dove le lancette si erano fermate, una sorta di prigione nel dolore. Ma sfortunatamente non era così, il tempo stava passando al di fuori della mia mente e il mondo reale sembrava pretendere la mia presenza nonostante io non volessi muovere un passo da lì.
Puntai lo sguardo verso il mio telefono che non smetteva di vibrare e inghiottii quell'ennesimo fastidio, l'ennesima chiamata di mia madre che non sentivo dalla sera precedente. Non volevo rispondere, non volevo tornare indietro alla mia vita e far finta che nulla fosse successo, volevo solo restare lì per sempre con Aiden, finchè non fossi stato in grado di uscire insieme a lui da quell'ospedale.
- Keno – la voce di Noah era bassa ma arrivò al mio orecchio con quella sua distintiva nota di preoccupazione.
- Lasciami stare – mormorai stanco.
- Devi andare a casa, non puoi restare pietrificato su questa sedia. I tuoi saranno preoccupati e devi distenderti per un po'- mi tese la mano a quel punto – ho finito il turno, ti accompagno io. Per favore
Fissai quella mano per una manciata di istanti, poi mi sollevai senza afferrarla, mi stupii di quanto fossi instabile sulle mie gambe, mi girava persino la testa.
- Vuoi appoggiarti?
- Smettila di essere così ...- non mi fece continuare.
- Non sono un bel niente per te, lo so – mise in chiaro – non scambiare le mie premure per interesse, sono un medico e tu un ragazzo che non dorme e non mangia da un giorno e mezzo. Solo perché ci siamo lasciati non significa che io debba comportarmi in modo disumano con te, anche se per te forse sarebbe meglio
Risi, non c'era un reale motivo ma lo feci, una leggera smorfia che forse servì a rimarcare quanto tutta quella situazione fosse surreale. Perché a me continuavano a essere elargite seconde occasioni? Perché tutti erano così accomodanti e comprensivi?
Dov'era la seconda occasione di Aiden? Perché anche lui non poteva uscire da quell'incubo con un sorriso e una preziosa lezione alle spalle?
- Vado a sciacquarmi il viso, faccio in fretta – dissi allontanandomi da lui.
Attraversai il corridoio silenzioso e, prima di infilarmi nel bagno, notai due figure in piedi, una di fronte all'altro. I genitori di Aiden si fissavano in silenzio, dai loro visi capii che c'era molto più che la preoccupazione per il figlio a turbarli.
- Non ce la faremo – disse il padre – ho parlato con l'assicurazione, non siamo coperti per spese del genere. Non pagheranno ... i costi per quelle operazioni e la degenza sono enormi. Se questa situazione dovesse continuare ...
- Non dirlo! - lo interruppe la donna – si tratta di Aiden, del mio bambino, del nostro bambino! Dobbiamo trovare una soluzione, proverò a rifinanziare il mutuo, mi farò dare altri soldi
- Nessuna cazzo di banca ci darà somme del genere, non abbiamo le garanzie per coprire queste spese – il viso dell'uomo era una maschera d'angoscia – tutto questo va oltre le nostre possibilità ... non so se ne usciremo, Ella.
L'angoscia che portò la madre di Aiden a prorompere in un nuovo pianto mi sconvolse, mi ritrovai a catapultarmi in bagno e vomitare l'anima. Quelle parole e l'inevitabile significato mi gettarono in una disperazione ancora più profonda, ero così tremendamente inutile.
Mi sollevai tremante dal gabinetto e mi spostai verso il lavandino, mi sciacquai la bocca e il viso poi mi mossi verso l'uscita del bagno. Nel corridoio era tornato il silenzio, passai per un'ultima volta davanti alla camera di Aiden e lo vidi lì, continuava a dormire mentre il mondo intorno a lui cadeva in pezzi senza che lo sapesse.
Noah decise di riportarmi a casa con la mia auto, avrebbe recuperato la sua moto in seguito, così mi toccò cedergli le chiavi, non ero in grado di guidare evidentemente. Durante il tragitto ci fu silenzio, potevo percepire le sue occhiate che si posavano su di me di tanto in tanto ma io non incrociai mai il suo sguardo. Poi l'auto si fermò e smontammo entrambi dal mezzo, lui si avvicinò a me e mi passò le chiavi.
- Ti terrò aggiornato, ok? Cerca di riposarti, avrai qualsiasi notizia – disse nel vago tentativo di rassicurarmi.
Ma non erano le notizie che volevo, non mi bastava essere quello informato, volevo essere lì, stringere quella mano, fare davvero qualcosa per lui.
- Torno appena posso - mormorai.
Mi voltai e andai via senza dire altro, sapevo che avrei dovuto affrontare un enorme scoglio una volta rientrato a casa ma sapevo cosa fare. Nel momento stesso in cui avevo cominciato a salire i gradini verso la porta d'ingresso, avevo compreso come poter salvare Aiden.
La porta si aprì ed io feci pochi passi prima di sentire i miei genitori fiondarsi fuori dalla cucina per venirmi incontro.
- Keno! – esclamò mia madre con sorpresa e sollievo – mio Dio, ma dove sei stato? Non eri nel tuo letto, non rispondevi alle chiamate!
- Stavamo per chiamare la polizia figliolo – disse mio padre mentre mi passava una mano fra i capelli – ma cosa ti è successo? Hai un aspetto distrutto.
- Aiden ... - non riuscivo quasi a parlare, a verbalizzare quanto accaduto – ha avuto un incidente, è molto grave. Sono stato in ospedale
L'espressione dei miei genitori si fece incerta e nuovamente preoccupata – e tu stai bene? Ti sei fatto male? – chiese mia madre.
Io scossi la testa – non ero coinvolto nell'incidente ... ma ... - trattenne il fiato e le lacrime che minacciavano di bagnarmi le guance – io non sto bene
- Oh, coraggio tesoro – disse lei abbracciandomi – vedrai che Aiden si rimetterà
Come poteva dirlo? Con che diritto si permetteva di dare voce a parole sterili come quelle? Lei non c'era, lei non sapeva quanto fosse grave.
Cristo, taci.
Mi scostai violentemente – e come lo sarai che starà bene? – sbraitai – chi diavolo ti autorizza a dirlo?
- Keno ... - lei parve sorpresa e spaventata dalla mia reazione.
- Tu non sai niente! Non c'eri, non eri lì a vedere quella gente morire una dopo l'altra! - ringhiai – e Aiden è in coma! Nessuno sa se si sveglierà o se sarà ancora lui quando aprirà gli occhi! E tu dici che va tutto bene? Vaffanculo!
- Keno – questa volta era stato mio padre a parlare tentando di calmarmi – capiamo benissimo che sei sconvolto, devi fare un respiro adesso e sederti un momento
I miei occhi continuavano a pizzicare e il mio petto a contrarsi – Fallo tu un respiro, dannazione! Il mio migliore amico potrebbe morire, potrebbe restare un fottuto vegetale per sempre oppure svegliarsi e non essere più capace di parlare o camminare o pensare! Cazzo, i suoi non sanno nemmeno come pagare l'ospedale e tu te ne esci con queste frasi da buontempone? Respirare, sedersi, smetterla di preoccuparsi ...
- Tutto questo è terribile – si intromise mia madre – ma non c'è nulla che possiamo fare, certi dolori fanno parte della vita Keno, devi capire che si va avanti. Cerca di essere coraggioso, prega per Aiden
- Pregare? – ripetei sconvolto appiattendomi alla parete – credete che sia questo che lo salverà? E' il dannato ospedale che non può occuparsi delle sue spese! E sapete come posso davvero essergli d'aiuto? Pagando le sue cure!
Mio padre scosse la testa – non essere sciocco, non sono cose per ragazzini queste
Chi altro avrebbe potuto farlo se non io?
- Voi avete i soldi del college! – ringhiai – mettete da parte quei soldi da tutta la vita, quanto ci sarà in quel conto? Cento, duecento mila dollari? Ne ho bisogno per Aiden! Sono soldi miei, no?
Mia madre mi fissava come se stessi delirando – sono i soldi per la tua istruzione, per il tuo futuro!
- Io non ho un futuro senza Aiden! - urlai con tutta la voce che mi era rimasta – perché non potete smetterla di essere così piccoli ed egoisti, perché per una volta non smettete di pensare al vostro comodo orticello e fate qualcosa per qualcun altro?
- Il nostro compito è di pensare a te – si intromise mio padre – prenderci cura di te, il tuo amico ha già una famiglia e dovrà cavarsela con le sue forze.
Li spinsi via, dannati egoisti bastardi, non mi lasciai toccare mentre procedevo verso l'interno della casa e salivo rapidamente in camera mia. Mi chiusi la porta alle spalle e mi gettai sul letto, ormai completamente esausto, mi faceva male la testa e quel senso di nausea non sembrava prossimo a svanire.
Disperazione, solo una profonda e pungente disperazione, era questo tutto quello che sentivo dentro e fuori dal mio corpo. Chiusi gli occhi e mi ritrovai in lacrime, ultimamente sembrava che non riuscissi più a fare altro che questo: annegare in un mare di lacrime e disperazione.
ANGOLO AUTRICI: Nuovo capitolo e nuovi dolori XD queste due settimane le trascorrerete con il dolore nel cuore ma purtroppo fin ora non sembrano esserci speranze per il povero Aiden, tutto quello che si vede all'orizzonte è solo un futuro buio e dei genitori che non sanno nemmeno come pagare l'ospedale. Piccolo aggiornamento in anticipo, approfittiamo per dire che spostiamo gli aggiornamenti al sabato mattina, buona lettura e fatevi sentire con le vostre teorie e i commenti sulla trama e i personaggi.
Un bacioBLACKSTEEL
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