2. Upper than You
Nella foto: Coney island
Ab uno disce omnis. (Eneide, Virgilio)
"Da uno capisci come sono tutti"
KENO
L'odore della salsedine era particolarmente forte a quell'ora della sera, Coney Island era davvero un posto magico, uno dei punti di ritrovo preferiti dai miei amici. Spiaggia enorme, locali, attrazioni, andava bene per qualsiasi serata, potevi perderti fra le luci e i profumi del lungo mare oppure goderti il silenzio della spiaggia in penombra. Quella sera non stavo facendo nulla di tutto questo, me ne stavo seduto sulla sabbia a fissare gli altri passarsi da bere e ballare allegri al ritmo di una musica che non riuscivo a sentire.
Diciotto anni. Le persone dicono che il mondo cambi a diciotto anni eppure io mi sentivo ancora tremendamente me stesso, il solito Keno. Non che fosse male, sapevo che chiunque lì in mezzo mi invidiava, sapevo che vista da fuori la mia vita era parecchio ambita ma il senso di frustrazione è un compagno duro da scacciare. Avevo sempre vissuto guardando avanti, desiderando e lottando perennemente per lo step successivo, qualcuno mi aveva detto che non sapevo godermi il presente, io mi chiedevo se ne valesse la pena.
Un rumore di passi vicini mi fece voltare indietro, giusto in tempo per notare Aiden venire verso di me; era la prima persona che i miei occhi mettevano a fuoco quella sera. Mi passò un bicchiere di birra e si sedette accanto a me, restammo in silenzio per qualche momento.
- Tanti auguri allora. – Disse con un fare stanco, quasi abbattuto, poi fece battere il suo bicchiere contro il mio – allora? Dove hai lasciato il tuo adorabile dottore? -
- Gli ho detto che non lo volevo fra i piedi – risposi bevendo un sorso di birra.
- Wow, che stile – rise, senza essere davvero divertito – lo avrai lasciato agonizzante e voglioso di attenzioni. Forse è tutta una tattica la tua -
- E dov'è il tuo di innamorato? – Risposi in fretta, senza voler giustificare il mio comportamento.
Sei proprio un bastardo Keno.
Lo ero davvero. Vidi un velo di amarezza oscurare gli occhi blu del mio amico, Aiden era una delle poche persone che rispettavo davvero, forse l'unica, e riuscivo comunque a ferirlo. Spostai lo sguardo verso il resto del gruppo, sapevo che non avrei ottenuto risposta, notai che Shannon e James stavano intrattenendo alcuni sconosciuti. In particolare lei si stava esibendo in una maldestra danza seducente con un tipo appena conosciuto, ogni tanto i suoi occhi si spostavano verso di noi alla ricerca di reazioni sul volto di Aiden.
- Ho le palle girate, Keno. Le cose vanno di merda e devo pur scontarmela con qualcuno. Non sono mai stato capace di tenermi i problemi dentro, né intendo iniziare adesso – disse alla fine il mio amico rompendo il silenzio – ho mandato tutto a puttane con gli altri e sì, hai ragione ... l'ho fatto consapevolmente, ma mi auguro che tu non ti aspetti davvero delle scuse da parte mia –
- Delle scuse? – il mio tono era quasi divertito – non me ne frega un cazzo Aiden, non di loro almeno. Quello che mi ha fatto incazzare è che quando io ti ho chiesto di non farlo tu mi hai sputato in faccia –
- Non era a te che pensavo in quel momento – Disse lui, gelido
- So cosa provi – lo interruppi – ti conosco meglio di chiunque altro e ti ho sempre rispettato, sei l'unico che si è guadagnato il mio rispetto. Loro ti vedono solo come uno che ce l'ha fatta, che presto diventerà famoso e farà un mucchio di soldi, uno da tenersi buono ... ma io comprendo il sacrificio e la tua ambizione. Comprendo persino la tua frustrazione, Andrew non è un uomo facile e questo sta corrompendo anche te, lui ti sta destabilizzando e glielo stai lasciando fare – il mio amico taceva ma io non potevo continuare a stare in silenzio – non dovevi baciare Shannon e non c'entravano i sentimenti di quella idiota, c'entravi tu che dovevi mantenere il controllo e non lasciarti sopraffare da lui –
- Credi che non sappia cosa avrei dovuto fare o non fare? Mantenere il controllo, dici ... ma io sono stanco di atteggiarmi ad essere superiore. Devo sempre scontare le mie pene senza mai reagire? Andrew si aspetta questo da me, che si fotta però! Che si fottano tutti, Shannon compresa. Non l'ho costretta io a prendersi questa cazzo di ossessione per me – il suo tono era amaro, come lo sguardo cupo che lanciò ai ragazzi davanti a sé – e se ce l'hai con me per tuo cugino ... non posso farci nulla. Shannon non lo avrebbe mai guardato, indipendentemente da me. Lo sai anche tu –
Io scossi le spalle – Si fotta mio cugino, ma Aiden, tu devi tenere la testa alta e restare lucido. Devi mantenere il controllo, è l'unica cosa che conta. E poi se davvero le cose stanno così ... perché diavolo non ti liberi di lui? Vale così tanto da non poterne fare a meno? Se tutto quello che ti dà è disperazione, cazzo, trova il modo di finirla. –
Resta distante, non farti coinvolgere.
Aiden scosse la testa – Non credo tu possa capire, Keno -
Mi venne da ridere – Smettila di atteggiarti come se fossi stato l'unico essere umano innamorato in tutto il mondo. Se non vuoi liberarti di lui è perché sei troppo debole per farlo –
Lui fece spallucce, apparentemente per niente toccato dalle mie parole. La sua mente era già altrove con ogni probabilità, forse alla prossima birra che ci saremmo fatti per ammazzare il tempo.
Ad un tratto ci ritrovammo la figura di Shannon a pochi passi, si stava avvicinando con un sorrisetto malizioso in volto. Aveva bevuto e anche parecchio.
- Smettetela di starvene qui in disparte a fare i musoni! Questa dovrebbe essere una festa! Esigo un cavaliere che mi faccia ballare – commentò la ragazza con un tono euforico.
- Stiamo parlando, vai a disturbare qualcun altro – dissi e la sua gioia cadde a picco.
- Perché sei così scorbutico? Si può sapere cosa ti rode sempre? Questa è una festa! La tua festa, tra l'altro. – brontolò.
Era diventata ogni giorno più patetica da quando lei ed Aiden avevano trascorso qualche momento insieme, forse si illudeva che sarebbe successo di nuovo presto o tardi oppure che, in qualche modo, sarebbe finita per diventare importante per il mio amico. In realtà quelle fantasie da ragazzina l'avevano resa infantile e alla continua ricerca di attenzioni da parte sua.
- Fidati Shannon, tu non vuoi che io sia onesto con te – le dissi inchiodandola con lo sguardo, sapevo quanto temesse i miei occhi azzurri, l'avevo sentita mentre ne parlava con James.
Keno è così inquietante certe volte, chi gli dà il diritto di giudicare sempre tutti?
- Beh io ho voglia di ballare, se tu hai deciso di rovinarti la festa va bene, ma non la rovinerai anche a noi. Aiden, tu vieni con me? Lasciamolo qui a lamentarsi – disse porgendo una mano al mio amico e aspettando che lui la prendesse.
Non accadde, Aiden lasciò la mano di Shannon lì a mezz'aria, non si sarebbe alzato per lei, la rabbia portò il braccio della ragazza a tremare, alla fine lo ritrasse stringendo i pugni e voltandosi.
- Prima o poi capirà – mormorò Aiden.
Io scossi le spalle, non mi importava.
Era notte fonda, le strade di Brooklyn erano deserte quanto pericolose, i miei passi erano decisi e si dirigevano verso un palazzo vecchio e familiare. Il portone era rotto quindi chiunque poteva entrare a qualsiasi ora, ne approfittai salendo rapidamente i due piani di scale. Mi ritrovai davanti alla porta dell'appartamento 20, premetti il dito sul campanello lasciandolo lì per una manciata di secondi.
Udii chiaramente dei borbottii e rumori provenire dall'interno, dopo pochi attimi la porta si aprì, rivelando la figura di un ragazzo confuso e assonnato. I capelli castani erano scarmigliati e il viso magro era leggermente pestato dal cuscino, i suoi occhi verdi mi fissarono increduli di avermi davanti.
- Keno? – mormorò confuso – che ci fai qui? –
- E' il mio compleanno – risposi entrando nell'appartamento mentre lui si faceva da parte ancora più confuso.
- Sì e mi hai detto che non mi volevi fra i piedi – mi ricordò – non dovevi festeggiare con i tuoi amici? –
Posai lo zaino che avevo con me in un angolo e con un movimento fluido mi liberai del maglione lasciando che ammirasse il mio torace pallido, vidi distintamente la sua gola deglutire a stento.
- La festa è finita –
Lui si avvicinò – sono quasi le tre di notte, hai intenzione di non tornare a casa? –
- Noah, hai intenzione di perdere tempo in alti convenevoli? – poi sorrisi maliziosamente – ho appena compiuto diciotto anni, non vuoi inaugurare il mio corpo maggiorenne? Adesso la polizia non sfonderà più la porta per arrestarti ogni volta che mi sfili le mutande –
Non se lo fece ripetere due volte. Noah compì un gesto repentino a quel punto: mi afferrò per un braccio e intrappolò le mie labbra in un bacio. Le sue labbra accarezzavano le mie, voraci ma delicate, i suoi baci erano dolci.
Anche troppo dolci.
Era fatto così lui, un essere umano in perenne adorazione per il mio corpo esile, per i miei lineamenti delicati e il mio carattere tagliente. Era da un anno e mezzo che quella storia andava avanti e nonostante io non facessi trasparire la minima intenzione di provare qualcosa per lui, Noah era ogni giorno più preso e insistente. Era un romantico, uno di quelli che coltiva i suoi sentimenti ed esalta la persona che ha davanti ma non c'era nulla da esaltare in me.
Lo spinsi contro il muro mentre prendevo le redini di quel bacio. Usai denti dove prima c'erano labbra delicate, volevo risvegliare il suo desiderio, morsi sulla sua lingua per tirarla nella mia bocca. Sembrava aver funzionato: cominciai a sentire le sue mani spostarsi lungo i miei fianchi. I suoi polpastrelli segnavano le mie costole e scendevano lungo i miei fianchi magri, senza andare oltre.
Aveva decisamente intenzione di metterci troppo così portai una delle mie mani fra le sue gambe. Indossava solo i boxer e la sua erezione era perfettamente percepibile sotto i miei polpastrelli. Saggiai la sua forma con le dite, tracciandone il contorno sulla punta sensibile. Lui si ritrasse e gemette. Continuai a stringere saldamente la sua erezione nella mano mentre accostavo le labbra al suo orecchio, in modo intimo, poi soffiai quelle parole con un tono che sapevo lo avrebbe completamente lasciato alla mia mercé.
- Vai a sederti sul divano – sussurrai, lui a quel punto non riusciva nemmeno a parlare.
Ubbidì senza aggiungere altro, i suoi occhi mi fissavano pieni di desiderio mentre io finivo di spogliarmi e restavo totalmente nudo davanti a lui.
I miei movimenti non erano volutamente sensuali, con Noah non serviva sforzarsi più del dovuto per farlo eccitare. Il suo sguardo seguiva la stoffa che mi calava sulle gambe, accarezzando i miei peli biondi e la mia pelle bianca.
Poi, strisciando come un gatto, mi avvicinai posizionandomi fra le sue gambe.
- Sei così eccitato Noah – mormorai soffiando sulla sua erezione. Gli avevo tirato velocemente via i boxer, lasciando la sua eccitazione libera a pochi centimetri dalle mie labbra umide.
- Keno io ...- era in imbarazzo, lievemente confuso dal mio viso e dal calore che si espandeva nel suo corpo.
Soffiai ancora sulla sua punta arrossata, mantenendo adesso la sua erezione nel mio palmo caldo.
- Ci penso io – dissi prendendo la sua erezione fra le labbra. Accolsi la sua eccitazione completamente, solleticando prima la punta come sapevo lo avrebbe fatto impazzire. Le mie mani erano andate ad occuparsi dei suoi testicoli, attente a non trascurare niente pur di dargli piacere.
Lo sentivo tremare sotto di me e ansimare forte, difficile credere che avesse cinque anni in più di me, che fossi io il ragazzino fra i due, questa era una delle cose che mi piaceva di lui, sembrava così innocente.
La mia lingua continuava a bagnare senza sosta il suo sesso. Non facevo nient'altro che questo: muovere la sua pelle su e giù con la mia mano, la mia lingua faceva il resto.
Mentre lo leccavo mi azzardai a guardare il suo viso: occhi fissi su di me, labbra aperte e rosse per i miei morsi e le mani ancorate ai cuscini ai suoi lati. C'erano miriadi di richieste inespresse in quello sguardo, desideri che nemmeno aveva il coraggio di esprimere forse per non diventare ancora più dipendente da me.
Forse mi temi, forse un po' lo sai anche tu che uomo sono.
I miei movimenti avevano il potere di sconvolgerlo totalmente e in pochi minuti sentivo che era già pronto a venire, ma non volli assecondare quel suo desiderio. Mi fermai proprio prima che raggiungesse l'orgasmo e i suoi occhi sconvolti si posarono su di me.
- Keno andiamo, fammi venire – protestò accarezzandomi il viso con una mano tremante.
Io sorrisi sollevandomi e posizionandomi a cavalcioni su di lui – sei stato il primo a prenderti il mio culetto da minorenne, pensavo che non vedessi l'ora di venire dentro di me adesso –
La sua faccia era esterrefatta – come? Ma se mi avevi detto di averlo già fatto la nostra prima volta, con quel tizio del campeggio estivo! – protestò incredulo. Ghignai quando si posizionò comunque meglio sotto di me, portando avanti il bacino e afferrandomi i fianchi.
Allargai la mia espressione soddisfatta – ho mentito, in realtà era la prima volta per me –
- Ma perché dirmi una balla del genere? –
Perché mi aiuta a mantenere il controllo, mi fa stare meglio.
Non risposi, mi limitai a baciarlo, un bacio profondo che gli avrebbe fatto dimenticare qualsiasi domanda, le sue mani stavano già scendendo ad accarezzare le mie natiche lisce.
Quando sentii di nuovo i suoi baci farsi più dolci e intensi mi allontanai bruscamente. - Lecca – mormorai avvicinando due dita alla sua bocca e lui ubbidì. Le inumidì con cura sapendo cosa sarebbe successo fra pochi minuti.
Portai le dita alla mia apertura e lentamente cominciai a penetrarla mentre le labbra di Noah continuavano a baciarmi e passare dalle mie labbra al collo, poi giù verso le scapole. Era febbrile, vorace, non vedeva l'ora di essere dentro di me. Così lo accontentati.
Mi sollevai leggermente, il giusto per afferrare la sua erezione e spingerla verso il solco delle mie natiche. Noah spinse il bacino verso l'alto proprio mentre io mi abbassavo, l'incontro dei nostri bacini amplificò la penetrazione e ci ritrovammo entrambi a gemere. Occhi chiusi e testa all'indietro, andai giù fino alla fine, sedendomi sul suo bacino.
Ruotai un po' le mie natiche, accogliendo pienamente sulla sua erezione così già terribilmente dura.
Noah si era stretto al mio corpo, abbracciando la mia vita e posando la sua guancia sul mio petto. Sentii i movimenti ritmici del suo bacino dal basso che mi incitavano a muovermi su di lui a mio piacimento. La sua lingua fece capolino sui miei pettorali, stuzzicandomi i capezzoli.
Il piacere che provavo mi lascio boccheggiante, cercavo di mantenere una lucidità sufficiente da permettermi di muovermi sopra di lui ma diventava sempre più difficile.
- Keno, sei ... strettissimo – mormorò il ragazzo sotto di me, sollevando i suoi occhi traboccanti di devozione.
Smisi di ascoltare la ragione totalmente preda di quelle sensazioni e portai le braccia intorno alle sue spalle. Cercai di accucciarmi il più possibile su di lui, mi strinsi al suo torace spostando la testa contro il suo petto, era meglio non fissare troppo quello sguardo. Mi limitai ad aumentare i movimenti dei miei fianchi mentre sentivo le sue dita serrarsi sulla mia pelle, la mia erezione continuava a sfregare fra i nostri corpi e sapevo che non saremmo durati a lungo.
Lui baciava ogni parte del mio corpo che riusciva a raggiungere: le spalle, le guance, la fronte. Le sue mani scorrevano sulla mia schiena, poi sulle mie cosce e risalivano ai lombi, aiutandomi nel movimento. Eravamo ormai al limite.
Fu proprio così: un gemito basso da parte sua quando la mia eccitazione stava raggiungendo livelli dolorosi. Fu quello il momento in cui sentii il seme di Noah espandersi dentro di me, boccheggiai appena e questa volta fu lui a intrappolarmi in un bacio profondo. La sua mano si spostò sulla mia erezione stringendola forte e aiutandomi ad incrementare il piacere dell'orgasmo che stava salendo dal mio ventre verso il resto del corpo.
Continuava a baciarmi, anche dopo che finivamo, sembrava sempre che non gli bastasse mai, continuava a stringermi e baciarmi, accarezzarmi il corpo, passando da sedere al mio sesso. Era impossibile credere che potesse accontentarsi di un singolo rapporto, Noah era perennemente affamato di me.
E non è per questo che lo hai scelto?
Si, quella prospettiva era esaltante, un essere umano totalmente alla mia mercè, esaltante e noioso allo stesso tempo. La mia perenne insoddisfazione me lo faceva vedere così, il più bello e il più fastidioso dei capricci.
- Sdraiati – mi disse alla fine facendomi tornare con la mente ai nostri corpi nudi – fammi sentire il tuo sapore –
Così lo accontentai, lasciandomi prendere ancora e ancora finchè non si fosse saziato.
Il mattino seguente quando mi svegliai constatai di essere nel suo letto, non ricordavo quando esattamente mi fossi addormentato né come fossi arrivato lì, probabilmente Noah mi aveva portato in braccio. Sollevai la testa dal cuscino, era proprio lì accanto a me con il volto serafico ancora addormentato.
Come ci sono finito con uno come lui?
Era decisamente la domanda del secolo, eppure nonostante mi ripetessi che potevo liberarmi di lui in ogni momento i mesi erano passati ed io ero ancora nel suo letto.
Mi sollevai cercando di non svegliarlo e mi mossi verso il bagno a pochi metri dalla camera, dovevo fare una doccia e prepararmi per la scuola, riuscire a lasciare la casa senza svegliarlo era un progetto ambizioso ma volevo provarci comunque.
Lasciai che l'acqua della doccia lavasse via il sudore e i resti di una notte parecchio movimentata, poi mi diressi in salotto per recuperare il mio intimo e tirare fuori dallo zaino il cambio che avevo portato.
- Stai già scappando? – chiese una voce alle mie spalle.
Mi voltai e Noah mi fissava con il suo viso sorridente, indossava un paio di pantaloncini ed era appoggiato allo stipite dell'arco che separava il salotto dalla zona notte dell'appartamento.
- Ho lezione fra poco – risposi continuando a vestirmi.
- E io che mi ero illuso di poter fare colazione con te – continuò spostandosi e avvicinandosi verso di me, mi cinse la vita con le mani e mi attirò per poggiarmi un bacio sulle labbra.
- Spiacente, non sono un nulla facente come te che può stare a casa tutto il giorno – commentai – ho delle A da prendere –
- Ma sentilo, guarda che anche io ho le lezioni all'università ma posso ritagliarmi un po' di tempo per noi –
- Ah perché si fanno anche le lezioni nelle università pubbliche? Sconvolgente – lo schernii – e non riempirti la bocca, non c'è nessun noi. Ci sei tu e ci sono io –
- Ah scusami, dimentico sempre che sono il tipo che ti scopi per pietà. Mi chiedo come mai un ragazzo così ambizioso non si trovi un altro più alla sua altezza – commentò con la solita vena sarcastica.
- Beh, non tutti studiano Medicina all'università statale con la sola ambizione di finire in qualche ambulatorio fatiscente a ricucire spacciatori e puttane – mormorai mettendo lo zaino in spalle e una mano sulla maniglia della porta.
- Ho una cosa per te – disse fermando i miei movimenti e porgendomi una chiavetta USB – con il mio stipendio da barista part-time non posso di certo comparti qualcosa che ti piaccia.-
- Credevo che il tuo regalo me lo avessi dato ieri notte cinque volte – risi, gettai quella battuta con il solo intento di sminuire ancora una volta i suoi sforzi di mostrarmi quanto tenesse a me.
Lui non replico, scosse la testa e continuò a dedicarmi quelle occhiate intense - Se non altro l'unico complimento che ti sia uscito mai di bocca è che ho buon gusto nella musica, ti ho fatto una playlist. Buon compleanno –
Presi la chiavetta, nonostante il mare di merda di cui lo ricoprissi alla prima occasione Noah era sempre così, dannatamente gentile.
Smettila, smettila di amarmi.
- Una playlist? Complimenti per essere entrato negli anni ottanta, dovevi metterla in una cassetta! – lo presi in giro.
- Ti amo, bastardo arrogante. Non dimenticartelo, ok? – disse prima di baciarmi nuovamente a tradimento.
Questa volta la mia presa sulla maniglia era salda, non attesi altro, la tirai aprendo la porta e fuggendo da quell'appartamento. Non ricambiavo i suoi sentimenti, lui lo sapeva eppure non aveva paura di sbattermi in faccia quello che provava senza un minimo di ritegno, che essere detestabile.
Quando oltrepassai il cortile interno della scuola potevo vedere negli occhi dei miei compagni che la sete di novità non si era ancora dissipata. L'attenzione generale era ancora per il tipo nuovo e questo non era strano per una scuola di perdenti come quella, la cosa che mi spinse a lanciargli una lunga occhiata a mia volta era il fatto che avesse attirato anche l'attenzione di Aiden. Levin sembrava pronto a non rivolgere la parola ad anima viva mentre passava lungo il corridoio e si infilava nell'aula di Letteratura. Lo seguii ma non mi curai di lui una volta sotto lo sguardo del resto dei miei amici: Aiden, James, Shannon ed io. Eravamo di più un tempo, c'era mio cugino Connor, c'erano Maya e Samuel, ma non più ormai, andati, un po' per colpa di Aiden e un po' per colpa mia. Sapevamo fare terra bruciata più rapidamente di chiunque altro, James e Shannon era gli ultimi due eroi tragici sopravvissuti alla nostra cattiveria.
Sarà solo questione di tempo.
Presi posto accanto ad Aiden che mi cinse le spalle e iniziò a farmi mille domande sulla mia serata precedente, io aprii il libro e gli diedi tutti i dettagli che gli piaceva tanto sapere. Dentro di me sentivo come se un giorno l'avremmo pagata per la sofferenza che infliggevamo agli altri per stare meglio con noi stessi.
ALENCAR
- Ti supplico, io ... io te li darò i soldi –
Fissavo il volto terrorizzato di Fred in ginocchio davanti a me e non riuscivo a provare pietà per quel pallido bastardo. Era un tossico, uno della peggiore specie, di quelli che non pagano i conti e pensano che nella vita le conseguenze non arrivino mai. Ma io ero le conseguenze per quelli come Fred, ero lì per ricordargli che fare il tossico non era un hobby per poveracci.
- Sono stanco delle tue chiacchiere, Fred – dissi con tono disgustato mentre la sua faccia disperata veniva rigata da lacrime di coccodrillo – sei in debito con il mio capo e a lui non piace quando qualcuno non gli dà i soldi che gli deve –
- Ti prego, aspetta solo fino alla prossima settimana! Posso pagarti, te lo giuro –
Ma non era vero, non lo è mai, non finchè non gli dai un motivo valido per impegnarsi sul serio a trovare quei soldi. Così scossi la testa e feci segno, Miles e Jonas lo afferrarono saldamente mentre il corpo magro e pallido di Fred si dibatteva atterrito, Tian mi passo la mazza da baseball di metallo e io la strinsi forte.
- Ascoltami bene Fred, tu hai comprato qualcosa che noi non possiamo più riprenderci perché te la sei sparata tutta nelle vene del tuo corpo del cazzo. Non so quale dei tuoi amici spacciatori ti ha fatto credito così tanto ma adesso siamo qui a riscuotere e vogliamo il nostro risarcimento – dissi accarezzando la superficie liscia della mazza – come prima acconto ci prenderemo una delle tue gambe ma il debito che ci devi non si può saldare nemmeno se spappolassimo tutto il tuo schifoso corpo in decomposizione – chiarii – quindi hai tre giorni, tre. Se non avrai quello che ci devi torneremo ma non ci accontenteremo dell'altra gamba, no ... andremo a casa tua. Andremo a trovare la tua cara fidanzata e la tua bella bambina di tre anni, andremo da tuo fratello Ted e da tua madre. Nessuno di loro sarà salvo, ogni giorno di ritardo costerà la vita ad ogni persona ti abbia mai incontrato, Fred –
Il corpo dell'uomo davanti a me si era fatto molle e teneva la testa penzoloni, forse quel discorso avrebbe mosso qualcosa nella sua anima anestetizzata da tossico egoista. Forse il pensiero dell'unica donna che ancora sopportava la sua vista e di una bambina innocente brutalmente picchiate avrebbe mosso in lui un minimo di sentimento.
- Tenetelo fermo –
I miei amici rinsaldarono la presa sulle braccia di Fred mentre io facevo scendere la superficie di metallo della mazza sulla sua tibia con tutta la forza che avevo.
Crack. Il rumore prodotto fu forte e sinistro ma mai quanto l'urlo di dolore che ne seguì, Miles prontamente gli tappò la bocca ma il corpo dell'uomo era scosso da numerosi brividi, voltò la testa di lato e vomitò. I due ragazzi lo lascarono andare mentre quella gamba diventava di un colore disgustoso.
- Tre giorni Fred – dissi ancora a quella nullità tremante – o uso questa mazza sulla tua bambina, lo sai che lo faccio – poi mi voltai – se uscirai vivo da questa storia ti consiglio di disintossicarti, la droga è un lusso che non puoi permetterti –
Lo lasciammo accasciato a terra a piangere, ci allontanammo senza voltarci dirigendoci verso un punto meno isolato e confondendoci con la folla che passeggiava ignara per le vie rumorose di Brooklyn.
- Cosa abbiamo adesso? – chiesi voltandomi verso Tian.
Il suo viso affilato e gli occhi a mandorla scrutarono attentamente il piccolo quaderno che aveva in mano, lo vidi spuntare il nome di Fred fra le faccende nel giorno e poi sistemarsi gli occhiali rotondi.
- No, per oggi non è rimasto nulla – disse riponendo il quaderno nella tasca posteriore dei suoi jeans – ti ricordo la riunione di stasera, i ragazzi hanno venduto bene ma restano gli ultimi sei chili di roba da vendere, dobbiamo decidere come distribuire –
- Ci conviene piazzarla prima dell'incontro con il grande capo della prossima settimana- intervenne Miles – noi siamo fra i migliori, non ci darebbe noia per qualche giorno di ritardo ma meglio non rischiare. –
- Già – mormorai – Kurt è un pezzo di merda instabile, meglio rigare dritto e al massimo, cerchiamo di vendere tutta la roba e consegnargli la percentuale di tutto il carico al completo –
Jonas fissò l'orologio con aria preoccupata – cazzo ragazzi, io devo scappare. Liz ha l'ecografia fra un'ora e se non arrivo in tempo anche questa volta mi taglia le palle –
Ridemmo tutti, Jonas era un ragazzo ben piazzato, di quelli che noti immediatamente, con una massa di capelli ricci e gli occhi neri, Lizz invece era una ragazza di statura minuta ma riusciva a torreggiare su Jonas quando era su tutte le furie trasformandolo in un bambino.
- Corri amico – dissi salutandolo con una pacca sulla spalla – ci vediamo alla riunione –
Così restammo soltanto io, Tian e Miles, fu proprio l'ultimo a parlare mentre ci affiancavamo alla mia auto.
- Come vanno i preparativi per il nuovo appartamento? – mi chiese.
Io scossi le spalle – suppongo sia tutto pronto ormai –
- Non resta che preparare te stesso – intervenne Tian con il suo solito sguardo penetrante.
Mi toccò tacere, come spesso facevo quando lui prendeva la parola, eravamo amici da molti anni e anche nei suoi silenzi avevo la sensazione che potesse leggermi dentro alle volte.
- Me ne andrò, non temere – dissi più assicurandolo a me stesso che a lui – ormai non posso più gestire gli affari da casa mia. Ho ventisei anni e me ne sarei andato comunque –
- Quello che rappresenta quella casa è difficile metterselo alle spalle – mormorò Miles dandomi una pacca sulle spalle – ma è la cosa giusta da fare –
Allora perché mi sembra di essere peggio di mio padre?
Scacciai quel pensiero ma al suo posto se ne generò uno nuovo, stavano cambiando troppe cose di recente, di quante ne avevo il controllo?
- Stai pensando a lei? – mi chiese Tian sapendo dare voce perfettamente a ciò che si annidava la mia mente.
- Penso sempre a lei – ammisi – quanto diventerà tutto più complicato? Per non parlare del fatto che è all'ultimo anno, non voglio tenerla qui per me, dovrebbe andare in qualche college fantastico e avere la vita che merita –
- Questo non tocca a te deciderlo – mi interruppe il mio amico.
- Ma non tocca nemmeno a lei, è questa la cosa che mi fa incazzare. –
- Hai fatto una copia di chiavi in più per lei? – chiese Miles nel tentativo di farmi distrarre dal terribile senso di rabbia che mi stava assalendo.
- Certo, glielo farò avere –
- Celia è una persona straordinaria, ti ha rimesso al mondo amico e sono sicuro che non ti lascerà andare – disse Miles sorridendo appena.
- Ci vediamo alla riunione più tardi –
ANDREW
Amavo volare. Perché scendere giù tra i comuni mortali quando avrei potuto osservare la vita dall'alto? Lassù tutto aveva un senso diverso o forse, semplicemente, tutto smetteva di averlo. Non rimaneva molto una volta in volo, soltanto istinto di sopravvivenza e astuzia. Perlustrare i cieli con il mio caccia mi faceva sentire vivo. Davvero vivo.
- Allora? Finalmente abbiamo avuto il nostro tanto agognato permesso. Che cosa ne farai stavolta? Rimarrai qui a Brooklyn? –
Mi venne da ridere – Rimanere? Siamo appena arrivati, per Dio. Fammi godere un paio di giorni di relax, Alec –
Anche lui rise, gli lanciai un'occhiatina breve, perché il mio sguardo era già tornato sui nastri, in cerca del mio bagaglio.
- E come la metti con il tuo ragazzino? Ti sta aspettando a casa? –
- Ancora quel tono sarcastico – Gli feci notare
A quel punto sollevò le mani in aria in un gesto di resa, ma sapevamo entrambi che niente di ciò che avrei potuto dire avrebbe potuto zittire uno come Alec. Infatti tornò a fissarmi con la solita intensità di sempre. Era ancora innamorato di me, pensai, non riuscendo a capacitarmi di come fosse possibile. Erano trascorsi quattro anni ormai dalla fine della nostra storia; come poteva essere così difficile superarla?
- Credevo che dopo la tua ultima gaffe il nostro bamboccio non sarebbe stato così incline al perdono, ma devo aver sottovalutato le tue enormi doti di persuasione. Eri bravo, lo ricordo bene–
- Chiudi quella bocca – Gli intimai – perché ti importa così tanto di questa storia? Credimi, ti stai facendo più problemi del diretto interessato. Guarda come sono rilassato io! –
- Perché sei un menefreghista del cazzo, Wolfie. –
Al diavolo i miei gradi, feci quello che avrebbero fatto tutti, sollevai il dito medio a pochi centimetri dal suo viso pieno di ilarità.
- E' sempre stato questo il problema o forse è il motivo per cui tutti ti vengono dietro alla fine. La tua cazzo di finta superiorità. I sentimenti umani non ti toccano neanche di striscio, eh? –
- Vuoi vedermi frignare? Cristo, trascorro le mie giornate a perlustrare i cieli e ad accertarmi che nessun aereo nemico del cazzo ci venga a fare un party a sorpresa a casa. Il sangue freddo è tutto nel nostro mestiere, ma cosa lo dico a fare ad un semplice sottotenente. -
- Figlio di puttana –
- Oh, come sei maturo tu –
Finalmente vidi apparire il mio bagaglio e a quel punto feci un passo avanti per afferrarlo. Alec mi assestò una bella pacca sulla spalla
- Non sparire in questo mese, ok? –
Era terribilmente serio in volto. Vivere così a stretto contatto con me era deleterio per lui, me ne rendevo conto ad ogni missione. Come puoi dimenticare una persona che non smetti mai di vedere? Facevamo parte dello stesso mondo e condividevamo più o meno gli stessi interessi. Un casino del cazzo, ecco tutto.
- Nah, sta tranquillo. Ci vediamo per la premiazione, no? –
- Già. Buone vacanze, Wolfie – Era sul punto di andar via, ma un attimo dopo lo vidi tornare indietro
- E molla quel bambino del cazzo –
Mi ritrovai a scuotere la testa in un gesto che avrebbe potuto dire soltanto una cosa: Sei un cazzo di idiota, Alec Keller.
A volte tornare a casa era piacevole, ma non quella volta. C'era qualcosa di diverso in me, dopo tutte quelle missioni in giro per il mondo iniziavo a sentirmi quasi fuori posto perfino a casa mia. Ero stanco, sapevo di esserlo, eppure sapevo anche che non sarei riuscito a dormire. Volevo dare la colpa al Jet lag, anche se non si trattava soltanto di quello. Pensai all'ultimo attacco aereo libanese e tutto ciò che vidi furono flashback del combattimento. Un massacro di civili, come sempre. Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi nella sicurezza del taxi che avevo prenotato, ma non era mai così semplice. Quel genere di problemi te li porti dietro per sempre, non puoi semplicemente dismetterli come abiti sporchi ... ti si attaccano addosso e bisogna conviverci. Tutto qui.
- Dove vuole essere portato, signore? –
Niente casa. La prima tappa toccava ad Aiden. Dove sarebbe stato a quell'ora? Di ritorno da scuola probabilmente.
- Al 43 di Lafayette – Decisi alla fine che lo avrei aspettato.
Non avevo voglia di rimanere in taxi, nonostante la giornata fosse tutt'altro che piacevole. Probabilmente avrebbe piovuto da lì a qualche minuto, ma mi limitai a sedere sul vialetto di casa sua. Un intero mese a casa ... che diavolo avrei fatto? Perché mi sentivo già così irrequieto alla sola idea di starmene lì Brooklyn a godermi un po' la vita? Forse perché non ero fatto per niente di tutto quello. Stavo quasi per crollare sul portico quando finalmente qualcosa si mosse. Lo vidi ancora prima che lui avrebbe potuto notare me. Aiden si era fatto la macchina nuova; una bella Mustang blu fiammante. Finalmente il suo sogno si era avverato ed io non ne sapevo niente di niente. Le comunicazioni tra noi due erano sempre piuttosto scarse durante le mie missioni, ma quei due mesi e mezzo ci eravamo superati.
Aiden mi odiava e in quel caso, forse, aveva delle ragioni più o meno serie per farlo.
La prima componente che avevo notato in lui, ormai due anni prima, era stata la sua espressione stizzita e altezzosa perfino nel servirmi un dannato Martini. Gli riusciva davvero bene, tutto merito dei suoi occhi gelidi ed allungati che gli conferivano un'aria intrigante. Poi c'era stato tutto il resto, il suo essere scostante, anche l'avermi versato un Long Island in faccia dopo la mia ennesima richiesta impossibile lo aveva reso ancora più interessante ai miei occhi.
Mi misi in piedi e soltanto a quel punto Aiden mi vide davvero. Frenò con meno delicatezza del normale, ma lo stupore durò poco sul suo viso. Cominciai ad andargli incontro con il mio solito sorrisetto che gli sarebbe stato terribilmente sulle palle, ero intenzionato a far finta di niente, ma sapevo che lui non avrebbe abboccato.
Fece il giro dell'auto e mi si parò davanti senza dire una sola parola. Era serio, le sopracciglia piegate in un'espressione dura
- Sono tornato a casa, tesoro –
Sorrisi ancora e allungai le braccia verso Aiden che ovviamente si spostò di lato
- Speravo quasi che ti saresti rotto l'osso del collo in questi mesi, ovviamente si tratta ancora di speranze disattese – Disse a mo' di saluto
- Dio, quanto sei carino quando te la prendi. – Mi feci avanti ancora una volta e riuscii quasi a toccarlo prima di vederlo sfuggire dalle mie dita – e dai ... non fare così! Sono appena arrivato e guarda un po' chi è stata la prima persona che ho deciso di vedere! Non vuoi darlo un bacio al paparino?
- Oh, ma come sono fortunato. Peccato che non sia stata l'ultima persona con la quale tu abbia deciso di passare il tuo tempo prima della partenza! - Sputò fuori e nel suo tono c'era davvero tanta cattiveria. Aiden scosse la testa, stava tremando di rabbia
- Credi che vederti spuntare fuori casa mia con quel sorrisino del cazzo possa risolvere tutto, Andrew? –
- Non chiamarmi Andrew –
- E' il tuo cazzo di nome, fino a prova contraria – Ribatté lui, si stava dirigendo verso casa a passi svelti, mi ritrovai a seguirlo da vicino. Ogni mio tentativo di afferrarlo finiva con una bella spinta.
- Non fare il drammatico! So che sei incazzato con me e te l'ho detto ... hai ragione su tutto! Ora possiamo lasciar perdere? –
- Pff, grazie, Andrew. Adesso sì che sono soddisfatto! Ho la ragione dalla mia! Udite, udite ... questo figlio di puttana ha fatto un po' di mea culpa. Passerà agli annali – Disse con un tono sarcastico
- Ti ho detto di non chiamarmi con quel nome del cazzo, dannazione! – Con uno scatto improvviso passai davanti e gli bloccai l'accesso alla porta. Il suo sguardo era feroce ed il respiro affaticato per lo scatto improvviso. Provai ad accarezzargli il viso in un gesto automatico, Aiden ci mise più tempo del previsto per schiaffeggiarmi con forza la mano.
- Vuoi che me ne vada quindi? –
- Sì – Disse con un filo di voce – togliti dalle palle. Ero stato chiaro, sapevi che non ti avrei dato nessun'altra possibilità. Troppi errori! Quella dannata sera sono rimasto ad aspettarti qui come un idiota. Hai trascorso la tua ultima giornata da ubriaco con quei coglioni dei tuoi amici ufficiali, invece che con me! Ti rendi almeno conto di quello che fai?
- Lo so e ti ho già detto che non succederà più! I ragazzi erano venuti a prendermi nel pomeriggio e mi avevano assicurato che in un paio di ore saremmo tornati a casa, non pensavo che sarebbe andata per le lunghe! Mi sono ritrovato a bere, più cercavo di andar via, più continuavano a riempire quelle dannate bottiglie. Sono crollato su quel divano e quando mi sono svegliato era troppo tardi ... ho anche rischiato di perdere l'aereo. Te l'ho detto, quante altre volte vuoi sentirti dire che mi dispiace? – Avevo perso il fiato tanto avevo parlato in fretta
- Non mi importa. – Aiden bloccò quel fiume di parole con una nuova spinta che mi fece sbattere direttamente contro il legno massiccio della porta. Sollevai gli occhi al cielo e cercai di chiamare a me tutta la calma che possedevo.
- Non sono mai stato la tua priorità –
- Non dire in questo modo ... sono qui per sistemare le cose, dannazione –
- Non puoi – Il suo tono era gelido, ma i suoi occhi non erano mai stati così fiammeggianti. Mi guardò e sapevo che lui non avrebbe mai pianto davanti a me. Aiden ... sempre così orgoglioso e fiero. Molto più di qualsiasi altro uomo avessi mai conosciuto in vita mia. Mi ero ritrovato un mocciosetto con un caratteraccio. Che cosa mi aveva detto la testa quando avevo deciso di iniziare una storia con una persona del genere? Forse niente. Dovevo aver messo a tacere molte cose, inclusa la ragione.
- Ok, me ne vado. Mi è tutto chiaro. Quindi tra noi è finita, mi pare di capire? – Lo guardai dritto in quei dannati occhi glaciali e lo vidi annuire con rabbia – bene. Ti avevo portato un regalo, ma immagino che –
- Ficcatelo su per il culo – Disse, interrompendomi.
- Ok, ok. Ho capito. Non c'è bisogno di essere così rudi –
- Con te c'è sempre bisogno –
Portai gli occhi al cielo – Chiamami quando ti passa –
- Non mi passerà! – Urlò da dietro le mie spalle. Era ancora sull'uscio della porta, sembrava quasi incazzato perché stavo andando via. Lo conoscevo bene quel mocciosetto. La mia strategia avrebbe attecchito? C'erano delle ottime probabilità.
- Bene. Chiamami quando non ti passerà allora –
- Che cazzo vuol dire? –
Risi, sperando nel miracolo di vederlo ridere insieme a me, ma ovviamente era troppo incazzato per farlo. Mi toccò fingere di comporre un numero con il mio cellulare – Salve, avrei bisogno di un taxi. Sì, sono al 43 di Lafayette. Perfetto! –
- Fanculo! – Aiden mi venne incontro – adesso te ne vai, no? Questo è quello che sai fare meglio! Parti e scompari quando le cose si fanno troppo stancanti per te! Perché non mi racconti come hai passato questi mesi fuori casa? Che dice il caro Alec? Scommetto che vi siete divertiti nella solitudine dei vostri caccia! Oh, come siete fighi voi due. Anime gemelle!
Il mio piano era andato a buon fine per certi versi, peccato che avessi scatenato il secondo tratto più fastidioso di Aiden: la sua gelosia. Mi lasciai colpire e spingere un altro po', altre accuse che volavano contro di me, ormai non facevo più caso a niente di quello che mi veniva detto durante quei momenti.
- E io sono qui! Ad aspettare un fottuto messaggio o una cazzo di chiamata come se aspettassi un miracolo divino! E stavolta non ti sei preso neanche il disturbo di trascorrere la tua ultima notte qui con me. Perché stiamo insieme, Andrew? Dimmi perché! –
- Lo sai il perché –
Ero riuscito a bloccarlo tra le mie braccia, lo stavo stringendo a me, incurante delle sue proteste e delle lotte per sciogliersi da quell'abbraccio che anche lui desiderava, anche se gli costava troppo ammetterlo. Alla fine smise di dibattersi, rimase inerte e si lasciò accarezzare.
- Ho fatto una stronzata, Aiden. Ti ho chiesto scusa. Non so più che altro potrei fare per sistemare le cose a parte prometterti che non succederà più – Dissi con sincerità a pochi centimetri dal suo orecchio. Quel profumo l'avevo quasi dimenticato, di bucato fresco e shampoo alla menta. Gli accarezzai i capelli lisci. Diventava ogni mese più bello quel mocciosetto, ma non glielo dissi. Niente complimenti, Aiden non doveva montarsi, mi piaceva la sua insicurezza, lo rendeva un po' più umano e meno glaciale.
- Che ne dici di farmi entrare? Tua madre sta lavorando? –
Lo vidi annuire appena, si era calmato ma quella luce spaventosa non voleva lasciare i suoi occhi neanche quando ricambiò il mio abbraccio con forza.
- Non vorrei lasciarti da solo per tutto questo tempo, lo sai. –
- Menti –
Non ribattei, non aveva senso. Aiden era molto più intelligente di quanto mi piacesse pensare. Mi piaceva sparire, ecco tutto. Non dover dare spiegazioni e prendermi i miei spazi, ma non era semplice avere una relazione a quelle condizioni.
- E poi non sono da solo. Ci sono i miei amici –
- Siamo tutti da soli, Aiden. Non lasciarti ingannare dalla compagnia effimera di qualcuno. La verità è semplice quanto banale. Nasciamo e moriamo da soli su questo mondo. –
Non volevo dire niente del genere, non so perché lo avevo fatto, quelle parole suonavano ciniche e spaventose perfino alle mie orecchie, ma questo non le rendeva meno veritiere.
Finalmente Aiden mi permise di entrare a casa sua. La piccola e accogliente dimora dei Berg che conoscevo bene. Sua madre non era mai a casa, Carole faceva i doppi turni in ospedale per potersi permettere l'affitto e tutto il resto, mentre il caro signor Berg si faceva vedere di rado, soltanto quando gli faceva comodo per lo più. Non gli permisi neanche di posare lo zaino, perché fui io ad afferrarlo e gettarlo lontano.
Strinsi il corpo di Aiden, appoggiando il mio petto contro le sue spalle e subito iniziai a baciare la pelle morbida del suo collo. Lo sentivo fremere sotto i miei tocchi e i baci che si facevano ogni attimo più serrati. Lo costrinsi a voltarsi verso di me, volevo vedere i suoi occhi accendersi non solo di rabbia, ma anche di desiderio.
Era violento Aiden, non era mai stato semplice avere a che fare con lui. Lo era anche a letto, i suoi baci si trasformavano in morsi, le sue carezze in strette rabbiose; proprio in quel momento mi sentii artigliare i capelli, mi spinse il capo indietro e mi baciò con foga, impedendomi di muovermi in alcun modo. Crollai sulla poltrona, sotto il corpo sinuoso e perfetto di Aiden.
- Quanto ti sono mancato? – Chiesi tra un bacio e un morso
- Taci, bastardo. Non ti perdonerò mai –
La mia risata fu messa a tacere da uno schiaffo ben assestato che per un attimo mi fece vedere le stelle. Lo guardai dritto negli occhi con la guancia ancora in fiamme, quasi quanto il mio amico lì sotto. Stavolta fu il mio turno di mettere in chiaro un paio di cose. Strinsi con decisione i polsi delle sue braccia fino a spingerli indietro, ad aderire contro la sua schiena, poi mi dedicai ancora a cospargere di baci e leccate qualsiasi superficie di pelle fosse visibile. Morsi la sua felpa talmente forte da sentire cedere una cucitura, poi addentai un lembo di pelle vicino al collo, prima piano, poi con più decisione, fino a farlo gemere ed imprecare. Stava provando a sciogliersi dalla mia presa, ma ogni suo movimento non faceva altro che aumentare la mia voglia. Le mani mi servivano davvero a quel punto, così lo lasciai andare. Aiden si gettò sulla mia bocca con violenza, premendo le sue dita contro il mio viso per tenermi fermo. L'altra sua mano si muoveva in fretta sulla mia cintura e ogni piccola pressione era come pregustare un pezzetto di paradiso. Non riuscivo a muovermi e andava bene così, lasciai che fosse lui a prendere in mano la situazione, con un gesto violento tirò giù i miei pantaloni, gli slip contenevano a malapena la mia erezione che ebbe un nuovo sussulto quando vidi Aiden scendere giù dalle mie gambe e inginocchiarsi davanti a me.
Le mie dita erano intrecciate alle sue mentre le sue labbra imprimevano baci bollenti intorno ai miei slip, dove la mia pelle era terribilmente sensibile. Quella tortura durò a lungo e le mie proteste furono del tutto inutili. Ero sul punto di morire quando finalmente Aiden si decise a liberarmi da quella costrizione. Ipnotizzato lo guardai scendere giù, fino a quando non sentii le sue labbra morbide e bollenti stringersi intorno alla mia erezione. Gemetti forte, era una sensazione spaventosamente bella dopo tutto quel tempo. Stava succhiando con avidità, di tanto in tanto risaliva su per baciarmi. Il mio sapore era ovunque, ma non mi dispiaceva, volevo Aiden in ogni modo possibile e immaginabile.
- Alec te lo fa questo? – I suoi occhi fiammeggianti mi fissavano in cerca di una risposta, poi tornò giù e bastava davvero poco per farmi perdere di nuovo la ragione.
- N-non dire stronzate –
- Però gli piacerebbe – Sussurrò piano, le sue labbra erano gonfie e rosse, poi si tuffò ancora una volta giù, ma con più convinzione che mai. Stavo gemendo forte, lo percepivo perfino io, avevo stretto i suoi capelli morbidi tra le dita e adesso guidavo i suoi movimenti spingendolo giù per poi farlo risalire. Tutto stava iniziando a perdere senso ... era un po' come volare, in effetti non sentivo più la terra sotto i piedi. L'orgasmo stava arrivando lentamente, sentivo il piacere scatenarsi in me in ondate lente e sempre più violente. Poi successe qualcosa di inaspettato. Aiden mi morse ed il dolore fu così forte che per un attimo vidi le stelle.
- Ma che cazzo ti prende! –
Si era messo in piedi mentre io mi piegavo in due, il piacere era passato in un baleno, lasciando il posto ad una fitta lancinante nel punto in cui ero stato morso. Potevo vedere perfino i segni dei suoi incisivi. Ero incredulo.
- Fuori da casa mia. Deciderò io quando sarò arrivato il momento di fare pace ... se mai arriverà quel giorno–
- Fanculo, Aiden! Sei uno psicopatico di merda! Guarda che diavolo hai fatto! – Urlai incazzato
- Lui sta benissimo. Niente danni irreversibile, non sono mica stupido. Sai quanto io ami Wolfie 2, è stato solo un morsetto -
- Solo un morsetto? Che diavolo ti dice la testa?! -
Rimetterlo a posto fu difficile, avevo i nervi a fior di pelle e le risate basse di Aiden non aiutavano. Avrei dovuto immaginarlo, mai abbassare la guarda con quello stronzo.
- Ti voglio bene, Wolfie –
- Io no – Ribattei, inacidito. Poi riuscii finalmente a darmi una sistemata e a tirare su la cerniera, nonostante il dolore – e adesso mi tolgo dalle palle prima che tu decida di finirmi a colpi di mazza da baseball –
- Ottima idea. –
Quel sorriso canzonatorio mi dava sui nervi in un modo inimmaginabile. Mi diressi incazzato verso la porta e la aprii con violenza, soltanto in quel momento Aiden mi diede il primo e vero segno di affetto della giornata. Mi abbracciò da dietro e mi piazzò un bacio dolce sulla guancia.
- Non provare a fare gli occhi dolci con me, bastardo. Questa te la farò pagare – Dissi a denti stretti
- Vuoi vendicarti perché mi sono vendicato? Potrebbe andare per le lunghe, ti avverto –
Sollevai gli occhi al cielo, ma non gli permisi più di venirmi vicino. Mi lasciai stringere la mano nella sua per qualche attimo, le sue dita erano intrecciate alle mie.
- Fatti vivo quando hai voglia di ritornare nel lato meno oscuro della forza. –
ANGOLO DELLE AUTRICI: Salve, cari lettori e care lettrici. Con questo nuovo aggiornamento avete conosciuto tutti i personaggi che saranno protagonisti di Split. Forse è ancora presto per pronunciarvi al riguardo, ma non temete... presto avrete sicuramente modo di conoscerli meglio. Ci teniamo a ringraziare tutti coloro che hanno deciso di imbarcarsi in questa nuova impresa. Inoltre ricordiamo che è possibile seguirci per aggiornamenti e news sulla nostra pagina fb "Blacksteel" e da poco anche sul nostro account Instagram "BlackSteel19". Se qualcuno di voi ha mai creato delle immagini o manip dedicati alle nostre storie saremmo felici di riunirli e postarli sulle nostre pagine, quindi fatevi avanti. Un ringraziamento speciale va a tutti coloro che ci hanno recensito, preferito e così via! Alla prossima!
- BLACKSTEEL -
P.s. la scena erotica è stata betata, un ringraziamento ai nostri Beta.
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